MARGARET MALLORY
Per ordine di Sua Maestà
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Knight of Pleasure Hachette Book Group © 2009 Peggy L. Brown Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici settembre 2012 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 842 del 15/09/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
\Prologo
Northumberland, Inghilterra 1409 «Chi di voi, prodi cavalieri della Tavola Rotonda, si batterà con me?» gridò Isobel. «Io! Scegliete me, Isobel, scegliete me!» Ignorando gli strilli dei ragazzi che le saltellavano attorno, lei si alzò in punta di piedi per cercare con lo sguardo il fratello. Dov'era Geoffrey? Quando lo scorse tra l'erba alta, si riabbassò con un sospiro. Il fratello minore stava contemplando il cielo con un sorriso beato, parlando tra sé. Isobel indicò quindi un bambino piuttosto gracile, ai margini del gruppo. «Tu sarai Galvano.» Gli altri sbuffarono mentre il fanciullo veniva avanti, trascinando la spada di legno. «Sir Galvano» lo salutò Isobel con un profondo inchino. «Sono il malvagio Cavaliere Nero che ha rapito la Regina Ginevra.» «Pe... perché non fate la Regina Gin... Gin...» balbettò lui con una smorfia. «Perché sono il Cavaliere Nero.» Avendo tredici anni, era la più grande e doveva stabilire le regole. Si voltò accigliata verso le mura del castello di Hume. Nel cortile i maschi della sua età si addestra5
vano con armi vere. Era ingiusto! Senza alcun motivo comprensibile, il padre le aveva vietato di mescolarsi ai ragazzi e di toccare la spada durante quel raduno. Isobel doveva stare tranquilla, attenta a non sporcarsi. Alzando la lama, sfidò Galvano. «Non volete combattere per la vostra regina?» Il bambino rimase immobile, gli occhi sbarrati dal terrore. Lei si chinò a bisbigliargli all'orecchio: «I cavalieri della Tavola Rotonda vincono sempre, lo giuro». Tentò in ogni modo di fare apparire abili le maldestre stoccate del piccolo avversario, ma, quando si accorse che era impossibile, prese a saltare qua e là con smorfie ridicole. Persino Galvano scoppiò a ridere mentre Isobel si abbatteva gemendo al suolo, stringendosi il petto come colpita al cuore. Restò ferma per qualche istante, sudata e senza fiato, ad ascoltare le acclamazioni dei ragazzi e a godersi il tepore del sole. Quando un'ombra le attraversò il volto, riaprì gli occhi e, con fastidio, riconobbe l'alta figura che la sovrastava. Bartholomew Graham non la lasciava mai in pace? Era un vero tormento! «Via di qui, idiota» lo insultò mostrandogli la lingua. Si sollevò sui gomiti e lo maledisse tra sé. Tutti i ragazzi grandi erano venuti a vedere. «Siete cresciuta dall'estate scorsa» commentò Bartholomew, puntando lo sguardo sul suo seno. «Voi purtroppo no.» La fanciulla allontanò con uno schiaffo la mano che le offriva e si alzò da sola. «Oppure avete smesso di barare al gioco e di fare il prepotente con i più giovani?» «Ho una spada vera, graziosa Isobel» replicò lui con una strizzatina d'occhio. «Se venite con me nel bosco, vi ci lascio giocare.» Gli altri ridacchiarono della stupida battuta. Grazie al cielo, lei non avrebbe sposato nessuno di loro. Di 6
certo, infatti, il padre le avrebbe proposto un giovane nobile e valoroso come Galahad. «Isobel!» Le risate si azzittirono quando la voce di suo padre echeggiò attraverso il prato. Isobel era la sua prediletta; guai a chi le mancava di riguardo! I ragazzi, piccoli e grandi, si allontanarono. Tutti tranne uno. Il fratello, infatti, si guardava attorno come appena destato da un sogno. «Vattene, Geoffrey!» sibilò lei. «Non metterti anche tu nei pasticci.» Salutò il padre agitando un braccio. Per fortuna il vecchio che camminava al suo fianco con la pesantezza di una mucca gravida era il castellano, Lord Hume. Il padre non si sarebbe permesso di perdere la pazienza davanti a lui. In ogni caso, Isobel lasciò cadere a terra la spada di legno. Quando i due la raggiunsero, rivolse a Lord Hume la sua migliore riverenza. Voleva fargli una buona impressione, poiché, a quanto affermava il padre, l'uomo li avrebbe aiutati a recuperare i loro terreni. «Mi dispiace tanto per il vostro lutto» affermò, contenta di essersi ricordata del recente decesso di sua moglie. Com'era anziano! Si faticava a guardarlo, con quella pelle cascante sotto il mento e quelle occhiaie gonfie che ricadevano sulle guance. Tuttavia doveva essere molto ricco, se poteva permettersi di cingere il ventre enorme con un cinturone adorno di gemme. «Vostra figlia è il ritratto della vostra leggiadra consorte» commentò Hume. «E ha uno spirito ardente che mantiene giovane un uomo.» Quante volte il padre l'aveva invece accusata di farlo invecchiare anzitempo? Isobel gli rivolse un'occhiata scherzosa, sperando di catturare il suo sguardo. «Sì, è una ragazza vivace» confermò il padre. 7
