«Paolo si presenta come servitore del Vangelo, nel cuore delle fatiche quotidiane. E lo sentiamo quindi molto vicino a noi»
PAOLO
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Medita zioni bibliche
CARLO MARIA MARTINI
CARLO MARIA MARTINI Paolo Nel vivo del ministero
Carlo Maria MARTINI
Carlo Maria Martini (15 febbraio 1927 - 31 agosto 2012), gesuita e biblista, è stato arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. Unanimemente considerato voce tra le più ascoltate e seguite da cattolici e laici, nel 2002, dimessosi da ogni incarico, decide di ritirarsi a Gerusalemme per riprendere gli amati studi biblici, ma anche dall’antica capitale delle religioni ha fatto sentire con forza la sua voce. Ritornato in Italia per ragioni di salute, anche nella malattia non rinunciò mai a scuotere le coscienze con lucidità e intelligenza. Alla sua morte oltre 150mila persone gli hanno reso omaggio alla camera ardente allestita nel Duomo di Milano. Tra le sue pubblicazioni presso Edizioni San Paolo: Chi sei Gesù? (2011); Chi è Gesù (2012); Famiglie in esilio (2012); Incontro al Signore risorto (2012); Lo Spirito Santo ti guiderà (2012); Credo la vita eterna (2012); Vi porto nel cuore (2012); Atti degli Apostoli (201213); Cercate Gesù e siate contenti di essere cristiani (2013); Verso la luce. Riflessioni sul Natale (2013); Discepoli del Risorto (2014); Essere nelle cose del Padre (2014); Chiamò quelli che egli volle. Bibbia e vocazione (2015).
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vendo come testo biblico di riferimento la Seconda lettera ai Corinzi, in questo volume il Cardinal Martini si sofferma sull’apostolo Paolo. Si tratta di una serie di riflessioni che conducono il lettore a tu per tu con l’Apostolo impegnato nel vivo del suo ministero: «Paolo si trova, potremmo dire, nello zoccolo duro del suo apostolato; dopo più di vent’anni di ministero, nei quali è passato per tante prove, per tutte le delusioni e le difficoltà, si esprime proprio come un servitore del Vangelo nel cuore delle fatiche quotidiane». Nell’approfondimento del testo biblico, Martini fa emergere la forza dirompente della Parola, che ricorda come dalla sofferenza si sprigioni anche la consolazione per il servitore del Vangelo che sa entrare nelle prove. Alla luce di questa lettera di Paolo, il Cardinal Martini non fa altro che tratteggiare la vita concreta di un pastore di oggi, che serve il Vangelo nella comunità cristiana aiutandola a crescere nella fede.
In copertina: Conversione di San Paolo (part.), 1600-1601 Caravaggio (Michelangelo Merisi) Roma, Santa Maria del Popolo - Cappella Cerasi © Mondadori Portfolio - foto Mauro Magliani In quarta: © Periodici San Paolo srl - foto Albino Scalcione
€ 15,00
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Progetto grafico: Angelo Zenzalari
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CARLO MARIA MARTINI
PAOLO Nel vivo del ministero
Questo volume è stato pubblicato per la prima volta dall’Editrice Àncora, Milano 1989.
© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 2016 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-215-9774-9
INVITO ALLA LETTURA
La raccolta di testi che presentiamo non ha avuto una redazione unitaria, ma è comunque molto omogenea nello stile e nei contenuti. Le riflessioni, già confluite in un volumetto edito da Àncora nel 1989, convergono sulla Seconda lettera ai Corinzi e sono state offerte dal cardinal Martini al clero giovane dell’arcidiocesi di Milano in occasione degli incontri organizzati alla fine degli anni Ottanta dall’ISMI (l’Istituto Sacerdotale Maria Immacolata). Al centro campeggia la figura di Paolo nel vivo del suo ministero, nello «zoccolo duro del suo apostolato». L’Apostolo di cui parla l’arcivescovo «non sogna, non si fa illusioni», essendo passato «per tante prove, per tutte le delusioni e le difficoltà». Paolo non perde la fiducia nel carisma legato al suo ministero: «A partire da questo dono dello Spirito, egli giudica tutto il resto, e il suo carisma diventa, nelle prove, ancora più luminoso e 5
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autentico». Le circostanze oscure che si trova a vivere non gli impediscono di amare irrevocabilmente la sua comunità, di accettare sofferenze e consolazioni, consolazioni che nascono dalle sofferenze e che egli non ricusa mai come se fossero collaterali “incidenti di percorso”. Non accade forse anche a noi di privarci «della forza che ci deriva dall’entrare nelle sofferenze di Cristo proprio perché, di fronte a esse, tratteniamo il fiato, chiudiamo gli occhi, andiamo avanti lo stesso, senza guardarle in faccia in particolare nella preghiera, nel colloquio con Cristo»? Così – insegna il cardinale – «non le interiorizziamo e le prove rimangono come corpi estranei, non vengono integrate nel nostro cammino e non possono perciò essere trasformate in consolazione», né per noi né per gli altri. Quella che Paolo riceve è una consolazione apostolica: è destinata a farsi dono, diventando occasione per crescere e far crescere, anche in mezzo alle mille incomprensioni e difficoltà di cui è disseminato il ministero. Il suo campo operativo è il servizio alla nuova Alleanza. «Non è forse vero che spesso siamo schiavi di modi di agire che indicano la prevalenza del ministero della lettera?», si chiede Martini, aggiungendo: «Noi ci sentiamo abbastanza lontani dall’essere davvero ministri della gloria di Dio, e però vi tendiamo proprio 6
