"Preti. Tutti i colori del Clero (e non c'è il grigio...)" di Diego Goso

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Diego Goso

PRETI Tutti i colori del Clero (e non c’è il grigio…)

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Š EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2015 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-215-9491-5

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INTRODUZIONE ERAVAMO QUATTRO PRETI AL BAR… PIÙ UNO

Una mattina di marzo a Roma. Piazza San Pietro a lato, io seduto in un bar a gustarmi una colazione all’americana abbondante. Una linea nera si avvicina da destra. Sembra un esercito in marcia. Sono quattro preti, giovani studenti di qualche collegio. Risultano tutti vestiti uguali, che l’abito non fa il monaco, ma il buon monaco l’abito lo porta. Quello che mi inquieta invece è il modo di usare le mani quando parlano e di coprirsi la bocca quando ridono: è identico! Oltre a molti altri atteggiamenti che in quella colazione osservo. Sento pezzi di discorsi: «il rituale dice…», «il numero giusto di inchini da fare…», «quelle nomine ecclesiastiche recenti…», «i conti bancari migliori sono…», «prova quel negozio di sartoria ecclesiastica…!» Terminata la frugale colazione (sono uguali anche in quella), mi passano davanti puntando verso il Cupolone. È un’immagine di Chiesa che mi spaventa, eppure qualche formatore ci ha creduto. Ha creduto davvero che esistesse un modo unico di essere sacerdoti nel­la Chiesa, accendendo la fotocopiatrice e mandando dei ragazzi a vivere in una dimensione scollegata dalla vita.

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E ho pensato: voglio descrivere un altro “esercito” di preti. 50, almeno. Solo alcuni tra quelli che ho conosciuto nella mia vita e che hanno seminato in me il desiderio di rispondere alla vocazione del Signore. A differenza dei precedenti, questi vantano in ogni modo la loro diversità, ognuno con una vera personalità, uomini maturi che sono una benedizione per le loro comunità. Figli del proprio tempo, con sensibilità diverse, che crea­ no un arcobaleno di speranza e fedeltà alle promesse sacerdotali. Non un esercito di funzionari del sacro, ma una fraternità di pastori del gregge. Ciascuno di loro ha saputo caratterizzare un tratto del mistero del sacerdozio. Ciascuno di loro è una scintilla dell’infinita ricchezza di colore e fantasia che può essere il ministero a servizio del Regno di Dio. Ciascuno di loro è un raggio di sole dell’Eterno Sacerdote, un Sole che nessuno di noi può pretendere di ingabbiare nei propri schemi e modi di vita. Ciascuno di loro è un rifiuto netto al carrierismo e all’uniformità sterile nella vita della Chiesa. Preti: tutti diversi e unici, ma tutti di Cristo.

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5 LO STIPENDIO DEL VESCOVO MANOVALE

Un decimo del suo curriculum fa già morire di invidia ogni prete carrierista. Lui, la vita della Chiesa l’ha vissuta davvero in prima linea, al servizio di due Papi, capace di inventarsi cose che tutti conosciamo e che attribuiamo all’acume dei Pontefici, mentre dietro ci sono spesso il suo suggerimento e i suoi consigli. Il suo nome è, per questo, conosciuto, nonostante lui sia abile nell’apparire solo quanto necessario. L’eccessiva luce lo fa anzi imbestialire, perché la pubblicità l’ha sempre cercata poco, come la fama e la carriera. Poi in realtà sono arrivate tutte e tre. Da due si difende, la terza la accetta, per le cose che gli permette di fare per il Regno di Dio. A tempo perso organizzava iniziative culturali che seguiva fin nel dettaglio (e mi sono chiesto più volte come facesse, perché la sua agenda è la cosa più complicata che mi sia capitato di vedere); ricercato per il suo senso estetico, per la sua capacità organizzativa, in aiuto a qualche confratello vescovo con poco senso pratico. Un difetto ce l’ha: spende troppo. È convinto che la Chiesa non debba avere i forzieri pieni e che, se ci sono dei fondi, questi vadano usati. È stato ripreso “in alto”

