Medicina, etica e spiritualità
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«Perché il dolore? Perché proprio a me? Se Dio è giusto, perché il male? Se c’è il male, come potrà esserci un Dio giusto?
Bruno Forte
Medicina, etica e spiritualità
Monsignor Bruno Forte
€ 10,00
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BRUNO FORTE
Sono le domande di sempre. Da esse nasce per alcuni l’invocazione, per altri il rifiuto. Ridurre tutto a questo mondo e alle sue leggi, però, è come arrendersi di fronte al dolore e alla morte».
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BRUNO FORTE
MEDICINA, ETICA E SPIRITUALITÀ Postfazione di Alessandro de Franciscis
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© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2017 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-922-1120-9
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INTRODUZIONE
Le pagine che seguono raccolgono alcune riflessioni su medicina, etica e spiritualità nel loro reciproco rapporto alla luce della fede cristiana. Esse non hanno alcuna pretesa di completezza, ma – nate nel contesto di incontri destinati per lo più a medici cattolici – provano a rispondere alla domanda: quali conseguenze ha sull’esercizio della professione medica la fede in Cristo di chi la esercita? Il testo non presenta, dunque, un elenco di trattazioni dedicate alle sfide morali con le quali la medicina di frequente è chiamata a confrontarsi, quanto piuttosto offre un contributo di riflessione a chi crede e per vocazione e missione fa il medico, l’infermiere o l’operatore sanitario, affinché la sua fede non sia irrilevante rispetto al servizio da rendere, ma ne ispiri le scelte etiche di fondo e ne nutra la carica spirituale, sorgente di luce e di forza, oltre che di peculiare ricchezza e profondità. 5
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Il primo capitolo – dedicato al rapporto fra medicina e pace alla luce della Buona Novella – contestualizza la riflessione nell’ambito generale del passaggio dalla ragione utopica del tempo delle ideologie al disincanto tipico della postmodernità. Ne risulta l’attualità, oltre che la necessità, della dimensione contemplativa della vita per nutrire in chi opera nell’ambito della salute lo spirito di servizio, inseparabile dall’urgenza della carità verso l’altrui bisogno. Proprio per questo, il rapporto fra la misericordia e la cura della salute – tema del secondo capitolo – è tutt’altro che irrilevante: umiltà, fiducia e dono incondizionato di sé, alimentati dalla continua esperienza dell’amore misericordioso del Signore, sono alla base di una professionalità medica capace di promuovere e servire la vita e la salute nel prossimo bisognoso di cura. La dimensione spirituale dell’operatore sanitario risulta, poi, inseparabile dalle esigenze dell’etica medica: il discepolo di Cristo trova luce per essa nelle pagine del Vangelo, dove l’operare di Gesù, oltre che le Sue parole, mostrano il Medico celeste all’opera per il bene delle Sue creature. È quanto sviluppa la riflessione del terzo capitolo. 6
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Il capitolo che segue, il quarto, dopo aver presentato a grandi linee l’idea di salute, prova a descrivere la realtà della famiglia, colta nei suoi aspetti fondamentali di grembo di umanità, di socialità, di ecclesialità e di fede, collegandoli appunto alle sfide e agli impegni della cura della salute. Nel capitolo quinto si prende in esame un settore particolare dell’attività medica, quello della medicina sportiva, di cui ci si sforza di mettere in luce le rilevanti dimensioni etiche, che implicano inseparabilmente responsabilità, solidarietà e dono di sé. Il sesto capitolo, infine, approfondisce la figura di Cristo, Medico celeste, e la sua presenza nella pastorale degli ammalati e nella grazia del sacramento dell’unzione degli infermi. La “preghiera del medico”, proposta da san Giovanni Paolo II il 26 Giugno del 2000 nell’ambito delle iniziative giubilari riservate ai medici e agli operatori sanitari, chiude il percorso di riflessione, aprendolo all’invocazione e all’accoglienza del dono di Dio. La reazione positiva, ricevuta nel presentare a voce ai destinatari i contenuti qui esposti, 7
