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EMANUELE FANT
L’INVADENTE Fratel Ettore, la virtù degli estremi
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© 2016 EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) © 2016 PERIODICI SAN PAOLO s.r.l. Via Giotto, 36 - 20145 Milano www.famigliacristiana.it Allegato a Famiglia Cristiana di questa settimana Direttore responsabile: Antonio Sciortino Settimanale registrato presso il Tribunale di Alba il 7/9/1949 n. 5 P.I. SPA - S.A.P. - D.L. 353/2003 L. 27/02/04 N. 46 - a.1 c.1 DCB/CN Progetto grafico e realizzazione editoriale: studio pym / Milano Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume potrà essere pubblicata, riprodotta, archiviata su supporto elettronico, né trasmessa con alcuna forma o alcun mezzo meccanico o elettronico, né fotocopiata o registrata, o in altro modo divulgata, senza il permesso scritto della casa editrice. ISBN 978-88-215-98395
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Tra i documenti personali del servo di Dio fratel Ettore Boschini ho trovato un vecchio articolo di cronaca nera. Tutto lo spazio disponibile nei margini era stato usato per appuntare a penna riflessioni dolorose e illuminanti. Quell’episodio, che nessuno ricorda, ha costituito un tragico punto interrogativo nella vicenda del camilliano, oltre a un’occasione per spingere all’estremo la sua indagine umana e spirituale. Nel mio racconto mi autorizzo a immaginare il prima e il dopo, prendendo qualcosa dal vero.
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CON ELIDA
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– È qui che intervista, Mike Bongiorno?, – urla al custode, come se tenesse un campionario di presentatori nel suo gabbiottino. – Questi sono gli studi Fininvest di Milano, padre. – Non sono padre, sono fratello camilliano. Tu conosci san Camillo? Non conosci san Camillo? Allora prendi questo libricino. Anzi, prendine una decina. Avrai una famiglia? Meglio uno scatolone. Li distribuisci a chi passa di qui. Tre scatoloni. Te li devo infilare uno per volta sotto il vetro, o mi dici da dove entrare? – Qua dietro, – risponde il custode che è convinto di sognare, aprendo poco una porticina. – Ne abbiamo appena stampati settemila. Servono più a te che a me. Chissà quante persone. 8
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Non ti preoccupare, la tipografia mi vuole bene, più ne chiedo e meno me li fanno pagare. A un cenno del frate, si attiva un sessantenne con la camicia gialla senza il ricordo di una stiratura. Si chiama Alberto, ha smesso di bere. Fa la spola tra il bagagliaio e il prefabbricato, con la fronte bassa di chi svolge una mansione concordata e necessaria. Compone una architettura di contenitori di opuscoli sulla Grande Famiglia Camilliana, tra lo sgabello e i piccoli televisori delle telecamere a circuito chiuso. La vecchia auto, di fuori, compatta la carrozzeria con poster di volti santi che oscurano i finestrini, motti edificanti composti con lettere adesive e due croci rosse sulle portiere. Sul tetto, una madonnina fissata con dei bulloni al portapacchi. Come decorazione, dei gerani e una colomba viva che dorme serena, ma in gabbia. Il custode si versa un caffè dal termos, per cercare di capire. Prima che il bicchiere di carta colpisca i predecessori in fondo al cestino, la chiesa con il motore sta già facendo manovra nel parcheggio riservato ai lavoratori. – Padre, fermo! Lì non si può entrare! 9
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Nel corridoio senza luce naturale i neon raffreddano i tratti di strane creature: le finte hostess in costume due pezzi che non sopravvivrebbero all’aria condizionata di un vero aereo, i truccatori con la relativa manina, un pupazzo rosa con la testa di pelo sotto il braccio (e sul capo vero la bocca di un mimo che riprende fiato), il presentatore arrabbiato che contrasta con l’allegria del suo frac di lustrini, sei barboncini che si stanno accordando per sbranare chi ha scelto la loro pettinatura. Il frate con la tonaca nera, la solenne fasciatura all’altezza degli addominali, una croce scarlatta più estesa del petto, non fa quasi nessun effetto in mezzo a quella popolazione. Nemmeno i suoi capelli quasi bianchi, acconciati con la dinamite delle preoccupazioni. Nemmeno il fatto che tenga in braccio con disinvoltura una statua della Madonna in scala uno a uno. – No. Quella, in studio, non ce la può portare. – Se la Mamma non entra, non entra neanche fratel Ettore, – dice ottenendo più attenzione per l’uso della terza persona. L’autore fissa il frate e ancora una volta la ripro10
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duzione della Vergine, che insiste col suo sorriso proveniente da un’altra dimensione. – Mi creda, non serve a niente ostentare. Mandiamo un servizio che mostra quello che lei fa in Stazione Centrale, quando va a prendere i suoi barboni vicino i binari, gli dà il minestrone e tutto il resto. Sono anime in ciabatte, i nostri telespettatori, la stanno ad ascoltare dal divano: calcare la mano è controproducente. Le buone azioni sono un linguaggio universale, se ci mette in mezzo la religione finisce per spaventarsi qualcuno. Non è quello che vogliamo, è vero? Fa una pausa per pensarci. – Certo, che si devono spaventare! L’autore scuote la cartellina, come se l’errata comprensione fosse uno sbuffo di fumo che va indirizzato nei bocchettoni dell’aria. – La dia a me, la Madonna. – Prima diciamo una preghiera. – Se non si decide salta tutto. Niente intervista. Niente colletta per la caldaia. Lo faccia per il freddo che hanno i suoi barboni. – Non si dice, barboni. 11
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– Lo annoto. Come preferisce che li definiamo? Clochard va bene? – Io dico amici. Tu di’ come ti pare. Se non entra la Mamma, non entro io. Maria, madre mia, madre sua e madre vostra. Madre pure di Mike Bongiorno, pure di quei ballerini che continuano a sghignazzare. – Lei forse è in grado di farlo ragionare? L’autore si rivolge ad Alberto. Lui non può credere che qualcuno lo consideri all’altezza di una sfida con la testa santa più dura di Milano. Se così stanno le cose, deve aver davvero abbandonato in tempo record l’aspetto di disperato buttato sulla panchina, e probabilmente il motivo ha a che fare con la camicia gialla. Forte del nuovo statuto, fa dei pensieri positivi sulla sua vita futura, in cui è un cittadino per bene in grado di convincere gli altri delle sue ragioni. In questo lungo tempo silenzioso, denso di immaginazione ma privo di una risposta effettiva, l’autore si rende conto che nemmeno l’accompagnatore è del tutto normale, e si allontana percuotendosi il fianco con la rigida scaletta della trasmissione. 12
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