Il tono allegro le fece sperare di potersi risparmiare il rimprovero per avere giocato con i maschi. Mentre i due uomini discutevano di un certo avvenimento previsto per l'autunno, Isobel si annoiò e si distrasse. «Allora siamo d'accordo» concluse Lord Hume, congedandosi. «Parlatene subito con lei.» Prese la mano di Isobel senza lasciarle il tempo di nasconderla dietro la schiena e vi sbavò sopra. Lei trattenne a stento una smorfia di disgusto, ma, appena il nobiluomo le voltò le spalle, si pulì sulla gonna. Rimase accanto al padre, pronta a essere sgridata per la spada e l'abito sudicio. E quando Hume superò finalmente la porta del castello, si girò a guardarlo. Con grande stupore, lo vide saltellare da un piede all'altro in una sorta di buffa danza. «Che cosa succede, padre?» Lui la sollevò di peso e la fece ruotare, poi riprese a ballare. Era magnifico vederlo così felice! «Ditemi, ditemi!» lo incalzò ridendo Isobel. Il padre levò le braccia al cielo. «Che Dio mi perdoni per avere desiderato che tu fossi un maschio!» Le sorrise con occhi colmi di gioia, quasi avesse ricevuto in dono da lei la luna e le stelle. «Isobel, ragazza mia, ho ottime notizie!»
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Northumberland, Inghilterra Settembre 1417 Il duro pavimento di pietra della cappella gelava le ginocchia di Isobel. Il freddo le penetrava nelle ossa, ma non era quello a distrarla dalle preghiere. I suoi occhi, infatti, seguitavano a posarsi sul cadavere avvolto dal sudario e attorniato da alti ceri. Quando notò l'enorme ventre, ben evidente sotto il telo, Isobel si lasciò sfuggire un sospiro. Era davvero il corpo di Lord Hume. Un simile bisogno di conferme era infantile. Rimproverandosi, tornò a pregare. Avrebbe svolto quell'ultimo dovere verso il marito. E poi sarebbe stata libera. Quando riaprì gli occhi, vide davanti a sé il volto emaciato del cappellano del castello. «Vi devo parlare» l'avvisò senza preamboli. Isobel annuì e trattenne il fiato finché non si ritrasse. Non si lavava mai? Puzzava quasi come Hume. Doveva trattarsi di una questione urgente. In quanto suo confessore, padre Dunne sapeva di sicuro che l'anima del defunto aveva bisogno di tante orazioni. Isobel esitava ad affidare ai servitori il compito di recitar9
le al posto suo, poiché era certa che avrebbero smesso appena chiusa la porta. Nessuno di loro era affezionato a Hume. Quando tentò di levarsi in piedi, le gambe le cedettero e il prete fu costretto ad afferrarle un braccio per impedirle di cadere. Lei si lasciò condurre fuori dalla torre che ospitava la piccola cappella. Mentre usciva in cortile fu colpita da una violenta raffica di vento. Tremante, attese che il religioso chiudesse, con uno sforzo, il massiccio battente. «Di che si tratta, padre?» gli chiese quindi. Lui si calò il cappuccio sul volto, la prese sottobraccio e si incamminò verso il mastio. «Vi prego, aspettiamo finché non saremo entrati.» «Certo.» Il terreno ghiacciato scricchiolava sotto i loro piedi. Pensando al camino acceso nella grande sala, Isobel affrettò il passo. Il cibo le avrebbe dato forza, anche perché aveva saltato il pasto di mezzogiorno. Mentre salivano i gradini dell'ingresso, notò che due erano crepati. Aggiunse la futura riparazione all'elenco che aveva già in mente. Ormai il castello era suo. Non avrebbe più dovuto supplicare Hume di accordarle il permesso di limitarne il degrado. Nell'entrare vide il signore del castello più vicino scaldarsi le mani al fuoco. Scoccò un'occhiataccia a padre Dunne. Il prete si sbagliava di grosso se pensava che l'arrivo di Bartholomew Graham rappresentasse un buon motivo per interrompere la veglia funebre. «Isobel!» Sentirsi chiamare per nome, nonostante le ripetute richieste di evitarlo, la innervosì ancora di più. «Le più sentite condoglianze per il decesso di Lord Hume» dichiarò Graham andandole incontro a braccia aperte. Isobel gli porse la mano per impedirgli di abbrac10