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mi ha indotto a raccoglierli per la stampa, con la speranza di ampliare il cerchio di quanti vorranno confrontarsi con questa proposta, certamente limitata e tuttavia convintamente ancorata alla luce della rivelazione biblica e della fede della Chiesa e ispirata alla bellezza di Dio, cui quella luce apre la mente e il cuore nel tempo e per l’eternità . 11 Febbraio 2017 Beata Vergine di Lourdes, Salute dei malati
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1 MEDICINA E SALUTE
1. Medicina e salute oggi: fra utopia e disincanto a) La luce della ragione illuministica e l’utopia di un progresso senza confini La parabola dell’epoca moderna coincide col processo che va dal trionfo della “ragione adulta” dell’Illuminismo, caratterizzata da smisurate ambizioni, all’esperienza diffusa della frammentazione e del non-senso, seguita alla caduta degli orizzonti totalizzanti delle ideologie. Al “secolo lungo”, l’Ottocento liberale borghese, iniziato col mito della rivoluzione francese e conclusosi con la tragedia della prima guerra mondiale, fa seguito il così detto “secolo breve”1, segnato da innumerevoli violenze, frutto dell’affermarsi 1
Eric J. Hobsbawm, Il Secolo breve 1914-1991, tr. di B. Lotti, Rizzoli, Milano 199816 (originale: The Age of Extremes. The Short Twentieth Century 1914-1991, 1994).
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dei vari totalitarismi ideologici e del loro declino, di cui è cifra il fatale 1989, anno del crollo del muro di Berlino. La luce – metafora del principio ispiratore della modernità, plasmata dal sogno di una ragione capace di spiegare tutto, illuminando il mondo e la vita con la potenza del concetto – cede il posto alla percezione diffusa di un generale trionfo dell’oscurità e della notte. La volontà di potenza nascosta dietro le rappresentazioni utopiche delle ideologie manifesta i suoi frutti satanici nel volto della guerra e dei vari genocidi del secolo scorso. Come affermano Max Horkheimer e Theodor W. Adorno all’inizio della loro Dialettica dell’Illuminismo, pubblicata alla fine della Seconda guerra mondiale, «la terra interamente illuminata risplende all’insegna di trionfale sventura»2. I grandi processi di emancipazione dell’epoca moderna – da quelli dei popoli del cosiddetto “terzo mondo”, a quelli delle classi sfruttate e delle razze oppresse, a quelli della donna nella varietà dei contesti culturali e sociali – avevano suscitato l’ambizione di poter raggiungere 2
Einaudi, Torino 1966, 11 (originale: Dialektik der Aufklärung. Philosophische Fragmente, 1947).
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una realtà totalmente illuminata dal concetto, in cui l’“ordre de la raison” fosse garanzia di una giustizia e di una pace possibili per tutti. Analogamente in medicina si era andata diffondendo l’ambizione che la realtà totale potesse essere presto piegata al progresso del sapere, mentre non erano mancate attività mediche asservite alle pretese dei diversi totalitarismi ideologici. Non a caso, né per un semplice incidente di percorso, tutte le avventure dell’ideologia, di destra come di sinistra, dall’ideologia borghese all’ideologia rivoluzionaria, sono sfociate in espressioni totalitarie e violente. La parabola moderna delle ideologie è in questo senso simile nelle sue differenti formulazioni: nei vari ambiti, non escluso quello della medicina, l’utopia della “ragione moderna” ha influenzato scelte e comportamenti, con conseguenze contraddittorie e a volte drammatiche. b) La notte delle ideologie e il disincanto del “post-moderno” Se la ragione illuministica ambiva a spiegare tutto, il post-moderno abbandona le ambizioni utopiche della “ragione”, offrendosi piuttosto come il tempo che sta al di là della totalità lu11
