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Sebastiano Corona

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Alici di menaica

Alici di menaica

ottobre — ultimo dato disponibile del CREA —, con un netto calo generalizzato, da imputare principalmente ai prodotti trasformati dell’industria alimentare.

Nell’analisi dell’import per prodotti, nei primi 9 mesi del 2020 si rileva che l’85% concerne prodotti fi niti per consumo diretto e questa quota si conferma anche nel 2020.

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Sebbene il calo sia generalizzato e riguardi tutti i principali prodotti, quelli ittici sono i più colpiti, in particolare crostacei e molluschi, soprattutto a causa dell’inoperati-

vità del canale HO.RE.CA.

Il caffè greggio dal Brasile ha fatto registrare una minore disponibilità di prodotto, dovuta a diffi coltà logistiche e a problemi nell’andamento dell’industria e i 3 principali comparti di importazione, quali carni, prodotti ittici e lattiero-caseari — che da soli rappresentano quasi il 30% dell’import agroalimentare dell’Italia — si sono mostrati in calo per una percentuale tra il 7 e il 12.

È interessante, tuttavia, osservare anche all’interno del semestre in analisi, in quali mesi e in concomitanza con quali misure restrittive si siano verifi cati alcuni fenomeni economici. Si rileva infatti che il

calo semestrale dell’import agroalimentare sia imputabile esclusivamente all’andamento del secondo trimestre, con una contrazione in valore che annulla l’aumento

del 3,2% dei primi tre mesi. In particolare, in quella fase, rispetto al primo trimestre 2019, a fronte di una stabilità dell’import di prodotti primari, si evidenzia un incremento di quasi il 3% dell’industria alimentare. Nello stesso periodo gli acquisti dall’estero di bevande, che pesano circa il 5%, crescono del 43%, grazie soprattutto alla birra. Un ulteriore dettaglio temporale evidenzia come

il netto calo dell’import di prodotti trasformati sia legato quasi esclusivamente all’andamento di aprile e maggio, mentre a giugno è evidente una ripresa, con valori

vicini a quelli del 2019. Sia per i prodotti primari che per le bevande, giugno mostra fortunatamente un ritorno dei valori ai livelli del 2019.

Focus sull’export

Per l’export la contrazione nel secondo trimestre è nettamente più contenuta rispetto a quella dell’import e, nell’andamento complessivo semestrale, non annulla la netta crescita registrata nei primi tre mesi. Come per le importazioni, anche le esportazioni nel primo trimestre aumentano per i tre settori, soprattutto per le bevande, e per i prodotti trasformati, dove l’incremento in valore supera il 10%. Il calo del 3,6% del secondo trimestre è invece imputabile quasi esclusivamente alle minori esportazioni di bevande, con un –14,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Per l’industria alimentare la riduzione in valore è molto contenuta (–0,3%), mentre per i prodotti primari si evidenzia un segno addirittura positivo anche nel secondo trimestre, sebbene molto limitato (+0,3%). Per il settore primario, l’analisi mensile delle esportazioni conferma una sostanziale stabilità. Per i prodotti trasformati, invece, dopo un’ottima performance nei primi tre mesi del 2020, si registra un netto calo ad aprile e maggio e una ripresa solo a giugno, con un indice che torna a crescere rispetto al 2019. Anche per le bevande, dopo un andamento nei primi tre mesi sostanzialmente in linea con il 2019, segue una riduzione ad aprile e maggio, mentre a giugno il valore dell’export torna in linea con l’anno precedente.

Nel complesso, quindi, sia per i fl ussi in uscita che in entrata, dopo un andamento sostanzialmente stabile o in crescita nei primi tre mesi del 2020, si rileva un calo ad aprile e maggio fi no a una diffusa ripresa a giugno, con valori in linea o quasi con quelli di giugno 2019.

Facendo invece un’analisi per aree di riferimento, si assiste alla frenata del mercato asiatico e della Cina. Nei primi 9 mesi del 2020

si osserva comunque la tenuta

dei principali clienti: i primi 6 assorbono più della metà delle nostre esportazioni, tutti stabili o in crescita rispetto al 2019. È buono l’andamento delle vendite in Ger-

Generalizzato è stato il calo all’interno del comparto ittico, dove i crostacei e molluschi congelati sono i prodotti più colpiti nel secondo trimestre, con riduzioni superiori al 50% in valore e quantità (photo © Egor Myznik x unsplash).

mania, che si conferma un importante mercato per i trasformati come pasta, conserva di pomodoro, ma anche vino, così come per il settore primario. Si registra una crescita anche del Nord America, sia USA che Canada. Verso la Spagna e United Kingdom, invece, calano molti dei principali prodotti.

Analisi per regioni

Nel fare un’analisi regionale sui primi 9 mesi, si nota che l’impatto maggiore l’ha accusato il Nord. Nel

II trimestre le prime 4 regioni (peso superiore al 60%) sono in calo di una percentuale tra il

5 e il 10. Incide la composizione del paniere: a Nord soffrono vino, lattiero-caseario e carne. Al Sud pasta, conserve di pomodoro e olio. La Sardegna, con Pecorino e Fiore Sardo, segna un clamoroso decremento verso tutti i principali mercati (dove il peso degli USA è maggiore dell’80%), mentre la Calabria accusa il colpo su oli essenziali e succhi di frutta, l’Umbria su tabacco e olio, il Friuli Venezia Giulia sul caffè torrefatto (in particolar modo verso gli USA).

Analisi merceologica

Passando all’analisi merceologica si nota che, ad incidere sulla riduzione delle importazioni del settore primario nel II trimestre, sono diversi i comparti — primi fra tutti i prodotti della pesca, della silvicoltura e i prodotti degli allevamenti — ad avere contrazioni in valore superiori al 30%. Come già evidenziato, è però bene ricordare che spesso l’andamento dei valori non rispecchia quello delle quantità scambiate.

Per i prodotti della pesca e della silvicoltura la contrazione delle quantità importate è rispettivamente più contenuta e più

marcata del valore, mentre per i prodotti degli allevamenti si ha addirittura una crescita delle quantità importate. Altri due importati comparti del settore primario con fl ussi in entrata in netto calo sono “cacao, caffè, tè e spezie” (–15,9%) e animali vivi (–13,1%). Ad attenuare l’andamento negativo generalizzato delle importazioni nel settore primario c’è la crescita dei fl ussi di altri importanti comparti. È il caso delle importazioni di cereali (oltre il 6%), come pure frutta fresca e semi e frutti oleosi.

Riguardo l’industria alimentare, per tre dei quattro principali comparti di importazione le riduzioni in valore nel secondo trimestre sono rilevanti: carni fresche e congelate (–21,2%), prodotti lattiero-caseari (–12,6%) e prodotti ittici (–25,6%). Per il comparto lattiero-caseario l’andamento negativo in valore e quantità riguarda sostanzialmente tutti i principali prodotti di importazione.

Generalizzato è anche il calo all’interno del comparto ittico, dove i crostacei e molluschi congelati siano i prodotti più colpiti nel secondo trimestre, con riduzioni superiori al 50% in valore e quantità.

All’interno del comparto carni, le prime quattro voci, riferite a carni bovine e suine semilavorate e disossate, mostrano contrazioni superiori al 20% in valore e al 10% in quantità. In generale, per quasi

tutti i comparti dell’industria alimentare la riduzione in volume, sebbene rilevante, è più contenuta

di quella in valore.

Si è trattato dunque di un periodo nel complesso diffi cile e imprevedibile, da ogni punto di vista, con un andamento schizofrenico condizionato dall’incertezza, che ha generato problemi sul piano commerciale e della programmazione.

Sarà interessante osservare ed analizzare i dati degli ultimi mesi del 2020 e dei primi del 2021, per comprendere quale sia stato l’effettivo impatto della pandemia sui mercati. Nella speranza che questa brutta pagina si possa considerare del tutto superata o quasi.

Sebastiano Corona

Sempre più green: la sostenibilità conquista le etichette dei prodotti a marca commerciale

18 prodotti su 100 hanno un claim ecologico in etichetta: un paniere che ha aumentato le vendite del 10,2% in un anno, superando gli 1,7 miliardi di euro di sell-out. Sostenibilità agricola o negli allevamenti e responsabilità sociale sono i valori più segnalati in confezione. A rivelarlo è il monitoraggio condotto dal nuovo Osservatorio Immagino

La marca del distributore è sempre più “green”: a rivelarlo è la nuova edizione, l’ottava, dell’Osservatorio Immagino realizzato da GS1 Italy in collaborazione con NIELSEN. Da questo report emerge che, nell’arco di un anno, sono saliti a 6.407 i prodotti a private label sulle cui confezioni compare almeno un claim relativo al mondo della sostenibilità. In 12 mesi le loro vendite sono salite di un +10,2%, arrivando a oltre 1,7 miliardi di euro. Ma, nonostante questo trend sopra media, nel paniere dei prodotti a marca del distributore l’incidenza dei prodotti sostenibili è ancora bassa: la loro quota sul giro d’affari si ferma al 22,8%, contro il 24,4% detenuto dai prodotti green sul totale del largo consumo confezionato.

Partendo dalla sua ampia base di analisi, composta da 115.000 prodotti del largo consumo (corrispondenti all’82,1% del giro d’affari realizzato in ipermercati e supermercati italiani), Osservatorio Immagino si è focalizzato sui prodotti a marca commerciale che evidenziano in etichetta i loro valori legati al mondo della sostenibilità e li ha organizzati in quattro diversi panieri in base al tipo di claim presente sulle confezioni.

Il paniere più rilevante è quello costituito dai prodotti presentati come provenienti da agricoltura o allevamento sostenibili, col 32,6% di incidenza sulle vendite totali delle private label “green”.

Il secondo paniere per incidenza è quello dei prodotti ottenuti nel rispetto della responsabilità sociale (22,3% del giro d’affari). Seguono il paniere dei prodotti che rimandano al management sostenibile delle risorse (12,1%) e il rispetto degli animali (7,1%).

Agricoltura e allevamenti sostenibili

Con una crescita annua a valore di +12,3%, le vendite dei prodotti a marca privata segnalati come provenienti da agricoltura e allevamenti sostenibili hanno superato gli 870 milioni di euro. Gli aumenti a valore più signifi cativi sono stati ottenuti dal claim “senza antibiotici” (+198,9%), spinto da un effetto combinato d’incremento dell’assortimento (+54,8%) e del boom della domanda (+144,1%).

Performance molto positive anche per le referenze con “ingredienti 100% naturali” (+26,4%), con indicazioni di “fi liera/tracciabilità” (+18,7%) e certifi cati biologici/EU Organic (+10,1%). In fl essione di un –7,3% invece le vendite dei prodotti “senza OGM”.

Responsabilità sociale

Crescita annua a doppia cifra (+13,5%) anche le vendite dei 1.312 prodotti a private label che richiamano in etichetta l’impegno sul fronte della responsabilità sociale e che realizzano 572 milioni di euro di sell-out in iper e supermercati. A spingere questo paniere è principalmente la certifi cazione da foreste gestite in modo responsabile FSC (+14,0% di vendite annue), seguita da quelle Fairtrade (+7,0%) e UTZ (+104,0%), seppur quest’ultima limitata ad un numero ridotto di prodotti a scaffale.

Animal welfare & Co: l’importanza del rispetto degli animali, tutti

Gli 80 prodotti a marca del distributore che riportano sulla confezione un claim relativo a tecniche di pesca sostenibile o all’esclusione di test condotti su animali sono cresciuti di +5,3% nell’arco dei 12 mesi analizzati. I prodotti con i claim “Friend of the sea” e “Cruelty free” hanno

In un solo anno sono saliti a 6.407 i prodotti a private label sulle cui confezioni compare almeno un claim relativo al mondo della sostenibilità. Performance molto positive di vendita per le referenze con “ingredienti 100% naturali”, con indicazioni di “fi liera/tracciabilità” e certifi cati biologici/EU Organic.

realizzato 30 milioni di sell-out, per la quasi totalità concentrati nella drogheria alimentare.

Risorse: management sostenibile

Con 2.057 prodotti a marchio, realizzati facendo attenzione alla gestione sostenibile delle risorse, le insegne hanno superato i 571 milioni di euro di vendite (+6,3% annuo). Tra le indicazioni in etichetta che registrano gli incrementi di vendita più signifi cativi ci sono “compostabile” (+35,1%), “biodegradabile” (+26,5%), minor utilizzo della plastica nelle confezioni (+43,1%) e riduzione degli sprechi (+14,3%). Trend positivo anche per i prodotti di cura della persona e della casa che evidenziano ingredienti “vegetali” e assenza di “fosfati” (+14,0%). Fonte: GS1 Italy Osservatorio Immagino tendenzeonline.info

• LAVORAZIONE MOLLUSCHI CEFALOPODI • DEPURAZIONE MOLLUSCHI BIVALVI • COMMERCIO PRODOTTI ITTICI

Il mercato ittico dell’UE

Parte II – Sistemi di qualità, Import-Export

Sistemi di qualità delle Indicazioni Geografi che e Specialità Tradizionali

Nel settore dei prodotti ittici esistono 53 prodotti registrati con i sistemi di qualità dell’UE. Questi si riferiscono alle Indicazioni Geografi che (IG), ossia le Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e le Indicazioni Geografi che Protette (IGP), nonché agli aspetti tradizionali, le Specialità Tradizionali Garantite (STG). Due terzi delle denominazioni (36) sono IGP, circa un quarto (14) sono DOP e il 6% (3) sono STG. Il numero di IG e STG è aumentato notevolmente nell’ultimo decennio, passando da 21 nel 2010 a 53 nel 2020. L’ultima denominazione registrata è l’IGP

“Bulot de la Baie de Granville”

(Francia, febbraio 2019). Dei 53 nomi registrati, 36, ovvero il 68%, lo sono negli Stati Membri dell’UE e il 32% proviene da Paesi Terzi. Gli Stati Membri in cui è registrata la maggior parte delle denominazioni sono Germania, Francia, Italia e Spagna: in ciascuno di questi Paesi, sono state registrate tra le 5 e le 7 denominazioni. Seguono Repubblica Ceca, Finlandia e Romania con 2 denominazioni, e poi i Paesi Bassi, la Lettonia, il Portogallo, la Polonia, la Svezia, l’Irlanda e la Grecia con 1 denominazione ciascuno. In totale, 17 denominazioni provengono da Paesi Terzi: 14 nel Regno Unito ed 1 ciascuno in Cina, Norvegia e Vietnam.

Tra le 53 denominazioni vigenti, 41 (il 77%) riguardano i pesci pinnati, 11 (il 21%) i molluschi ed una (il 2%) i crostacei. Inoltre, 26 (il 59%) si riferiscono a specie marine, 19 (il 36%) a specie d’acqua dolce, e 8 (il 15%) a specie migratorie il cui ciclo di vita si alterna in ambienti marini e in acque dolci.

Photo © Francesco Majo x unsplash

Le specie col maggior numero di marchi IG e STG sono le carpe, con 9 prodotti (in Germania, Repubblica Ceca e Polonia); le cozze con 5 prodotti (in Francia, in Italia, in Spagna e nel Regno Unito); il salmone con 5 prodotti (4 nel Regno Unito e 1 in Irlanda); l’acciuga, il merluzzo nordico, l’ostrica, il tonno ed il coregone con 3 prodotti ciascuno. Oltre la metà dei prodotti coperti da IG/ TSG (il 58%) è rappresentata da prodotti catturati, tra i quali spiccano acciuga, merluzzo nordico, tonno e coregone, mentre il 42% riguarda specie allevate (principalmente i molluschi, la carpa ed il salmone).

Le IG/TSG possono riguardare prodotti non trasformati o trasformati. I prodotti non trasformati, che rappresentano il 43% delle denominazioni, sono prevalentemente i molluschi ed alcuni pesci pinnati. I prodotti trasformati rappresentano il 36% delle denominazioni: tra questi fi gurano, ad esempio, l’IGP “Mojama de Barbate” in Spagna (fi letti loin di tonno essiccati e stagionati) o l’IGP “Glückstädter Matjes” in Germania (aringhe maturate). Alcune IG/TSG riguardano sia prodotti trasformati che non trasformati (il 21% delle denominazioni, ad esempio pesci interi o in fi letti).

Si stima che nel 2017 le vendite di pesci pinnati, molluschi e crostacei con marchi IG/TSG provenienti dall’UE-28 abbiano raggiunto 246.709 tonnellate e 1,42 miliardi di euro. Rispetto al 2013, le vendite di tali prodotti sono aumentate dell’83%, fi no a rappresentare circa il 4% del valore totale delle vendite di prodotti ittici nell’Unione Europea. La maggior parte del valore (il 62%, ossia 0,88 miliardi di euro) riguarda la vendita di prodotti ittici sul mercato interno; seguono gli scambi tra Stati Membri (che coprono il 28% del totale con 0,4 miliardi di euro) e gli scambi tra l’UE ed i Paesi Terzi (il 10%, con 0,14 miliardi di euro). I prodotti IGP ne hanno rappresentato la quota maggiore (71%), seguiti dalle STG (22%) e dai prodotti DOP (7%).

Nel 2017, Regno Unito e Francia sono stati i Paesi leader in termini di vendite, con l’IGP “Scottish Farmed Salmon”, la STG “Moule de Bouchot”, l’IGP “Huîtres Marennes Oléron” e la DOP “Moules

de Bouchot de la Baie du Mont-

Saint-Michel”.

Nel 2017, tendenzialmente la “dimensione economica” dei prodotti STG ed IGP ha superato quella dei prodotti DOP; le vendite dei prodotti appartenenti alle tre categorie hanno raggiunto rispettivamente 36 milioni di euro, 32 milioni di euro e 8 milioni di euro.

Import – Export

Nel 2019, il valore totale dei fl ussi commerciali dell’UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura è stato di 60,78 miliardi di euro, in rialzo del 2% rispetto al 2018. Durante il decennio dal 2010 al 2019, è cresciuto ad un tasso annuo composto del 4%, fi no raggiungere nel 2019 un livello superiore del 44% a quello di 10 anni prima in termini reali. Quasi la metà dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura dei fl ussi di import-export all’interno dell’UE e con Paesi Terzi è costituita da importazioni extra-UE, mentre le esportazioni extra-UE, pur seguendo un trend positivo in termini di valore nel corso dell’ultimo decennio (+58% in termini reali), hanno un ruolo molto meno importante, il che rende l’UE un importatore netto. L’altra metà è costituita da scambi interni all’UE, che comprendono prevalentemente esportazioni di salmone e merluzzo nordico di origine norvegese e islandese dagli Stati Membri settentrionali ad altri Paesi UE.

Il saldo commerciale dell’UE Nel 2019, il disavanzo del saldo commerciale dell’UE si è attestato a 21 miliardi di euro, in lieve rialzo rispetto a quello registrato l’anno precedente. In un’ottica di lungo periodo, il disavanzo è cresciuto del 33% in termini reali dal 2010 al 2019. Tra gli Stati Membri dell’UE, la Svezia

è l’importatore netto principale da

Paesi Terzi, in quanto rappresenta il punto di ingresso più importante per i prodotti norvegesi di valore elevato destinati al mercato interno. Hanno registrato un peggioramento del saldo commerciale anche gli Stati Uniti

ATTREZZATURE AUTOMAZIONE INDUSTRIA ALIMENTARE

CARRELLO RIBALTATORE

TERMOFORMATRICE

TERMOSIGILLATRICE

FRIGGITRICE GRIGLIATRICE

Grafi co 1 – Valore nominale dei fl ussi di import-export più importanti tra l’UE e i Paesi

Terzi nel 2019 (miliardi di €)

Fonte: stime elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS-016890).

ed il Giappone, ossia i due maggiori importatori di prodotti della pesca e dell’acquacoltura dopo l’UE. Quasi la metà del disavanzo dell’UE del 2019 (il 49%, pari a 10,2 miliardi di euro) è dovuto a prodotti congelati. I prodotti freschi e quelli preparati/ conservati ne hanno rappresentato rispettivamente il 29% (6,1 miliardi di euro) e il 17% (3,6 miliardi di euro). In confronto al 2018, si è osservato un peggioramento del saldo commerciale per tutte e tre le categorie di conservazione principali.

Confronto tra le importazioni di prodotti della pesca e dell’acquacoltura e di carne Nel 2019, il valore complessivo delle importazioni di prodotti agroalimentari e della pesca e dell’acquacoltura nell’UE è stato di 146,49 miliardi di euro. Di questi, il pesce ha rappresentato il 15% e la carne il 2%.

