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GAVI DOCG,

UN VINO… CORTESE

di Riccardo Lagorio

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il Gavi Docg è prodotto tradizionalmente da uve Cortese 100%, coltivate all’interno di una precisa area geografi ca, della fascia meridionale della provincia di Alessandria. Il sistema di allevamento è a Guyot, caratteristico della viticoltura di qualità.

photo © Maurizio Ravera

L’ Italia è uno stivale pieno di vini per tutti i gusti e tutte le tasche. Un immenso patrimonio derivato da una straordinaria ricchezza di varietà che allignano nel nostro Paese. Come per miracolo, le uve si presentano in innumerevoli varianti, esponenzialmente riprodotte grazie alla varietà di suoli, dei climi, dell’esposizione al sole o della vicinanza al mare. Un imponderabile algoritmo moltiplicatore che fornisce un consistente contributo all’economia, all’ambiente rurale, alla storia e al paesaggio. In breve: alla cultura.

E se le due regioni più blasonate per la produzione di vino, Piemonte e Toscana, sono note in tutto il mondo per i loro grandi vini rossi, non si può dimenticare che le colline che cingono il Po sono generose genitrici anche di ottimi vini bianchi. Come nell’Astigiano e nell’Alessandrino, dove oltre alle Cattedrali sotterranee di Canelli che hanno custodito per secoli il mito del Moscato e alla saga del recuperato Timorasso del Tortonese, l’uva Cortese esalta da secoli l’area intorno a Gavi.

La Denominazione di Origine Controllata (D OC) arriva a Gavi nel 1974, mentre la D OCG compie 10 anni a novembre di quest’anno.

La DOCG ha avuto il merito di obbligare i produttori a contenere le rese per ettaro e ha permesso di aumentare le tipologie: Tranquillo, Frizzante, Riserva (con almeno un anno di invecchiamento, di cui 6 mesi in bottiglia) e Riserva Spumante Metodo Classico (che trascorre almeno 18 mesi sui lieviti).

Una denominazione che si estende su 11 comuni e che risulta tra le più vivaci in Italia, con indici di crescita del numero di bottiglie a due cifre negli ultimi anni e che ha incrementato la superfi cie vitata di circa il 60% in vent’anni dai 1.000 ettari di fi ne Novecento. Una denominazione tradizionalmente vocata ai mercati internazionali (circa il 65% è esportato), essendo presente in 65 Paesi e che «ha avuto la fortuna — dice D ARIO BERGAGLIO dell’azienda La Chiara (lachiara.it), — di svilupparsi accanto a territori noti per grandi rossi, Langhe e Monferrato». Spiega che «ogni giorno diventa più importante il turismo legato all’arte e al cibo»: la specifi cità di Gavi, un luogo piccolo e speciale, è percepito come vantaggio. Di conseguenza i Gavi D OCG del comune di Gavi sono il fi ore all’occhiello della cantina e tra questi l’Etichetta Nera proviene da un vigneto di 45 anni d’età. Spiccano i profumi balsamici e fl oreali, il corpo caldo e persistente lo fanno abbinamento ideale per sogliole in guazzetto e sarde fritte.

Per incontrare un vino adatto per l’aperitivo ci si ferma poco prima, all’azienda vinicola Marchese Luca Spinola (marcheselucaspinola.it). Si stappa la bottiglia di Marchese col Fondo, un metodo ancestrale, ovvero rifermentato in bottiglia con i suoi propri lieviti e, lo dice l’etichetta, il fondo. «Bisogna ricordare che i lieviti depositati possono creare una leggera torbidità, che è segno di genuinità» spiega. Dall’effervescenza continua sgorga un liquido piacevolmente viperino, dal profumo d’iris e crosta di pane. Nella tenuta, spazi per picnic e due laghetti.

Di lontano il profi lo del Santuario della Madonna della Guardia e il borgo di San Cristoforo, belvedere da cui apprezzare l’Appennino ligure e le Alpi. «Da vitigni esposti a sud collocati dove spira una brezza continua, nella frazione Rovereto, provengono le uve che usiamo per Massimiliano, il Gavi di Gavi D OCG, vanto della casa».

Nato per le corti, il Gavi non ha mai tradito la sua vocazione all’eleganza, affi nata ulteriormente in epoca moderna attraverso tecniche all’avanguardia, fi no ad ottenere un vino rinomato ed apprezzato in tutto il mondo.

Una piccola collezione di vecchie annate restituisce sensazioni esclusive. La 2007, per esempio, orlava il bicchiere con un civettuolo color ambra, volute di pesca gialla illuminate da sprazzi di albicocca. Una gioia suppletiva la bocca, ampia ed evoluta.

È il segno che anche per il Gavi la fretta è maldestra consigliera. Attendere prima di stappare sembra essere la parola d’ordine anche in questa fetta di Piemonte.

Dagli aperti spazi della Cascina Massimiliana all’azienda Molinetto di DIEGO CARREA di Francavilla Bisio (molinettocarrea.it) si segue il corso del fi ume Lemme verso nord. Diego Carrea è un esperto informatico, ma ha deciso di battere la strada delle vigne, come il padre Matteo e lo zio Domenico. La sua scelta d’amore verso la terra si compie nel Re •lys, il Gavi DOCG talmente caratteristico da diventare un’icona: rifl essi verdognoli nel bicchiere segnato da delicati profumi fl oreali, secco e gradevole, di buon corpo e con il fi nale amarognolo. Per questo, superbo con il risotto allo zafferano.

