Io, cristiana di Monica Mondo (estratto)

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Monica Mondo

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MONICA MONDO Torinese, laureata in Lettere Classiche, vive a Roma, dove lavora come autore e conduttore a TV2000. Ha scritto per diverse testate giornalistiche, di cultura e politica; ha lavorato nell’editoria e per la radio. Per Marietti ha pubblicato due romanzi: Sarà bella la vita e Il mio nome è Khalid. Per Cantagalli un saggio con il cardinal Georges Cottier: Selfie. Dialogo sulla Chiesa con il teologo di tre papi e, con Maria Falcone, una biografia del giudice dal titolo Giovanni Falcone. Le idee restano (San Paolo). Ha tre figli fantastici, ama la Chiesa cattolica e, si parva licet...Tolkien, la Juventus e Springsteen.

IO, CRISTIANA «Sono convinta

Progetto grafico e illustrazione: Margherita Travaglia / studio pym

€ 12,50

9 788892 212107

monica mondo

che l’appartenenza alla Chiesa allarghi la ragione, dunque renda più intelligenti, di conseguenza più liberi, e per questo più felici».

io, cristiana

per amore e per ragione

Monica Mondo, giornalista, in questo libro si interroga su alcuni grandi temi che riguardano la fede cristiana e, cosa spesso posta in secondo piano, la fede cattolica. Perché sono cristiana? Perché sono cattolica? Sono le domande di partenza, che man mano si approfondiscono, divengono sempre più radicali e vanno a scavare dentro una vicenda personale di credente donna capace di interrogarsi continuamente, sia a partire dalla professione, che dal lavoro genitoriale, che dalla vita matrimoniale. La vita dei credenti, per poter essere ancora oggi sensata, deve poter ritrovare nella vita quotidiana e nelle attese e speranze di ciascuno le proprie ragioni (ragioni logiche e ragioni di cuore) per non concedersi alle varie mode. Nulla di astratto in questa “teologia della strada” che la Mondo propone, affiancando a ogni riflessione un racconto personale, un incontro, un’esperienza. Poiché la fede non è altro che “presenza di Dio nelle nostre esperienze, nei nostri incontri, sulle nostre strade”. Un libro appassionato di Dio, ma anche provocatorio, per tutti coloro che cercano di camminare sulla strada di verità, di bontà e di bellezza; un libro appassionato anche della Chiesa, essenza così fragile eppure così necessaria.


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Realizzazione editoriale: studio pym / Milano Š EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2017 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-922-1210-7

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INTRODUZIONE

Perché sono cristiana. E perché cattolica. E la Chiesa, cos’è? Non è, la mia, una semplice scelta; contesto che sia un caso e se non è, quale il senso, il motivo? Ho sempre cercato incontri con chi avesse risposte al mistero della vita, e di Dio. Che almeno avesse le domande. Non ho competenze filosofiche né teologiche. Ho qualche lettura, presto dimenticata. Ma non si tratta solo di sapere, che pure conta, e di maestri, che pure mancano. Col tempo mi accorgo che l’unica cosa che vale e che ci fa pienamente uomini è la ricerca, che muove l’intelligenza e il cuore. Sull’intelligenza, di cui siamo più o meno dotati, pochi hanno dubbi. È propria dell’uomo, se sa e vuole coltivarla. Sul cuore, che palpita e si muove all’emozione e allo slancio, bisognerebbe dimostrarlo; e non è possibile che riconoscendo un’evidenza: ossia che non è l’intelligenza a farci amare, anche se è intelligente farlo; che non è intelligente commuoversi, ma capita spesso e non sempre per

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tristezza. Toccherà forse arrendersi all’evidenza che è il cuore la guida, e va seguito, ma non prima di aver dato tutto perché la ragione ceda, intelligentemente.

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TI ADORO

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«FATTO CRISTIANO»

Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, e conservato in questo giorno. Atto di carità, questo, cioè amore nella sua pienezza, agápe. La si insegnava ai bambini, questa preghiera, al catechismo, da imparare a memoria. Sembra normale, da piccoli, dire grazie a chi ha fatto il mondo e ci ha fatti. Il mondo sono i volti cari, i prati e i fiori, il cielo, il gioco, gli amici, gli animali, le buone merende. Alla sera, recitare queste parole faceva mettere in fila tutto il bello ricevuto e goduto nella giornata, senza presagi di dolori, incertezze, dubbi. C’era, senz’altro, a fianco, un angelo custode, e avrebbe accompagnato sogni sereni. Anche quest’oggi nessuna brutta caduta, nessun rimorso troppo pesante. E c’era, senz’altro, al risveglio, una carezza, con una tazza di latte caldo e mille altre cose ad accendere la giornata. Quel «fatto cristiano» scorreva via così, naturalmente, senza che si capisse la sua portata di dichiarazione di fede. Fatti, creati. “Fare” è più alla nostra

