La prova della libertà (estratto)

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202. Ermes Ronchi - Marina Marcolini, Perché avete paura? La speranza dalle Scritture

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Q LA PROVA DELLA LIBERTÀ

201. Zygmunt Bauman, Lo spirito e il clic. La società contemporanea tra frenesia e bisogno di speranza

S. Petrosino

La Serie ripropone gli interventi più significativi del Festival Biblico mettendo a disposizione di tutti i lettori le riflessioni e i contributi degli autori più importanti invitati all’appuntamento annuale del Festival vicentino.

Nelle Sacre Scritture la libertà non viene originariamente riferita alla scelta dell’uomo tra il bene e il male, ma ha a che fare con la posizione della creatura, con l’esistenza stessa di “qualcosa” come creatura. “Libertà”, prima ancora di intrecciarsi con la “responsabilità” a cui è chiamata solo quella creatura particolare che è l’uomo, dunque prima ancora di essere una questione umana, è un sinonimo di “creatura”. All’interno della Bibbia dire “libertà” significa soprattutto dire “creazione”; di conseguenza per tentare di comprendere il senso biblico della prima è necessario tentare di comprendere il senso biblico della seconda.

€ 6,90

9 788821 579219

Silvano Petrosino

LA PROVA DELLA LIBERTÀ

SILVANO PETROSINO insegna Teorie della comunicazione e Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano e di Piacenza. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: La scena umana. Grazie a Derrida e Lévinas (Jaca Book 2010); Visione e desiderio. Sull’essenza dell’invidia (Jaca Book 20102); Abitare l’arte. Heidegger, la Bibbia, Rothko (Interlinea 2011); Soggettività e denaro. Logica di un inganno (Jaca Book 2012); Lo stupore (Interlinea 20122).


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Š EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2013 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino ISBN 978-88-215-7921-9

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Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero1.

Scopo di questo intervento è di evidenziare quelli che mi sembrano essere i due nuclei essenziali attorno ai quali le Sacre Scritture tessono il loro discorso sulla libertà. Come dovrebbe essere fin troppo evidente, tale discorso è molto più ampio e articolato di quello fissato in queste poche 1

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pagine, tuttavia spero di riuscire almeno a indicare la direzione verso la quale il testo biblico con insistenza si orienta.

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L’EDEN NON È L’ELDORADO

Bisogna innanzitutto riconoscere come all’interno della Bibbia la libertà non venga originariamente riferita alla scelta dell’uomo tra il bene e il male; prima di una simile eventualità, infatti, essa avrebbe sempre a che fare con la posizione della creatura, con l’esistenza stessa di “qualcosa” come creatura. “Libertà”, prima ancora di intrecciarsi con la “responsabilità” a cui è chiamata solo quella creatura particolare che è l’uomo, dunque prima ancora di essere una questione umana, sarebbe un sinonimo di “creatura”, sarebbe la parola per eccellenza che si impone in riferimento alla creazione in quanto tale. Nelle Sacre Scritture dire “libertà” significa soprattutto dire “creazione”; di conseguenza per tentare di comprendere il senso bi7

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blico della prima è necessario tentare di comprendere il senso biblico della seconda, e questa non è affatto un’impresa semplice. Bisogna dunque avere un po’ di pazienza, per riuscire almeno a imboccare l’unica strada che conduce al senso più profondo di una simile idea di libertà. In un magnifico passaggio di Totalità e Infinito il filosofo Emmanuel Lévinas scrive: L’Infinito si produce rinunciando all’invasione di una totalità in una contrazione che lascia un posto all’essere separato [...]. Un Infinito che non si chiude circolarmente su se stesso, che si ritira dalla dimensione ontologica per lasciare un posto a un essere separato, esiste divinamente [...]. I rapporti che si stabiliscono tra l’essere separato e l’Infinito riscattano ciò che costituiva una diminuzione nella contrazione creatrice dell’Infinito. L’uomo riscatta la creazione. La società con Dio non è un’aggiunta a Dio, né un venir meno dell’intervallo che separa Dio dalla creatura. In opposizione alla totalizzazione, l’abbiamo chiamata religione [...] l’idea di creazione ex nihilo esprime una molteplicità non unita in totalità. La creatura è un’esistenza che, certamente, dipende da un Altro ma non come una parte che se ne separa. La creazione ex nihilo rompe il sistema, pone un essere al di fuori di qualsiasi sistema, cioè là dove la sua libertà è possibile. La crea8

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zione lascia alla creatura una traccia di dipendenza, ma di una dipendenza senza simili: l’essere dipendente trae da questa dipendenza eccezionale, da questa relazione, la sua stessa indipendenza, la sua esteriorità al sistema. L’essenziale dell’esistenza creata non consiste nel carattere limitato del proprio essere e la struttura concreta della creatura non si deduce da questa finitudine. L’essenziale dell’esistenza creata consiste nella sua separazione nei confronti dell’Infinito. Questa separazione non è semplicemente negazione1.

