Lo scandaloso segreto di Lady Amelia

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Eva Shepherd LO SCANDALOSO SEGRETO DI LADY AMELIA

Agli scrittori della Christchurch Eastside Writers, ringraziandoli per il loro sostegno, per l’entusiasmo e per i buoni consigli.

Amelia era determinata a mantenere una facciata professionale, ma in fondo sapeva che la sua era una richiesta vana. Come poteva aspettarsi di avere successo quando le probabilità erano contro di lei?

«Mi dispiace deludervi, mia cara» disse il direttore della banca con un sorriso ipocrita, come se non avesse appena preso uno spillo e lo avesse affondato in profondità nei suoi sogni, facendoli sgonfiare. «Ma dovete sapere che è piuttosto irregolare concedere un prestito a una donna.»

Amelia fu tentata di fargli notare che la Regina Vittoria era una donna. Ciò significava che la banca non le avrebbe concesso un prestito?

Ma sospettava che quell’impudenza non le avrebbe fatto raggiungere l’obiettivo con più facilità.

«Sono sicuro che, se chiederete a vostro padre, vi darà il denaro per dedicarvi al vostro piccolo passatempo.» Il direttore della banca la squadrò rapido dall’alto in basso. «O forse potreste utilizzare parte del denaro che spendete per quei bei vestiti.» Agitò la mano con un cenno circolare davanti al suo viso. «O per i cappelli e roba simile.»

Se fosse stato così facile, non credeva che avrebbe escogitato quella soluzione da sola? Ma, sebbene suo padre fosse più che contento di pagare all’infinito per i suoi bei vestiti, i cappelli e roba simile, proprio come il direttore della banca

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Londra, 1894

non avrebbe finanziato né le avrebbe prestato i soldi per altro, soprattutto, non perché continuasse a pubblicare una rivista mensile rivolta a signore istruite.

Se fosse stata così stupida da dirgli cosa stava facendo, suo padre ne sarebbe stato oltraggiato. Una simile impresa sarebbe stata considerata un obiettivo assurdo per una signorina, che avrebbe dovuto invece concentrare tutte le proprie energie nella ricerca di un marito adatto prima che fosse troppo tardi. Ma, al contrario del direttore della banca, suo padre non lo avrebbe considerato un piccolo passatempo. Né avrebbe visto nulla di divertente in un simile comportamento. Lui aveva messo ben in chiaro i propri sentimenti riguardo a ciò che pensava delle donne istruite, e in più occasioni di quante ad Amelia piacesse ricordare. Persino quelle due parole – donne istruite – gli facevano incurvare le labbra all’ingiù e sollevare il naso verso l’alto, mentre il suo corpo rabbrividiva come se una donna con un’istruzione fosse un abominio contro natura.

Quello era uno dei motivi per cui Amelia era così determinata a rendere la rivista un successo. Anche se suo padre non lo avrebbe mai saputo, gli avrebbe dimostrato che aveva torto. Gli avrebbe dimostrato che le donne potevano avere successo. Che potevano essere interessate a qualcosa di più che ai fronzoli. Che cercare marito non doveva per forza essere l’unico scopo della loro vita.

Sebbene il genitore non avesse alcuna fiducia in lei – né in nessuna donna, del resto – la sua deliziosa zia le aveva concesso il prestito originario per avviare la rivista, The Ladies’ Enquirer. Aveva insistito affinché utilizzasse il piccolo gruzzoletto che era riuscita a mettere da parte nel corso degli anni e lo investisse nel suo sogno più ardente. Amelia era stata riluttante a prendere il denaro, ma zia Beryl l’aveva incoraggiata, dicendo che sarebbe stato ciò che avrebbe voluto sua madre. Adesso lei avrebbe voluto essere stata più ferma nella propria

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opposizione. Non avrebbe dovuto mai rischiare i risparmi della zia.