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minosa dell’idea, tempo post-ideologico o del lungo addio, tempo di abbandono della violenza totalizzante dell’idea e di declino delle sue presunzioni. Se per la ragione adulta tutto aveva senso, per il pensiero debole della condizione post-moderna nulla sembra avere più senso: è tempo di naufragio e di caduta. La crisi del senso diventa la caratteristica peculiare dell’inquietudine post-moderna: come osserva Martin Heidegger, questa «notte del mondo» è tale non a causa della mancanza di Dio, ma a motivo del fatto che gli uomini non soffrono più di questa mancanza. La malattia mortale è l’indifferenza, la perdita del gusto a cercare le ragioni ultime per cui valga la pena di vivere e di morire, la mancanza di speranza e di «passione per la verità». La salute e la pace degli uomini stanno a cuore a chi si sente «gendarme del mondo» solo come riflesso del proprio dominio e condizione del trionfo dei propri interessi. La stessa concezione della medicina elaborata in questo clima è spesso influenzata dalla ricerca dell’immediatamente fruibile, calcolabile col solo interesse del successo immediato. È il trionfo della maschera a scapito della verità: è il nichilismo della rinuncia ad amare, dove gli uomini sfuggono al dolore 12
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dell’evidenza del nulla, fabbricandosi paraventi dietro cui celare la tragicità del vuoto. Questo compiersi della parabola della modernità, che dall’ebbrezza delle passioni ideologiche giunge alla caduta di ogni valore, è l’orizzonte del nostro attuale agire e pensare da cristiani, specie nel mondo occidentale: la “cultura forte”, espressione dell’ideologia, si è frantumata nei tanti rivoli delle “culture deboli”, in una folla di solitudini, in cui è rilevante soprattutto la mancanza di orizzonti comuni, la penuria di speranze “in grande”. Ognuno sembra piegato sul corto orizzonte del suo interesse particolare. Dove muoiono le grandi speranze, trionfa il calcolo di bassa lega: alle ragioni del vivere e del vivere insieme, si sostituisce la rivendicazione dell’immediatamente utile e conveniente, la protesta fondata sull’interesse dall’ottica breve, spesso ottusa e velleitaria. La fine delle ideologie appare così veramente come la pallida avanguardia dell’avvento dell’idolo, che è il relativismo totale di chi non ha più alcuna fiducia nella forza della verità. La cultura post-ideologica si presenta dappertutto povera di speranza e di grandi ragioni: dove manca la passione per la verità, tutto è possibi13
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le, e perfino i beni supremi della salute e della pace sono manipolati per essere coniugati con calcoli volgari. c) Oltre l’utopia e il disincanto, la centralità della persona umana Lo scenario del tempo che dall’ebbrezza delle visioni ideologiche porta all’indifferenza propria del nichilismo post-moderno non esclude segnali di luce e di speranza. C’è nonostante tutto una «nostalgia di perfetta e consumata giustizia» (Max Horkheimer), che si lascia riconoscere nelle inquietudini del presente; è come una ricerca del senso perduto. Non si tratta d’«une recherche du temps perdu», di un’operazione della nostalgia, ma di uno sforzo per ritrovare il senso al di là del naufragio, per riconoscere un orizzonte ultimo su cui misurare il cammino di ciò che è penultimo. La metafora del «naufragio con spettatore», scelta da Hans Blumenberg3 per designare il moderno e i suoi esiti, mostra al tempo stesso come tutti i protagonisti dell’attuale complessità siano figli del moder3
Hans Blumenberg, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dell’esistenza, Il Mulino, Bologna 1985.
