Manuale di Psicologia del Fumetto. Eroi di carta e lettori appassionati

Page 1


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Ricerche e Contributi in Psicologia

Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Marco Minelli

MANUALE DI

PSICOLOGIA DEL FUMETTO

Eroi di carta e lettori appassionati

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Prima Edizione: 2012 ISBN 9788889845738 © 2012 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di Giugno 2012 in Italia da Atena.net srl di Grisignano (VI) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl) Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


INDICE

Introduzione Cenni sulla storia della letteratura a fumetti Cenni sulle tecniche di linguaggio dei fumetti Le classificazioni descrittive di periodici a fumetti Il fumetto come strumento di ricerca in psicologia Le ricerche Contenuto dei fumetti e fantasie dei lettori Meccanismi di difesa che si attivano durante la lettura dei fumetti Uomini e Donne di carta Dylan Dog: l’indagatore dell’incubo Linguaggio iconico ed attività onirica Riferimenti bibliografici Indice dei nomi, dei personaggi e delle testate

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

7 9 19 29 37 43 53 63 69 77 81 83 89

5


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


INTRODUZIONE

È ormai da circa un secolo che i fumetti sono, di fatto, una delle letture più frequenti di bambini, adolescenti, ed anche adulti; ma soltanto negli anni sessanta, essi vengono definiti letteratura per immagini, dopo essere stati bersaglio di censure ed aspre polemiche pedagogiche. In mancanza di una specifica disciplina di “fumettologia”, improbabile anche per il futuro, gli studi sul fumetto sono stati condotti nell’ambito della semiologia, dell’antropologia, della sociologia, della pedagogia. In Italia la più importante “Psicologia del fumetto” risale al 1975, pubblicata da uno psicologo, A. Imbasciati ed un esperto di fumetti, C. Castelli; essa rimane ancora oggi il contributo più completo all’argomento. Questo manuale è idealmente suddividibile in tre parti: • la prima (capitoli 1, 2, 3). Di tipo introduttivo, relativa ad alcune caratteristiche del fumetto, ed in particolare l’evoluzione storica, il linguaggio ed il contenuto manifesto delle narrazioni; • la seconda (capitoli 4 e 5) riguarderà il fumetto come strumento di ricerca e come oggetto di studio nelle discipline psicologiche; • la terza (capitoli 6, 7, 8, 9 e 10) è costituita da approfondimenti di alcune tematiche evidenziate da A.Imbasciati che applicò il metodo psicoanalitico allo studio dei fumetti: verranno discusse le dinamiche che avvengono durante la loro lettura, le relazioni tra i contenuti latenti delle narrazioni e le fantasie (più o meno conscie) dei lettori, i tratti di personalità ricorrenti negli eroi di carta, ecc.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

7


Ricerche e Contributi in Psicologia

L’analisi psicologica dei fumetti assume molta importanza quando ci si accorge che essi possono essere considerati come uno specchio della società; infatti, gli eroi di carta riflettono in ogni epoca le caratteristiche, i valori, i bisogni e le fantasie che rappresentano quel che prevale nelle strutture della personalità delle giovani generazioni.

8

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


CENNI SULLA STORIA DELLA LETTERATURA A FUMETTI

Il termine fumetto indica la scritta racchiusa dentro una nuvoletta che, nei racconti per immagini, si sviluppa dalla bocca o dalla mente dei personaggi disegnati, per rappresentare graficamente il loro linguaggio verbale o interiore. Questa nuvoletta è indicata con il termine inglese balloon1. Gli esordi del fumetto sono temporalmente paralleli a quelli del cinema; “Cinema e fumetto nascono nello stesso anno a poche settimane di distanza: il 1895”2. Mentre in Francia i fratelli Lumière preparavano le prime proiezioni dimostrative, negli Stati Uniti iniziavano a diffondersi i primi racconti a fumetti pubblicati dai periodici domenicali ed in seguito dai quotidiani3. “Da sempre il regno di carta e quello della celluloide si sono reciprocamente influenzati grazie alle forti analogie linguistiche”4. Se il fumetto ha con il cinema un rapporto “fraterno” inferibile dalla contemporaneità di diffusione e dalla similarità delle tecniche di linguaggio, molto si è scritto anche sui suoi possibili progenitori; “Ancora oggi aprendo qualche volume di recente pubblicazione troviamo la solita preistoria del fumetto: dalle pitture delle caverne si passa al cartiglio; al geroglifico egiziano, alla colonna traiana”5. Il cartiglio, che può essere considerato l’ascendente del balloon, è un nastro di 1 Il termine può significare anche palloncino, mongolfiera, aerostato. 2 Moscati M. I predatori del sogno: i fumetti e il cinema, 1986, p. 7. 3 I primi personaggi comparsi nel New York World furono i cosiddetti “bambini terribili”: “Yellow Kid”, “Katzenjammer Kids” (approdati in Italia con i nomi di Bibì e Bibò) ecc. 4 Moscati M. Op. Cit. p. 7 5 Detti E. Il fumetto tra cultura e scuola, 1984, p. 39.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