Secondo questa concezione, nell’idea di creazione non si afferma solo un ritardo d’essere, un di meno d’essere o una negatività da parte della creatura, ma anche e al tempo stesso una positività, una novità assoluta, una sorta di sovrappiù interno a questo stesso ritardo; certo, la creatura, proprio in quanto creata, è definita da un ritardo e da una passività assoluti, essa viene da un passato an-archico che sfugge a ogni ricordo, la creatura non ha deciso di esistere ma si è trovata gettata nell’esistenza, tuttavia in tale ritardo essa è anche posta, resa autonoma, libera, di conseguenza è se stessa. Se dunque da una parte l’essenziale che l’idea di 1 E. Lévinas, Totalité et Infini, Niyhoff, La Haye 1961, trad. it. di A. Dell’Asta, Totalità e Infinito, Jaca Book, Milano 19902, pp. 105-106.

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creazione veicola sta nel rapporto di totale dipendenza ch’essa afferma, d’altra parte è necessario anche riconoscere in tale dipendenza una forma di relazione del tutto particolare: si tratta infatti di una dipendenza assoluta che pone al tempo stesso le condizioni di un’assoluta indipendenza. Scrive al riguardo A.D. Sertillanges: Due sono i caratteri essenziali dell’idea di creazione [...]. Poiché la creatura è fino in fondo dipendente, in quanto essere, e così sotto tutti i rapporti in cui essa partecipa all’essere, si dirà che la creatura è nulla per se stessa, benché non in se stessa [...]. D’altro canto, essendo la creazione relazione pura, e relazione unilaterale quanto alla realtà delle cose [...], questa condizione stabilisce la creatura nella sua più perfetta autonomia esistenziale e funzionale. Evidentemente non di fronte a Dio, o contro Dio, ma per la volontà di Dio stesso, visto che la creazione [...] lascia all’essere creato una sorta di priorità sulla sua propria creazione, come se spontaneamente esso si lanciasse, per attingervi, verso la Fonte divina, e si costituisse, in tal modo, in un certo senso, autore del proprio essere2.

2 A.D. Sertillanges, L’idée de création et ses retentissements en philosophie, Aubier-Montaigne, Paris 1945, p. 59.

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L’Eden non è l’Eldorado

La meraviglia e l’estrema sfida che l’idea di creazione annuncia – si tratta della sua stessa paradossalità, della sua più essenziale differenza rispetto, per esempio, alla relazione di causalità o di emanazione – consiste dunque proprio in questo: nel movimento passivo dell’essere fatti emerge la novità assoluta di ciò che è posto, emerge il sovrappiù della singola creatura. Pertanto rivolgere lo sguardo unicamente alla passività della creazione significherebbe mutilare la creazione stessa e non cogliere la novità rappresentata dalla creatura rispetto al Creatore, significherebbe ridurre la creazione a quel rapporto di causalità all’interno del quale il causato si qualifica sempre e solo come un semplice effetto di ciò che lo precede e in quanto tale lo determina. La creazione è quindi certamente dipendenza e passività, ma al suo livello più profondo essa è soprattutto separazione e non solo negazione e ritardo, è posizione di un altro da sé da parte del Creatore: non semplice negazione ma alterità. Dire “creazione” significa dire “separazione”, “discontinuità”, “alterità”, “differenza”, “molteplicità”. Che la genesi avvenga per creazione significa che fin dall’origine il carattere, la cifra o il regime che si impone è quello della differenza e dell’alterità. Tale regime sollecita a pensare alla 11

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creatura come a un “qualcosa” che non si risolve globalmente nel Creatore; essa, grazie a Dio, ha una dignità ricevuta ma al tempo stesso esclusiva; essa afferma e rende testimonianza al Creatore, dipende nel più profondo del suo essere dal Creatore, ma precisamente potendosene separare, essendo altra, assolutamente indipendente, grazie a Dio altra da Dio e unica. La creatura si separa dal Creatore, quest’ultimo crea la prima all’interno di un movimento di separazione – precisamente di liberazione – che non è affatto privazione o negazione, ma condizione di possibilità dell’alterità stessa; in tal senso non vi è nulla da recuperare, nessun vuoto da riempire, nessuna lontananza da colmare, nessuna nostalgia da superare: la separazione all’interno della quale la creatura emerge per ciò che è rappresenta una dinamica originaria e positiva, originariamente positiva, che non esige altra giustificazione oltre a quella che in se stessa essa già afferma. Come si diceva, senza alcun dubbio il ritardo e la passività non sono qui, nell’idea di creazione, insignificanti o relativi; ma ora si può comprendere in che senso il loro tenore non sia neppure semplicemente negativo, qualcosa come un difetto o una colpa che attende solo di essere recuperato, riassorbito, corretto o espiato. 12

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INDICE

1. L’Eden non è l’Eldorado

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2. Lavorare nel giardino

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3. La paura e i suoi effetti

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35

4. La cosa e il segno

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