La rivista veniva pubblicata da meno di un anno e già stava affrontando problemi finanziari. Non che richiedesse molto denaro per restare a galla. Amelia lavorava gratis. L’ufficio che utilizzava era angusto, fatiscente, e sarebbe stato un complimento dire che si trovava in una zona della città poco elegante. Inoltre, molte delle collaboratrici non si aspettavano una retribuzione; erano donne impegnate in ricerche accademiche o che lottavano duramente per cambiare le ingiustizie sociali. Vedere stampato il loro lavoro era una ricompensa sufficiente, e quello era qualcosa che la rivista garantiva. Amelia aveva promesso a quelle donne che The Ladies’ Enquirer avrebbe fornito loro un canale attraverso il quale le loro voci potessero essere sentite, e non le avrebbe deluse.

Ma non poteva farlo senza il denaro per la stampa e la distribuzione o senza pagare i servizi dell’unico impiegato che rivestiva i ruoli di segretario, contabile, venditore, responsabile dell’ufficio e qualunque altra cosa servisse. E, oh, sarebbe stato splendido se avessero potuto espandersi. Qualcosa che sembrava impossibile, a meno che non fosse riuscita a convincere quell’uomo ad avere fiducia nelle capacità di una donna.

Si mise a sedere più dritta sulla sedia, determinata a non lasciare che suo padre o quel direttore di banca ostacolassero i suoi piani. Troppe cose dipendevano dal suo successo. Detestava vedere distrutte le proprie aspirazioni così in fretta, ma, soprattutto, non voleva certo deludere zia Beryl.

«Come potete vedere nei registri» disse, indicando il libro mastro aperto sulla scrivania, «The Ladies’ Enquirer è una pubblicazione relativamente nuova, ma gli abbonamenti hanno continuato ad aumentare di mese in mese dal lancio, e con ulteriori investimenti e un po’ più di tempo sono fiduciosa che...»

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«Sì, mia cara, ma una crescita da zero a una cifra di poco più non può essere considerata affatto una crescita. E in quanto agli introiti pubblicitari...» Le dita scorsero su una colonna di cifre. «Be’, sono quasi inesistenti.» Il suo sorriso condiscendente divenne paternalistico. «Le vendite non crescono, vero? Dovreste poter dimostrare che The Ladies’ Enquirer è una proposta valida prima che la banca consideri di prestare il proprio denaro, e queste cifre di vendita non lo provano. Dovete fare salire i conti. È semplice.»

Se incrementare le vendite fosse così semplice, credete che non lo avrei fatto?, avrebbe voluto dirgli Amelia. Invece sorrise mentre il direttore continuava la sua predica.

«Temo che siate entrata in un mercato molto competitivo. Riviste, giornali e quotidiani vengono aperti e chiusi ogni giorno.»

Guardò le copie di The Ladies’ Enquirer che Amelia aveva portato con sé, ne prese una dalla scrivania e si sistemò gli occhiali con la montatura di corno. «Una rivista per donne con menti curiose» lesse nella testata, quindi aggrottò la fronte e fissò Amelia da sopra gli occhiali. «Un mercato piuttosto ristretto, direi.»

Amelia represse la rabbia per l’atteggiamento offensivo e continuò a sorridere con cortesia. Era l’unico periodico di quel genere sul mercato ed era proprio il motivo per cui aveva cominciato a pubblicarlo . The Ladies’ Enquirer era la rivista che lei voleva leggere ed era certa che ci fossero molte altre donne là fuori come lei, se solo avesse potuto raggiungerle. «Come ho detto, le cifre sono in crescita e io sono convinta...»

«Ma non crescono in fretta.» Il direttore sbatté lo spesso registro nero e posò le copie ripiegate di The Ladies’ Enquirer in cima. «Se non potete dimostrarmi che le vendite stanno aumentando, c’è, naturalmente, un’altra opzione» disse mentre porgeva la pila ad Amelia.

«Ah, sì?» Lei si sporse sulla sedia, auspicando contro ogni speranza che l’uomo le avrebbe suggerito qualcosa di davvero utile.

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«Potreste chiedere a vostro padre di fare da garante. La banca non esiterebbe a fare affari con il Conte di Kingsland.»

«Grazie. Sì, ottima idea» rispose Amelia ancora con quel finto sorriso. «Ma sareste così gentile da concedere il prestito adesso, così che ne discuta con mio padre questa sera?» Sperò che quella proposta non rappresentasse una frode. Suo padre non sapeva nulla della sua impresa, e lei intendeva mantenerla segreta. Non tanto per se stessa, quanto per zia Beryl. La donna aveva già dovuto sopportare le conseguenze dell’ira di suo padre per averle concesso di ottenere un’educazione. Se lui avesse scoperto che le aveva fornito i fondi iniziali per la rivista, Amelia non riusciva a immaginare cosa avrebbe fatto.