L’UE è un importatore netto di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, mentre è un esportatore netto di carne. Nel Grafi co 4 sono messi a confronto i valori delle importazioni di pesce e di carne dal 2010 al 2019, escludendo i prodotti preparati e non commestibili. La linea azzurra indica l’andamento seguito dal rapporto tra il valore delle importazioni di pesce e di carne. Nel 2019, il rapporto è salito a 5,99, il che signifi ca che il valore delle importazioni di pesce ha superato di quasi sei volte quello delle importazioni di carne. Poiché il valore delle importazioni di carne è rimasto pressoché invariato durante il decennio oggetto dell’analisi, tale incremento è stato determinato dall’aumento del valore delle importazioni di pesce.

Importazioni Extra-UE

Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura hanno raggiunto il picco decennale di 6,34 milioni di tonnellate, in aumento di quasi 460.000 tonnellate rispetto al 2010 (+8%). Dal 2018 al 2019, esse hanno registrato un incremento poco signifi cativo (+0,3%, pari ad un aumento di 18.625 tonnellate). Anche il valore delle importazioni ha toccato un picco, raggiungendo 27,21 miliardi di euro. Si tratta di quasi 659 milioni di euro in più rispetto al 2018 (+2%), ma di un incremento del 38% in termini reali rispetto a 10 anni prima.

I fornitori principali dell’UE di prodotti ittici rappresentano le stesse quote sul totale sia in termini di valore che di volume. Più di un quarto delle importazioni proviene dalla Norvegia. La Cina segue a distanza, contribuendo per meno del 10% al totale delle importazioni extra-UE, mentre l’Islanda, l’Ecuador, il Marocco, il Vietnam e gli Stati Uniti rappresentano ciascuno il 5% del totale.

I prodotti più importati sono il salmone (prevalentemente di origine norvegese), i gamberi

Grafi co 2 – Valore nominale dei fl ussi di import-export più importanti tra l’UE e i Paesi

Terzi nel 2019 (miliardi di euro). Dettaglio per Stato Membro

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS-016890).

(dall’Ecuador e dal Vietnam), il merluzzo nordico (dalla Norvegia e dall’Islanda), il tonnetto striato (dall’Ecuador), il pollack d’Alaska (dalla Cina e dagli Stati Uniti) e la farina di pesce per uso non alimentare (dalla Norvegia). Per quanto riguarda i gamberi, essi sono costituiti in larga parte da gamberoni e mazzancolle (più specifi catamente da gamberi congelati del genere Penaeus), e da gamberi e gamberetti non appartenenti alla famiglia Pandalidae né alla specie Crangon, né alle specie di gambero rosa Parapenaeus longirostris e Penaeus.

È importante sottolineare che, sebbene le importazioni siano riportate come tali da EUROSTAT-COMEXT sulla base dei fl ussi commerciali registrati dalle dogane nazionali, nella maggior parte dei casi gli Stati Membri interessati da tali fl ussi non sono i veri e propri paesi di destinazione, ma, piuttosto, i “punti di ingresso” dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura importati nell’UE, che vengono poi commercializzati nel mercato interno.

Ciò premesso, i primi cinque

“importatori” dell’UE sono la Spagna, la Svezia, la Danimarca,

il Regno Unito e i Paesi Bassi. Nel 2019, ciascuno di essi ha importato da Paesi Terzi oltre 500.000 tonnellate e 2,5 miliardi di euro di prodotti della pesca e dell’acquacoltura (gli importi precisi per i maggiori importatori sono riportati nel Grafi co 5 e nel Grafi co 6).

La Spagna riceve un quinto delle importazioni extra-UE di prodotti ittici, approvvigionandosene principalmente dal Marocco, dall’Ecuador e dalla Cina, tutti Paesi che hanno aumentato le loro esportazioni dal 2018 al 2019. Tuttavia, nello stesso periodo, il valore totale delle importazioni da paesi extra-UE in Spagna è diminuito, a causa di una contrazione del 27% del prezzo all’importazione del polpo dal Marocco.

Analisi delle specie principali

Salmonidi Il salmone è la specie più importante che l’UE importa da Paesi Terzi: nel 2019, ha rappresentato il 15% del volume totale delle importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura e quasi un quarto del totale in termini di valore. Delle importazioni totali di salmonidi, che comprendono anche le trote e altre specie di salmonidi, quelle di salmone coprono il 98% del totale.

Nel 2019, le importazioni di salmone hanno raggiunto un picco decennale di 966.220 tonnellate e 6,28 miliardi di euro, segnando un aumento del 5% in volume e del 3% in valore rispetto al 2018. Le importazioni di salmone sono costituite prevalentemente da prodotti interi freschi di origine norvegese, che nel 2019 hanno raggiunto 753.041 tonnellate e 4,56 miliardi di euro. La Svezia ne è stato il primo

Grafi co 3 – Paesi di origine principali delle importazioni

extra-UE nel 2019 (in valore)

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890).

Grafi co 4 – Importazioni extra-UE di prodotti della pesca

e dell’acquacoltura e di carne, ed evoluzione del rapporto tra di esse in valore (miliardi di euro)

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890) e DG AGRI. Valori defl azionati utilizzando il defl atore del PIL (base=2015).

punto di entrata, in quanto Paese confi nante.

Negli ultimi 10 anni, le importazioni di salmone fresco intero dalla Norvegia sono cresciute in media del 6% all’anno in volume e dell’8% all’anno in valore.

Vale la pena ricordare che, mentre dal 2010 al 2015 il prezzo medio all’importazione era di circa 4,60 €/kg, dal 2016 al 2019 ha raggiunto una media di 6,30 €/kg.

Il rincaro dal 2015 al 2016 è stato determinato da una battuta d’arresto delle importazioni (–40.000 tonnellate) ridottesi a seguito della contrazione della produzione causata dai trattamenti contro i parassiti che avevano incrementato la mortalità, rallentato la crescita e diminuito il peso degli esemplari raccolti e quindi dei volumi totali.

L’aumento del prezzo potrebbe essere spiegato anche dal lieve decremento dei volumi di raccolta dal 2015 al 2016 nel Regno Unito e in Irlanda.

Crostacei Nel 2019, le importazioni UE di crostacei si sono attestate a 632.875 tonnellate per un valore di 4,74 miliardi di euro, in leggera diminuzione rispetto al 2018. Quasi il 90% del valore totale e il 94% del volume totale è costituito da importazioni di gamberi, prevalentemente da gamberoni e mazzancolle e da gamberi e gamberetti non appartenenti alla famiglia Pandalidae né alla specie Crangon, né alle specie di gambero rosa Parapenaeus longirostris e Penaeus.

Gamberoni e mazzancolla I gamberoni e le mazzancolle importati nell’UE appartengono al genere Penaeus e sono congelati. Nel 2019, le importazioni di questa specie da paesi extra-UE hanno raggiunto 284.270 tonnellate e 1,99 miliardi di euro, rimanendo pressoché stabili rispetto al 2018 (–1%), ma sono diminuite del 4% in termini di valore complessivo a causa della diminuzione dei prezzi all’importazione. Più di un terzo delle importazioni UE di gamberoni e mazzancolle proviene dall’Ecuador, ed un altro 30% dal Vietnam e dall’India. I gamberi provenienti dai due Paesi asiatici, però, hanno un prezzo all’importazione maggiore di quelli importati dell’Ecuador, in quanto in Ecuador si produce solo la mazzancolla tropicale (Penaeus vannamei), mentre l’India e il Vietnam esportano anche il gambero gigante indopacifi co (Penaeus monodon), che è più pregiato.

La diminuzione dei prezzi all’importazione si deve all’aumento della rilevanza delle importazioni dall’Ecuador sul totale e alla diversità della gamma di prodotti provenienti dai fornitori principali: la maggior parte dei gamberi esportati dall’Ecuador sono HOSO (Head on, Shell on, ossia con la testa ed il guscio), mentre l’India esporta soprattutto gamberi sgusciati.

Grafi co 5 – Valore nominale delle importazioni extra-UE per Stato Membro nel 2019 e variazione % 2019/2018

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890).

Grafi co 6 –Volume delle importazioni extra-UE per Stato

Membro nel 2019 e variazione % 2019/2018

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890).

L’Ecuador esporta gamberoni e mazzancolle soprattutto alla Spagna, alla Francia e all’Italia, mentre le esportazioni dal Vietnam e dall’India sono destinate principalmente al Regno Unito, ai Paesi Bassi e al Belgio. È bene precisare, tuttavia, che Rotterdam (nei Paesi Bassi) e Anversa (in Belgio) rappresentano porti importanti per gli sbarchi di prodotti ittici congelati provenienti dall’Estremo Oriente, e che quindi è probabile che le destinazioni “effettive” non siano i rispettivi Paesi.

Gamberi diversi Nel 2019, le importazioni UE di gamberi e gamberetti non appartenenti alla famiglia Pandalidae né alla specie Crangon, né alle specie di gambero rosa Parapenaeus longirostris e Penaeus sono state pari a 248.351 tonnellate e 1,89 miliardi di euro, in calo di circa il 2% rispetto al 2018. Tale diminuzione è da ricollegarsi alla riduzione delle importazioni dai tre fornitori principali, ovvero l’Argentina, che copre il 30% delle forniture totali ed esporta gamberi atlantici selvatici congelati (Pleoticus muelleri), e il Vietnam e l’India, che coprono circa il 10% ciascuno del totale. I prezzi all’importazione sono più elevati per i gamberi di origine vietnamita (8,52 €/kg nel 2019) perché comprendono per lo più prodotti preparati e conservati, mentre i gamberi provenienti dall’Argentina e dall’India sono stati importati rispettivamente a 6,06 €/ kg e 5,66 €/kg.

Le importazioni dall’Argentina sono destinate principalmente alla Spagna e all’Italia, mentre i Paesi Bassi, il Regno Unito e il Belgio sono le destinazioni principali delle esportazioni dal Vietnam e dall’India. Anche in questo caso, tuttavia, bisogna tener presente che Rotterdam (nei Paesi Bassi) e Anversa (in Belgio) rappresentano porti importanti per gli sbarchi di prodotti ittici congelati provenienti dall’Estremo Oriente, e che quindi è probabile che non siano le destinazioni “effettive”.

Pesci demersali Nel 2019, l’UE ha importato 1,32 milioni di tonnellate di pesci demersali da paesi terzi, per un valore complessivo di 5,15 miliardi di euro. Rispetto al 2018, tali importazioni sono diminuite del 2% in volume ma sono aumentate del 12% in valore (+544 milioni di euro), trainate dall’andamento registrato dalle importazioni di merluzzo nordico e di pollack d’Alaska.

Merluzzo nordico Dal 2018 al 2019, la diminuzione delle importazioni dai primi tre fornitori (Norvegia, Islanda e Russia), ha in parte compensato l’aumento di quelle provenienti da altri paesi d’origine rilevanti, ovvero la Cina, gli Stati Uniti e le Isole Faroe. In totale, le importazioni extra-UE di merluzzo nordico sono passate da 503.784 tonnellate a 495.887 tonnellate (-2%), ma il prezzo medio all’importazione ha raggiunto un massimo decennale di 5,63 €/kg (+13% in confronto al

Nel 2019, il valore totale dei fl ussi di import-export da e per l’UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura ha superato del 44% il valore registrato 10 anni prima (photo © Mitchell Luo x unsplash).

prezzo del 2018), che ha portato ad un picco in termini di valore complessivo (cresciuto dell’11% rispetto al 2018, passando da 2,51 miliardi di euro a 2,79 miliardi di euro). Il rincaro in termini reali ed il raggiungimento di un picco decennale in termini di valore hanno interessato le importazioni da tutti i paesi d’origine più importanti tranne gli Stati Uniti. Mentre le importazioni dalla Russia, dalla Cina, dagli Stati Uniti e dalle Isole Faroe sono costituite in gran parte da prodotti congelati, quelle provenienti dalla Norvegia e dall’Islanda sono equamente distribuite in prodotti freschi e congelati, nonché salati ed essiccati.

Il primo punto di ingresso delle importazioni extra-UE di merluzzo nordico sono i Paesi Bassi, che nel 2019 ne hanno ricevuto un quarto del totale, provenienti principalmente dall’Islanda, e in misura minore dalla Norvegia e dalla Russia. Segue il Regno Unito, importandone il 17% del totale, con la Cina e l’Islanda come fornitori principali. La Danimarca e la Svezia, entrambe rifornite soprattutto dalla Norvegia, hanno importato ciascuna il 14% del totale.

Pollack d’Alaska Più della metà delle importazioni UE di pollack d’Alaska proviene dalla Cina, e quasi un terzo dagli Stati Uniti. Dal 2018 al 2019, le forniture dalla Cina sono aumentate del 9%, raggiungendo 164.553 tonnellate, e il prezzo medio all’importazione ha toccato un picco decennale di 2,64 €/ kg, generando così un picco in termini di valore totale. Le esportazioni all’UE di entrambi i paesi sono destinate soprattutto alla Germania. L’andamento generale delle importazioni, infatti, è stato trainato dall’aumento delle importazioni tedesche dalla Cina (+11%) che hanno raggiunto 82.302 tonnellate vendute a 2,63 €/kg (+26%), per un valore complessivo di 216 milioni di euro. Le importazioni tedesche dagli Stati Uniti, invece, sono diminuite del 4%, raggiungendo 36.578 tonnellate; con un rincaro del 30%, il loro prezzo ha toccato il picco decennale di 2,89 €/kg.

Tonnidi I tonni importati nell’UE nel 2019 ammontavano a 787.613 tonnellate per un valore di 3,17 miliardi di euro. Si tratta quasi interamente di prodotti trasformati, di cui il 72% costituito da tonno in scatola e il 28% da tonno congelato. In termini di specie, più della metà delle importazioni UE di tonno comprende il tonnetto striato, seguito a distanza dal tonno pinna gialla.

Tonnetto striato Quasi tutte le importazioni di tonnetto striato consistono in prodotti preparati e conservati provenienti principalmente dall’Ecuador (128.587 tonnellate nel 2019) e in misura minore dalle Filippine e dalle Mauritius (rispettivamente, 51.686 tonnellate e 40.113 tonnellate), ed includono tonni pescati dalla fl otta UE che vengono sbarcati in questi paesi per subire processi di trasformazione ed essere poi reimportati nell’UE. Rispetto al 2015, le importazioni UE di tonnetto striato in conserva da ciascuno dei tre paesi d’origine più importanti sono aumentate sia in termini di volume che di valore. Le importazioni dall’Ecuador sono destinate principalmente alla Spagna, che nel 2019 ne ha ricevute 46.378 tonnellate, in aumento del 59% rispetto al 2018 (+17.182 tonnellate), ad un prezzo medio di 3,84 €/kg. Grazie a tale incremento, e nonostante una diminuzione del 12% del prezzo, il valore totale di questi fl ussi commerciali è cresciuto del 41% dal 2018 al 2019, fi no a raggiungere 178 milioni di euro.

Il Regno Unito è la destinazione principale delle forniture dalle Mauritius (14.249 tonnellate nel 2019 importate a 4,20 €/kg, stabili sia in volume che in valore rispetto al 2018). Quelle dalle Filippine sono destinate principalmente alla Germania (pari nel 2019 a 19.880

I R NTRACCIABILITÀ NELLE FILIERE AGROALIMENTA R I

UNI EN ISO 22005:2008

tonnellate importate a 3,48 €/kg): esse sono cresciute del 25% rispetto al 2018 e hanno registrato un aumento signifi cativo anche in valore (+22%) in quanto il prezzo è rimasto pressoché invariato.

Prodotti per uso non alimentare Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti non alimentari si sono attestate a 833.348 tonnellate, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Esse comprendono farina di pesce, olio di pesce ed altri prodotti non destinati al consumo umano (prevalentemente scarti e alghe). Le importazioni di farina di pesce ne rappresentano quasi la metà in termini di valore.

Farina di pesce Nel 2019, l’UE ha importato 309.885 tonnellate di farina di pesce, in aumento del 15% rispetto al 2018. Grazie ad un incremento del 23%, il valore totale ha raggiunto un picco quinquennale di 438 milioni di euro, per effetto di un rincaro del 7% del prezzo medio all’importazione, salito a 1.414 €/kg. La farina di pesce di cui si approvvigiona l’UE proviene da diversi paesi: nel 2019, circa un quarto del totale proveniva dalla Norvegia (72.566 tonnellate per 114 milioni di euro). Perù e Marocco hanno coperto ciascuno il 13% del totale (rispettivamente, 41.227 tonnellate per 58 milioni di euro e 39.522 tonnellate per 46 milioni di euro). Seguono il Cile, il Sudafrica, gli Stati Uniti, la Mauritania e l’Islanda, che hanno rappresentato ciascuna il 7%9% del totale. Rispetto al 2018, sono aumentate le importazioni da tutti i paesi d’origine principali.

Le importazioni di farina di pesce dall’Islanda (1.614 €/kg) e dalla Norvegia (1.565 €/kg) hanno registrato i prezzi più elevati (rispettivamente, in aumento del 14% e dell’8% rispetto al 2018), mentre il prezzo più basso ha riguardato le importazioni dal Marocco (1.153 €/kg, +6%). Il punto d’accesso più importante per la farina di pesce nel mercato UE è la Germania, che la importa soprattutto da Perù e Marocco.

La Germania rappresenta tradizionalmente un punto d’ingresso fondamentale grazie ai vantaggi che offre dal punto di vista della logistica, in quanto i suoi porti si trovano lungo rotte a lungo raggio. Inoltre, costituisce uno snodo commerciale per la redistribuzione di farina di pesce, soprattutto nell’ambito del segmento dei mangimi per pesci. Altri punti d’accesso signifi cativi sono il Regno Unito (che importa farina di pesce prevalentemente dalla Norvegia per utilizzarla nell’ambito dell’allevamento di salmone) e la Danimarca (che svolge un ruolo importante nell’ambito del commercio di mangime, e si rifornisce prevalentemente dalla Norvegia e dal Sudafrica).

Esportazioni Extra-UE Nel 2019, le esportazioni di prodotti della pesca e dell’acquacoltura dall’UE a Paesi Terzi hanno raggiunto un picco quinquennale di 2,21 milioni di tonnellate, con una crescita di 145.976 tonnellate rispetto al 2015 (+7%). Rispetto a 10 anni prima,

“Il mercato ittico dell’UE” ha l’obiettivo di fornire un’analisi strutturale dell’intera industria UE della pesca e dell’acquacoltura. Questo rapporto risponde alle seguenti domande: cosa è prodotto/esportato/ importato, quando e dove, cosa è consumato, da chi e quali sono i principali trend. Attraverso un’analisi comparativa, è possibile valutare la performance dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura nell’ambito del mercato dell’Unione europea confrontandola con quella degli altri prodotti alimentari. Nell’edizione 2020 del rapporto, le variazioni in termini di valore e di prezzo per periodi superiori a cinque anni sono analizzate defl azionando i valori con il defl atore del PIL (base = 2015); per periodi più brevi, sono analizzate le variazioni di valore e di prezzo nominali.

La pubblicazione è uno dei servizi offerti dall’Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (EUMOFA). Questa edizione si basa sui dati disponibili fi no a giugno 2020. Le analisi incluse nel rapporto non tengono conto di eventuali aggiornamenti delle fonti utilizzate successivi a tale data. Dati complementari e più dettagliati sono disponibili nel database EUMOFA per specie, luogo di vendita, Stato Membro, Paese di origine/destinazione. I dati sono aggiornati quotidianamente.

L’Osservatorio EUMOFA, sviluppato dalla Commissione europea, rappresenta uno degli strumenti della Politica Comune della Pesca. [Regolamento (UE) N. 1379/2013 sull’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, Articolo 42].

EUMOFA è uno strumento di market intelligence che fornisce regolarmente indicatori settimanali, trend di mercato mensili e dati strutturali annuali lungo la fi liera produttiva. Il database si fonda su dati forniti e validati dagli Stati Membri dell’UE e da istituzioni europee. È disponibile in tutte le 24 lingue dell’UE.

• Il sito EUMOFA, disponibile al pubblico da aprile 2013, si trova al link www.eumofa.eu

l’aumento è stato di 115.275 tonnellate (+6%), mentre dal 2018 al 2019 si è registrato un incremento poco signifi cativo. In termini di valore, hanno raggiunto un picco decennale di 6,17 miliardi di euro. Si tratta di 435 milioni di euro in più rispetto al 2018 (+8%), e di un incremento del 58% in termini reali rispetto a 10 anni prima. L’UE esporta principalmente aringa, melù, tonnetto striato, sgombro, prodotti per uso non alimentare e salmone; metà dell’aumento del valore totale delle esportazioni UE dal 2018 al 2019 è stato determinato proprio dalle esportazioni di salmone. Altre specie esportate dall’UE ad elevato valore commerciale sono il merluzzo nordico e la specie “halibut della Groenlandia”. La Nigeria è la destinazione più importante delle esportazioni UE di sgombri, melù e aringhe (per le aringhe, lo è anche l’Egitto); l’olio di pesce e la farina di pesce sono per lo più esportati alla Norvegia; gli Stati Uniti sono la destinazione più importante per il salmone, mentre le esportazioni di merluzzo nordico e della specie “halibut della Groenlandia” sono destinate principalmente alla Cina.