ciarla. Lui si chinò per un galante baciamano, fissandola in volto con i begli occhi grigi. Si soffermò sulle labbra troppo a lungo, come sempre. Non si accorgeva che il suo aspetto avvenente non esercitava su di lei il minimo effetto? «Vi ringrazio. Ora però devo parlare con padre Dunne.» Ritrasse la mano, sforzandosi di non essere sgarbata. Di solito era più paziente con lui, ma quel giorno era troppo stanca e nervosa. Gli ultimi tempi della malattia di Hume non erano stati facili. «Se desiderate aspettare» si costrinse a proporgli, «faccio servire qualche rinfresco.» Padre Dunne si schiarì la voce. «Scusatemi, Lady Hume, ma dovrà venire con noi.» Vedendola contrariata, si affrettò ad aggiungere: «Ne capirete il motivo». Isobel non poteva discutere di argomenti seri davanti ai servitori. Reprimendo la collera, guidò i due uomini verso la scala a chiocciola che portava alle stanze private della famiglia. Intanto decise di sostituire il cappellano del castello. Giunta nel solarium, al riparo da orecchie indiscrete, non si curò di celare l'irritazione. «Allora, padre Dunne, cosa vi pareva tanto importante da strapparmi alle preghiere per l'anima di mio marito?» L'uomo si irrigidì. «Consideravo mio dovere darvi subito notizia di un documento affidatomi dal vostro defunto consorte.» «Un documento?» Un'ansia improvvisa le serrò lo stomaco. «Di che genere?» «Riguarda la cessione di alcune proprietà.» Che somma aveva destinato Hume ai monaci cistercensi dell'abbazia di Melrose per celebrare messe in suo onore? Isobel non provava alcun risentimento nei loro confronti, però si augurava che le rimanessero abbastanza fondi per i restauri del castello. «Vi riferite al testamento?» 11
«In questo caso il testamento non c'entra» la corresse in tono grave il religioso. «Si possono lasciare l'oro, il cavallo e l'armatura a chiunque si desideri, ma non i terreni. Alla morte, questi passano agli eredi.» Tossicchiò, a disagio per la prima volta. «Per devolvere le terre a un'altra persona» annunciò estraendo dall'interno della veste una pergamena arrotolata, «bisogna provvedere prima del decesso.» Per mesi Isobel aveva tentato di convincere il marito a permettere a Jamieson di acquistare il piccolo campo che coltivava, così da poter sposare la figlia del mugnaio. Forse, quand'era prossimo alla morte, Hume aveva ceduto alle sue insistenze, sperando che le buone azioni, insieme alle preghiere, gli riducessero la pena da scontare in purgatorio. Era solo quello il problema? Isobel allungò la mano con un sorriso. «Lasciatemi vedere.» Padre Dunne arretrò di un passo, stringendo il rotolo al petto. «Prima vi consiglio di sedervi, Lady Hume.» Lei incrociò le braccia, irritata. «Preferisco restare in piedi.» Serrando le labbra, il cappellano aprì la pergamena. «È un documento piuttosto semplice» esordì, evitando ancora di consegnarglielo. «In sostanza, assegna tutte le terre di Hume, compreso questo castello, a Bartholomew Graham.» Di sicuro si sbagliava, oppure mentiva. Tuttavia la sua espressione compunta generò in lei un'ondata di paura. Isobel gli strappò di mano il foglio e scorse in fretta lo scritto. Lo rilesse con attenzione, una seconda e poi una terza volta. Infine alzò gli occhi velati e tentò di comprendere l'enormità del torto commesso da Hume nei suoi confronti. Era inconcepibile, dopo tutto quello che aveva fatto per lui, tutto quello a cui aveva rinunciato. 12