9


Ricerche e Contributi in Psicologia

carta srotolato che veniva dipinto già dal medioevo all’interno di iconografie di varia natura, dove poteva svolgere la funzione di balloon o di didascalia6. Il grande successo ottenuto dai primi fumetti dei periodici domenicali statunitensi di fine ottocento è strettamente connesso con i meccanismi di gruppo del pubblico americano; “Il fumetto riesce a cogliere l’immaginazione collettiva di quel pubblico così eterogeneo, sia attraverso la rappresentazione di un mondo popolare o caotico quale era quello dell’epoca, sia attraverso l’immagine che è strumento capace di comunicare anche a chi non sa leggere o sa leggere appena, sia attraverso il balloon contenente un linguaggio immediato, facile, sintetico…”7. Negli Stati Uniti Yellow Kid, creato da Outcault, fu il primo personaggio pubblicato periodicamente dai giornali, e fu anche il primo di una serie di “monelli di strada spregiudicati e sempre intenti a preparare scherzi atroci, a volte sadici, a tutti gli adulti che li circondano”8. Intorno al 1910 “i genitori, leggendo di soppiatto dietro le spalle dei figli, cominciarono a scoprire che si divertivano alla lettura dei fumetti. Presentavano un quadro della vita del suburbio americano, ancora il quadro di un periodo prosperoso…”9; così ai bambini terribili si affiancarono personaggi adulti e si diffusero le family strips10, anch’esse caratterizzate dall’elemento umoristico, che rimase l’ingrediente principale del fumetto statunitense fino alla fine degli anni venti quando “dopo il famoso crollo economico, negli anni che vedono l’America districarsi dalla crisi sorgono e si diffondono i fumetti d’avventura: Gordon, Tarzan, Buck Rogers, Phantom sono i nuovi eroi a cui mirano i lettori per avere un’evasione e per sperare di più nella soluzione dei

6 La didascalia, a differenza del balloon, non contiene il linguaggio e il pensiero dei personaggi raffigurati; essa può svolgere una funzione di raccordo tra i disegni e spiegare un singolo disegno (vignetta). 7 Detti E. Op. cit. p. 60. 8 Imbasciati A. – Castelli C. Op. cit. p. 31. 9 Hogben L. Dalla pittura delle caverne ai fumetti, 1952, p. 213. 10 Le family strips e le commedie domestiche sono caratterizzate da un umorismo satireggiante sulla famiglia. Tra i personaggi più noti Arcibaldo e Petronilla, Andy Capp e Florrie.

10

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Manuale di Psicologia del Fumetto

propri problemi”11. Il fumetto ha assunto, in ogni periodo, il ruolo di specchio della società, riflettendo le immagini delle convenzioni, dei costumi, dei bisogni e delle fantasie prevalenti delle classi medie. In Europa il fumetto, nonostante le buone tradizioni del racconto per immagini, tardò a diffondersi ed a svilupparsi: il balloon comparve in Italia soltanto nel 1932, sostituendo le cantilenanti rime poste in calce alle vignette che limitarono non poco le potenzialità creative di disegnatori e soggettisti. “La trasformazione del giornale illustrato in vero e proprio periodico a fumetti era ostacolata, oltre che dai pregiudizi culturali, anche da più precise direttive politiche espresse attraverso l’organo di controllo delle manifestazioni culturali istituito dal regime, il Miniculpop”12. Quello che non si voleva accettare era la predominanza dell’immagine sulla parola, che preoccupava soprattutto i pedagogisti. Anche dopo la caduta del fascismo i fumettisti italiani non ebbero di certo libertà di espressione, e la frenetica moltiplicazione di testate a fumetti avvenuta nel dopoguerra sollevò un’ondata di polemiche ancora più accanita delle precedenti, soprattutto negli ambienti cattolici. Seppure l’Italia stesse uscendo dall’isolamento della guerra di cui il fumetto aveva fortemente risentito13, ed i disegni delle figure umane contenuti negli albi fossero notevolmente progrediti aumentandone la diffusione, anche questo secondo periodo di grande interesse attorno al fumetto fu caratterizzato da tentativi di ostacolo e di strumentalizzazione: questa volta non era il “Minculpop”, ma gli ambienti cattolici avallati da alcune frange di psichiatri e soprattutto di pedagogisti. “Prima ancora degli anni cinquanta vi erano stati episodi significativi che testimoniano la presenza di forze decise a mantenere fino in fondo un controllo sulla produzione fumettistica. Fra questi episodi il più noto è quello di Pantera bionda, una tarzanella che raggiunge centomila copie a numero, una punta eccezionale per l’epoca, ma l’editore dovette affrontare una serie di denunce a causa dell’abito della fanciulla, ovviamente adeguato ad una tarzanella. Le ire della 11 Imbasciati A. – Castelli C. Op. cit. p. 31. 12 Ibidem, p. 35. 13 Durante il fascismo i personaggi importati dagli Stati Uniti vennero ribattezzati (Topolino divenne Tuffolino) ed imitati goffamente: la qualità generale era scadente.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