Per quanto riguarda il tonno, le esportazioni sono costituite per la maggior parte da tonni catturati in località remote da navi spagnole (nei pressi delle zone di pesca dell’Ecuador, delle isole Mauritius e Seychelles e del Messico) e francesi (nei pressi delle zone di pesca delle Seychelles, della Costa d’Avorio, delle Mauritius e del Ghana); essi subiscono processi di trasformazione in tali Paesi, per poi venire re-importati nell’UE sotto forma di prodotti preparati e conservati o in fi letti congelati (loin). In entrambi i casi, sono registrati sia come sbarchi sia come esportazioni.

Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti non alimentari si sono attestate a 833.348 tonnellate, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Comprendono farina di pesce, olio di pesce ed altri prodotti non destinati al consumo umano, prevalentemente scarti e alghe

Scambi interni all’UE Nel 2019, gli scambi intra-UE si sono attestati a 6,43 milioni di tonnellate e 27,41 miliardi di euro. Rispetto al 2018, hanno registrato un calo del 3% in volume (–170.380 tonnellate), mentre il valore è aumentato dello 0,3% (+85 milioni di euro). Fonte: EUMOFA

European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Products www.eumofa.eu

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Consumi di alimenti surgelati in lieve crescita nel 2019

Boom di consumi domestici durante il primo confi namento. Superati per la prima volta i 14 kg pro capite. Il 95,5% delle famiglie li consuma regolarmente

di Roberto Villa

Nel 2019 la spesa alimentare delle famiglie italiane è cresciuta dello 0,4% rispetto al 2018 (dati ISMEA). In verità, l’anno aveva dato nel primo semestre segnali più positivi (+1%), ma un deciso rallentamento nella seconda metà ha ridotto notevolmente lo slancio iniziale. Probabilmente, la sostanziale stabilità dei consumi alimentari non è più un fatto congiunturale, ma un fenomeno strutturale. Al di là delle diverse disponibilità di reddito, sono cambiati i modelli di consumo e gli stili di vita.

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associato all’offerta di alimenti. Analizzando il dato complessivo dei consumi, si conferma quanto già osservato nel 2018: i prodotti confezionati crescono dell’1,9% mentre i prodotti sfusi, freschi, si contraggono decisamente: –3,1%. Nel 2019 è proseguita la crescita degli alimenti pronti, capaci di venire incontro alla sempre minore disponibilità o volontà di tempo da dedicare alla cucina. Secondo l’ultimo rapporto FIPE, nel 2019 la spesa degli Italiani per i pasti fuoricasa ha toccato gli 86 milioni di euro (+2% rispetto al 2018). Com’è noto, nel primo semestre 2020 questo trend ha subito, a causa dello scoppio della pandemia da Coronavirus, una brusca inversione di tendenza.

Buon andamento per l’ittico sottozero: nel 2019 ne sono state consumate 114.150 tonnellate, con una crescita dell’1,2% rispetto all’anno precedente (photo © lado2016 – stock.adobe.com).

Nel canale del fuoricasa l’incremento dei consumi di ittici surgelati è stato dell’1,5%, con 20.000 tonnellate complessive (photo © Suvorov Aleksey).

Consumi pro capite in aumento (14,1 kg/anno) e fatturato del settore attorno ai 4,7 miliardi di euro. Bene l’export

In un mercato alimentare sostanzialmente stagnante, i surgelati hanno ripreso nel 2019 quel cammino di crescita che aveva segnato nel 2018 una battuta di arresto, a causa più di condizioni meteo non favorevoli che di un mutamento nelle preferenze del consumatore. L’anno si è chiuso con un consolidato di 849.900 tonnellate: +1,3% rispetto alle 838.580 tonnellate del 2018. Più dinamica la performance del canale delle vendite al dettaglio, che ha raggiunto le 531.400 tonnellate: +1,5% sull’anno precedente. Positiva anche quella del catering (fuoricasa), attestatosi a 318.500 tonnellate (+1,1% sul 2018). L’aumento complessivo ha fatto sì che, per la prima volta nel nostro Paese, il consumo pro capite di surgelati abbia superato la soglia dei 14 kg annui (14,1). Anche il valore di mercato del settore ha segnato un incremento passando dai 4,3-4,6 miliardi di euro del 2018 ai 4,4-4,7 miliardi del 2019. Un’analisi dettagliata dei dati 2019 permette di constatare una crescita in volume per ogni segmento merceologico. In crescita i vegetali naturali e in particolare zuppe, passati e minestroni (e, tra questi, dei ricettati cresciuti del 2,7% rispetto all’anno precedente). I vegetali surgelati consumati nel 2019 a livello di vendite al dettaglio sono stati pari a 228.000 tonnellate (+0,5% rispetto al 2018), che li ha consacrati come un prodotto presente tutti i giorni sulle tavole degli Italiani.

Nel fuoricasa le vendite hanno superato le 173.000 tonnellate (+1,2% rispetto all’anno precedente).

Le patate surgelate hanno fatto registrare nel 2019 un incremento dello 0,7%, per un quantitativo totale di 74.600 tonnellate, delle quali 72.300 nelle vendite al dettaglio.

Crescono anche pizze e snack, che complessivamente registrano nel 2019 una crescita del 2,1% rispetto al 2018, con un consumo di 91.150 tonnellate ripartite tra le 78.500 del consumo domestico e le 14.600 del canale fuoricasa.

Un netto calo, tipico degli ultimi anni, ha invece interessato le paste semilavorate nel canale domestico (–12,1%, passate da 910 a 800 tonnellate), a cui i consumatori preferiscono le versioni refrigerate, mentre nel canale fuoricasa sono rimaste stabili a 2.300 tonnellate. Bene infi ne i dessert, con un +1,0% al dettaglio (4.500 tonnellate acquistate), mentre sono stabili a 3.000 tonnellate gli acquisti nel canale fuoricasa.

Nel 2019 l’export agroalimentare italiano ha toccato 35,4 miliardi di euro, con un +5,2% sul 2018. Il maggior mercato di riferimento rimane l’Unione Europea (Germania in testa), con circa due terzi del totale, seguito da Nord America e Asia. Il comparto dei surgelati partecipa a questa performance, di grande interesse strategico, in primis con i prodotti tipici trasformati come pizze e ricettati, ma molto apprezzate sono anche altre merceologie, come le primizie vegetali del Sud Italia. L’export italiano delle pizze surgelate ha oltrepassato nel 2019 le 150.000 tonnellate, con un incremento di oltre il 10% rispetto al 2018 e un valore stimabile in 500 milioni di euro.

Prodotti ittici surgelati sempre più consumati dagli Italiani (+1,2%), trainati da molluschi e crostacei

Buon andamento per l’ittico sottozero: nel 2019 ne sono state consumate 114.150 tonnellate, con una crescita dell’1,2% rispetto all’anno precedente. I consumi nel canale domestico sono stati pari a 94.150 tonnellate, suddivise in 29.500 di pesce fresco (–1,8% rispetto al 2018), 32.050 di

mollame e crostacei (+7,0%), 32.600 di pesce panato e pastellato (–1,2%).

Sono sempre più apprezzate la provenienza delle materie prime da pratiche certifi cate di pesca sostenibile, che garantiscono il rispetto dell’ambiente e delle specie, e la loro surgelazione velocissima, che permette di fi ssare la qualità del prodotto fresco.

Ultima, ma non per importanza, l’informazione completa garantita dalle aziende, per un acquisto pienamente consapevole: area di pesca, data di primo congelamento, scadenza, metodo di pesca, contenuti nutrizionali, metodo di preparazione. Nel canale del fuoricasa l’incremento dei consumi di ittici surgelati è stato dell’1,5%, con 20.000 tonnellate complessive.

Il primo quadrimestre 2020, periodo del confi namento forzoso dovuto alla pandemia Covid-19, ha visto un’impennata di consumi domestici, del “porta a porta” e delle vendite on-line

Il 2020 è cominciato in linea con le tendenze registrate nella seconda parte del 2019. I surgelati, in particolare, hanno confermato il proprio andamento positivo, malgrado una spiccata anomalia climatica (siccità prolungata e alte temperature invernali) che, per qualche settimana, ha messo in discussione la capacità di approvvigionamento, e dunque la continuità produttiva, del settore. Poi, a fi ne febbraio, i primi segnali di un evento impensabile: l’epidemia del Coronavirus, che fi no ad allora aveva riguardato la lontana Cina, ha colpito improvvisamente l’Italia. Le ripercussioni sulle vendite di alimentari sono state immediate: a fi ne febbraio si registravano le prime impennate nella GDO (+8%), prima al Nord e poi nel resto del Paese. In tale contesto, i surgelati hanno registrato un forte aumento della domanda, superiore a quello degli alimenti freschi.

Secondo ISMEA, nel primo trimestre 2020 la spesa complessiva delle famiglie italiane per i prodotti alimentari è aumentata del 7% su base annua, “la variazione più forte degli ultimi dieci anni”. A marzo, poi, “le vendite per i prodotti confezionati hanno registrato incrementi del 20% e quelle per i freschi sfusi del 9%”.

Nel primo quadrimestre 2020 le vendite del totale surgelati al dettaglio hanno toccato un +13,5%, con performance diverse a seconda dei segmenti: • ittico +16,5%; • snack salati +21,5%; • patate +12%; • pizze +12,5%; • ricettati +5,5%.

Nel 2019 il fuoricasa, con uno stimato di 318.500 tonnellate, ha superato il 37% del totale dei consumi di surgelati nel nostro Paese.

Nel 2020, dopo un andamento regolare fi no a metà febbraio, il canale HO.RE.CA. ha cominciato a ridurre velocemente le vendite fi no a fermarsi del tutto con l’inizio del confi namento. I danni derivanti al settore dei surgelati dalla chiusura di bar, ristoranti, tavole calde, mense scolastiche e aziendali, sono stati stimati nel primo quadrimestre 2020 pari a 150 milioni di euro. A questi potrebbe aggiungersi, da maggio a dicembre, una perdita ad oggi solo stimata di ulteriori 450-500 milioni di euro.

Già nel 2019, come abbiamo visto, il segmento porta a porta dei surgelati aveva registrato prestazioni straordinarie. Con lo scoppio dell’emergenza Coronavirus i volumi di questo canale hanno segnato un boom, con incrementi nel solo mese di marzo fi no a oltre il 40%. Grazie alla presenza capillare sul territorio e ad un effi ciente sistema logistico, il porta a porta ha risposto a tutte le famiglie, già clienti e non, che chiedevano di ricevere comodamente i prodotti a casa, senza sottoporsi a lunghe attese davanti ai punti vendita.

Nello stesso contesto va segnalata l’impennata delle vendite on-line, una modalità di acquisto relativamente nuova per il settore. Il fenomeno si inserisce nel boom del commercio on-line dei prodotti di largo consumo confezionato, che ha registrato tassi di aumento superiori al 150% anche nelle prime settimane dopo le riaperture di inizio maggio.

Roberto Villa

I segreti dell’aspic

di Giorgia Fieni

Non è una delle mie ricette preferite ma ogni volta che la vedo non posso fare a meno di ammirarla a bocca spalancata. Adoro quella marea di gelatina (a volte anche colorata) che nasconde/rivela una pietanza sorpresa. È come guardare il fondo del mare: sfocato ma meraviglioso.

Anche la frutta vi può galleggiare, trasformandosi in tal modo in un fi ne pasto fresco se mangiato da solo (FIAMMETTA FADDA lo consiglia caldamente per il post pranzo di Natale), oppure in una decorazione per un altro tipo di dessert; ricordatevi di non usare ovviamente il brodo per la gelatina, ma vino bianco dolce, birra o sciroppo (magari aromatizzato con spezie e frutta). Qualche esempio? Un aspic alle pesche e moscato sta sorprendentemente bene su una torta al tiramisù. Uno al Passito di Pantelleria su una al cioccolato. Uno alla mela rossa ed alla mela verde separati da uno strato di biscotti secchi sbriciolati. Uno alle pesche per degli amaretti fatti in casa. Possiamo poi preparare anche un semplice aspic di cacao e pere, al Bellini oppure uno ai frutti di bosco. La descrizione di SONIA PERONACI è favolosa: «Dagli anni ‘70 con furore, insieme alla minigonna, le canzoni dei Beatles, gli orribili motivi optical e un elenco sterminato di serie TV, fi no a noi è arrivato anche l’aspic. Per dargli una rinfrescata, ho deciso di mettere al bando la versione salata, servita come antipasto o secondo, e di crearne una dolce, che oggi suona come originale e inedita, come quei vestiti della mamma che avevamo chiuso nell’armadio ma, abbinati nella maniera giusta, ci fanno chiedere dalle amiche dove li abbiamo comprati. L’unico neo è che, visto che nell’aspic l’estetica è tutto e il sotto è il sopra (giuro, nessun ingrediente è allucinogeno…), bisogna dedicare più tempo del normale alla disposizione della frutta: ogni strato richiede una copertura di gelatina, al moscato e limone, e 15’ di riposo in frigo, quindi per farne un certo numero almeno 1 h½ ci vuole. Posso dirvi che, però, portati in tavola, rossi e opulenti, fanno subito festa, che sia Natale, Capodanno o Ferragosto».

E poi ci sono gli innovativi mix, come il bicchierino con aspic al sapore di arancia (o mango e avocado) che ospita i gamberi o l’anello al melone (magari con un goccio di Porto) che contiene uova sode ed è decorato con roselline di prosciutto crudo.

A ritroso nella composizione del pasto, passiamo dal dessert al secondo piatto, spostandoci verso l’aspic di carne. Stavolta la gelatina rende la ricetta ancora più maestosa e ricorda tempi passati dove a illuminare il desco erano candele ed esso troneggiava al centro come l’ospite più importante. Pensate al suo contenere un pollo arrosto al prezzemolo, un coniglio allo sherry, un prosciutto cotto ai pomodorini, un cappone al tartufo e uova di quaglia, un vitello tonnato piccante o un mix di quinto quarto (creste di

gallo, lingua salmistrata, animelle di vitello).

Ma nell’aspic galleggiano anche le verdure, a creare una sorta di minestrone o di contorno scomposto: funghi, carote, olive e cavolfi ore, nella loro interezza, rimangono sospese… e la gelatina è capace di trattenere anche una montagna di insalata russa. O un’intera ricetta vegetariana: ne ho letta una con broccoli, castagne, sciroppo

di agave, zafferano, nocciole e

cavolfi ore.

Infi ne torniamo all’idea del mare con l’aspic di pesce (presente anche nel brodo che ammolla la gelatina). Scorfano con ravanelli e piselli. Salmone al mango e lime. Tonno e uova sode. Sogliola, pescatrice e gamberi (da servire con maionese al Vermouth ed erba cipollina). Pesce affumicato e lenticchie. Astice con sedano e mango in gelatina di gin. Granchio con gelatina alla salsa di pomodoro e sherry. Gamberi e baccalà al tartufo. Trota al lime.

D’altronde il primo aspic venduto era di anguilla: si poteva trovare, nel 1900, al Broadway Market di Londra (anche se sappiamo essere presente su alcune mense aristocratiche precedenti a quella data).

Da allora è sempre stato un piatto sontuoso, specie negli anni Ottanta, limitato alle occasioni in cui fi gurare bene era d’obbligo: per non romperlo e rovinarlo, sarebbe meglio immergere lo stampo — di acciaio o rame — per qualche secondo in acqua calda, in modo da staccarlo bene dal fondo, e usare un coltello elettrico. Ma oggi può anche diventare un ottimo modo per riciclare qualche avanzo: prendete esempio da MATTEO BARONETTO, che usa spaghetti al ragù piccante. Perché la gastronomia è fatta così: mescola passato e presente, nobiltà e povertà, gelatina e proteine animali o prodotti vegetali… Non abbiate paura di sperimentare e la vostra tavola sarà sempre una sorpresa!

Giorgia Fieni

Nota

A pagina 106, photo © alex9500 – stock.adobe.com Oltremanica l’anguilla ha una tradizione particolare di cucina povera e popolare, indissolubilmente legata alla storia e alla cultura della zona di cui è tipica, l’East End di Londra. Era infatti una delle poche specie capace di resistere agli alti livelli di inquinamento da scarichi industriali delle acque del Tamigi e, con le sue carni grasse, forniva l’apporto nutritivo necessario a sostenere le lunghe ore di lavoro manuale negli stabilimenti portuali. Tagliata a tocchi e poi bollita in una mistura di acqua e aceto aromatizzati, veniva lasciata a raffreddare nel brodo di cottura che, grazie al collagene di cui è ricca anguilla, si solidifi cava dando origine alla caratteristica “anguilla in gelatina” (jellied eel), da consumare al cucchiaio, anche in versione “da passeggio”. In alternativa, le anguille potevano essere stufate in un semplice brodo con l’aggiunta di prezzemolo, che dava sapore e colore al piatto, altrimenti piuttosto scarno. In questa versione, l’accompagnamento principe era il purè di patate (mash). Nelle rustiche tavole calde della zona il piatto completo prevedeva perciò, a seconda della disponibilità, anguilla, pasticcio di carne e purè, Eel, pie and mash, che dava anche il nome ai locali in cui veniva servito (in alto, F. Cooke Pie and Mash, Broadway Market; in basso, “Anguille in gelatina a Whitechapel la domenica mattina”, 1927; photo © Fox Photos/Getty Images).

Connubio di sapori irlandesi tra terra e mare

La chef Sara Conforti, membro di CIBC, lo Chefs’ Irish Beef Club, propone una ricetta che unisce scampi e manzo, due eccellenze dell’Isola di Smeraldo, in un unico sorprendente piatto

Un territorio insulare, bagnato dalle fredde e incontaminate acque dell’oceano Atlantico, con accesso ad una delle zone di pesca più ricche d’Europa e immense lande, mitigate dalla corrente del Golfo e da piogge frequenti in cui l’erba cresce verdeggiante. L’Irlanda, grazia alla sua conformazione geografi ca unica, ha la possibilità di offrire l’eccellenza sia per quanto riguarda i prodotti ittici che per la produzione di carne di manzo.

I prodotti ittici: gli scampi irlandesi, dolci, raffi nati, tracciabili e sicuri

I pescatori irlandesi, grazie alla particolare posizione dell’isola, hanno accesso alle migliori qualità di scampi esistenti in Europa; inoltre, grazie all’uso diffuso dell’innovativa tecnologia frozen-at-sea, gli scampi possono essere congelati a bordo dei pescherecci nel giro di sole due ore dalla cattura, garantendo un

prodotto ottimale sia per qualità

che per gusto.

Le acque dell’Atlantico conferiscono a questi crostacei un sapore dolce e raffi nato, che fa sì che siano molto apprezzati anche negli altri Paesi europei: l’Irlanda ha raggiunto

una quota di circa 7.000 tonnellate

di scampi nel 2020 e gli scampi congelati rappresentano il 9%

dell’esportazione totale di pesce

irlandese, che nel 2019 ha raggiunto il valore 57 milioni di euro.

L’Italia rappresenta oltre i due terzi di questo mercato di esportazione, seguita da Spagna, Regno

Unito e Francia. La ricetta della chef Sara Conforti, membro dell’esclusivo CIBC, lo Chefs’ Irish Beef Club, unisce in un perfetto connubio i due prodotti di eccellenza di questa terra: gli scampi si fondono con la carne di manzo, avvolti da una particolare maionese al whiskey.

Oltre che per il loro gusto questi prodotti sono apprezzati anche per le garanzie di qualità e sicurezza che offrono a clienti e consumatori: l’etichettatura per lotto fornisce la tracciabilità alla fonte e permette di portare scampi irlandesi freschi sul mercato rapidamente.

La carne di manzo irlandese, buona per natura

Per quanto riguarda la parte terrestre, l’Isola di Smeraldo ci offre un altro prodotto premium: una carne di manzo buona per natura, proveniente da bovini che vivono all’aperto e si nutrono principalmente di erba fresca. Un prodotto che si contraddistingue per il sapore intenso, il tipico grasso dorato (golden fat) e soprattutto per il caratteristico colore rosso borgogna, risultato di un’altissima concentrazione di betacarotene.