Una denominazione, quella del Gavi Docg, che si estende su 11 comuni e che risulta tra le più vivaci in Italia, con indici di crescita del numero di bottiglie a due cifre negli ultimi anni e che ha incrementato la superfi cie vitata di circa il 60% in vent’anni dai 1.000 ettari di fi ne Novecento

Per incontrare la tradizione contadina che si ripete con i tanti giovani che oggi guidano le cantine dei padri, ma girano il mondo con l’ipod per gli ordini e portano il Gavi D OCG nei nuovi mercati internazionali, si può anche raggiungere Novi Ligure, sulla Strada Lomellina, in un intrico di boschi che descrive la grande biodiversità del territorio. All’Azienda Agricola Binè (bine.wine) gli 11 ettari di vigne sono stati piantati tra il 2000 e il 2005, 8 di Cortese.

NICCOLÒ e LORENZO GHIO, con laurea in tasca, rappresentano il volto nuovo del Gavi DOCG. «La nostra sfi da è di trasmettere un’identità, essere riconoscibili e individuabili. A partire dall’etichetta, che raffigura il vigneto ad anfi teatro vicino alla cantina». Che funziona con un impianto geotermico, a dimostrazione della sensibilità nei confronti dell’ambiente. Sbalorditivi i profumi di camomilla e arnica che qualifi cano “11”, il Gavi D OCG sulle cui etichette vengono riportate le coordinate del mappale. Si abbina con il cappon magro.

Ma è anche la storia di ALICE GROSSO, giovane che ha scelto di immortalare sull’etichetta del Gavi D OCG più rappresentativo, Villavecchia, un volto di donna alla Modigliani. «La vigna del 1964 piantata su terreni argillosi e al limite meridionale della D OCG conferisce proprietà esclusive al vino». Affermazione avventata? Per nulla: la sovramaturazione delle uve sfocia in un’esplosione di profumi di gelsomino e arancia, con un tocco di ammandorlato fi nale che rende praticamente unico questo vino paglierino pieno e rotondo. Si prova con la formaggetta del Parco Naturale della Capanne di Marcarolo e con la torta di riso di Bosio, ricca di zafferano.

A La Caplana (lacaplana.com) si stanno sperimentando anche la fermentazione e l’invecchiamento in anfora, che garantiscono una speciale microssigenazione. Il Cortese e il Gavi D OCG sono entrambi predisposti per essere longevi. E plurali.

Chi vuole approfondire il tema deve tornare a Gavi, alla Cantina di Mario Castellari Bergaglio (castellaribergaglio.it), dove vengono alla luce 7 versioni diverse di Gavi. Tra queste lo Spumante Metodo classico Docg Ardé rimane per 18 mesi sui lieviti. Bollicine fi ni e persistenti; il retrogusto di nocciola lo fa applicare con determinazione ai piatti con molluschi, risotti e polpo con patate su tutti. C’è poi Rovereto, «una vigna nel territorio di Gavi messa in piedi anche con cloni prefilossera e una esposizione eccellente, anche se difficile da lavorare. Non sempre infatti le scelte hanno un obiettivo esclusivamente economico, anzi. Spesso si guarda più alla soddisfazione ed al piacere di fare cose particolari» dice con entusiasmo. Bicchiere ampio, glicerico, persistente. Vuole funghi trifolati e Robiola di Roccaverano D OP. Rolona, Gavi DOC di Gavi, e Fornaci Gavi D OCG si distinguono per aromi citrini l’uno e fl oreali il secondo. L’attributo plurale dato al Gavi e alla sua uva, il Cortese, lo si apprezza a Parodi Ligure, nel regno di F EDERICA CARRARO. Le Marne (lemarne.net) prende nome dalle tipiche marne bianche di argilla che qualifi ca l’Oltregiogo ligure. Al di sopra del monastero dedicato a San Remigio e del torrente Albedosa, a 330 metri di altitudine, la vigna Zagante offre uno spaccato di questa enodiversità con Oro, il Gavi D OCG dal profumo di rosa, un’unghia di pompelmo in bocca e il finale sapido.

Altro marcatore il profumo di nocciola. Perché il naso la si percepisca evidente bisogna scendere a Capriata d’Orba e incontrare la quarta generazione dei PESTARINO, impersonata da ANDREA (alviopestarino.com). Le poche bottiglie di Girossa Gavi D OCG rivelano con evidenza aromi di frutta secca, che si accentuano nelle ancora più rare bottiglie di Passione, il passito di Cortese che affi na tre mesi in cassette. La pigiatura di gennaio e la maturazione in barrique parzialmente scolme per almeno 3 anni forgiano un vino ambrato, gradevoli sfumature d’aromi ossidativi, dattero e agrumi e bocca lunga di caramello e liquirizia.

Di nuovo attraversando il Lemme, a Tassarolo CINZIA BERGAGLIO (cinziabergagliovini.it) è riconoscibile per il geoide immortalato sulle etichette, simbolo del lavoro fatto per rendere il terreno adatto alla coltivazione delle vigne. La Fornace Gavi Docg, 2017, giallo paglierino, profuma di mela verde e melone. Asciutto e armonico in bocca, ha due accompagnamenti preferiti: la trota alla brace e gli spaghetti alle vongole. L’annata 2013, d’intenso giallo paglierino, naso cacao e frutta secca, prima fra tutti la nocciola, ampia e complessa in bocca, non ci si stupisca dell’azzardo: il caviale Oscietra.

Accomodàti al ristorante La Gallina (villasparinaresort.it), di fronte alle ampie vetrate che guardano le colline di Gavi, nella bottiglia dall’insolita silhouette, il Monterotondo Gavi DOCG che esce dalla connessa azienda agricola, non perde colpo di fronte agli gnocchi con basilico di Prà o alla cernia con porcini grazie al suo essere agrumato e sbarazzino. Per queste colline, quanto è reale lo slogan della FAMIGLIA MOCCAGATTA, proprietaria di uno e dell’altra: il vino come principio creativo.

Riccardo Lagorio

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