11


Ricerche e Contributi in Psicologia

censura ebbero partita vinta: incriminato, processato e condannato più volte l’editore fu costretto ad imporre al personaggio la gonna al posto del due pezzi. Naturalmente in seguito a questa ridicola trasformazione… il personaggio scomparve”14. Nel 1950 nacque la UISPER (Unione Italiana Stampa Periodica Educativa per Ragazzi) che, mediante un marchio di garanzia, distingueva gli albi a fumetti “buoni” i cui contenuti rispecchiavano i valori dominanti dell’epoca, da quelli “cattivi”, promuovendo la diffusione dei primi. Quel che stava avvenendo in Italia non era certo un fenomeno isolato: analoghi codici morali vennero istituiti anche in Germania dove venne perfino proibito il balloon e ripristinata la didascalia, e negli Stati Uniti dove Wertham, psichiatra e “specialista della violenza nei giovani”15 trova nell’albo a fumetti il capro espiatorio a cui attribuire le colpe della delinquenza minorile in aumento. E non era nemmeno un fenomeno passeggero: nella maggior parte dei contributi sul fumetto degli anni cinquanta i toni denigratori ed allarmistici degli autori prevalgono sul loro spirito critico: Valentini16 scrive su una rivista cattolica che i fumetti hanno un influsso nefasto sull’individuo e sulla società, turbando l’equilibrio dei giovani con la sessualità e con la violenza. Su un’altra rivista cattolica Cunsolo17 si affanna a riportare esempi (peraltro scarsamente documentati) di episodi di violenza imitativa e conclude proponendo di mettere i fumetti fuori legge! E ancora: Mei parla di “surrogato deteriore dell’arte”18, mentre Lamberti Bocconi19 pur riconoscendo qualche valenza pedagogica al fumetto, gli rimproverava di non rispettare le leggi di causalità e di probabilità e di portare i ragazzi a non saper più scrivere; Levi20 parla di “letteratura per illetterati destinata ad essere compresa senza fatica mentale”. Negli anni cinquanta i contributi denigratori si moltiplicano, nonostante 14 Detti E. Op. cit. p. 96. Soltanto nel 1964 comparirà un’altra testata dedicata ad un personaggio femminile. 15 Wertham F. The seduction of innocent, 1954. 16 Valentini E. Influsso dei fumetti sullo sviluppo della personalità dei ragazzi, 1952. 17 Cunsolo F. Libri e fumetti, 1954. 18 Mei F. Patologia del fumetto, 1965. 19 Lamberti Bocconi M.R. La narrativa a fumetti I e II, 1956-57 20 Levi L. A proposito della stampa per i fanciulli, 1952.

12

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Manuale di Psicologia del Fumetto