Battuta a coltello con scampi e manzo irlandesi e maionese al whiskey

Ingredienti per 4 persone

• 400 grammi di girello di carne di manzo irlandese • 8 scampi • 200 grammi di fragole • olio, sale e pepe q.b. Per la salsa: 1 uovo • 1 cucchiaino di succo di limone • 1 cucchiaio di whiskey irlandese • un pizzico di sale • 200 ml di olio di arachidi

ESECUZIONE

Togliere il carapace e l’intestino degli scampi, sgrassare completamente la carne e lavare le fragole. A questo punto, fare una battuta a coltello di tutti i nostri ingredienti tenendoli separati, condirli con olio, sale ed un pizzico di pepe (le fragole devono essere lasciate in purezza cioè non condite). Far riposare in frigo per circa 30 minuti.

Per la maionese: unire un uovo intero, il succo del limone, il cucchiaio di whiskey ed il sale. Con l’ausilio di un frullatore ad immersione iniziare a montare il tutto aggiungendo a fi lo l’olio di arachidi: otterremo così una consistenza liscia ma non eccessivamente densa.

In un coppapasta montiamo la nostra battuta a coltello ponendo in basso il manzo (di circa 1,2 cm), poi gli scampi ed infi ne le fragole, decorare con delle foglie di menta o di basilico o dei fi ori eduli.

A proposito di Bord Bia

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro.

Origin Green

Origin Green è il primo programma al mondo introdotto a livello nazionale in Irlanda a favore di un regime di sostenibilità a tutti i livelli della fi liera produttiva, di distribuzione e consumo di cibo e bevande. Il programma è stato introdotto nel 2012 con lo scopo di sensibilizzare produttori e consumatori verso tematiche ambientali e di sostenibilità agroalimentare. Il progetto Origin Green vuole avere un ruolo di primo piano nella tutela dell’ambiente, impegnandosi nell’abbattimento delle emissioni dei gas serra, nella conservazione dell’acqua, nel monitoraggio delle biodiversità e nel benessere degli animali. Oggi ci sono oltre 53.000 membri nel programma che insieme rappresentano oltre il 90% del cibo che si produce in Irlanda.

>> Link: www.irishfoodanddrink.com

Il carpaccio di pesce

La creazione della ricetta (in origine a base di carne) si deve, a metà anni ‘50, a Giuseppe Cipriani, proprietario dell’Harry’s Bar di Venezia. Pesce spada, baccalà, branzino, orata, dentice, tonno rosso e salmone sono le specie più utilizzate, sempre rigorosamente a crudo. Nel caso del polpo, però, il pesce deve essere cotto prima

di Nunzia Manicardi

Prelibatezze della tavola inventate da Italiani

Il carpaccio di pesce non ha nulla da invidiare al suo forse più famoso “parente” a base di carne. Tutt’altro, perché questa preparazione a base di fettine crude a cui, a seconda della ricetta, vengono aggiunti olio o altri ingredienti (salse o scaglie di formaggio parmigiano), col pesce viene esaltata. A patto, ovviamente, che quest’ultimo sia freschissimo e mai decongelato. La salsa più indicata, a sua volta, viene defi nita “universale” perché può adattarsi sia al pesce alla carne. Questa sua versatilità indica che non deve essere invasiva, altrimenti coprirebbe in parte il gusto del prodotto che, appunto perché consumato crudo, deve avere il massimo risalto in sé e per sé. Il nome del piatto si deve a GIUSEPPE CIPRIANI, mitico proprietario dell’altrettanto mitico Harry’s Bar di Venezia, che nel 1950 ebbe l’idea di prepararlo appositamente per la contessa AMALIA NANI MOCENIGO, sua amica, alla quale i medici avevano vietato il consumo della carne cotta.

Il perché del nome risale anch’esso all’ambiente veneziano ed è dovuto al fatto che a Cipriani il colore di queste fettine di carne cruda ricordava i colori intensi, sul rosso e sul giallo, dei quadri di VITTORE CARPACCIO, artista rinascimentale cittadino

Carpaccio di salmone con rucola e aceto balsamico (photo © Alex Bayev – stock.adobe.com).

Carpaccio di polpo (photo © lblinova – stock.adobe.com).

della Repubblica di Venezia, delle cui opere si teneva in quel periodo una mostra nel Palazzo Ducale della Serenissima.

Secondo alcuni il quadro del Carpaccio che avrebbe ispirato Cipriani sarebbe la Predica di Santo Stefano, oggi conservato a Parigi al Museo del Louvre.

Lo stesso Cipriani, nel suo libro “L’angolo dell’Harry’s Bar” (1978), ha raccontato come nacque questa ricetta divenuta in seguito celebre dapprima nei più rinomati ristoranti del mondo e poi anche sulle tavole del nostro quotidiano: “Se voi sfi lettate della carne cruda, naturalmente freschissima e tagliata in fettine leggere come fosse un prosciutto, eccovi (con l’aggiunta di un tantino di salsa) il carpaccio. Con il carpaccio gli imbrogli sono proibiti. Il suo segreto è nell’essere interamente svelato, nudo come mamma l’ha fatto. Per questo, non riconoscendone tante qualità, non amo la cucina francese, che predilige invece i cibi in maschera.

Come è nato il carpaccio? Alla contessa Amalia Nani Mocenigo i medici avevano ordinato una dieta strettissima. Non poteva mangiare carne cotta e così, per accontentarla, pensai di affettare un fi letto molto sottile. La carne da sola era un po’ insipida; ma c’era una salsa molto semplice che chiamo universale per la sua adattabilità alla carne e al pesce. Ne misi una spruzzatina sul fi letto e, in onore del pittore di cui quell’anno a Venezia si faceva un gran parlare per via della mostra e anche perché il colore del piatto ricordava certi colori dell’artista, lo chiamai carpaccio” .

Dalla carne, come già detto, la preparazione si diffuse successivamente anche al pesce e pure a questo fi nì per legare indissolubilmente la propria fama.

La ricetta è davvero molto semplice e consiste esclusivamente nel prodotto di base, che deve essere di indiscussa origine e qualità, e nella salsa. Cipriani, per la contessa Mocenigo, inventò un condimento con maionese, senape e salsa Worcestershire. Abitualmente la si prepara con olio extravergine d’oliva, limone, senape o maionese.

A piacere si possono aggiungere spezie (pepe, peperoncino, zenzero, curcuma…) oppure erbe aromatiche (lime, menta, basilico, rucola, prezzemolo, erba cipollina…) o anche accompagnare con ortaggi (melanzane, cetrioli, pomodori…) o frutta (olive, ma pure agrumi o pesche se si amano combinazioni più insolite ed azzardate). Consigliato anche l’utilizzo di capperi, per una versione decisamente mediterranea.

Il carpaccio di pesce può essere servito sia come raffi nato antipasto che come secondo piatto, in entrambi i casi sia freddo che tiepido. Le

specie di pesce più utilizzate sono quelle ovviamente in cui è possibile ricavare un fi letto e quindi, in particolare: pesce spada, baccalà, merluzzo, branzino, orata, dentice,

tonno rosso e salmone, sempre rigorosamente a crudo.

Il pesce, come sappiamo, deve essere dapprima abbattuto per evitare contaminazioni e tossinfezioni. I fi letti vanno poi ben puliti e spinati e lasciati in frigorifero a macerare con un’emulsione di olio e limone o con la salsa prescelta.

Tra le tante ricette ci sentiamo di consigliare quella di pesce spada affumicato, che si presta anche come secondo piatto leggero e veloce e di sicuro effetto, soprattutto se accompagnato con olive, condito con olio, pepe e una goccia di succo di limone e accompagnato con fette di pane abbrustolito.

Il termine “carpaccio” viene utilizzato anche per indicare ricette a base di pesce cotto come nel caso del polpo, che va cucinato prima di procedere alla preparazione del piatto. Le fettine, una volta cotte, vanno compattate in modo che, affettando l’insieme, rimangano unite, formando una specie di fi ore dai tanti petali sovrapposti con un effetto visivo davvero suggestivo che riesce ad impreziosire qualsiasi tavola.

Per ottenere questo risultato il carpaccio va sempre preparato il giorno prima affi nché possa riposare per almeno 24 ore in frigorifero prima di essere affettato e, per lo stesso motivo, deve essere servito freddo altrimenti perde questa tipica compattezza. Essa può essere ottenuta grazie all’impiego di un compattatore ad hoc, però di diffi cile reperimento sul mercato, o anche utilizzando una bottiglia di plastica da far rotolare sulle fettine fi no ad ottenere il risultato desiderato.

Nunzia Manicardi

Sano o goloso? Tante idee per il palombo

di Giorgia Fieni

È il mio classico “pesce da mercato”: il mercoledì spesso vado alla mia bancarella e lo compro, preferendolo i giorni in cui non ho voglia di diliscare. Me lo faccio porzionare a fette, a casa le metto sulla piastra con olio extravergine buono ed erbette fresche (a volte invece in padella con pomodorini, rondelle di olive e birra e le giro un paio di volte, lasciandole sul fuoco per 20 minuti) e la cena è pronta. Se voglio “esagerare”, le passo nella panatura (semplice o aromatizzata) e le rosolo qualche minuto. Il bello del palombo è proprio che va bene per le ricette sane ma anche per quelle golose, e non può mancare nelle ricette tradizionali, visto che vive sì nell’Oceano Atlantico ma anche nel Mediterraneo e nell’Adriatico

Il bello del palombo è proprio questo: va bene per le ricette sane, ma anche per quelle golose.

Tra le prime, segnalo la cottura in forno con pomodorini, feta e olive

Palombo in umido con pomodorini, olive e capperi (photo © Mastercheff a). (tutto molto greco) così come il farcirlo con acciughe, marinarlo con rosmarino (o timo o alloro o tutti e tre) e cuocerlo in salsa con peperoni, aglio, vino bianco e capperi. In cotoletta come nel latte di cocco con le spezie. In carpaccio come nello spezzatino.

Nella pastasciutta come nel cartoccio (attenzione però perché può seccarsi, quindi consiglio di aggiungere qualche elemento liquido o un’abbondante dose di olio extravergine).

Funziona inoltre da ingrediente di brodetti e cacciucco, come da protagonista di un tortino coperto di alici e cotto in forno.

Se volete provare una tecnica di cottura innovativa, andate tranquilli di vasocottura: basta sistemarlo appunto in un vasetto con brodo, limone e spezie e cuocerlo in pentola con acqua fredda.

Quanto alle ricette golose, basta forse che vi dica lasagne prezzemolate con palombo e vongole oppure risotto mele e palombo e non potrete rimanere del tutto indifferenti.

Lo chef GIULIO TERRINONI vi suggerisce invece di preparare degli Gnocchi alla boscaiola, ovvero salsiccia e porcini, e dei Tortellini panna, prosciutto e piselli, ma usando in

entrambi i casi il pesce al posto del

maiale… Potrete rivivere gli anni’80 in modo innovativo.

Lo chef LORENZO ALESSIO invece vi regala il Palombo al bergamotto, anguria, centrifugato di sedano e mela verde, dove il pesce riposa in una salamoia e poi è cotto a vapore, permettendovi così di portare in tavola un piatto fresco e molto estivo.

Ovviamente il palombo non

può mancare nelle ricette tradizionali, visto che vive non solo nell’Oceano Atlantico ma anche

nel Mediterraneo e nell’Adriatico. Ecco perché lo troviamo cucinato soprattutto nelle regioni costiere, abbinato soprattutto con verdure, con altri pesci (specie in zuppa) e con gli ingredienti locali. In ROMAGNA è per esempio mescolato a sottaceti, erbe fresche, uova e cognac per il ripieno dell’anguilla cotta nel vino. In SICILIA è servito con caponata di carciofi o con fonduta di pomodoro. In ABRUZZO è a scapece, aggiunto del loro pregiato zafferano.

Comunque sia servito, è una buona fonte di fosforo, ha pochi grassi ed è nutriente, perciò è perfetto per l’alimentazione di adulti e bambini. Questi ultimi a volte mangiano il pesce con diffi coltà, a meno che non sia presentato nelle loro modalità preferite. Per fortuna il palombo è adatto per il fi sh & chips (con qualche rondella di platano e farete felici anche gli adulti presenti con loro a tavola) e per i classici bastoncini, ma anche per le polpette (in questo caso, per trasformarle in un piatto più raffi nato, aggiungete un pizzico di zenzero e cuocetele al forno con vino bianco).

E, se proprio non riuscite a convincerli solo guardando il piatto accattivante, potete pure raccontare loro che stanno mangiando uno squalo, il che non si discosta molto dalla verità: se ne differenzia per la forma a croce di Malta della vertebra sezionata. Basta che non lo confondiate con spinarolo o verdesca o smeriglio: se non potete guardarlo all’interno allora osservate il corpo appiattito, il muso appuntito, i denti piatti, gli occhi ovali e la pinna anale che somiglia a quella dorsale. Non sarà spaventoso come gli squali che conosciamo, ma il nostro palato ne rimarrà comunque molto colpito!

Giorgia Fieni

MarcabyBolognaFiere: 23 e 24 giugno appuntamento in presenza

La curva pandemica, il progredire delle campagne di vaccinazione su scala internazionale, i provvedimenti governativi che impediscono (di fatto) lo svolgimento di manifestazioni fi eristiche nel primo trimestre dell’anno, stanno determinando una nuova articolazione dei calendari fi eristici 2021; l’obiettivo degli organizzatori è quello di individuare le migliori condizioni per lo svolgimento degli eventi, evitando sovrapposizioni fra gli appuntamenti in agenda e, contemporaneamente, posizionandosi in periodi che, presumibilmente, potranno assicurare la presenza di operatori nazionali e internazionali. È in linea con questi obiettivi che BolognaFiere — organizzatrice di MarcabyBolognaFiere, in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Moderna — ha deciso di posticipare al 23 e 24 giugno 2021 lo svolgimento dell’evento. La leadership della manifestazione, il suo accreditamento presso la business community (non solo nazionale), ha spinto gli organizzatori al posticipo della manifestazione per assicurare la realizzazione di un format coerente agli standard che lo caratterizzano, in sicurezza e in linea con le aspettative del mercato. Una decisione anche a tutela degli investimenti di espositori e visitatori che, in questi anni, sono stati i protagonisti del successo dell’evento. «La 17a edizione di MarcabyBolognaFiere si terrà, auspichiamo in presenza, il 23 e 24 giugno 2021 — ha dichiarato GIANPIERO CALZOLARI, presidente di BolognaFiere — ma è già partita, dal 15 marzo con l’adesione di operatori fortemente qualifi cati, la piattaforma digitale che accompagna aziende e buyer all’evento con occasioni di matching su scala internazionale».

Gli acquisti di prodotti alimentari a Marca del Distributore (MDD) sono cresciuti anche nel 2020: +9,3%, raggiungendo una quota di mercato del 20% (+0,5 sull’anno precedente) pari a 11,8 miliardi di euro di fatturato (nel 2019 era di 10,8 miliardi di euro; i dati sono riferiti al Largo Consumo confezionato alimentare, esclusi discount, NdR). Per la Distribuzione Moderna la fi liera legata a questi prodotti ha dimostrato di essere un fattore che genera valore e una leva che può contribuire allo sviluppo economico del Paese, accompagnandone il rilancio secondo criteri sempre più sostenibili.

Grazie all’innovazione, alla ricerca di qualità, ad una maggiore attenzione al sostegno delle produzioni made in Italy e a criteri di sostenibilità i prodotti MDD, realizzati dalle industrie alimentari partner, sono sempre più apprezzati dai consumatori: si calcola, inoltre, che nel 2020 abbiano fatto risparmiare alle famiglie italiane circa 2 miliardi di euro. «La Distribuzione Moderna Alimentare — ha detto MARCO PEDRONI, presidente di ADM, Associazione Distribuzione Moderna — ha un peso economico e sociale per il Paese forse poco conosciuto dalle stesse istituzioni: nel 2020 ha generato 143 miliardi di euro di fatturato, sostiene direttamente 425.000 occupati e rappresenta il primo canale per la spesa alimentare delle famiglie italiane. Ogni settimana 60 milioni di consumatori entrano nei nostri punti vendita e anche nel diffi cile 2020 la Marca del Distributore (MMD) è cresciuta 3 volte di più dei prodotti dell’industria alimentare. Se il Paese vuole tornare a crescere deve sostenere i consumi interni, a partire dalla capacità di spesa delle fasce più deboli».

>> Link: www.marca.bolognafi ere.it

Bommarè, a Cercola c’è il mare in cucina

di Riccardo Lagorio

È stato inaugurato il 3 febbraio, in sordina, come i tempi prescrivono. Ma non per questo BOMMARÈ, il ristorante di pesce di Cercola, due passi da Napoli, non sa offrire forti emozioni ittiche agli appassionati di crudi e crostacei, di ostriche e tartare. La grande sala è scandita da alte bottigliere che fungono da quinta e divisori, separando senza frazionare gli ambienti.

Così si ottiene uno spazio fl uido, un equilibrio di pieno e di vuoti, di superfi ci lucide e piene di materia. I tavoli tondi e i tavolini da bistrot si alternano in sala per assicurare il giusto distanziamento e l’intimità degli ospiti: linee curve e soluzioni di arredo su misura, sedute avvolgenti e corpi illuminanti di design connotano gli spazi con eleganza e riportano alla memoria un tuffo negli abissi tra alghe, meduse, razze e mante.

Governa la cambusa VINCENZO ESPOSITO, marinaro di Torre del Greco che, da poco superati i quarant’anni e avere frequentato le sfavillanti cucine di TONINO MELLINO (Quattro Passi, Massa Lubrense), ENRICO CRIPPA (Piazza Duomo, Alba) e ANTONELLO COLONNA, ha condiviso il progetto di una cucina di pesce senza fuochi d’artifi cio, ma di sostanza e con materie prime nobili, adeguata ai tempi che stiamo vivendo.

Quindi una cucina che privilegia il pescato quotidiano in vetrina con qualche deroga, come nel caso del salmone, marinato in casa col gin, che fi nisce in carpaccio, guarnito di yogurt.

L’interno del locale di Cercola (NA) e lo chef Vincenzo Esposito.

Per il resto, tutto guarda con attaccamento alla terra d’origine del cuoco, tanto che se dovesse scegliere un piatto, senza esitazione ci sarebbe ’mmescafrancesca, la pasta di diversi formati cotta in zuppa di pesce, da mangiare a cucchiaio, con piccoli scampi e gamberetti. «Anzi, secondo me è proprio il simbolo del locale», ammicca Esposito.

Il termine ‘mmescafrancesca corrisponde all’italiano mescolanza, forse nell’interpretazione anche un po’ di a casaccio e confusa, e si fa risalire ironicamente ai mélange gastronomici francesi all’epoca in cui dominavano Napoli.

In questa zuppa, che è secondo la migliore tradizione anche un ristretto di teste e carcasse, ricco di profumi, quasi croccante di profumi, trionfa la succosità vegetale dello Sfusato amalfi tano.

Ma, assieme al pesce, un altro ingrediente è sempre presente nella cucina di Bommarè, il Pomodorino del Piennolo. “Ricama, dà forza e vigore in ciascuno dei nostri piatti. E faccio l’esempio delle classiche Linguine all’astice, pescato direttamente dall’acquario, ma potrei citare tutti i pesci da forno come i dentici e i branzini, che per necessità vogliono dei pomodorini nella teglia dove si stanno cucinando o il Baccalà alla puttanesca in oliocottura, in cui il pomodoro è il principe della salsa leggera”.

La Puttanesca o aulive e cchiapperielle, olive e capperi, come si sa, viene mediata dagli spaghetti e si compone anche di aglio e origano. Un altro modo pittoresco per rappresentare la realtà: azzarda infatti ARTHUR SCHWARTZ (Naples at table, Harper Collins Editore) che il termine derivi dalle mise, nondimeno trasparenti, di colori vistosi indossati dalle lavoranti nelle case di tolleranza.

Un altro piatto che rende orgoglioso Vincenzo Esposito è il brodo di polpo (in foto), ‘o bror ‘e purpo secondo la dizione campana: una tazza di brodo caldo e profumo di mare, col tentacolo (ranfetella) che spunta mentre si beve. Il cibo di

strada napoletano per antonoma-

sia. Lo ricordava anche MATILDE SERAO ne Il ventre di Napoli (Imagaenaria Edizioni): Con due soldi si compera un pezzo di polipo bollito nell’acqua di mare, condito con peperone fortissimo: questo commercio lo fanno le donne, nella strada, con un focolaretto e una piccola pignatta. Estinti i focolaretti per strada il polpo, morbido grazie a una cottura delicata, viene condito al tavolo del cliente con il suo ristretto di cottura e limone, adagiato su una fresella. Consistenze e sapori si combinano alla perfezione.