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portata, è più chiaro: poièin. È opera e opera d’arte, richiede volontà e fatica e cura; è per uno scopo, foss’anche la contemplazione. Siamo “fatti” e “fatti così” come siamo, unici e irripetibili. Ma da dove? e perché? Non bastano le spiegazioni scientifiche, lasciano un senso d’incompiutezza, di vuoto arido. Consola quel: «Mi hai tessuto nel seno di mia madre, sei tu che hai creato le mie viscere. Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio»1. Nessuna fecondazione in vitro impedisce lo stupore che ci viene dal sapere che, da quell’incrocio di cellule, da quel grumo biologico in fermento, io sono oggi, e così come sono. Che io sia “fatto”, foss’anche per dissolvermi nel nulla dopo un giorno o cent’anni, è un dato evidente. Chiedersi perché e da chi è il passo successivo. Conosciamo le risposte possibili: «non so», «Dio», «forse Dio». Tutte e tre insoddisfacenti, soprattutto la prima. «Non so» è menzognero: perlomeno mi tocca la sfida di cercare una risposta, accontentarsi non è da uomini, è vile. La terza, quel «forse», non risolve: la scommessa lascia troppo spazio all’angoscia ancora della prima opzione, del «non so». «Forse» non basta; non soddisfa (da satis facere), perché è pur sempre una scelta, che chiude però subito la partita, con un azzardo che mortifica la ragione. È persin troppo facile risolvere la questione rimandando alla   Sal 138,13-14.

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convenienza: «forse» perché è meglio crederci; «forse» perché altrimenti non saprei che risposte dare. Col sospetto recondito che si tratti comunque di un azzardo, che prima o poi deluda. La seconda è la risposta più convincente e soddisfacente: «Dio». Ma se Dio lo avessi visto, sperimentato, incontrato. Se Dio ci fosse davvero. Qualcuno afferma di sì, e ha un senso scoprire se quel che afferma è credibile, o possibile. Bisogna frequentarlo, questo qualcuno, stargli vicino, cercare di verificare la sua certezza, accreditarla con il suo modo di vivere. Potrebbe illudersi, o sbagliarsi totalmente, per un’adesione consolatoria, e ingannare anche me. Che pure non ho alternative migliori che incaponirmi per capire se quello sia un folle o un genio, e muovermi di conseguenza. Anche perché, se Dio è, ed è lui il creatore, il «perché io sia» acquista un barlume di senso. C’è il caso che io sia voluto e non sbattuto per sorte su quest’atomo oscuro del male. E che io abbia una parte da giocare; che la mia vita abbia un senso e uno scopo. E dunque tutte le riflessioni, pur lecite e necessarie, sono successive a quel «fatto cristiano» da cui bisogna partire. Un dato, respirato, penetrato nelle vene dei polsi, nel battito del cuore, nel modo di volgere gli occhi. Si può rifiutare di aderire o adeguarsi a quel dato, mai negarlo. Se sei «fatto cristiano», puoi ribellarti, cercare uno strappo, ma resta un’origine indelebile, una macchia o un segno, un ricordo o una

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nostalgia. Perché i ricordi fanno soffrire se non c’è una realtà nuova e fulgida a dar loro senso. A me è capitato così. A molti è capitato così, di diventarlo, cristiani, per poter dire «fatti cristiani». Ma non a tutti è stata offerta la possibilità medesima, anzi nemmeno alla metà. Se c’è un Dio, e ci ha fatti, vorrei che avesse dato proprio a tutti la stessa occasione, e così non pare. Qualcuno dice che sono sempre di meno, i cristiani, e forse è una distorsione ottica dell’Occidente, che ha provato per secoli a far morire Dio, e pare ci sia riuscito, almeno nel sotterrarne nell’indifferenza il desiderio. Ma qui siamo nel campo della libertà: data una proposta, radicata nel tessuto culturale e biologico del tuo essere e dell’ambiente in cui vivi, puoi decidere che non è per te. Ma a chi la proposta non è arrivata, o è giunta con voce troppo flebile, o in modo violento, arrogante, respingente, sbagliato, distrattamente o erroneamente? E se l’errore è degli uomini, perché Dio ha permesso che l’insipienza di alcuni significasse l’ignoranza della salvezza per gli altri? Oscuramente, intuiamo che Dio, per arrivare a farsi riconoscere, ha bisogno di noi. E questo già dice qualcosa del senso del vivere, come collaboratori, servitori di Dio. La salvezza, è spiegato, è offerta a tutti. Dipende dunque se la salvezza si palesa, appare, si lascia riconoscere. Dipende da chi la racconta, la testimonia, la

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