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Diabete di tipo 2 e consumo di sardine: studio conferma
Diabete di tipo 2 e consumo di sardine: studio conferma la riduzione del rischio
Photo © Harris Vo x unsplash
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Inserire una porzione di pesce, almeno due volte la settimana, all’interno di una dieta sana ed equilibrata, giocherebbe un ruolo favorevole nella riduzione del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 in soggetti anziani e con prediabete. Questo è quanto emerge da uno studio di intervento randomizzato e controllato condotto su 152 uomini e donne, di età pari o superiore a 65 anni e con livelli di glicemia a digiuno compresi tra 100 e 124 mg/dL1. Tutti i partecipanti allo studio hanno seguito un piano alimentare per la prevenzione del diabete basato sulle indicazioni dell’American Diabetes Association, che promuove tra le altre cose il consumo di verdure, legumi e cereali integrali, pesce e carni magre. Il gruppo di intervento, in più, ha integrato la propria alimentazione con una porzione da 100 g di sardine all’olio d’oliva in scatola, due volte a settimana. Dopo un anno, tra le persone randomizzate al consumo di sardine, l’80% di coloro che erano stati classifi cati ad “altissimo rischio” di sviluppare diabete ha lasciato la condizione nella quale si trovava all’inizio dello studio, rientrando in un gruppo a rischio minore: si è infatti passati dal 37% dei soggetti a rischio molto elevato a solo l’8% in quella condizione dopo 12 mesi di follow-up. Nel gruppo di controllo, invece, i soggetti ad “altissimo rischio” sono passati dal 27% al 22% del campione. Inoltre, sebbene tutti i partecipanti abbiano ridotto il proprio peso corporeo e migliorato alcuni parametri metabolici, solo coloro che consumavano sardine hanno ottenuto una diminuzione signifi cativa della pressione sanguigna, una riduzione dei livelli di trigliceridi nel sangue, un aumento del colesterolo HDL e un incremento signifi cativo di adiponectina, ormone il cui aumento è associato a un minor rischio di insulinoresistenza e diabete.
Gli autori hanno attribuito i potenziali benefi ci delle sardine alla presenza in questi pesci di quantità signifi cative di EPA e DHA, acidi grassi polinsaturi della serie Omega-3 dotati di proprietà antinfi ammatorie e in grado di aumentare la fl uidità delle membrane e la quantità dei recettori dell’insulina, oltre che al contenuto di calcio e vitamina D, correlati a effetti protettivi nei confronti del diabete.
Anche la taurina, amminoacido contenuto in abbondanza nei pesci e nei frutti di mare, studiato per le sue proprietà ipoglicemizzanti, antiossidanti e antinfi ammatorie, potrebbe aver contribuito all’effetto protettivo evidenziato nello studio. Fonte: Nutrition Foundation of Italy, www.nutrition-foundation.it
Nota
1. DÍAZ-RIZZOLO D.A., SERRA A., COLUNGO C., SALA-VILA A., SISÓ-ALMIRALL A., GOMIS R. (2021), Type 2 diabetes preventive effects with a 12-months sardine-enriched diet in elderly population with prediabetes: An interventional, randomized and controlled trial, Clin. Nutr.; 40(5):2587-2598.
Viva il sole, soprattutto se integrato dal consumo di sardine, salmone, sgombro e tonno (in scatola)
Estate, tempo di sole e di tintarella. Ogni anno, immancabilmente, alla vigilia delle ferie tutti gli organi d’informazione affrontano il tema mettendo in evidenza le virtù non solo estetiche ma anche salutistiche di una corretta esposizione al sole. Il principale benefi cio dei raggi ultravioletti sta nel consentire al nostro organismo di sintetizzare la vitamina D, l’unica la cui assimilazione avviene all’80% grazie alla luce per sintesi attraverso la pelle e non, come accade per tutte le altre vitamine, consumando alimenti. E la vitamina D ha un gran numero di importanti virtù. «Il suo ruolo principale — afferma il prof. Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma, intervistato da ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici) sul sito dell’associazione www.tonno360.it — è quello di mantenere un’adeguata mineralizzazione dello scheletro (e quindi prevenire l’osteoporosi) attraverso il controllo delle concentrazioni sieriche del calcio e del fosforo. Ma le vere novità che sono sorte dalla ricerca scientifi ca degli ultimi anni riguarda il ruolo sorprendente di questa vitamina nel garantire una corretta funzione del sistema immunitario. Questa rivelazione ha permesso di capire perché, nell’era pre-antibiotici, i pazienti tubercolotici venivano posti al sole per lunghi periodi. I loro miglioramenti e guarigioni erano sorprendenti anche se non se comprendeva il motivo. Ma non solo: oggi sappiamo infatti che la vitamina D consente un corretto dialogo chimico tra muscolo e osso e svolge, inoltre, una importante azione protettiva sull’apparato cardiocircolatorio, che si va a sommare all’azione degli omega 3 se assunta attraverso le sardine. Purtroppo, malgrado viviamo nel “Paese del sole”, l’esposizione da sola non basta: si calcola che l’80% della popolazione italiana — soprattutto bambini e adolescenti — manchi di vitamina D, con ricadute negative per l’organismo».
Dalla dieta possiamo quindi ottenere un piccolo aiuto per aumentare i livelli di vitamina D e tra i cibi che ne sono più ricchi ci sono alcuni pesci con elevato contenuto di grassi come il salmone e lo sgombro, ma anche l’olio di pesce, le aringhe, le sardine in scatola e il tonno conservato. «Secondo i nutrizionisti, i prodotti ittici rappresentano oggi il 38% dell’apporto totale di questo nutriente. Prodotti che, proprio nella stagione estiva, toccano il picco di consumi nell’anno». Conclusione? Prendiamo il sole, con le dovute cautele, e consumiamo più prodotti ittici. D’estate ma anche, se non soprattutto, nel resto dell’anno (fonte: www.tonno360.it).