Al tavolo si completa col fondo di cottura anche il Dentice gratinato con pane, pomodori secchi, erbe aromatiche, acciughe e aglio. Sotto ci sta una purea di fagioli tondini per alleggerire il tono. All’inizio avranno sfi lato i Crudi: ostriche, tartare di tonno o di altro pescato, caviale da abbinare, se si vuole, a polvere di lampone liofi lizzato.

Sotto lo sguardo dei clienti la cucina, incorniciata da piastrelle decor bianche e azzurre. Per chi vuole godersi lo spettacolo della brigata al lavoro può infatti prenotare la postazione con sgabelli sul lungo bancone. Buona visione.

Riccardo Lagorio

Bommarè – Il mare in cucina

V.le Europa 30 – 80040 Cercola (NA) Telefono: 081 3595906 Web: www.facebook.com/ristorantebommare

Nota

Photo © Dario Adamo.

Focus su abitudini e trend di consumo dei prodotti ittici durante il lockdown

AquaFarm: digital preview

La pandemia è nel pieno di una nuova fase ed è il momento per gli operatori della fi liera della produzione di trarre lezioni oggettive, base di ogni futura strategia, e azioni compen sative sia sul fronte dell’innovazione di prodotto che di quella commerciale. Alcuni punti fermi: • la crisi pandemica è stata ed è una crisi di domanda mentre l’offerta non è mai mancata; • il settore HO.RE.CA. è stato, ed è, il settore con il maggiore impatto, non solo per la chiusura totale degli operatori in certi periodi, ma anche per il cambio nell’at-

teggiamento dei consu matori, il 48% dei quali ha ridotto signifi cativamente se non del tutto la frequentazione dei ristoranti; • circa la metà dei consumatori ha aumentato il consumo domestico di prodotti ittici, che sono arrivati ad occupare la terza posizione nella classifi ca degli alimenti in crescita dopo pasta e verdure; • è aumentato il canale delle consegne a domicilio; • il gradimento dei prodotti d’allevamento è cresciuto con l’arrivo di nuovi acquirenti; • è aumentata l’attenzione alla provenienza del prodotto e la richiesta di maggiore immediatezza nell’informazione.

Questi sono in sintesi i risultati dell’indagine condotta da CREA Marketing Consulting su incarico

Si svolgerà il 9 e 10 giugno l’edizione 2021 di AquaFarm, la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca sostenibile insieme a NovelFarm, il salone dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming e, da quest’anno, AlgaeFarm, appuntamento incentrato sulle tecnologie e applicazioni in alghicoltura (in foto uno scatto dell’edizione del 2020).

dell’API–Associazione Piscicoltori Italiani che è stata al centro della preview digitale di AquaFarm svoltasi lo scorso 25 marzo.

La giornata di studio ha evidenziato spunti importanti e a volte sorprendenti rifl essione e analisi. Per esempio, le chiusure dovute all’emergenza hanno provocato, presso certe categorie di Italiani, variazioni nelle modalità di preparazione del pesce a casa e la ricerca nota un aumento nella complessità e raffi natezza delle ricette in una quota di “gourmet” del 10%.

Ancora, la preferenza di prodotto italiano è arrivata all’82%, perché percepito come di maggior qualità, sulla base di una serie di parametri a pari merito: più sostenibile, più sicuro e controllato, più fresco.

I risultati della ricerca CREA Marketing Consulting sono stati presentati da SUSI TONDINI, fondatrice e AD della società, e sono stati il punto di partenza della discussione degli argomenti trattati nel corso della digital preview.

FABIO GALLO, conduttore della trasmissione televisiva Linea Blu, ha introdotto gli interventi istituzionali del presidente di Pordenone Fiere, RENATO PUJATTI, dell’on. FILIPPO GALLINELLA, presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera, che ha illustrato l’attività della Commissione parlamentare per il futuro dell’acquacoltura italiana, di RICCARDO RIGILLO, direttore generale Pesca Marittima ed Acquacoltura (PEMAC) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, e di STEFANO ZANNIER, assessore alle risorse agroalimentari, forestali e ittiche e alla montagna della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.

La mattinata è proseguita con la tavola rotonda cui hanno partecipato PIER ANTONIO SALVADOR, presidente API, GIUSEPPE PRIOLI, presidente AMA, FABIO MASSA, International Senior Aquaculture Expert, RENATA BRIANO, ex europarlamentare, chef e food blogger, GIACOMO BEDETTI, CEO Orapesce, GIANLUCA TESOLIN, amministratore delegato Bofrost Italia Spa, oltre all’on. Filippo Gallinella e a Riccardo Rigillo.

La mattinata si è conclusa con la presentazione del nuovo progetto della manifestazione dedicato alle micro e macroalghe, AlgaeFarm, un settore di importanza crescente anche l’acquacoltura in quanto fonte di ingredienti per i mangimi e altre sostanze utili. L’iniziativa è stata illustrata da LUCIA PROSDOCIMO, project manager della manifestazione, mentre ALBERTO BERTUCCO, presidente, AISAM – Associazione Italiana per lo Studio e le Applicazioni delle Microalghe, ha parlato dello stato dell’arte della ricerca in Italia, e LILIANA RODOLFI, docente dell’Università degli Studi di Firenze, ha tratteggiato i caratteri principali del mercato delle microalghe e delle applicazioni.

Nel pomeriggio ha fatto seguito la digital preview di NovelFarm, la manifestazione internazionale ormai di riferimento per il settore delle coltivazioni fuori suolo, il vertical farming e l’agritech.

>> Link: www.aquafarmexpo.it www.novelfarmexpo.it

I suggerimenti del gruppo CSB su come aff rontarle digitalmente

Quattro sfi de per le industrie del settore ittico

Secondo l’Organizzazione Mondiale dell’Alimentazione (FAO), il consumo globale di pesce nel 2019 ha raggiunto il suo picco: poco più di 158 milioni di tonnellate. D’altronde, l’industria ittica è in crescita da anni: dal 2009 al 2019 le vendite sono aumentate di circa 35 milioni di tonnellate; un aumento di quasi il 28%. Tuttavia, i produttori e i rivenditori che vogliono benefi ciare della crescita del settore devono superare alcune sfi de che vadano a ridefi nire i loro processi. La buona notizia è che le possibilità di ottimizzazione sono tutt’altro che esaurite. La digitalizzazione, in particolare, sta creando tante opportunità per ottimizzare i processi, ridurre i costi e ottenere dati più accurati, e non solo a vantaggio delle grandi imprese. Secondo gli esperti CSB, le aziende di piccole e medie dimensioni possono cominciare ad affrontare il processo di digitalizzazione, partendo da queste quattro sfi de.

Sfi da 1: come ottimizzare l’approvvigionamento di pesce fresco?

Nell’industria di lavorazione del pesce sono numerose le aziende che si riforniscono nei mercati all’ingrosso; nel commercio questa è la regola. Gli acquirenti spesso si recano nei mercati lungo la costa alle prime ore del mattino per acquistare il pesce migliore. La procedura è ancora la stessa di trent’anni fa: scegliere, offrire, comprare.

Defi nizione del lotto al CSB-Rack PC industriale specifi co per il settore alimentare.

Il CSB ERP gestisce i dati rilevanti lungo l’intera fi liera: solo così infatti è possibile combinare i dati del sistema di controllo del processo con quelli degli acquisti e della lavorazione.

Tuttavia, questo processo presenta un problema: di solito l’azienda viene a conoscenza della quantità acquistata solo dopo che il dipendente ne ha inviato comunicazione. Sarebbe più facile se il buyer potesse gestire gli acquisti direttamente online, in tempo reale, nel sistema ERP dell’azienda tramite un semplice dispositivo mobile.

Al vantaggio della maggior effi cienza in loco con l’inserimento dei dati solo una volta ed in tempo reale si sommano i benefi ci per l’azienda; quest’ultima potrà pianifi care la produzione e la vendita in modo molto più accurato, risparmiando tempo e utilizzando al meglio le risorse disponibili.

Sfi da 2: come migliorare la distribuzione dei prodotti ittici?

Tramite CSB M-ERP (Mobile Enterprise Resource Planning) i dipendenti, ovunque essi si trovino, sono collegati al CSB ERP dell’azienda. Equipaggiati di portatile, tablet o smartphone, possono collegarsi al sistema centrale in modo rapido e semplice. Questo consente loro di controllare sul posto, presso il cliente, quale merce e in quale quantità sia ancora disponibile in magazzino, affi nché gli impegni relativi alla disponibilità e alle date di consegna siano rispettati al 100%. Se sono in corso promozioni o una particolare scontistica, i prezzi corretti sono determinati on-line e in tempo reale. Suona bene, vero?

Clienti CSB, che già utilizzano la soluzione M-ERP per le vendite, riferiscono che, grazie al collegamento in tempo reale degli agenti al gestionale CSB presente in azienda, si è potuto ridurre il personale in uffi cio e in generale il tempo per l’evasione dell’ordine. È opportuno chiarire che alla base vi è una strategia di integrazione al 100% che va oltre i reparti acquisti e vendite.

I massimi benefi ci si ottengono quando il CSB ERP è utilizzato per l’intera filiera: dall’ordine delle materie prime alla lavorazione, dall’imballaggio e all’etichettatura specifi ca per il cliente, fi no alla gestione dei giri di consegna.

Sfi da 3: come garantire la tracciabilità dei prodotti ittici?

Anche in tema di tracciabilità, il potenziale di informazioni raccolte e organizzate digitalmente è evidente. In un possibile scenario in cui un cliente chiama per una contaminazione inorganica di un preparato, è necessario avviare un richiamo. La situazione diventa rapidamente frenetica: quali lotti sono interessati? Quale giorno, a che ora, quali macchine? E quali materie prime sono state utilizzate?

Con una tracciabilità integrata nel sistema ERP, queste informazioni si ottengono premendo semplicemente un pulsante. Questo perché il CSB

ERP gestisce i dati rilevanti lungo

l’intera fi liera. Solo così può combinare i dati del sistema di controllo del processo con quelli degli acquisti e della lavorazione.

Il CSB-System gestisce etichette personalizzate in maniera fl essibile.

Le valutazioni necessarie in caso di richiamo sono alimentate da questo pool di informazioni. Più sono i processi digitalizzati in azienda, più facile e sicura diventerà la tracciabilità del prodotto; e i risparmi di tempo saranno enormi.

Sfi da 4: come ridurre i costi del processo di certifi cazione?

I prodotti ittici spesso richiedono una certifi cazione trasparente, che in molti casi si traduce in costi elevati. Sia che si voglia certifi care i prodotti con i sigilli di sostenibilità del Marine Stewardship Council (MSC), dell’Aquaculture Stewardship Council (ASC) o dell’International Featured Standard Food (IFS Food), tutte le certifi cazioni sono assegnate solo dopo rigorosi audit. Questi test su prodotti e processi richiedono uno sforzo davvero elevato sia per l’azienda che per il revisore, entrambi impegnati a documentare il fl usso delle merci.

È quindi sempre meglio organizzare il processo di certifi cazione avendo a disposizione un ERP: si riducono sforzi e costi. Nel CSBSystem i dati sono sempre a disposizione: si riducono così i costi interni, vale a dire il lavoro dei dipendenti, e anche i costi del revisore sono a volte inferiori.

La digitalizzazione offre molti vantaggi alle aziende di trasformazione del pesce

Naturalmente, ci sono molti altri esempi in cui le soluzioni digitali possono supportare le aziende del settore ittico, per esempio nella produzione, nel picking o nella vendita. Tuttavia, la trasformazione verso un business dell’ittico digitalizzato non è ancora un percorso scontato: bisogna dedicarvi tempo e risorse. Ma una volta che il passo è stato fatto, i timori sulla mancanza di competenza digitale tra i dipendenti, sugli alti costi di investimento e sulla sicurezza dei dati vengono rapidamente dissipati. I dipendenti impareranno rapidamente a gestire la nuova tecnologia e improvvisamente si avranno risparmi in aree addirittura considerate altamente effi cienti dal punto di vista dei costi. Alla CSB-System ne sono convinti: in futuro, le soluzioni digitali faranno parte degli strumenti standard di ogni azienda ittica, proprio come le sfi lettatrici, i sistemi di imballaggio o lo smartphone. La digitalizzazione

diventerà la norma: non se ne parlerà più molto, ma nessuno vorrà

rinunciare ai vantaggi.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER

CSB-System Srl

Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

CSB FACTORY ERP è il Factory software dell’anno per il 2020!

Il CSB ERP specifi co di settore per la gestione degli stabilimenti produttivi è stato premiato per la seconda volta come “Factory software dell’anno” nella categoria “Fabbrica digitale” durante il “Congresso digitale sul factory software”. Il gruppo di esperti del centro di applicazioni Industria 4.0, cattedra di informatica economica all’Università di Potsdam, che aveva già premiato CSB ERP nella categoria “Soluzioni complete” nel 2018, ha premiato nuovamente CSB FACTORY ERP come soluzione eccellente in grado di realizzare la fabbrica digitale. La giuria ha apprezzato in particolare il vantaggio concreto fornito ai clienti, il concetto di tracciabilità verticale e orizzontale e la comunicazione a tutto tondo con i clienti, attraverso più canali. CSB FACTORY ERP si interfaccia con l’ERP di gruppo e consente una gestione operativa ottimale degli impianti di produzione. Le interfacce standard garantiscono un’infrastruttura di sistema stabile, fl essibile e integrata tra ERP di gruppo e FACTORY ERP.

Col Factory software, CSB ha colmato le lacune tra ERP di gruppo e MES. Pertanto CSB FACTORY ERP non

supporta solo i processi classici della fabbrica digitale, come gestione costi e ricette, pianifi cazione delle vendite e della produzione o garanzia di rintracciabilità ma si assume anche l’organizzazione dei fl ussi delle informazioni tra stabilimenti, dipendenti, macchine, fornitori e clienti coinvolti nel

processo.

Da una parte CSB FACTORY ottimizza i processi all’interno della fabbrica, dall’altra garantisce l’integrazione verticale e orizzontale dei sistemi coinvolti e gestisce le interfacce verso i partner della supply chain a monte e a valle e verso gli altri stabilimenti aziendali.

Con hardware specifi ci come il CSB Racks, CSB Vision (per il riconoscimento automatico delle immagini), CSB Sorter e soluzioni di automazione, CSB armonizza il fl usso di merci e di dati e consente la digitalizzazione dell’intera fabbrica. Grazie ad algoritmi di ottimizzazione delle ricette, della produzione o dei giri, le aziende possono elaborare in modo profi cuo i dati raccolti.

«Siamo molto soddisfatti di aver ottenuto nuovamente questo riconoscimento» dicono alla CSB System SE. «È la dimostrazione che, assieme ai nostri clienti, stiamo proseguendo sulla strada verso la digitalizzazione, offrendo loro soluzioni già utilizzabili e consolidate nella pratica. Un ringraziamento particolare va perciò ai pionieri, innovatori e change maker della nostra azienda, ai nostri consulenti e programmatori che mettono la loro competenza ed esperienza al servizio del nostro software».

>> Link: www.csb.com

In un contesto in evoluzione, la presentazione di un sistema di controllo del virus

Impatto del Covid-19 sui settori di pesca e acquacoltura

di Gianluigi Negroni

È ben noto che la pesca e l’acquacoltura siano state duramente colpite in tutto il mondo dalla pandemia di Covid-19. La maggior parte delle catene di valore del pesce fresco e dei crostacei sono state fortemente penalizzate dalla quasi cessazione dei lavori nei settori della ristorazione, HO.RE.CA., mense pubbliche e private, e i settori della produzione e trasformazione hanno dovuto affrontare diffi coltà e chiusure a causa della riduzione della domanda dei consumatori. L’occupazione femminile ha subito un impatto particolarmente negativo, in quanto le donne hanno una presenza importante nella produzione ittica e nel post-raccolta. Le restrizioni logistiche, di trasporto e transfrontaliere dei prodotti ittici sono state infl uenzate negativamente per diversi motivi, fra i quali la possibile o sospetta contaminazione umana. L’elevato costo del trasporto aereo, la diminuita copertura dei voli e l’ampia produzione già disponibile senza possibilità di commercializzazione, hanno ribassato i prezzi dei prodotti di acquacoltura, specialmente il salmone.

Secondo il nuovo rapporto “The impact of Covid-19 on fi sheries and aquaculture food systems”, presentato durante la XXXIV sessione del Committee on Fisheries (COFI) ospitata dalla FAO, “la pesca e l’acquacoltura globali sono state duramente colpite dalla pandemia di Covid-19 e potrebbero subire ulteriori danni nel 2021 poiché i lockdown infl uiscono sull’off erta e sulla domanda in tutto il settore” (photo © Eva Wilcock x unsplash).

Le misure per contenere la diff usione del Covid-19, come la chiusura dei servizi di ristorazione, cessazione del turismo, riduzione dei servizi di trasporto, restrizioni commerciali, ecc…, hanno causato interruzioni nelle catene di approvvigionamento internazionali (photo © visirhf.is, fao.org).

La grande industria pelagica di alto mare ha avuto problemi di contagio su alcune navi da pesca e restrizioni per i movimenti dei marittimi professionisti. Anche le attrezzature portuali e il personale sono stati interessati; infatti i porti, considerati una fonte di alta contaminazione, hanno subito draconiane misure anti-pandemiche. I mercati ittici hanno avuto alti e bassi a seconda dell’imposizione dei vari cicli di lockdown derivanti dall’intensità dell’infezione da Covid-19.

Le industrie della catena di valore dell’acquacoltura come quelle di mangimi e di larve/giovanili hanno sofferto delle restrizioni logistiche e delle carenze di personale, con un impatto negativo in tutto il settore. Come già accennato, nell’acquacoltura gli stock in allevamento potrebbero essere rimasti invenduti e aver creato problemi per la vendita di grandi quantità di pesce sui mercati. Inoltre, se il pesce non può essere venduto alla maturità commerciale, potrebbe essersi registrato un aumento del costo di alimentazione. Ma ormai i grandi allevamenti industriali si sono adattati alla situazione non lavorando a pieno ritmo.

A causa della minore domanda e dei conseguenti prezzi, la pesca di cattura è stata per alcuni periodi ridotta in alcuni Paesi con un’infl uenza positiva sugli stock ittici selvatici.

I prodotti della pesca inscatolati e altri prodotti della pesca conservati sono stati molto richiesti all’inizio della crisi pandemica. La pandemia ha inoltre spinto fortemente la vendita on-line e diretta nel settore del pesce fresco e trasformato.

Come in altri settori, è probabi-

le che la prolungata fl essione del mercato introduca trasformazioni a lungo termine nella fi liera ittica. Le trasformazioni potranno apportare cambiamenti che andranno ad aumentare l’effi cienza e l’effi cacia della catena del valore

della pesca.

La pesca e l’allevamento ittico sono importanti a livello locale per il sostentamento di molte comunità, nonché per i Paesi a basso reddito e i piccoli stati insulari in via di sviluppo. I contraccolpi della pandemia possono infl uenzare le economie dei Paesi che hanno investito nella pesca. Misure di contenimento diffuse possono avere un impatto notevole sulle nazioni che commerciano quantità signifi cative di prodotti peschieri, riducendo i redditi esteri o minacciando la sicurezza alimentare. Inoltre, il fatto che il pesce vivo, fresco o refrigerato, che rappresenta una parte importante del pesce consumato, sia un prodotto altamente deperibile, presenta ulteriori sfi de logistiche. Mantenere funzionante la fi liera dei prodotti della pesca è fondamentale per evitare possibili crisi alimentari a livello globale.

L’interesse della fi liera ittica

Tutta la fi liera dei prodotti ittici dovrebbe essere interessata a robusti sistemi di prevenzione e decontaminazione delle aree di lavoro, dell’aria all’interno degli edifi ci e delle superfi ci interessate che potrebbero venire contaminate dal virus. Il sistema della sicurezza sanitaria all’interno delle unità di produzione dovrà prevedere nuovi protocolli anti Covid-19 da inserire nei protocolli per i prerequisiti e nel piano HACCP se utilizzato. La sicurezza sanitaria del personale che utilizza gli spazi aziendali e delle superfi ci che potrebbero essere infettate sono sicuramente un plus molto apprezzato dai clienti e dalle autorità competenti degli Stati che ricevono le importazioni di prodotti ittici. In Cina numerose emergenze Covid-19 hanno bloccato per alcuni periodi le importazioni rispetto ad alcuni Stati asiatici1 .