Per otto lunghi anni era stata a completa disposizione di un irritabile vecchio, che la esauriva con le sue continue lagne e le costanti pretese. Giorno dopo giorno, Isobel aveva dovuto ascoltare i suoi discorsi noiosi, cercando di non fare caso al cibo e alle bevande che gli scivolavano sul mento, chiazzando gli abiti raffinati. E poi c'erano le notti. Si posò una mano sul petto, combattendo contro il senso di soffocamento. Rivide infatti il marito ansimante sopra di lei, sudato e rosso in volto. Misericordia! Aveva paura che morisse in uno di quei momenti, intrappolandola sotto il suo peso enorme. Infine, non avendo concepito per anni, era riuscita a persuaderlo che il rischio per la sua salute fosse troppo grave. Pur soffrendo in ogni istante della vita coniugale, Isobel era sempre riuscita a svolgere i propri doveri di moglie. «Deve essere un falso» mormorò, studiando di nuovo la pergamena. Riconobbe la scrittura del prete, ma questo non significava nulla. Con mani tremanti, srotolò il margine inferiore. Tastò il sigillo ben noto. La pergamena le sfuggì di mano mentre il pavimento ondeggiava sotto i suoi piedi. Isobel tentò di reggersi in equilibrio, ma fu sommersa dal buio. Si svegliò con una visione da incubo: Graham e il cappellano dal viso da furetto chini su di lei. Senza concederle il tempo di riprendersi, Graham la sollevò e la depose sulla panca, soffermando le mani più a lungo del necessario sulla sua vita. Chinando il capo, Isobel vide una chiazza rossa sul proprio corpetto. Sbalordita, la toccò. «Nel cadere, avete sbattuto la fronte contro la panca» le spiegò padre Dunne, porgendole un panno. «Vi avevo avvisata di sedervi.» 13
«Lasciateci soli, padre» gli ordinò Graham, come se fosse già il padrone del castello. Guardandoli a turno, il cappellano arretrò e uscì. Isobel sospettava che intendesse trattenersi appena oltre la porta. Squadrando con ostilità Graham, lei si tamponò la fronte. «Come avete persuaso Hume?» L'uomo si sedette al suo fianco, tanto vicino da sfiorarle la coscia. Ancora troppo debole per alzarsi in piedi, Isobel si spostò verso il lato opposto della panca. «Hume si era convinto che fossi suo figlio» le rispose lui con un sorriso. «Sapete quanto ne desiderasse uno.» «Dunque gli avete mentito!» «Be', potrebbe essere vero» considerò lui alzando le spalle. «Per fortuna, l'atto di cessione non dipende da questo.» La madre di Graham era una vedova molto ricca, ben conosciuta in quella zona di confine. Quando era rimasta incinta, molti avevano rivendicato la paternità del figlio e si erano offerti di sposarla. Lei però li aveva delusi tenendo per sé le proprietà senza mai rivelare con chi avesse generato il bambino. «Mio marito non aveva alcun motivo per punirmi» mormorò tra sé Isobel. Stentava a credere che Hume l'avesse diseredata. «A dire il vero, il vecchio si preoccupava per voi.» Graham stese le lunghe gambe e intrecciò le dita dietro la testa. «Lo confortava molto sapere che vi avrei sposata dopo la sua morte.» «Che cosa?» Isobel pensava di avere capito male. «È ora che godiate della compagnia di un uomo capace di darvi piacere» le sussurrò Bartholomew all'orecchio, ma lei era troppo sbalordita per spostarsi. «Vi desidero sin da quando eravate ragazzina e sfidavate i maschi con la spada di legno.» 14
Riprendendosi, lei schiaffeggiò la mano che le tastava la coscia. «Cosa vi fa credere che sia disposta a unirmi in matrimonio a voi?» «Preferireste tornare da vostro padre?» suggerì lui, divertito. Il sangue le defluì dal capo. Era vero: se non poteva restare al castello di Hume, non aveva altra scelta. Si accasciò contro il muro alle sue spalle e chiuse gli occhi. «Non temete, non vi terrebbe a lungo con sé.» Graham le diede un colpetto sul ginocchio. «Benché non siate più vergine, non gli sarebbe difficile trovare un altro vecchio disposto a pagare bene per portarsi a letto una bellezza come voi.» Isobel alzò la mano per schiaffeggiarlo, ma lui le afferrò il polso. «La vostra compagnia è sempre eccitante, Isobel.» Fissandola con occhi ardenti, le dischiuse le dita e le leccò il palmo, suscitando in lei un moto di disgusto. Pur conoscendolo da tempo, Isobel lo aveva sottovalutato, giudicandolo soltanto fastidioso. Che ingenua era stata! Solo allora si rese conto che Graham non era solo superficiale ed egoista, ma anche astuto e spietato. Il volto attraente e i modi disinvolti nascondevano un uomo privo di onore. Un uomo pronto a prendere ciò che desiderava. «Tornerò fra pochi giorni per stabilirmi qui» le annunciò. Quando infine si alzò, lei provò un profondo sollievo. Giunto alla porta, Graham si girò e le strizzò l'occhio. «Mandatemi un messaggio, se non riuscite ad aspettare tanto a lungo.»
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