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LA BOSCA: QUANDO LA SALAMINA NASCE IN STALLA
di Riccardo Lagorio
Salama da sugo, incontrastato simbolo della gastronomia ferrarese
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La reputazione gastronomica di Ferrara è, tra gli addetti ai lavori, vasta e antica. Merito della Corte Estense i cui banchetti, preparati dai più famosi cuochi di allora, hanno tramandato la celebrità sino ai giorni nostri. Dalle anguille ai cappelletti, dal vino del Bosco Eliceo al riso e alle innumerevoli maniere di cucinarlo: su tutte queste golosità certamente la più unica è la salama da sugo.
Un bel volumetto edito negli anni Novanta da parte della Camera di Commercio di Ferrara riporta un racconto, un atto d’amore, di MARIO SOLDATI nei confronti della salama da sugo.
Già, ma cos’è la salama da sugo? Anzi, la salamina, come viene affettuosamente chiamata da quelle parti? Soldati la defi nisce “una sola cosa veramente buona. Raro caso di pietanza prelavorata e allo stesso tempo genuina, la salama è, per così dire, l’antenato dei cibi conservati, confezionati e bell’e conditi”.
Uno degli indirizzi migliori per conoscere quali sono gli antefatti e come viene preparata è l’azienda agricola di Flavio e Marcello Piazzi, La Bosca, a Codrea, pochi minuti fuori dalle mura cittadine. L’azienda agricola è nata prevalentemente per la produzione di pere, «anche se i suini sono sempre stati allevati» racconta il fi glio Marcello. Ma nel 2010 viene costruita una vera e propria stalla, «perché la salama da sugo inizia da lì».
Così, seguendo le indicazioni del Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, viene progettato un ricovero per suini che prevede una metratura per soggetto pari a più del doppio di quello richiesto dalla legge relativa al benessere animale. «Se non avessimo potuto allevare i nostri maiali, non sarebbe stato possibile produrre la salama da sugo che noi vendiamo oggi» raccontano padre e fi glio. Gli animali vengono allevati sino al peso che varia da 170 a 250 kg «in quanto la carne matura, una volta trasformata, deve durare anche per più di un anno».
I mangimi provengono dai terreni di proprietà con prevalenza di mais, orzo e soia. «Acquistiamo solo la crusca. Durante il periodo di raccolta delle pere alimentiamo i suini con la frutta che non possiamo mettere in commercio».
Il giovane Marcello, che ha saputo portare la propria vitalità e grinta in azienda, ha costruito un laboratorio autorizzato ricavato nei locali dell’azienda, dove trova posto anche il punto vendita diretta al consumatore. «In origine il peso raggiungeva gli 8 kg, mentre ai nostri tempi la salama da sugo ha un peso medio di 2 kg al momento della produzione, che diventano 1,2 kg al momento del consumo, che varia da 10 mesi a 2 anni».
“A differenza degli altri salumi della loro specie migliorano invecchiando” scriveva PELLEGRINO ARTUSI nella sua ricetta 238, Salami dal sugo di Ferrara. L’impasto si ottiene amalgamando carni ricavate dalla coppa, dalla pancetta con il lardo di gola, lingua e una virgola di fegato con cannella, pepe, sale, chiodi di garofano e noce moscata. Con una generosa aggiunta di vino, 200 cc per chilogrammo di carne. «In verità pare che tempo fa si aggiungesse vino fi no a che la carne lo potesse assorbire. Ad ogni modo, la carne matura assorbe parecchio vino. Inoltre, per noi la salama da sugo è una sorta di religione e quindi è assolutamente da evitare l’utilizzo di rum o altri alcolici. Niente solfiti, che inibirebbero la giusta fermentazione della carne» sottolinea Marcello.
Proporzioni, varianti e particolarità di lavorazione fanno parte del saper fare di ogni singolo artigiano. Ma l’insacco per tutti deve avvenire nella vescica del suino, preventivamente tenuta a bagno con acqua e aceto, assicurata da spaghi. «Guai a usare l’elastico», continua Marcello.
Nelle prime due settimane di vita avviene l’asciugatura, il momento più sensibile per la vita della salama.
Nella sala di stagionatura, buia e fresca priva di macchinari, il profumo è incantevole, una combinazione di fumi enoici e salumieri. I tempi di cottura sono necessariamente lenti. L’ipotesi avanzata da Mario Soldati nel volume citato prevede che si spazzoli (“delicatissimamente, come si fa con i tartufi ”) e si cuocia per sei ore o più, «ma a vapore», sospendendola per la sommità della reticella ad un legnetto posto di traverso e senza che mai venga in contatto con l’acqua di una pentola messa sotto.
A questo punto, durante la cottura, il vino misto alle spezie e alle carni trasuda dalla vescica e si deposita sul fondo della pentola. «Le carni devono come sciogliersi» e, al termine della cottura, che può durare 6 o 7 ore, il sugo verrà raccolto e consumato con il purè di patate, l’accompagnamento ideale della salama da sugo. «Al termine della cottura gli iniziali 2 kg si saranno ridotti di circa 700 grammi» spiega Marcello.
Il taglio della salama da sugo deve avvenire con un coltello bene affilato a pochi cm dalla calotta, per permettere al commensale di poterla scavare con un cucchiaio e servirla nel piatto, irrorandola con il succo ottenuto. Si sbriciolerà e questo è buon segno. «Da sola, è un pasto più che suffi ciente e soddisfacente».
Per andare incontro alle necessità della famiglia di oggi che non sempre è in grado di investire lunghe ore di cottura e consumare una quantità notevole di salama da sugo, a La Bosca si sono ingegnati di sezionarla, precuocerla e metterla sotto atmosfera modifi cata. Che non perderà la granulosità, i sapori forti della polpa, del sugo liscio e denso per “un sapore unico, memorabile, inconfondibile” chiosa Soldati.
Dai Piazzi si passerà anche in epoche (poche) in cui la salama da sugo non si apprezzerebbe: ci sono tutti gli insaccati tipici della gastronomia ferrarese come salami all’aglio, pancetta e cotechini che attendono.
Riccardo Lagorio
Società Agricola La Bosca
Via Traversa 5 44124 Codrea (FE) Telefono: 0532 44162 Web: labosca.eu