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per tale motivo. Soprattutto perché poi ci aggiungeva di suo, quando le risorse non bastavano. Di lui conservo un’immagine che è così semplice, da spiegare ogni altra cosa complessa della sua vita. Ospite di un Istituto Religioso Romano quando risiede a Roma, ogni volta che arriva il camion con la frutta e le altre derrate per l’albergo, lui si toglie talare, zucchetto e anello e si mette ad aiutare le anziane consorelle della cucina a scaricare la merce, che poi mette in ordine secondo le indicazioni delle due donne. Per questo servizio non richiesto esige come stipendio un panino al salame tagliato fresco apposta per lui, che manda giù con un bicchiere di vino dei Castelli. Poi si riveste, ringrazia, e parte per qualche Congregazione dove porta la sua consulenza. La suora più anziana, prima di farlo scappare via, controlla che qualche briciola di pane non gli sia rimasta appiccicata da qualche parte.

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16 POLIZIOTTO BUONO E PRETE “CATTIVO”

Il mio portapenne. Un minuto di silenzio, ricordandolo con affetto. Morto sul campo. Andavano allora di moda le scatole di cartone, che ciascuno di noi personalizzava come voleva: adesivi, colore, scomparti interni. E, dentro: pennarelli, penne, accessori vari. Che quando poi cercavi qualcosa, ti mettevi a scavare nello scomparto ed ecco… ecco il pennarello rosso che ti serviva! Ma metti una classe intera a scavare, ciascuno nella propria scatola, e il rumore risultante sembrerà quello di un aereo in decollo. Il don non lo sopportava. Insegnante di italiano temutissimo, perché non si dimenticava mai di un compito assegnato, ogni giorno li controllava ritirando i piccoli quaderni che tornavano corretti dopo 24 ore con la sua firma da far contrassegnare dai genitori. Entrava in classe e, se ti vedeva sussurrare con qualcuno, ti chiamava per nome e faceva il gesto dell’Imperatore romano nell’atto di condannare a morte i prigionieri. Solo che il suo “pollice verso” tornava su e giù due o tre volte: sapevamo cosa voleva dire. E ci alzavamo, mani sul banco, per iniziare i piegamenti finché lui non ripeteva il nostro cognome; solo allora si poteva tornare

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seduti. Ecco, lui non amava i portapenne a scatola di cartone né, soprattutto, il rumore che producevano. Quella mattina li fece mettere per terra tutti, nel corridoio in mezzo ai banchi; poi saltò sopra ognuno di essi a piedi uniti. Righelli, calcolatrici, altri oggetti di valore vennero ridotti a poltiglia e le scatole risultarono inutilizzabili. Da quel momento nessuno osò mai più riportare in classe alcun esemplare di quel portapenne incriminato, neppure sotto minaccia. Sul mio saltò due volte. Ero uno dei suoi “preferiti” già con le flessioni. Chiaro il personaggio? Ecco perché non ricordo uno che fosse più attento e affezionato al nostro apprendimento. Da lui ho imparato a impaginare un giornale (ne curava uno per la nostra classe, dove raccontava avventure e disavventure della scuola con fine umorismo). Da lui ho imparato come si fa il riassunto di un avvenimento; che esistono i due punti nella nostra grammatica; che il modo migliore per studiare la storia è attraverso le tavole sinottiche che si costruiscono per conto proprio. Mi ha insegnato tanto. Non mi ha mai fatto perdere tempo. Non ha cercato di essere mio amico, ha fatto di tutto per essere mio educatore. Ci ho solo rimesso un portapenne. Ma, diciamola tutta, era anche brutto.