Rischi di contaminazione nei prodotti peschieri

I prodotti peschieri sono in molti Paesi la base dell’alimentazione e contengono delle proteine di alta qualità; in alcuni Paesi informazioni non opportune e spesso non veritiere hanno attaccato la sicurezza sanitaria dei prodotti peschieri rispetto alle contaminazioni da Covid-19 (WHO, 2020; OIE, 2020). Allo stato attuale delle conoscenze, il coronavirus non può infettare animali acquatici (pesci, rettili, anfi bi e invertebrati come crostacei e molluschi), che non possono essere un vettore di trasmissione del coronavirus verso gli umani2. Non vi sono inoltre evidenze che il coronavirus sia stato trasmesso attraverso i prodotti peschieri

o i propri contenitori3. Tuttavia, come prima dell’attuale pandemia, qualsiasi cibo può essere potenzialmente contaminato da agenti patogeni attraverso il contatto con apparecchiature contaminate, superfi ci o ambienti, comprese le mani, i guanti o gli abiti del personale. La corretta pulizia, la disinfezione e la prevenzione della contaminazione incrociata sono fondamentali nel controllo dei prodotti della pesca. Il Covid-19 viene trasmesso principalmente direttamente da uomo a uomo includendo i lavoratori del della fi liera del settore peschiero e dell’acquacoltura. Coloro che sono infettati da Covid-19 possono contaminare le superfi ci. L’applicazione di sani principi di igiene ambientale, l’igiene personale e le consolidate pratiche di sicurezza alimentare rimangono sempre importanti per ridurre i rischi di trasmissione.

Post Covid

Non è ancora chiaro se il settore della pesca e dell’acquacoltura sperimenterà una ripresa rapida o lenta dopo la fi ne della pandemia. Sebbene alcune aziende ittiche possano gestire o addirittura trarre vantaggio dalla crisi, è prevedibile un livello di consolidamento e riorganizzazione industriale. L’innovazione digitale, il passaggio accelerato alle applicazioni basate sul web, i servizi on-line e una migliore tracciabilità e sostenibilità dei prodotti sono alcuni dei risultati che probabilmente emergeranno dalla crisi.

A livello locale, i pescatori e i lavoratori del settore si stanno adattando cambiando gli attrezzi da pesca, prendendo di mira specie diverse o vendendo i loro prodotti sul mercato interno. Alcuni pescatori, allevatori di pesce e lavoratori del settore vendono sempre di più direttamente al consumatore con una fi liera corta. Sebbene queste innovazioni sosterranno le comunità, i mercati interni hanno continui sbalzi; è diffi cile fare proiezioni e la GDO fa ordini solo sul breve e brevissimo periodo. Possibili interruzioni delle economie e dei mezzi di lavoro potrebbero derivare da ca renze di manodopera (barriere ai viaggi, licenziamenti, ecc…); vendita diretta dal produttore al consumatore; carenza di input per l’acquacoltura (mangimi, avannotti, vaccini), così come la pesca (es. esche, ghiaccio, attrezzi, ecc…); concorrenza per i servizi di approvvigionamento e trasporto, e una mancanza di fi nanziamento e fl usso di cassa (pagamento ritardato di ordini passati).

La pesca in alto mare potrebbe essere infl uenzata negativamente per le diffi coltà di ricambio degli equipaggi; i grandi produttori di pesce allevato potrebbero avere problemi derivanti dalle diminuite presenze di lavoratori e tecnici. Un minor impatto avranno i piccoli allevatori e pescatori che si basano sulle vendite locali e autoconsumo.

I piccoli produttori potranno subire una minor concorrenza dai grandi produttori che vendono a bassi prezzi per le diffi coltà di mercato già menzionate. Gli stock peschieri potranno avere delle benefi che conseguenze ma la IUU (pesca illegale, non controllata e non regolata) avrà meno controlli e potrebbe proliferare.

La diffusione del virus

Il Covid-19 ha un elevato tasso di riproduzione che avviene con goccioline di saliva diffuse tramite tosse, starnuti e dalla saliva dal cavo orale. Le goccioline si diffondono ed entrano in contatto con tutte le superfi ci. Quando una persona che ha il Covid-19 tossisce, starnutisce o parla, può diffondere goccioline contenenti il virus a breve distanza e queste goccioline si depositano rapidamente sulle superfi ci circostanti. Questo tipo di trasmissione include le maniglie delle porte, apparecchiature informatiche, touch screen e corrimano, apparecchiature tecniche per la lavorazione del pesce contenitori, mezzi di trasporto e quant’altro utilizzato nelle fi liere ittiche4 .

La ricerca ha scoperto che il nuovo coronavirus può durare fi no a 72 ore su superfi ci in plastica e acciaio inossidabile e su cartone per 24 ore5. Con questo in mente, e in attesa della conclusione della campagna vaccinale o di altre misure di contenzione (ma sembra che non vi siano soluzioni risolutive contro il Covid-19), il consiglio principale

L’occupazione femminile ha subito un impatto particolarmente negativo dalla pandemia da Covid-19. Le donne costituiscono infatti una percentuale elevata dei lavoratori nei settori dell’acquacoltura di sussistenza, nella lavorazione artigianale e industriale, nella manutenzione delle attrezzature e di commercio e nella vendita al dettaglio di pesce fresco (photo © fao.org).

I prodotti della pesca e dell’acquacoltura possono essere contaminati se manipolati da persone infettate da Covid-19. Se le persone che lavorano con i prodotti peschieri non seguono le buone pratiche igieniche i rischi aumentano. È sempre consigliabile quindi attuare solide pratiche igieniche per proteggere i prodotti della pesca e dell’acquacoltura dalla contaminazione Covid-19 di origine umana (photo © Gent Shkullaku/AFP via Getty Images).

per prevenire Covid-19 è di praticare rigorose misure igieniche che includono l’isolamento, la pulizia e la disinfezione di ambienti, superfi ci e oggetti che le persone toccano frequentemente. Anche quando le restrizioni nazionali verranno revocate, è probabile che continueremo a vedere ondate di infezioni da coronavirus per un po’ di tempo, in particolare negli ambienti chiusi e durante i mesi invernali, quando le persone rimangono in casa più a lungo con meno ventilazione. È quindi importante rimanere vigili e continuare a mettere in pratica pratiche igieniche stringenti6 .

Decontaminazione

Come parte del programma per fermare la diffusione di Covid-19, le procedure per una frequente pulizia devono includere elementi di base come il lavaggio regolare delle mani con acqua e sapone, la pulizia di aree ad alto traffi co e superfi ci di contatto. Il modo più semplice per mantenere pulite le aree è lavare le pareti, pulire i pavimenti, i banchi e le postazioni di lavoro, le maniglie delle porte, ecc… Oltre alle sopraccitate misure igieniche, che comunque devono essere ripetute numerose volte dopo e durante ogni turno di lavoro, abbiamo il sistema del fogging, che può essere una delle soluzioni tecnologiche innovative per trattare completamente gli ambienti e le superfi ci.

La risposta tecnologica: il fogging

Per la pulizia profonda all’interno degli stabilimenti della fi liera ittica, inclusi gli uffi ci, esiste un metodo chiamato fogging, traducibile dall’inglese con “produzione di nebbia”, già utilizzato in vari settori da ditte specializzate. Il sistema utilizza vari principi biocidi pulendo e igienizzando ampie aree in modo rapido ed effi cace. L’attività di fogging consiste nel diffondere, continuamente o con intervalli temporali, con vari metodi, una nebbia sottile da un apposito apparecchio. I componenti della nebbia non devono essere ovviamente dannosi per l’uomo ed i disinfettanti o la generazione di gas reattivi (per esempio ozono dall’aria o ossigeno in bottiglia o altri gas) devono essere approvati dall’autorità competente. Il fogging può avere un ottimo effetto biocida rispetto a tutti gli organismi viventi, incluso i virus e altri agenti biologici nell’aria e sulle superfi ci. Le attività biocide devono considerare un’applicazione uniforme ed una “saturazione” degli ambienti. L’uso di questi metodi in stanze dal design complesso con più superfi ci deve essere ben programmato. Ci si deve affi dare a tecnici con esperienza specialistica della disinfezione per farsi consigliare i migliori e più appropriati trattamenti, le diverse tipologie tecnologiche, il posizionamento e l’utilizzazione pratica delle apparecchiature preposte.

Considerazioni sugli ambienti chiusi Se tutti gli ambienti chiusi relativi alla lavorazione dei prodotti ittici fossero sottoposti a procedure costanti per la disinfezione delle superfi ci e dell’aria, la diffusione del Covid-19 sarebbe notevolmente ostacolata. È quindi importante considerare i potenziali punti critici negli edifi ci produttivi per ridurre al minimo i rischi di fuoriuscita del fogging e garantirne una distribuzione uniforme. I fornitori di apparecchiature possono fornire consigli su questa procedura. Appropriati sensori posizionati all’interno delle aree trattate possono essere utilizzati per monitorare le concentrazioni create dal sistema fogging. Ciò permetterà di valutare l’effi cienza dei trattamenti delle apparecchiature e il grado di diffusione del sistema in tutte le zone da trattare ed il grado di rischio per i lavoratori e le superfi ci.

Legislazione EU per le attività di fogging L’uso di radicali liberi7 e biocidi (Biocidal Products – BPR) è disciplinato dal Regolamento (UE) n. 528/12 e sono richieste sia l’approvazione della sostanza che l’autorizzazione del prodotto. Tutti i prodotti usati nel fogging devono essere autorizzati.

Poiché la generazione in situ di radicali liberi dall’acqua o dall’aria non è stata considerata come rientrante nell’ambito di applicazione della Direttiva 98/8/CE sull’immis-

Reazione chimica con i radicali liberi nella troposfera

Fonte: Doménech, 1991.

sione sul mercato dei BPR, ma è ora soggetta al campo di applicazione del BPR, le domande per l’approvazione di tali radicali liberi come principio attivo e la loro autorizzazione come biocidi dovranno essere presentate sulla base e in conformità dell’articolo 93 del BPR. Le aziende che distribuiscono macchine e prodotti per il fogging devono preparare una domanda per l’approvazione della sostanza che viene usata, in cui si defi niscono le informazioni per le sostanze attive. Tuttavia, quando tali radicali liberi saranno generati da sistemi come un dispositivo elettrico (o altri apparecchi che utilizzano luce UV, o articoli, come vetro, piastrelle o pannelli contenenti foto catalizzatori), sarà necessaria un’analisi caso per caso per identifi care il biocida da essere soggetto ad autorizzazione.

Il disinfettante applicato come trattamento fogging (a nebbia o vapore) deve essere conforme al regolamento sui biocidi (BPR). Ciò include la generazione di ozono o di radicali liberi (non è applicabile per UV). La macchina che genera BPR non deve venire approvata da questa legislazione. I fornitori di unità / macchine per nebbia, nebbia o vapore devono garantire che tutti i prodotti igienizzanti che forniscono o raccomandano di utilizzare con l’unità / macchina siano conformi al regolamento sui biocidi. I produttori di biocidi hanno la responsabilità di garantire che i loro prodotti siano adeguatamente effi caci, compreso il rispetto degli standard di prova necessari. Sono anche responsabili di fornire informazioni e istruzioni per l’utente sull’etichetta del prodotto.

Specifi co sistema di fogging8 Fra i sistemi con maggior effi cacia testati dall’autore vale la pena di considerare un nuovo brevetto che utilizza questa tecnologia e denominato commercialmente ZERO2 9. Il Molecular Reactor cuore di questa tecnologia imita la natura nel suo processo biochimico di rigenerazione ambientale, attraverso il quale pulisce e distrugge tutti gli inquinanti dall’atmosfera, dall’acqua e dalle superfi ci10. Il reattore molecolare ZERO2 è in sintesi un generatore di molecole OH. Il fattore OAF (Open Air Factor11) si verifi ca in natura quando le olefi ne12 di piante, fi ori e frutti reagiscono con l’ozono. Questa combinazione naturale al 100% genera una reazione biomolecolare che produce gruppi radicali OH idrossili, completamente innocui per l’uomo, gli animali e le piante, poiché sono quantità paragonabili a quelle presenti in natura13. Non hanno la capacità di penetrare nel nostro organismo, grazie ad un processo di adattamento della nostra genetica che da millenni è a contatto con questo tipo di molecole. Inoltre, anche in condizioni di concentrazione sono innocui per la presenza nel nostro corpo dell’enzima Super Ossidante Dismutasi (SOD – Super ossido Dismutasi). Questo enzima dismuta e neutralizza l’OH quando entra nel nostro corpo. La OH ossidandosi distrugge i virus e i batteri più resistenti sia nell’aria che nelle superfi ci esposte all’OH14 .

Questo disinfettante naturale agisce ininterrottamente 24 ore, senza bisogno di alcun tipo di lavoro di pulizia e con bassi consumi elettrici. La tecnologia ZERO2 non ha bisogno di riciclare l’aria poiché non ha bisogno di assorbirla o fi ltrarla o espellerla; il principio segue quanto avviene in natura con l’OH, con un sistema molto competitivo sui mercati14 .

Al seguito della immissione del fogging, il risultato è la trasformazione di un ambiente chiuso, inquinato, in uno fresco e pulito come in natura. Uno spazio totalmente privo di gas tossici, virus, allergeni che riducono la possibilità di contrarre qualsiasi tipo di patologia. Uno spazio privo di rischi di contaminazione alimentare, dove la shelf-life dei prodotti della pesca (ma anche frutta, verdura, carne14) può essere ampliata.

Sicurezza sanitaria alimentare prodotti ittici Nuove normative stanno eliminando l’uso degli imballaggi di plastica nelle confezioni dei prodotti freschi che necessiteranno di altre tecnologie più sostenibili per la conservazione e per prolungare la shelf-life degli alimenti; questo toccherà soprattutto le grandi catene distributive. La tecnologia ZERO2 aiuterà a risolvere questo ed altri problemi legati alla

Schema del principio dell’azione del brevetto di fogging (Sistema ZERO2)

conservazione e contaminazione dei prodotti ittici freschi, allungandone la vita con una maggior qualità per il consumatore. Questo grazie all’effi cacia dell’azione dell’Open Air Factor (OAF15).

Questa importante applicazione industriale può essere utilizzata durante tutte le fasi della catena di produzione e distribuzione, potendo garantire protezione durante il ritiro, stoccaggio/grossista, logistica fi no al rivenditore. In ogni caso, il rischio di contaminazione degli alimenti sarà drasticamente ridotto, mentre la durata e la qualità dei prodotti freschi potranno essere notevolmente aumentate16 .

Gianluigi Negroni

Note

1. www.reuters.com/article/ushealth-coronavirus-china-seafood-idUSKBN27Q02O; economictimes.indiatimes.com/ news/economy/foreign-trade/ china-halts-imports-of-seafoodproducts-from-indian-fi rm-says-

report/articleshow/79208980. cms?from=mdr; 2. FAO, The impact of Covid-19 on fisheries and aquaculture food systems, possible responses, www.fao.org/fi shery/covid19/en; 3. ibidem; 4. ibidem; 5. www.qcs.co.uk/coronavirus/ how-effective-is-fogging-in-fi ghting-coronavirus; 6. ibidem; 7. I radicali liberi sono molecole molto reattive e ossidanti prodotte dal metabolismo dell'ossigeno, dunque dalla respirazione.

I radicali liberi hanno uno o più elettroni spaiati, quindi liberi, e questa caratteristica li rende altamente reattivi, poiché instabili; 8. www.rfm-group.com/covid19-decontamination-disinfection-using-fogging-technology; 9. www.zero2reactor.com/en; 10. Exposicion de motivos ZERO2; reskyt.com; 11. HOBDAY R.A., HOSP J. (2019),

The open-air factor and infection

control, Infect. 12. Prodotti contenuti nelle piante, it.wikipedia.org/wiki/%CE%91olefi na; 13. MARTÍNEZ VIMBERT R. et al. (2020), Evidence of OH radicals disinfecting indoor air and surfaces in a harmless for humans method. International Journal of

Engineering Research & Science; 14. NÚÑEZ CRUZ V., ZERO2 Informe técnico sobre la ozonización con peróxido de hidrógeno y su impacto sobre la calidad del aire en interiores, www.zero2reactor. com/en; 15. They used the term “open air factor” (OAF) to describe the germicidal constituent in outdoor air that reduces the survival and infectivity of pathogens. Initial research showed that the OAF disappear rapidly when outdoor air is enclosed and, pubmed. ncbi.nlm.nih.gov/30978370; 16. ZERO2 Molecular reactor, a revolutionary molecular, 9 technology, 2020.

MOCA, l’UE ipotizza nuove regole

A distanza di anni dalla sua introduzione, la legislazione comunitaria sui materiali a contatto con gli alimenti potrebbe subire delle modifi che. La Commissione europea sta infatti portando avanti sul tema la procedura di valutazione di impatto sulla revisione delle norme

di Sebastiano Corona

È un argomento, quello dei MOCA, fortemente dibattuto, anche alla luce degli infi niti ambiti di intervento a cui si estende. La materia non riguarda infatti tanto o solo coloro che producono e vendono cibo e bevande, ma anche chi produce macchinari, packaging, attrezzatura utilizzata in campo alimentare per la trasformazione, la manipolazione o il confezionamento.

Le valutazioni d’impatto della Commissione europea mirano a informare i cittadini e le parti interessate sui piani della Commissione e ottenere un feedback sull’iniziativa prevista. In questo caso, ha lo scopo di fare il punto sulla sua applicazione, ipotizzando possibili opzioni per migliorare la sicurezza alimentare e la salute pubblica. Tema, oggi, particolarmente sentito a tutti i livelli.

L’esigenza è ancor più evidente se si considera che le disposizioni fondamentali dell’attuale legislazione comunitaria sono state introdotte nel lontano 1976. Nel 2004, il Regolamento (CE) n. 1935 ha poi dato indicazioni di base per tutti i MOCA, ma ora la necessità di intervenire è legata anche alle nuove politiche chiave della Commissione nell’ambito del Green Deal e del Farm to Fork che prevedono l’adozione di misure concrete per migliorare la sicurezza alimentare e la salute pubblica, incoraggiando l’uso di

soluzioni di imballaggio innovative

e sostenibili, utilizzando materiali rispettosi dell’ambiente, riutilizzabili e riciclabili, riducendo inoltre gli sprechi alimentari.

D’altro canto la normativa esistente si scontra con una serie di problematiche che richiamano la necessità di rivedere la materia. La prima è relativa all’assenza di norme UE specifi che, per la maggior parte dei settori diversi dalle materie plastiche, e il fatto che a livello nazionale in alcuni Stati Membri esistano per determinati materiali regole disomogenee o addirittura superate, creando una protezione sanitaria disuguale e fonte di oneri e complicazioni inutili per le imprese.

L’assenza di norme specifi che e la coesistenza di leggi diverse nei vari Stati Membri complica, inoltre, il controllo delle importazioni, in particolare di alcuni oggetti da cucina e da tavola, che contribuiscono ad una parte signifi cativa dei prodotti sul mercato comunitario, la cui sicurezza può essere compromessa.

Photo © ViDi Studio – stock.adobe.com

L’attuale approccio regolamentare non privilegia in modo coerente le sostanze più pericolose, pertanto non si riscontra nemmeno una logica nell’adozione di un approccio più precauzionale per disciplinare determinati gruppi di sostanze, rispetto ad altre meno nocive.

Non bastasse, poiché lo scambio di informazioni sulla sicurezza e la conformità nella catena di approvvigionamento è scarso, anche la capacità di garantire conformità è messa a rischio.

Ma più di ogni altra ragione, una

riforma è opportuna se si considera che l’applicazione delle norme sui MOCA è mediamente scarsa, poiché gli Stati Membri hanno serie

diffi coltà nel farle applicare.

Ci sono pertanto grandi differenze di approccio tra imprese, che però operano tutte nello stesso mercato. Si denuncia da più parti la mancanza di regole chiare per le materie non plastiche e una gravosità eccessiva per quelle specifi che, considerate troppo tecniche ed oltremodo gravose per la maggior parte degli Stati Membri, che attualmente non dispone né di risorse né di competenze suffi cienti per applicarle, con conseguenze sul piano pratico operativo ma poi a cascata anche in sede giudiziaria, nei casi in cui si generino contenziosi.

L’attuale normativa non tiene conto delle specifi cità delle PMI, né in termini di organizzazione e struttura interna né di dimensioni, delegando talvolta all’imprenditore un compito fuori dalla sua portata. Mentre gli operatori più dimensionati dispongono infatti di competenze

Le migliori intenzioni ambientaliste dell’UE si infrangono di fronte all’operatività pratica. Sarebbe opportuna l’introduzione di un sistema normativo omogeneo a tutti i livelli, che garantisca sicurezza alimentare e salute pubblica, e dia certezze a chi le norme le deve applicare

Il fi ne ultimo della probabile nuova norma sul tema dei MOCA è un aumento complessivo della sicurezza dei prodotti, che abbia un impatto positivo su tutte le patologie legate ai tumori o alle disfunzioni del sistema endocrino (photo © nataliazakharova – stock.adobe.com).

e risorse interne per garantire la conformità, quelli più piccoli non hanno strumenti.