Origlia21 avesse messo in evidenza, in un articolo per lungo tempo ignorato, che i principali elementi del fumetto ritenuti agenti patogeni non fossero altro che i componenti fondamentali della sempre rispettata favolistica tradizionale: animismo, eccessiva tipizzazione dei personaggi (il buono, il cattivo, l’astuto ecc.), contenuti aggressivi, uso abnorme della causalità magico-fenomenica, splitting della figura femminile (fata/strega, bambola/virago), ecc. La correlazione tra lettura dei fumetti e delinquenza minorile, importata da Wertham, venne smentita soltanto nel 1965 da Giammanco22 e da Lombardo Radice23; qualche anno dopo il giudizio pedagogico sulla letteratura a fumetti si sarebbe completamente rovesciato: “la padronanza delle strutture di una grammatica iconica sanerebbe finalmente il pericolo di un analfabetismo bidimensionale che costituisce una delle maggiori cause di alienazione dell’uomo”24. Le censure comportarono un vistoso declino della creatività nel fumetto degli anni cinquanta. In quel periodo furono molto frequenti le ripetizioni di schemi, di situazioni, ed addirittura di battute “che testimoniano molto chiaramente l’incapacità o la non volontà di uno sforzo creativo, di una ricerca del nuovo”25. Inoltre, il linguaggio scritto divenne sproporzionatamente prolisso relegando quello iconico ad un ruolo marginale, ed i personaggi femminili, scrupolosamente rivestiti, divennero figure di secondo piano, non potendo più intervenire negli avvenimenti più importanti degli episodi. La ripresa qualitativa della produzione fumettistica avvenne non a caso negli anni sessanta, caratterizzati da una notevole diminuzione delle pressioni censorie, e quindi anche da un fiorente sviluppo di alcuni codici di linguaggio iconico e dalla nascita di due nuovi filoni: l’”intellettuale” ed il “nero”. Questi due generi pur essendo, come vedremo più avanti, sostanzialmente differenti tra di loro, costituirono un fertile terreno di costruzione di una grammatica iconica più raffinata. Il fumetto del genere “nero” nacque nel 1962, con il tuttora cele21 22 23 24 25

Origlia D. Psicologia del fumetto, 1950. Giammanco R. I comics: metodologia o merceologia? 1965. Lombardo Radice L. Vigili e ipnotizzati, 1965. Genovesi G. La stampa periodica per ragazzi, 1972. Detti E. Op. cit. p. 123.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

13


Ricerche e Contributi in Psicologia

berrimo Diabolik, e con esso si sviluppò “una nuova tecnica che portò nel campo grafico gli accorgimenti messi a punto dal cinema: inquadratura, angolazione, montaggio e sceneggiatura divennero elementi di prim’ordine per il successo del fumetto”26. Questo genere, caratterizzato dal formato tascabile e, inizialmente, dalla dicitura “per adulti” che gli conferiva il fascino di un’esperienza precoce e proibita, ebbe molto successo specialmente tra gli adolescenti ed i preadolescenti. I suoi contenuti sono specularmente opposti a quelli dei gialli tradizionali; l’eroe non è più il poliziotto bensì il delinquente: “il fumetto di questo tipo presenta un modo di vivere in spregio ai valori tradizionali, in contrasto alle regole sociali, in opposizione alle norme morali, e cioè alle figure autoritarie dei genitori. Esso offre l’immagine di un’autorità debole e inetta: qualcosa da attaccare, da contestare. Così come effettivamente faranno i giovani negli anni sessanta”27. Infatti come abbiamo accennato, e vedremo meglio più avanti, i mutamenti significativi delle strutture di personalità dei personaggi dei fumetti sono stati indici di rispettivi mutamenti delle strutture di personalità delle giovani generazioni. I contenuti dei primi fumetti neri furono caratterizzati da “due elementi fondamentali che lo imponevano al pubblico: l’aggressività, la violenza, il crimine da un lato, e l’elemento sessuale, il pornografico dall’altro. Questi due ingredienti si mescolano per costruire l’altro elemento di base, il sadismo”28. Se in Diabolik prevale il primo di questi elementi, in Satanik, Kriminal, Isabella ed altre testate nate qualche anno dopo le dosi sono più equilibrate. Prevarrà invece il secondo nel filone pornofavolistico (De Sade, Biancaneve ecc.), diffusosi alla fine degli anni sessanta e consolidatosi negli anni settanta. Con il boom economico cambiarono radicalmente le modalità di illustrazione delle tematiche dell’eros e dell’aggressività; “nel fumetto nero la tematica edipica sembra scomparsa del tutto: l’uomo conquista le donne senza alcuna difficoltà, senza rivalità con altri uomini; l’attività sessuale sembra libera da qualsiasi ombra di timore o di colpa. Parallelamente vediamo però che la relazione erotica perde di 26 27 28

14

Imbasciati A. I fumetti neri, 1970 (a), p. 9. Ibidem, p. 11. Ibidem.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Manuale di Psicologia del Fumetto

