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1.3 La normativa sul reato di violenza sessuale negli Stati europei
LA NORMATIVA SUL REATO DI VIOLENZA SESSUALE NEGLI STATI EUROPEI 1.3
La Convenzione di Istanbul, approvata nel 2011 dal Consiglio d’Europa, sottolinea (art.36) la necessità di una definizione giuridica di stupro basata sulla mancanza di consenso che imponga alle parti contraenti di criminalizzare qualsiasi atto non consensuale di natura sessuale.
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Ad oggi sono 34 gli Stati membri che hanno ratificato la Convenzione, ma solo Austria, Montenegro, Portogallo e Svezia hanno emendato i rispettivi codici penali per definire lo stupro come “mancanza di consenso”, mentre nei restanti Paesi sono ancora in corso discussioni sulle modalità di emendare la propria normativa al riguardo. In Germania ad esempio la nuova normativa prevede che venga considerato valido anche il dissenso a parole. Per molti osservatori però, questo elemento, pur costituendo un passo avanti rispetto al passato, è ancora molto carente perché non protegge le vittime che non possono esprimere adeguatamente il dissenso, come le donne sotto effetto di alcol e droga.
In un articolo pubblicato su “EU Observer”, la Segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić ha dichiarato: “Sono troppo pochi i nostri Stati membri che trattano questo reato con la dovuta serietà, poiché le definizioni giuridiche di stupro non sono basate sulla mancanza di consenso. Ciò pone sulle persone che hanno subìto uno stupro, prevalentemente donne, l’onere di dimostrare di essere vittime”. La Segretaria generale ha inoltre osservato che l’attività di monitoraggio da parte del ‘Gruppo di esperti sulla lotta contro la
violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica’ (GREVIO) ha riscontrato come
numerosi sistemi di giustizia penale in Europa mantengano definizioni di stupro basate sul-
la forza. Queste definizioni giuridiche spesso richiedono prove che l’autore del reato abbia fatto uso di coercizione o che la vittima non abbia opposto resistenza. Ciò è chiaramente sbagliato.
Il sesso senza consenso è stupro. Le leggi europee devono riflettere questo concetto.
La Convenzione di Istanbul è un importante primo strumento internazionale, ma alla ratifica devono seguire norme globali e giuridicamente vincolanti da parte di ogni Stato membro per prevenire la violenza di genere, proteggere le vittime e punire i responsabili.
Alcuni Stati hanno tuttavia indicato la strada da percorrere:
SVEZIA
Nel 2018 le norme svedesi sono state riscritte al fine di eliminare un precedente requisito per la definizione di stupro, secondo il quale doveva essere provato l’utilizzo della forza sulla vittima. La nuova legge criminalizza i rapporti o qualsiasi altro atto sessuale con una persona “che non vi partecipi volontariamente”. I casi in cui non vengono prese misure ragionevoli per stabilire che l’atto sessuale è stato compiuto nonostante la mancanza di consenso da parte della vittima, corrispondono ora a “responsabilità penale per negligenza”.
SVIZZERA
A gennaio 2019 la Corte suprema federale elvetica ha stabilito che togliere il preservativo senza permesso durante un rapporto fino ad allora consenziente costituisce una violenza sessuale. L’uomo che lo ha fatto è stato condannato a 12 mesi con la condizionale. Si tratta di una sentenza destinata a fare scuola: «Anche in questo caso dipende da una violazione del consenso — spiega Anna Lorenzetti*: si basa sul fatto che la donna aveva dato il suo assenso al sesso perché era protetto, ma non lo avrebbe fatto in caso contrario. E che quindi quell’atto è stato estorto sulla base di un presupposto non vero».
FRANCIA
La legge francese stabilisce che affinché l’espressione del consenso sia considerata valida non debbano essere state esercitate violenza, pressioni fisiche o psicologiche; che l’uomo (nella maggior parte dei casi) non abbia abusato della sua posizione di superiorità o minacciato rappresaglie in caso di rifiuto, e che la vittima non fosse incosciente o sotto effetto di alcol e droghe.
*Anna Lorenzetti, è ricercatrice di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Bergamo, Dipartimento di Giurisprudenza, dove insegna nel corso di ‘Analisi di genere e Diritto antidiscriminatorio’.