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no, naufraghi e spettatori del naufragio al tempo stesso, e – proprio perciò – come in essi ci sia insieme con la deriva una resistenza ad essa. L’espressione più alta di questa ricerca del senso perduto sembra profilarsi nella riscoperta della centralità della persona umana. Il prossimo, col solo fatto d’esistere, è ragione del vivere e del vivere insieme, perché è una sfida a uscire da sé, a vivere l’esodo senza ritorno dell’impegno per gli altri, dell’amore. Accanto alla «felicità di consumazione» del decadente, che vuol solo raggiungere lo scopo e consumarlo in un vuoto sempre maggiore di senso, si scopre una sorta di «felicità di produzione», di chi capisce che le ragioni del vivere sono anzitutto nel rendere gli altri felici, e che perciò si ha un motivo vero per vivere quando si ha qualcuno da amare. Il consenso che va maturando in molti riguardo al rifiuto della guerra e alla ricerca di una pace che passi attraverso la giustizia e il perdono, il nuovo interesse al prossimo più debole, la crescente coscienza delle esigenze della solidarietà, anche a livello di mondialità, la sensibilità per il servizio missionario, il fascino che l’esercizio della medicina inteso come vocazione e servizio esercita su molti giovani possono 15
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profilarsi come altrettante espressioni di questa ricerca del senso perduto. Essa è spesso congiunta a una ritrovata coscienza della «nostalgia del Totalmente Altro» (Max Horkheimer), presente nel cuore umano. Si risveglia in molti un bisogno, che genericamente potrebbe definirsi religioso, di fondazione, di senso, di ultimi orizzonti, di un’ultima patria che non sia quella seducente, manipolante e violenta dell’ideologia. Si riscopre l’urgenza di misurarsi con le esigenze dell’Assoluto, anche quando il volto del Dio trascendente appare nel segno conturbante del Suo silenzio. È, inoltre, possibile rilevare un’esigenza diffusa di un nuovo consenso intorno alle evidenze etiche; essa nasce dal bisogno di definire con chiarezza le cose come sono e di fare il bene, non per il risultato che se ne può trarre, ma per la forza del bene in se stesso. Si profila il desiderio di ritrovare la passione per la verità, l’amore per ciò per cui valga veramente la pena di vivere, al di là di ogni calcolo o di ogni progetto misurato soltanto sull’orizzonte penultimo o puramente egoistico. Specialmente in campo medico, questo rinnovato bisogno si esprime nella nuova rilevanza attribuita alle questioni etiche: la nascita 16
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e l’imporsi della “bioetica” appaiono in tal senso come un segno rilevante, al di là dello stesso conflitto delle interpretazioni che in essa può profilarsi. Il soffio dello Spirito si lascia percepire in questo tempo di penuria come inquietudine, risveglio e coinvolgimento per gli altri, per l’Altro, che offrano ragioni di vita e di speranza e suscitino autentici costruttori di pace. Lo aveva intuito già il Concilio Vaticano II, quando aveva affermato che «legittimamente si può pensare che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che saranno capaci di trasmettere alle generazioni future ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et Spes, 31). Anche in ambito medico questa diagnosi risulta fondata.
2. Cristo medico: medicina e salute nella Sua luce a) L’esodo di Gesù dal Padre: il Medico celeste e il dono di sé fino alla fine Che cosa chiede il Vangelo di Gesù, Medico celeste e principe della pace, a chi vuole essere Suo discepolo nell’esercizio della professione medica? In primo luogo, il Signore Gesù si offre come la Parola uscita dal Silenzio: grazie all’esodo 17
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da Dio Padre per amore nostro, il Medico celeste viene a guarirci con la medicina dell’amore divino, espressa anzitutto nell’eloquenza dei gesti della carità. Come il buon Samaritano, Gesù cura le nostre ferite e ci porta nella casa della salvezza, la comunità della Chiesa. Al tempo stesso, il Medico celeste ci fa vigilanti verso ogni presunzione di salvezza affidata alle sole forze umane. Si accoglie la guarigione che viene da Lui ascoltando la Sua Parola con cuore credente, silenzioso e raccolto: «Il Padre pronunciò una Parola, che fu suo Figlio, e sempre la ripete in un eterno silenzio; perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall’anima»4.
Si accoglie Cristo e si diventa costruttori di pace e servitori della salute lasciandosi rigenerare di continuo nel silenzio dell’ascolto e nella preghiera d’intercessione. Al discepolo Gesù chiede uno stile di vita contemplativo, fatto di presenza operosa e umile, tale da suscitare 4
Giovanni della Croce, Sentenze. Spunti di amore, n. 21, in Opere, Edizioni Carmelitane, Roma 19672, 1095.
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