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perché questa gloria di Dio si manifesti anzitutto in noi. È un ministero sul quale dobbiamo continuamente regolarci, ricalibrarci». Il suo metro è il perdono, quel ministero della riconciliazione che non inerisce solo alla confessione dei peccati, ma inquadra tutta la vita dell’apostolo. È un ministero di misericordia e di pace, di incoraggiamento e di ricostituzione di personalità infrante e fragili. Piccoli e grandi atteggiamenti lo sussidiano: il valorizzarsi a vicenda, lo sviluppo di uno stile comunicativo più efficace, un’intensa vita di preghiera. A quest’ultimo ambito il cardinale dedica pagine molto concrete, primariamente rivolte ai sacerdoti, ma facilmente applicabili alla vita di ogni cristiano. Dinanzi alle sfide e alle frammentarietà della vita di ogni giorno, Martini elenca alcune risorse a disposizione dei ministri. Nel difficile equilibrio richiesto dal servizio alla Chiesa, nelle mille contrarietà che deve fronteggiare ogni pastore, il segreto, ieri come oggi, è quello già suggerito da Paolo, sull’esempio del suo stesso ministero: imparare a non riporre fiducia in sé stessi, ma nel Dio che «ci ha liberato e ci libererà, per la speranza che abbiamo riposto in lui». Giuseppe Mazza 7
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Nei giorni 10-11 gennaio 1989, l’occasione di un ritiro spirituale nella casa di Triuggio con tutti i preti del primo quinquennio di ordinazione suggerisce, all’Arcivescovo l’opportunità di avviare una lectio di alcune pagine della Seconda lettera ai Corinzi. La meditazione che segue e quella immediatamente successiva ne costituiscono l’inizio.
«Donaci, Signore, di iniziare quest’anno davanti a te, di comprendere il tuo disegno su di noi per quest’anno. Donaci la visione ampia di ciò a cui tu ci chiami, affinché possiamo comprendere i singoli eventi contingenti della nostra giornata nel quadro globale del tuo mistero di amore per l’umanità. Donaci, o Padre, di comprendere Cristo, centro del cammino umano e centro della nostra esistenza e del nostro impegno pastorale». 9
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Nel cuore delle fatiche quotidiane Come testo di meditazione per il nostro ritiro si è pensato alla Seconda lettera di Paolo ai Corinzi. Su di essa ho riflettuto a partire da molti anni fa e la amo molto perché ci presenta Paolo nel vivo del suo ministero. L’Apostolo non sogna, non si fa illusioni come, invece, talora avviene a noi, per esempio negli anni del seminario quando istintivamente ci creiamo immagini del ministero futuro. In questo testo Paolo si trova, potremmo dire, nello zoccolo duro del suo apostolato; dopo più di vent’anni di ministero, nei quali è passato per tante prove, per tutte le delusioni e le difficoltà, si esprime proprio come un servitore del Vangelo, nel cuore delle fatiche quotidiane. E lo sentiamo quindi molto vicino a noi. Mentre scrive la lettera, Paolo vive fondamentalmente tre prove generali. La prima è sentirsi ormai respinto dalla maggioranza dei suoi fratelli ebrei. Egli pensava che la prima intenzione di Gesù fosse di affidargli la missione di parlare ai suoi fratelli, come d’altra parte aveva fatto quando andava di città in città visitando le sinagoghe. Si era illuso che, malgrado inevitabili difficoltà, gli 10
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ebrei avrebbero capito, ma tale illusione è tramontata, quella missione è fallita. Nella lettera ai Romani, datata intorno a questo tempo, si comprende che nell’Apostolo c’è ancora un po’ di speranza, ma si sta tuttavia rassegnando al fatto che è avvenuta una frattura e ne soffre enormemente. Nel nostro testo è facile intuire che questa è stata una prima grande delusione del suo ministero: coloro ai quali la Parola era anzitutto diretta, non rispondono. Alla sofferenza di Paolo si aggiungono le domande: Ma perché Dio l’ha permesso? Perché le cose vanno così? Perché la parola di Paolo non è accolta da quelli a cui era stata direttamente e primariamente proposta? Questa prova mi fa venire in mente l’angoscia che esprimeva il cardinale Montini di fronte alla distanza della classe operaia, alla frattura – egli diceva – creatasi tra la Chiesa e il mondo di persone semplici, umili (gli operai appunto) che pure avrebbe dovuto essere il primo destinatario del Vangelo. La seconda prova è costituita dai contrasti interni delle comunità. L’Apostolo sognava delle comunità unite, concordi, fraterne, piene di entusiasmo e anche unanimi. Invece, l’esperienza amara – già espressa nella Prima lettera ai Corinzi ma che raggiunge il culmine 11