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48 «OMNIA MUNDA MUNDIS»

Ancora un personaggio di Star Wars. A vederlo sembra Obi Wan Kenobi di Guerre stellari. Ha occhi penetranti, che non possono non colpirti e affascinarti. Per il resto è davvero la copia di Alec Guinness, solo che di “professione” fa il monaco e non il maestro Jedi. Ha fondato un monastero in un pezzo di paradiso. Mi condussero lì per la prima volta facendomi passare da un sentiero e senza dirmi dove andavamo. A un tratto si apre la vallata e io vedo quella costruzione in pietra che si erge solida e solenne al centro. Si sono uniti a lui altri innamorati del silenzio pieno di Dio che sa offrire ai pellegrini quel luogo in continua crescita, grazie al lavoro di mani che non impugnano spade laser, ma rosario per pregare e martello per riparare. Avevo bisogno di un giorno di “ricarica”. Credevo fosse un bisogno spirituale, invece era solo stanchezza. Avevo raggiunto il monastero con l’idea di ascoltare una bella meditazione, pregare agli orari impossibili, per me, dei monaci, mangiare in silenzio e con frugalità, e lasciare alla mia coscienza di essere rimessa in sesto dalla Grazia di Dio. Lui mi accoglie e mi confessa subito. Mi dà una bella stanzetta calda per la mia permanenza e un foglio con

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gli orari. Ha annunciato la mia presenza alla sua comunità, che è felice di avermi con sé. Decido di riposarmi un attimo, che il viaggio in macchina mi ha un poco stancato. Il risultato è che dormo tutto il giorno e mi sveglio all’ora di cena, che si tiene alquanto presto da quelle parti. Arrivo in refettorio con in faccia tutti i segni della super dormita. Mi mettono davanti le verdure d’ordinanza. Il mio stomaco si piega in due in segno di sciopero: la fatica che faccio con quelle rape deve essere evidente. Il mio amico si avvicina e mi trascina via. Andiamo nella saletta dove riceve le alte personalità ecclesiastiche: chiede al cuoco di farmi una bistecca con patate e mi apre una bottiglia di vino. Io vivo il tutto parlando il meno possibile, ma con il massimo imbarazzo: che pasticcione, che indecenza. «Senti», gli dico mentre finiamo la cena, io a base di manzo, lui con le sue verdure: «credo proprio di aver sbagliato tutto oggi… sono mortificato». Lui sorride: «Avevi bisogno di cibo e sonno, non di preghiera. Il Signore ti ha mandato nel posto migliore che esiste per godere di entrambi. Un bicchiere di vino alla sua saggezza». Non so come Manzoni immaginasse fra Cristoforo… ma credo che il mio amico sarebbe stato un bel modello. Altro che cavaliere Jedi.

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INDICE

Introduzione 11. Senza lancette 12. E per accoglienza… una pallonata in faccia 13. San Tommaso… «for dummies» 14. Il mio primo parroco 15. Lo stipendio del vescovo manovale 16. L’eleganza della preghiera 17. Affittò un treno, per portarci al mare 18. Diventar rosso. Per l’adorazione 19. Lui, Renzo e Lucia 10. Il ministero della penna 11. Prete a raggi X 12. Si parlava di ragazze 13. Il da Vinci della Chiesa 14. Carriera all’incontrario 15. Il mio Panoramix 16. Poliziotto buono e prete “cattivo” 17. L’incarnazione di Santa Pazienza 18. La nostra enciclopedia vivente 19. L’uomo nero delle mie estati 20. Basso, ma profondissimo 21. Citar chi citar sapeva 22. Obbedire, patire, sorridere 23. Il re della risata che proviene dal cuore

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24. Dal tramonto all’alba 25. Quando resta il cuore 26. La chitarra di Dio 27. Il buon gusto fatto prete 28. Il viceparroco 29. Vescovo (mancato) per uno spiffero 30. Quella pietra nascosta 31. Giramondo 32. Se è stato scritto, lui l’ha letto 33. Il mio parroco 34. «Vade retro Satana» 35. La croce del talento 36. Navigatore per le anime 37. Avere carattere. In due sensi 38. Un uomo vero. Punto 39. Rosso di sera. Ma anche al mattino 40. Il mio Gandalf (obeso) 41. Adesso qualcuno guarirà 42. Il silenzio degli innocenti 43. Quando la morte non è sorella 44. Per indirizzo… il confessionale 45. Da nemico ad amico 46. Colazione da prete 47. Il grande inquisitore 48. «Omnia munda mundis» 49. La voce degli angeli in terra 50. L’uomo di periferia Conclusione

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Stampa: Arti Grafiche Cuneo – Madonna dell’Olmo (Cn)

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