Le norme tecniche sono talvolta inapplicabili a certe realtà, in altri casi l’assenza di regole specifi che implica che l’imprenditore non possa disporre di alcuna base per garantire il rispetto della norma con conseguenti limitazioni nella commercializzazione sicura delle proprie produzioni.

Quanto sopra detto fa il paio col fatto che, in generale, i controlli sui MOCA non costituiscano una priorità per gli Stati Membri, a loro volta disorientati nella corretta applicazione e conseguentemente nella vigilanza. Le attuali disposizioni, così formulate, non hanno riscontri positivi in termini di miglioramento della situazione complessiva e non incoraggiano lo sviluppo di alternative più sicure e più sostenibili, quindi sono sostanzialmente fallimentari nel loro scopo fi nale. A nulla è infatti valso sinora il Regolamento in vigore nella lotta contro l’eccesso di imballaggi, le misure di prevenzione dei rifi uti e l’aumento del riutilizzo e del riciclaggio.

Gli Stati Membri stanno già introducendo divieti di imballaggi in plastica monouso, in parte in applicazione della direttiva sulle materie plastiche monouso (2019/904). Tuttavia, l’attuale legislazione sui MOCA offre poche o nessuna base su cui elaborare norme che sostengano e incoraggino alternative sostenibili o assicurino che tali alternative siano valide.

Le migliori intenzioni ambientaliste dell’UE si infrangono di fronte alla realtà delle cose, nell’operati-

vità pratica.

Il tema è pertanto attualissimo e riguarda diversi aspetti. Il primo è quello economico: non solo si punta a ridurre i costi sanitari a seguito dell’attuazione di standard di protezione della salute umana più elevati, ma la semplifi cazione che la Commissione europea va cercando con una ipotetica nuova norma comporterà una maggiore capacità delle imprese di piccole e medie dimensioni nel garantire che i propri prodotti siano sicuri quanto quelli realizzati dalla grande industria, migliorando così la competitività e la crescita del tessuto imprenditoriale.

Nuove disposizioni porterebbero inoltre ad un’armonizzazione delle norme e, giocoforza, ad un adeguamento nel breve termine, introducendo elementi di regole uguali per tutti coloro che operano in un mercato comune, risparmiando così risorse ed energie.

Dopo un primo impatto iniziale, l’armonizzazione nel mercato comunitario, attraverso le nuove norme specifi che, uguali per tutti, potrebbe portare un risparmio sotto tanti punti di vista e avrà anche dei risvolti positivi per le imprese, poiché potrà generare, anche nel piccolo, una maggiore competitività derivante dagli standard più elevati, che saranno, come spesso accade, un motore per sensibilizzare i Paesi Terzi verso le problematiche ambientali e sulla salute del consumatore.

Infi ne, l’UE punta allo sviluppo e alla crescita di materiali sostenibili anche per favorire l’economia circolare e consolidare le strategie ambientali atossiche e di gestione delle materie plastiche o chimiche. L’obiettivo è altresì quello di ridurre sensibilmente i rifi uti e rafforzare l’uso di materiali, come i polimeri, che possono essere facilmente riciclati e riutilizzati in sicurezza, anche come materiali a contatto con gli alimenti.

Il fi ne ultimo della probabile nuova norma sul tema dei MOCA è infatti un aumento complessivo della sicurezza dei prodotti, che abbia un impatto positivo su tutte le patologie legate ai tumori o alle disfunzioni del sistema endocrino. Al di là dell’aspetto sociale e umano, tra l’altro, la riduzione e la prevenzione potrebbero generare sul lungo termine un riscontro positivo sui servizi sanitari e sul loro peso sui conti pubblici dei singoli Stati, a vantaggio della società nel suo complesso.

Non è ancora chiaro quale sarà la strada che l’UE deciderà di percorrere. Potrebbe anche non assumere provvedimento alcuno in merito, sebbene l’esigenza di una riforma sia sentita da più parti. Tuttavia, sarebbe opportuna l’introduzione di un sistema normativo omogeneo, a tutti i livelli, che garantisca pienamente la sicurezza alimentare e la salute pubblica, dando certezze alle imprese e a chi la norma la deve applicare nel concreto.

Sebastiano Corona

Un aff resco “miracoloso”: la Predica di S. Antonio da Padova ai pesci

di Giovanna Baldissin Molli, Gian Raff aele Magnani e Valerio Giaccone

Nella Basilica dedicata a Sant’Antonio a Padova, vicino alla Sacrestia, c’è un affresco che narra, in termini pittorici, il miracolo di “S. Antonio che predica ai pesci”. Gli esperti che hanno coordinato le opere di restauro si sono chiesti quanto ci fosse di realistico nella riproduzione di quei pesci che si affacciano dalle acque per ascoltare il Santo che dalla riva predica loro. Sono pesci veri, quelli che vediamo riprodotti nell’affresco? O sono delle riproduzioni “di fantasia” del pittore? Questo si sono chiesti gli esperti di storia dell’arte dopo aver avuto per mesi di fronte ai loro occhi quelle immagini. Per ottenere una risposta scientifi camente fondata, gli esperti si sono rivolti a noi che siamo veterinari specialisti in ispezione dei prodotti alimentari per l’uomo. Stimolati dalla curiosità, abbiamo accettato la sfi da e ci siamo messi a studiare

La Basilica di Sant’Antonio a Padova (photo © eyeworld – stock.adobe.com).

Come nella vita di San Francesco c’è la predica agli uccelli, nella vita di Sant’Antonio c’è la predica ai pesci. Sarebbe avvenuta a Rimini, città in cui risiedavano gruppi di eretici. L’incipit: “Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”

Ma sono pesci veri quelli che vediamo riprodotti dal pittore? E ci potrebbe essere una motivazione scientifi ca dietro a questo miracolo? In altri termini, è scientifi camente possibile che un gran numero di pesci aggalli sull’acqua mostrando la testa come troviamo riprodotto nell’aff resco della Basilica?

Figura 1 – “Predica ai pesci”, aff resco all’interno della Basilica di Sant’Antonio restaurato nel 2018-2019 grazie al sostegno della società Calcio Padova.

le immagini di animali riprodotte nell’affresco cercando di cogliere in ciascuna fi gura quei tratti somatici che ci avrebbero (forse) permesso di darne una classifi cazione di specie. Nel corso del lavoro, però, ci siamo anche posti un secondo quesito, ovvero Ci potrebbe essere stata una motivazione scientifi ca per il miracolo di cui stiamo trattando? In altri termini, è scientifi camente possibile che un gran numero di pesci aggalli sull’acqua mostrando la testa come troviamo riprodotto nell’affresco della Basilica del Santo?

La storia dell’affresco

Nella parete sud dell’atrio della sacrestia della Basilica di Sant’Antonio, a Padova, due affreschi inquadrano il vecchio ingresso (oggi scomparso perché murato in epoca antica) che congiungeva la basilica alla sacrestia, vera “camera del Tesoro” in cui almeno fi no al Seicento erano conservati, oltre alle orefi cerie e ai paramenti di uso liturgico, anche i veneratissimi reliquiari. La sacrestia quindi era un luogo di pregio, che richiedeva al suo interno arredi congrui: anche il suo atrio, luogo di passaggio dalla basilica e raccordo diretto con il chiostro del Noviziato, doveva essere in linea, arredato e ornato con un alto e nobile linguaggio.

L’atrio oggi è il frutto di un rimaneggiamento della fine del Cinquecento, quando la sacrestia fu ingrandita e resa più sicura. In quel momento fu ricavato il nuovo ingresso, in asse con l’accesso dalla basilica.

Il settore di sinistra dell’attuale atrio corrisponde alla vecchia predisposizione: al centro di esso la porta tamponata reca, nella lunetta soprastante, l’affresco più antico della Basilica, una Madonna col bambino e i Santi Francesco e Antonio probabilmente tardo duecentesca o prima trecentesca, modificata tuttavia all’inizio del Cinquecento. La data 1519 inserita nella scritta può essere agevolmente trasferita anche ai due affreschi ai lati del vecchio ingresso, raffi guranti, a sinistra, il Miracolo del bicchiere di Aleardino e, a destra, la Predica ai pesci (Figura 1), restaurato nel 2018-2019 grazie al sostegno della società Calcio Padova.

Non conosciamo l’autore dell’affresco. Molte fonti lo attribuiscono al padovano GIROLAMO TESSARI, detto Girolamo Del Santo, un protagonista

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Figura 2 – Altri animali presenti nell’aff resco: gazza ladra (Figura 3) e airone minore bianco (Figura 4).

della pittura narrativa di carattere devozionale dei primi decenni di Cinquecento, quindi, all’indomani dell’imperativa lezione pittorica di TIZIANO, autore dei tre ben noti Miracoli, nella Scoletta del Santo, sul sagrato dell’omonima piazza. Sappiamo per certo che in quegli anni Tessari era attivo nella basilica e nella stessa Scoletta, in cui raffi gurò un altro Miracolo di Aleardino. Tuttavia il nostro affresco, pur garbato nella condotta pittorica, non ha la forte qualità narrativa che contraddistingue Girolamo Del Santo e non può spettargli. Sembra più opportuno, per il momento, riferirlo a un pittore padovano di cui non conosciamo il nome.

La Predica ai pesci è uno dei miracoli di Sant’Antonio che, per quanto noti, in Italia e nel Veneto è tra quelli meno raffi gurati nei cicli dedicati al lisbonese divenuto padovano. La scena è ambientata a Rimini, luogo che nelle più antiche biografi e antoniane, della seconda metà del Duecento, è vista come una città di eretici. Mentre alcuni Riminesi disprezzavano e deridevano le sue parole, Antonio si avvicinò a un vicino fi ume e “udendolo tutto il popolo presente”, si rivolse agli eretici dicendo: “Dal momento che vi dimostrate indegni della parola di Dio, ecco mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”.

Il Santo iniziò a predicare e “a queste parole i pesci cominciarono a radunarsi e avvicinarsi a lui, a sollevare parte del corpo sulla superfi cie dell’acqua, a guardarlo attentamente e ad aprire la bocca. E per tutto il tempo che piacque al Santo di parlare loro, lo ascoltarono attentissimi, come fossero dotati dell’uso della ragione; né si allontanarono prima di aver ricevuto da lui la benedizione”.

Se la narrazione sembra perfettamente attagliarsi al nostro affresco, ancora più calzante è la storia raccolta negli Actus beati Francisci et sociorum eius, costituenti la fonte da cui intorno alla fi ne del Trecento, sono stati volgarizzati i Fioretti, che col loro successo hanno in qualche modo fatto cadere nell’oblio gli Actus. Qui (45, 1623-1626; nei Fioretti cap. XL), a Rimini, presso la foce di un fi ume, Antonio, inascoltato dagli eretici, predicò ai pesci e subito giunse “una così grande moltitudine di pesci grandi e piccoli, che mai da quelle parti ne era stata vista una raccolta; e tutti tenevano le teste un poco fuori dall’acqua. Avresti visto i pesci grandi stare pacifi camente vicino ai più piccoli, i più piccoli rimanere pacifi camente sotto l’ala dei maggiori. Avresti visto lì tutte le diverse specie di pesci correre verso i loro simili e, come un campo dipinto decorato con una mirabile varietà di colori, mettersi in ordine davanti alla faccia del santo. Avresti visto li banchi di grandi pesci ordinati come lo schieramento di un esercito, prendere i posti per ascoltare la predicazione. Avresti visto i pesci di media taglia occupare i posti mediani e stare nei loro posti come istruiti dal Signore, senza alcuna turbolenza. Avresti visto lì, ovunque, una numerosa e popolosa moltitudine di piccoli pesci avvicinarsi come pellegrini verso l’indulgenza e venire più vicini verso il santo padre, come sotto un protettore. Così che in questa predicazione, disposta dal cielo, stavano presso Sant’Antonio per primi i pesci più piccoli, per secondi i mediani per terzi, dove l’acqua era più profonda, i pesci più grandi». Alle parole del Santo “alcuni pesci emettevano dei suoi, altri aprivano le bocche e tutti inclinavano le teste, lodando l’Altissimo con i segni con potevano”. E se il disporsi ordinato per grandezza in effetti nell’affresco non è così evidente, lo è invece il loro atteggiamento, di ascolto e di lode, “con i segni che potevano”.

Negli anni Trenta del Quattrocento l’umanista padovano SICCO POLENTON scrisse una nuova biografi a di Sant’Antonio, attingendo largamente agli scritti precedenti, inserendo il miracolo dei pesci, a Rimini: “Mirabile visu. Mox quidem omnis generis piscium copia tanta venit, quod vix litus multitudinem caperet. Adde mirabilius, quod veluti

essent melius ex proximo audituri, loco ut propius accederent, alli alios debellebant, et qui poterant omnes supraa quas capita erigebant”. L’opera di Sicco è per certi versi la prima biografi a “uffi ciale”, che fu inoltre tradotta in volgare e data alle stampe.

Annotazioni tassonomiche

Gli animali presenti nell’affresco A parte i pesci, nell’affresco del miracolo sono presenti anche altri animali (Figura 2), in particolare due cani e due uccelli, sui quali riteniamo di dovere spendere qualche rifl essione. Gli uccelli presenti sono: * una gazza ladra (Pica pica, Figura 3). La gazza misura 46-50 cm di lunghezza (dei quali la metà spettano alla coda), per 161-268 grammi di peso e un’apertura alare di 52-62 cm. Si tratta di uccelli dall’aspetto slanciato, muniti di testa arrotondata con lungo e forte becco conico dall’estremità adunca, ali lunghe e digitate, lunga coda dalla forma romboidale e zampe forti; * un airone minore bianco (Egretta garzetta, Figura 4). La garzetta è lunga circa 55-65 cm, il suo peso varia da 350 a 650 g e ha un’apertura alare di 85-95 cm. Il piumaggio è interamente bianco, il lungo becco è nero, come le zampe; la parte inferiore del piede è giallastra, ben visibile, da dietro, all’involo. L’iride è gialla.

Entrambi gli uccelli sono riprodotti con estrema chiarezza e correttezza sia di forme sia di colori e si presuppone una conoscenza diretta da parte dell’artista.

Gli animali acquatici presenti nel dipinto Abbiamo avuto la possibilità di visionare da vicino l’affresco in fase di restauro e poi di valutare una serie di riproduzioni fotografi che ad alta defi nizione; associando le nostre osservazioni possiamo trarre una serie di considerazioni. La prima è che, tra gli animali marini raffi gurati, ve ne sono alcuni che, a nostro parere, sono riconducibili più a dei mammiferi che a dei pesci veri e propri. 5

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Figura 5 – Delfi ni disegnati con la punta del muso rivolta verso l’alto. Figura 6 – Delfi no con peluria. Figura 7 – Di diffi cile interpretazione, forse un narvalo.

PARTE I: I MAMMIFERI Sono rappresentati, Classe Mammalia, Ordine Cetacea, Delfini (Figura 5, indicati con la freccia); li vediamo rappresentati secondo lo stile dell’epoca che vede il delfi no con la punta del muso rivolta verso l’alto. Erano conosciuti come “gli amici dei marinai” e ci sono molte leggende sui delfi ni che conducono i marinai caduti in acqua verso rive più sicure. Di conseguenza, i delfi ni venivano considerati un buon presagio da chi navigava e il loro carattere misterioso è stato un aspetto rimarcato dalla mitologia greca. Nei primi secoli del Cristianesimo, il mondo pagano dava ai delfi ni una grande importanza. Il simbolo fu subito adottato dai cristiani che Figura 8 – Delfi no avvolto intorno a un’ancora a simboleggiare la speranza della vita eterna.

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Figura 9 – Astice.

però ne cambiarono leggermente il signifi cato. L’iconografi a cristiana ha impiegato il delfi no in due modi fondamentali: 1. per raffi gurare il Cristo, colui che conduce alle “rive più sicure” del cielo; 2. per rappresentare l’anima che giunge nel porto della salvezza attraverso le acque marine dell’esistenza.

Nell’agiografi a, il cetaceo occupa un posto rilevante: due delfi ni portano a riva San Callistrato che Diocleziano aveva fatto buttare a mare; il corpo di Luciano di Antiochia è trasportato da un altro cetaceo, San Martiniano fugge le tentazioni della lussuria cavalcando un delfi no.

Nel particolare (Figura 6), è evidenziato un delfi no con peluria; probabilmente si tratta dell’aggiunta successiva di un qualche buontempone, dato che non esistono delfi ni dotati di peli o capelli.

Molto spesso i delfi ni sono disegnati avvolti intorno a un’ancora o a un tridente (Figura 8), come nelle catacombe di Villa Torlonia a Roma, a simboleggiare la speranza della vita eterna e sono sempre rappresentati col muso verso l’alto. In tassonomia i cetacei sono raggruppati i due sottordini per differenziare gli animali dotati di denti (Odontoceti) da quelli che ne sono privi (Mysticeti). Agli Odontoceti appartiene la famiglia dei Delphinidae cui appartengono 18 generi. I delfi ni rappresentati potrebbero raffi gurare il tursìopeo, come il delfi no dal naso a bottiglia (Tursiops truncatus) o il delfi no comune (Delphinus delphi).

Di diffi cile interpretazione l’essere evidenziato in Figura 7 (ellissi gialla). Nel contesto dell’affresco lo stesso soggetto fi gura anche in un altro esemplare posto al limite del quadro. Il profi lo fortemente montonino e l’inserzione del “corno” farebbe protendere all’ipotesi di un narvalo (Monodon monoceros), ma il problema è la scorretta forma del corno.

L’estroflessione presente nel narvalo non consiste in un corno ma di un dente più precisamente un canino. Esso ha una forma rettilinea, non arcuata e ha un andamento spiralizzato su sé stesso. In un testo dell’epoca si riporta: “…dotato di un lungo corno frontale che si attorciglia…”; probabilmente l’artista ha interpretato male il concetto e quindi, anziché rappresentarlo spiralizzato su se stesso, l’ha dipinto in forma di spirale.

Il narvalo è tra le creature più iconiche e misteriose dell’Artico che hanno affascinato esploratori e scienziati per centinaia di anni, dando probabilmente origine alle leggende sugli unicorni.

L’unicorno è un animale leggendario, spesso ricordato e raffi gurato nei codici medievali dei Bestiari e nei trattati naturalistici del Cinquecento e del Seicento (come quelli da GESNER ad ALDROVANDI). Aveva l’aspetto di un equino selvaggio e indomito, con un lungo corno ritorto a spirale sulla fronte e zoccoli bifi di; pochissimi l’avevano visto vivo poiché abitava le regioni più inospitali dell’India, dell’Arabia e dell’Etiopia. Nella simbologia l’unicorno rappresenta la purezza, la forza e la castità: le leggende medievali riportano che l’unicorno poteva essere catturato solo da una donna vergine, da qui l’accostamento con Gesù Cristo. Per secoli questo animale mitologico è divenuta parte integrante dei sogni e della fantasia della mente comune e ha ispirato scrittori e poeti, rappresentando ciò che è buono e puro, simbolo di virtù e valori cavallereschi, incarnazione del bene e di ciò che l’Uomo aspira a diventare.

L’unicorno è universalmente riconosciuto come simbolo di fi erezza, solitudine, forza e virilità, nonché di purezza, innocenza e il Bene. Imperatori, re e ricchi ecclesiastici pagavano a peso d’oro i suoi corni d’avorio; ne ricavavano boccali con miracolosi poteri anti-veleno; gli speziali, poi, ne grattugiavano sottili fettine per comporre medicinali infallibili e costosissimi. Solo verso la metà del Seicento si scoprì la vera natura del “corno” di unicorno: si trattava del dente di un cetaceo, il narvalo, diffuso nei mari settentrionali. Nel 1655, infatti, lo studioso OLAO WORMIUS pubblicava, nel Museum Wormianum, una rozza fi gura dell’intero cetaceo e un disegno del cranio di narvalo col famoso dente.

PARTE II: ARTHROPODA Arthropoda: di tale phylum viene evidenziata la Classe Crustacea, Ordine Decapoda, sottordine Reptantia, sezione Macrura e Brachyura. Di contro, non vengono riportati individui del sottordine Natantia come i gamberi. Sono descritti con estrema ricchezza di elementi:

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Figure 10/11 – Granchi, in emersione al largo e sulla battigia.