consistenza: non è duratura, non permette alcun legame profondo tra i due partners, non dà loro soddisfazione intima, deve continuamente essere reiterata con partners differenti; la maggior parte delle volte assume connotati perversi e l’uccisione dell’amante sembra essere una regola. Qualche volta invece ha luogo un rapporto sadomasochistico, in cui la violenza o la tortura vengono erotizzate e si sostituiscono alle effusioni amorose; oppure, un rapporto persecutorio in cui nessuno riesce ad amare l’altro. Le due persone hanno iniziato una relazione sessuale ma non riescono a completarla, non riescono cioè ad amarsi: si distruggono invece a vicenda. L’istinto di morte viene a sostituirsi all’eros”29. Per quanto riguarda l’aggressività, essa non ha più bisogno di essere giustificata da ideali patriottici o di essere mascherata da elementi comici: nei fumetti neri troviamo spesso la violenza fine a sé stessa, ed il numero di omicidi per ogni episodio è superiore a quello dei gialli tradizionali. Contemporaneamente al nero si diffuse il fumetto intellettuale (o d’autore). Nel 1965 nacque la rivista “Linus” dei famosi Peanuts di Schultz, B.C. di Hart, Mafalda di Quino, Pogo di Kelly ecc. Queste strisce sono caratterizzate da “una riflessione continua sugli aspetti esistenziali della vita contemporanea; si tratta di un’introspezione talora psicoanalitica, in cui gli elementi inconsci non sono rappresentati come tali, cioè raffigurati in immagini dirette come avviene per esempio con le favole, ma vengono inquadrati nel filtro razionale della battuta umoristica, della parola”30. Il fumetto intellettuale, mediante delle tecniche di montaggio molto raffinate, riesce a trasportare il lettore nei ricordi, nell’immaginario, ed addirittura nella vita onirica dei personaggi: in Valentina di Crepax per esempio si alternano momenti di vita reale e momenti di sogno, mescolandosi in modo tale che il lettore possa distinguere soltanto in maniera del tutto soggettiva l’immaginario del reale. Un’altra caratteristica del fumetto intellettuale è la presenza di “una problematica interiore, specifica di ciascun autore, che viene comunicata attraverso un codice personale estremamente elaborato; vi è solitamente dietro queste produzioni un lavoro intellet29 30

Ibidem, p. 19. Imbasciati A. – Castelli C. Op. cit. p. 190.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

15


Ricerche e Contributi in Psicologia

tuale notevolmente articolato paragonabile a quello delle opere letterarie d’autore”31. Con gli anni settanta vi fu un vero e proprio boom del fumetto; insieme alle testate ed ai generi narrativi, aumentarono anche i saggi e le ricerche più o meno scientifiche: il fumetto divenne oggetto di studio della semiotica, dell’antropologia, della sociologia e della psicologia. I pedagogisti, superato l’atteggiamento pregiudiziale in vigore, come abbiamo visto, soltanto due decenni prima, riconobbero nel fumetto un ottimo strumento per l’apprendimento della lettura. Rodari32, uno dei maggiori narratori per ragazzi, affermò che il bambino che legge fumetti li legge per sé, e non perché gliel’abbia imposto qualcuno, e che proprio attraverso questa lettura si svilupperebbe l’immaginazione, che sarebbe richiesta per riempire i vuoti tra una vignetta e l’altra. Il fumetto entra così nella scuola dell’obbligo come strumento didattico; “chiunque si accingesse alla compilazione di una nuova grammatica o antologia non potrebbe ignorare il fumetto”33. Ed oggi è possibile trovarlo anche nelle pagine dei testi scolastici di storia o di geografia esattamente come auspicava Hogben34 nel 1952 senza ricevere ascolto. Negli ultimi decenni il mercato del fumetto ha subito una flessione, anche a causa del decremento demografico cominciato negli anni settanta che ha ridotto il potenziale pubblico. Tuttavia il linguaggio iconico si è ulteriormente sviluppato attingendo dalle tecniche filmiche, fotografiche, pittoriche ecc. In quasi tutti i generi narrativi si registra una diminuzione di copie e di testate, anche se si consolida il libro a fumetti che sostituisce l’albo specialmente per quanto riguarda le produzioni d’autore. A parte alcune eccezioni (Topolino, Tex e qualcun altro) i vecchi personaggi scompaiono e vengono sostituiti da altri, alcuni dei quali (Dylan Dog, Martin Mystère) si dimostrarono un vero e proprio miracolo editoriale. Cambiano anche molti dei tratti di personalità che connotano i personaggi protagonisti: del resto rimane ancora valida l’osservazione di Imbasciati che denota il fumetto come 31 32 33 34

16

Ibidem, p. 191. Rodari G. Grammatica della fantasia, 1973. Detti E. Op. cit. p . 1. Hogben L. Op. cit. p. 226.

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Manuale di Psicologia del Fumetto

specchio della societĂ ; gli eroi di carta assumono caratteristiche, valori, costumi, fantasie e bisogni che rispecchierebbero quel che prevale nelle strutture di personalitĂ delle giovani generazioni.

Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata

17


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.