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qui – è di avere davanti comunità in cui ci sono molte gravi divisioni. Non soltanto interne, bensì rispetto a lui: malintesi, forme di diffidenza nei suoi riguardi. Anzi, la Seconda lettera ai Corinzi è scritta proprio per chiarire i malintesi, le diffidenze, i pregiudizi sorti nella comunità nei suoi confronti. Un terzo tipo di prove sono quelle interiori, alle quali Paolo accenna in maniera discreta e però, talora, in maniera palese. È difficile capire cosa siano queste sofferenze. Tenendo presente il temperamento di Paolo, possiamo pensare ad alti e bassi emotivi, quindi a momenti di entusiasmo che si alternavano a momenti di depressione, di stanchezza, di noia del ministero, di fatica. Per queste tre prove che vive l’Apostolo, noi sentiamo la Seconda lettera ai Corinzi molto vicina a noi e ci è utile riflettervi in una pausa del nostro ministero. Ministero vostro e ministero mio, dal momento che ciascuno vive, al proprio livello, diverse prove ed è importante trovare insieme l’atteggiamento giusto per viverle. Dire che Paolo è nel vivo del ministero, significa non solo nel vivo dell’attività ma anche nel vivo delle sofferenze. Pensando al nostro incontro, ho riascoltato la lettera 12
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e ho lasciato emergere alcune cose che vi esporrò in due momenti di lectio. Vi suggerisco di leggere, nei momenti liberi, tutta questa lettera, di seguito, per cogliere la violenza dei sentimenti che si agitano in Paolo.
Risonanze della Seconda lettera ai Corinzi Sono soprattutto tre le percezioni rinate in me nel riascolto globale della lettera. 1. Anzitutto mi ha colpito la fortissima fiducia nel proprio carisma, che Paolo esprime in tutti i toni. In contrasto quindi con le situazioni difficili a cui abbiamo accennato, ciò che emerge è la coscienza di un uomo assolutamente certo che tutto intorno a lui può sgretolarsi, ma non tale carisma. Anche là dove esprime nella maniera più cruda le sofferenze che sta vivendo, emerge con forza l’assoluta certezza nel carisma che gli è stato dato, nella sua vocazione, nella sua missione intesa come dono dello Spirito santo. A partire da questo dono dello Spirito, egli giudica tutto il resto, e il suo carisma diventa, nelle prove, ancora più luminoso e autentico. 13
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È un dato veramente impressionante e molto bello; è qualcosa di divino, perché l’abbattersi delle prove su di lui avrebbe, in realtà, potuto determinare un affievolimento, un senso di timore. Avrebbe cioè potuto far nascere i seguenti interrogativi: Ma è proprio questo il mio carisma? È così forte? Debbo crederci fino in fondo? E la fiducia del carisma, espressa da Paolo, dà forza anche a noi. Io posso dire che più volte sono stato riportato alla chiarezza del mio carisma di prete e di Vescovo dal confronto con le parole di questa lettera. Tutto può venire meno, ma non la certezza nel carisma, come scrive pure nella lettera ai Romani: «Chi ci separerà dalla carità di Cristo?» (Rm 8,25). Possono accadere disgrazie, interne ed esterne, possono venire meno tante cose, e tuttavia nulla potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore, il quale mi ha scelto e chiamato. 2. Questa fortissima fiducia nel proprio carisma è vissuta in circostanze modeste, oscure, penosissime. Anche se non mancano singole situazioni che confortano l’Apostolo, però l’insieme delle circostanze è modesto. Si tratta di un apostolato che tocca, di fatto, poche persone; Paolo sperava che toccasse una massa (almeno 14
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il popolo giudaico) e invece tocca piccole comunità che non fanno opinione pubblica. E queste circostanze modeste, oscure, penose, offrono molte amarezze quotidiane: per la meschinità delle persone, per l’incostanza, per il tradimento di amici, per i sotterfugi da cui Paolo si vede circondato, per la fatica a discernere tra i veri e i falsi apostoli, in un guazzabuglio di dottrine e di proposte. Tali circostanze, che normalmente avrebbero causato confusione d’animo, tristezza, senso di smarrimento, fanno da contrasto con la fortissima fiducia nel proprio carisma: tutto può cadere, non però questa certezza. 3. Infine risalta, da parecchie pagine della lettera, che tutto questo è vissuto con amore irriducibile, invincibile per la sua comunità. Si vede che gente un po’ meschina e un po’ ostile a Paolo è continuamente fatta oggetto di un amore tenerissimo, costruttivo. La comunità ha cercato di emarginarlo, di infangarlo nella sua coscienza di sincerità, ed egli lotta per presentarsi come padre amorevole, per nulla sdegnato o amareggiato. Anzi, a partire da tutto questo, si ripresenta con autorità, quasi con violenza affettiva alla sua comunità. 15