Figura 12 – Conchiglie. 12

a. Sezione macrura: Astici (Homarus gammarus, Figura 9), riprodotti sia emersi al largo sia sulla battigia (Figura 2), con un’ottima descrizione del porzione più craniale del cefalotorace: si apprezzano con precisione gli occhi composti peduncolati e le antennule e le seconde antenne. Homarus gammarus di colore bluastro, con chiazze gialle sul dorso e ventre chiaro, possiede due paia di antenne, un paio lunghe e uno corte e 8 zampe locomotrici, oltre a 2 chelate, di cui una più grande e una più piccola. Il carapace è liscio e incavato, possiede due spine, situate

vicino agli occhi. Può raggiungere il mezzo metro di lunghezza, ma gli esemplari comuni misurano dai 30 ai 40 cm. Vive nella scarpata continentale fra 0 e 150 m di profondità; solitamente a profondità non maggiori di 50 m. È un organismo notturno e territoriale che vive su substrati duri come rocce o fanghi duri e solitamente in fessure, anfratti o buche; b. Sezione brachyura: Granchi, anche per essi uno viene rappresentato in emersione al largo (Figura 10), ma questa volta sono almeno 4 quelli evidenziati sulla battigia (Figura 11, freccia gialla). In uno di essi (freccia rossa), si riescono anche a contare gli arti ambulacrali che risultano essere corretti (in numero di 10). La forma globosa del cefalotorace fa propendere l’inquadramento verso un Cancridae o un Parthenopidae.

PARTE III: MOLLUSCA Un discorso a parte merita la rappresentazione dei Mollusca. Tassonomicamente sono articolati in 8 Classi, ma quelle di interesse sono solo tre: 1. Lamellimbranchia; 2. Gasteropoda; 3. Cefalopoda.

Di tali classi sono totalmente assenti i Gasteropoda (lumache) e i Cefalopoda (calamari, polpi, seppie ecc…). Sono invece rappresentati i molluschi eduli lamellibranchi. In particolare è identifi cabile una conchiglia a superfi cie esterna costoluta (Figura 12, freccia rossa). Si tratta probabilmente di molluschi delle famiglie dei Cardiidae o di un Pectinidae. Tutti gli altri lamellibranchi sono dipinti in forma rotondeggiante chiari (Figura 12, ellissi viola); sulla valva sono presenti delle incisure e altri segni quale l’inserimento dei muscoli palleali per cui ciò può far pensare che si tratti di una valva rovesciata di molluschi morti. La loro forma tondeggiante fa orientare l’inquadramento tassonomico fra specie appartenenti alla famiglia dei Glycymeridae (piè d’asino) o Veneridae (Vongole spp.). Tuttavia, la vicinanza ad un ambiente lacustre ed il colore bianco intenso della superfi cie interna della valva potrebbe far pensare anche ad un mollusco dulciacquicolo con molta madrepora nella conchiglia della Famiglia Unionidae.

PARTE QUARTA: PESCI Nel quadro non sono poi molte le specie ittiche rappresentate: il pittore ha seguito la tecnica del ridipingere lo stesso animale più volte, solo con dimensioni diverse (Figura 13, frecce

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Figura 13 – I pesci. Figure 14/15 – Chimaera monstrosa, nel dipinto e al naturale.

rosse, blu), cosa che ha fatto anche per i crostacei. La riproduzione pittorica delle specie ittiche denota una scarsa conoscenza degli animali e spesso nei singoli pesci riprodotti si colgono dettagli che sono frutto di pura fantasia. Inoltre, essendo rappresentate solo le teste, mancano molti dettagli somatici, per cui non è stato agevole effettuare un riconoscimento di specie davvero certo.

Cerchiamo di riconoscere qualche specie: * Figura 14: assomiglia molto alla

Chimaera monstrosa (Figura 15). In effetti, la chimera ha un aspetto così strano da essere inconfondibile. Possiede un muso arrotondato caratteristico, simile a quello di un coniglio, con occhi molto grandi di colore scuro e bocca abbastanza piccola.

Dobbiamo però annotare che è rarissima nell’Adriatico, per cui c’è da chiedersi come avrebbe fatto il pittore a riprodurne le fattezze naturali; * Figura 16: in spigolo al dipinto

viene rappresentato un Condroitta, Ordine Pleurotrenio, ossia uno squaloideo. Non si riesce, però, a dare un’ulteriore interpretazione; si può ipotizzare il muso di un Oxyrinchus; * Figura 17: al centro dell’affresco sono presenti due pesci Pleuronettiformi. Caratteristica di questi pesci è l’avere il corpo depresso nel senso della lateralità, ovvero siamo di fronte a pesci “schiacciati” con bocca sub-terminale, ma non vengono rappresentati entrambi gli occhi, dettaglio anatomico importante che invece dovremmo trovare.

Verifi cando l’orientamento del pesce, si evidenzia che gli occhi sono posizionati a sinistra del corpo, quindi i pesci rappresentati possono appartenere alla

Famiglia degli Scophthalmidae ovvero dovrebbero essere classifi cati come Rombi; * Figura 18: il pesce evidenziato ha la punta del muso rivolta verso l’alto. Ciò ricorda abbastanza la peculiarità del muso del luccio

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Figura 17 – Pesci della famiglia degli Scophthalmidae, classifi cabili come rombi. Figura 18 – Il pesce raffi gurato ricorda il luccio. Figura 19 – Il pesce indicato dalla ellissi rossa ricorda il cefalo o muggine. 16

Figura 16 – Uno squaloideo.

(Esox lucius) che, però, è un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia Esocidae. È caratterizzato dalla bocca a “becco d’anatra”, dotata di robusti e acuminati denti; * Figura 19: il pesce identifi cato dalla ellissi rossa (dato il colore così chiaro e la forma affusolata) potrebbe essere un cefalo o muggine. Tuttavia, solo con la testa di profi lo non è possibile defi nire quale delle cinque specie repertabili nei nostri mari sia quella rappresentata; * Figura 20: come segnalano le frecce gialle, nell’affresco sono riprodotti vari esemplari di pesci dal corpo serpentiforme.

Si riesce a percepire un brachignastismo inferiore (Figura 21), ossia la mandibola che è più corta della mascella, e ciò potrebbe far propendere l’identifi cazione verso un grongo, Conger conger; * Figura 22: il pesce identifi cato con la freccia rossa può essere ascrivibile alla famiglia dei Cyprinidae; probabilmente il pesce che voleva essere rappresentato era una tinca, anche se predilige le acque ferme, salmastre o a corso lento, con fondali molli e con temperature estive piuttosto alte; * Figura 23: nell’affresco sono presenti parecchi pesci (frecce viola) con un becco corneo, munito di piccoli denti identifi cati.

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Figura 20 – Esemplari di pesci dal corpo serpentiforme. Figura 21 – Forse un grongo (Conger conger). Figura 22 – Il pesce identifi cato con la freccia rossa può essere ascrivibile alla famiglia dei Cyprinidae. Figura 23 – Pesci con becco corneo indicati con frecce viola, forse aguglie o costardelle o mezzo becco. Figura 24 – Particolare di uno dei pesci con becco corneo. Figura 25 – I pesci indicati con le frecce rosse sembrano appartenere alla famiglia degli Sparidae. Il pesce indicato con la freccia gialla potrebbe essere un branzino o spigola.

In Figura 24 un dettaglio delle fi gure precedenti. Questi soggetti potrebbero essere delle aguglie (Belone belone) o costardelle o mezzo becco (Scomberesox saurus); * Figura 25: in primo piano nell’affresco al di sotto del Santo, si evidenziano alcuni pesci, indicati con le frecce rosse. Dal profi lo del muso potremmo azzardare l’ipotesi che si tratti di individui appartenenti alla famiglia degli

Sparidae, che comprende 35 generi con circa 125 specie di acqua salata, mentre il soggetto indicato nella stessa fi gura dalla freccia gialla potrebbe essere un branzino o spigola (Dicentrarchus labrax).

Una possibile spiegazione scientifi ca al miracolo dei pesci in Rimini

Nel miracolo riprodotto nell’affresco preso in esame, Sant’Antonio rivolge ad un nutrito assembramento di varie specie ittiche la sua parola e la sua predicazione. Sovente nei dipinti e negli affreschi delle epoche antiche i pittori riproducevano, secondo il loro immaginario, fatti o avvenimenti naturali che potevano essere realmente accaduti, ma che a quell’epoca assumevano la veste di un “miracolo”. Potrebbe essere, questo, anche il caso dell’affresco di Sant’Antonio che predica ai pesci a Rimini? Ci possono però essere delle cause naturali per un evento del genere?

L’affi oramento di pesci può essere la conseguenza di vari problemi legati sia all’ambiente idrico sia a patologie respiratorie dei pesci stessi. In generale, possiamo dire che quando i pesci escono dal loro ambiente naturale (l’acqua), esponendo il muso all’aria, lo fanno a seguito di una carenza di ossigeno (ipossia).

Questa ipossia può dipendere da una di queste quattro possibili cause:

1. affezioni all’apparato respiratorio dei pesci e/o delle vescica

natatoria: molte patologie virali, batteriche o parassitarie possono indurre l’affi oramento dei pesci che assumono la tipica posizione di “fame d’aria”. Le patologie possono interessare le branchie o la vescica natatoria. Possiamo citare: * tra le infezioni batteriche la malattia colonnare, le streptococcosi, la Bacterial Kidney Disease (nefrobatteriosi); * fra le forme parassitarie le patologie da protozoi, da ciliati, da trematodi e da isopodi; * fra le infezioni virali la necrosi emopoietica infettiva, l’infezione da virus erpetico della carpa Koi, l’anemia infettiva del salmone.

Tuttavia, le malattie sono spesso specie-specifi che e tendono a colpire solo una specie o più specie appartenenti alla stessa famiglia.

Un affi oramento di pesci così eterogeneo come evidenziato nell’affresco di cui stiamo trattando, diffi cilmente si può ascrivere a una forma infettiva; 2. temperatura dell’acqua: quando essa è particolarmente elevata, il tasso dell’ossigeno disciolto al suo interno si riduce di molto. I pesci, infatti, respirano l’ossigeno molecolare presente nell’acqua, la cui solubilità dipende dalla temperatura della stessa: le acque fredde sono ben ossigenate, mentre le acque calde diventano progressivamente asfi ttiche. Il fenomeno è più evidente al tramonto perché le alghe presenti in mare riducono la fotosintesi man mano che diminuisce la luce solare e di rifl esso si abbassa ancor di più il contenuto di ossigeno nell’acqua; 3. fi oriture algali di massa: colorazione assunta dalle acque marinocostiere in seguito alla rapida crescita di alcune microalghe, generalmente rappresentate da dinofl agellati o diatomee. I primi riferimenti alla marea rossa risalgono addirittura al Vecchio

Testamento. Nel libro dell’Esodo (Esodo 7: 20-21) è scritto “...

Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il

Nilo ne divenne fetido, così che gli Egizi non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutto il paese d’Egitto”. Gli antichi

Greci coniarono il nome “Mar

Rosso” proprio in riferimento alla colorazione assunta durante la fi oritura algale. Nonostante il fenomeno sia stato già riportato più volte nel corso degli anni precedenti, le maree rosse cominciarono a essere studiate scientifi camente solo verso la metà del XIX secolo. Il 18 marzo 1832, durante uno dei suoi viaggi,

CHARLES DARWIN notò una colorazione rosso-bruna delle acque marine vicino all’arcipelago di

Abrolhos al largo del Brasile; 4. materiale organico: l’immissione massiccia di sostanze organiche dilavate dai terreni in occasione di piene alluvionali di fi umi può provocare una carenza di ossigenazione delle acque.

In considerazione del fatto che

Rimini è lambita dal torrente

Marecchia, che può indurre piene tumultuose, è facile che porti alla foce molto materiale dilavato durante il suo percorso.

Di contro, non è possibile dare una giustifi cazione all’affi oramento dei crostacei adulti rappresentati, specialmente quelli posti in verticale dal pittore.

Molti crostacei nelle forme giovanili sono fl uttuanti nell’acqua e galleggiano rientrando nella composizione dello zooplancton.

In conclusione, il fenomeno riprodotto nell’affresco della Basilica del Santo sulla predicazione di Sant’Antonio ai pesci potrebbe trovare una giustifi cazione scientifi ca in un affi oramento di massa di pesci indotto da carenza di ossigeno nella acque antistanti la riva riminese, probabilmente a seguito di una fi oritura algale o come conseguenza di una recente alluvione.

Giovanna Baldissin Molli

Università di Padova

Dipartimento di beni culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica

Gian Raffaele Magnani

Veterinario Libero professionista

Valerio Giaccone

Università di Padova Dipartimento di Medicina animale, Produzioni e salute

Sailing the Seas of Cheese, PRIMUS

Un mare di formaggi tra razze, storioni e panini col tonno

di Giovanni Papalato

Una canzone, un album, la copertina di un disco, dove un pesce, un crostaceo, un mollusco sono protagonisti o comprimari. Dai mari più lontani al quelli più prossimi, dalle etichette indipendenti alle major, non ci sono confi ni entro cui pescare… per sorprendersi con nuovi gusti o ritrovarne di dimenticati

Navigando il mare dei formaggi è improbabile trovare pesci, a meno di imbattersi in mostri marini e divinità spaesate, ma da una band come i PRIMUS è lecito sorprendersi.

Fish On (Fisherman Chronicles PT II) è un brano che unisce ricordi e passione, oltre ad una certa dose di sana follia. Otto minuti di sandwich salati al tonno, Doritos al gusto di Tacos, uno storione lungo sei piedi, razze e squali al largo della baia di San Pablo e fuori dalla Laguna di Bolinas, tutto frullato dal basso acrobatico e la voce stridula di LES CLAYPOLL, la batteria potente e chirurgica di TIM ALEXANDER e la chitarra affi lata e urlante di LARRY

LALONDE.

I membri del gruppo californiano, prima che musicisti, sono

appassionati pescatori e hanno pubblicato nel corso della loro discografi a quattro capitoli attraverso altrettante canzoni che compongono “Le cronache del Pescatore”.

Diffi cile, in fondo anche sbagliato, provare a catalogarne lo stile che di fatto unisce funk, metal, punk e psichedelica attraverso un’estetica zappiana.

Nel 1991, appena fi nita la decade sintetica degli anni ‘80, almeno in senso più commerciale, la reazione fu quella di sdoganare sonorità più legate al rock e tra “Blood Sugar Sex Magik” di RED HOT CHILI PEPPERS e “Ten” dei PEARL JAM solo per citare alcuni bestsellers, le major discografi che scommisero su realtà trasversali come, appunto, i PRIMUS, che pubblicarono il loro secondo disco, “Sailing The Sea Of Cheese”, su Interscope, del gruppo Universal.

Fu davvero un azzardo di pregio, che portò il trio di El Sobrante a diventare band di culto e infl uenza importante per diverse realtà musicali in seguito.

Un esordio bizzarro il live “Stuck On This” del 1989, acerbo e naïf, ma che conteneva già i segni di quello che si sarebbe concretizzato negli album in studio a partire da “Frizzle Fry” l’anno successivo, per poi completarsi con “Sailing The Sea Of Cheese”. Non più un rimpiattino, per quanto avvincente, tra i riff funambolici di Claypool e la chitarra di LaLonde, capace anche di assoli immarcabili, mentre sotto Alexander spazia con una disinvoltura innaturale da raddoppi a stop & go, da carezze a raffi che sui tamburi ma un dialogo vero e proprio tra loro che porta tutto ad un altro livello.

Una narrazione allucinata ma allo stesso tempo magnetica, fatta

Poster dei PRIMUS by Ben Wittholz.

di brani che non sfuggono ma al contrario invitano l’ascoltatore a entrare più in profondità, aldilà della tecnica. La ritmica incalza, gira idealmente le pagine di una storia fatta di perdenti e antieroi, battute di pesca e nonsense.

Senza compromettere l’amalgama che costituisce il segno di questo album, il basso di Claypoll è il timone che guida la nave in questo mare psichedelico. Lo fa emancipandosi in un suono maturo e più defi nito, ma non dimenticandosi della componente comica e surreale che ha defi nito la sua cifra. Naviga tra il sarcasmo di Here Come The Bastards, la commistione sorprendente tra jazz e funk di Jerry Was A Race Car Driver, American Life e il featuring di TOM WAITS, con cui duetta in Tommy The Cat, tra riff come discese di downhill, linee di basso che scuotono le fondamenta del brano e la batteria a puntellare.

Ma il brano che defi nisce davvero il disco è proprio “Fish On”, nel suo essere acme perfetto di una attitudine fatta di trasversalità e consapevolezza tecnica in cui convivono in una lucida follia stilistica il jazz progressive 70’s, lo Spoken Blues, il funk nella sua accezione più violenta, accelerazioni e virate, decelerazioni e scambi ritmici.

Se “Sailing The Sea Of Cheese” è una metafora per una inedita e imprevista esperienza musicale, allora questo è un viaggio esaltante.

Giovanni Papalato

Nota

Photo © Lucio Pellacani.

Chi è Giovanni Papalato?

Autore della nuova rubrica “Il pescato del giorno”, Giovanni è modenese ed è nato lo stesso anno in cui uscirono “Low” e “Heroes”. Titolare di un’etichetta discografi ca indipendente, La Barberia Records, di un programma radiofonico, Worst Taste In Music, su RADIO ANTENNA 1, e del podcast sul vino This is Radio Kippis su Spreaker/Spotify, è selecter e DJ. Contro l’ascolto della musica tramite algoritmi su internet, ama tutto ciò che va alla velocità di 33 o 45 giri al minuto. Ama viaggiare, preferendo le metropoli ai contesti naturalistici. Ha la barba folta e gli occhiali grossi, ma non è un hipster, anche perché non è magro.

EDOARDO TUROLLA

Gasteropodi e bivalvi marini dei mercati europei Volume 2 – Arcidae, Glycymerididae e Mytilidae

Tipografi a Giari 152 pp. – € 20,00 www.istitutodelta.it

ALLAN BAY, ALBERTO CITTERIO

Delivery e take away Piatti da chef pensati per il consumo a casa

Edizioni: Italiangourmet – Collana: iTecnici 288 pp. – € 75,00 shop.italiangourmet.it

Si tratta del secondo volume di una collana di cinque intitolata “Gasteropodi e bivalvi marini dei mercati europei”. Il primo (“Gasteropodi”), pubblicato nel 2015, era dedicato ai gasteropodi; questo, e i successivi, trattano le famiglie di bivalvi di interesse commerciale: Volume 3 (Pectinidae e Ostreidae); Volume 4 (Veneridae) e Volume 5 (altre famiglie). Il Volume 2 è dedicato interamente a tre famiglie: Arcidae, Glycymerididae e Mytilidae. Nel capitolo introduttivo, dopo una breve descrizione dei caratteri generali della classe Bivalvia, sono trattati l’importanza per l’uomo degli stessi e il loro ruolo ecologico; la biologia delle famiglie in oggetto è l’argomento del capitolo 2. Segue la rassegna delle singole specie in ordine sistematico, preceduta da una parte introduttiva per defi nire le caratteristiche generali della famiglia di appartenenza. Per ciascuna specie è fornita una dettagliata descrizione morfologica, non solo della conchiglia, ma anche delle carni, la distribuzione geografi ca, l’habitat, gli aspetti bio-ecologici, il valore economico ed i metodi di produzione. Il lavoro è corredato di tavole, immagini e disegni a colori e da un’ampia bibliografi a citata nel testo. Info: amministrazione@istitutodelta.it 365 ricette e molti consigli su tecniche, packaging

per un servizio delivery e take away impeccabile e

remunerativo: è il nuovo volume della collana iTecnici che vede la fi rma del critico gastronomico ALLAN BAY e dello chef ALBERTO CITTERIO. “Il dubbio di molti è: il delivery è la soluzione alla crisi che colpisce la ristorazione oggi? La risposta è no, non è ‘la’. Ma è ‘una’ soluzione, una delle tante cose che, a nostro parere, un ristorante deve saper gestire per affrontare al meglio i problemi. Da sola, senza tutti gli altri interventi legati a un ottimale controllo di gestione, non basta. Serve soprattutto la fl essibilità, la capacità di adattarsi agli eventi, senza la quale non si va da nessuna parte”. Sono 3 i capitoli principali: piatti freddi, pronti da mangiare a temperatura ambiente, per il quale il cliente non deve fare nulla; piatti che richiedono solo di essere scaldati in forno, classico o microonde; piatti che il cliente deve “montare” a casa in pochi minuti. Seguono due capitoli su pizza e pasta & risotti e due sezioni dedicate a uova, contorni e salse citate nel libro, perché nulla sia lasciato al caso.

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