«Fatelo, Lady Amelia. Parlate con vostro padre. Il mio ufficio è sempre aperto per il conte. Quando voi due tornerete e lui acconsentirà a fare da garante, allora scoprirete che la banca vi concederà termini molto favorevoli per il vostro prestito. Davvero molto favorevoli.»

In altre parole, la banca avrebbe concesso un prestito a suo padre, che non aveva bisogno del denaro, ma non ad Amelia, che ne aveva una disperata necessità.

Prese il registro e le riviste dalle mani del direttore. «Buon pomeriggio, milady. Sono impaziente di fare affari con voi e con vostro padre, o di concedervi un prestito quando dimostrerete che questa vostra rivista merita gli investimenti della banca.»

Amelia si costrinse a continuare a sorridere mentre salutava e usciva dall’ufficio. Mantenne un atteggiamento professionale nell’attraversare la banca, in cui cassieri uomini che lavoravano dietro le grate servivano i loro clienti uomini, ma nell’attimo in cui uscì fuori sulle strade trafficate di Londra, le sue spalle si afflosciarono e lei emise un sonoro sospiro scoraggiato.

In qualche modo, avrebbe dovuto trovare il denaro per tenere in piedi The Ladies’ Enquirer. Sapeva che, se fosse stata un

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uomo, non ci sarebbero stati problemi. La banca le avrebbe concesso un prestito. Suo padre non avrebbe avuto obiezioni a sostenerla. Avrebbe avuto una rendita dal patrimonio di famiglia e amici nella stessa posizione che avrebbero potuto fare da investitori.

Invece non aveva denaro proprio. Se non fosse stato per il piccolo contributo di zia Beryl, non sarebbe mai stata capace di avviare la sua rivista, tanto per cominciare.

Forse il direttore della banca aveva ragione e lei era sciocca a essersi imbarcata in una simile avventura. Ma lo aveva fatto. Aveva preso in prestito tutto il denaro che zia Beryl aveva al mondo. Aveva fatto promesse a quelle donne che offrivano il loro tempo per scrivere sul giornale. Doveva farlo funzionare. Drizzando le spalle e marciando lungo la strada con una sicurezza che era determinata a provare, ripeté a se stessa che non avrebbe fallito, non poteva, e che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per assicurarsi che The Ladies’ Enquirer fosse un successo strepitoso.

Il suo impegno successivo era molto più gradevole del colloquio con il direttore della banca, e sperava che avrebbe spinto via dalla sua mente ogni pensiero di fallimento. Diverse vetture a noleggio scalpitavano lungo le strade di acciottolato e i cocchieri fissavano speranzosi nella sua direzione, ma lei era ancora piena di energia rabbiosa e aveva bisogno di camminare per sfogarla.

Quando arrivò a Mayfair, nella residenza londinese di Lady Emily Beaumont, aveva cominciato a rilassarsi ed era impaziente di trascorrere del tempo in modo piacevole con le sue tre amiche più care.

Miss Georgina Hayward e Miss Irene Fairfax erano già arrivate e stavano ridendo e chiacchierando con la padrona di casa quando il valletto la fece entrare nel salotto. Tutte e tre si girarono verso di lei.

«Come è andata?»

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«Cosa ha detto?»

«Hai ottenuto il prestito?»

Le domande giunsero così in fretta che lei non seppe chi avesse chiesto cosa, ma la risposta in generale era la stessa per tutte e tre: «È andata male. Ha detto di no. Non ho ottenuto il prestito».

«È terribile.»

«Ingiusto.»

«Deplorevole. Scommetto che ti avrebbero concesso il prestito se fossi stata un uomo.»

Amelia poté solo essere d’accordo con i tre commenti. Prese una tazza di tè dal valletto e si servì una fetta di torta Battenberg a scacchi, sperando che il dolce rosa e giallo l’avrebbe tirata su.

«Non importa. Penserò a qualcosa» disse con tutta la determinazione che poté chiamare a raccolta. «The Ladies’ Enquirer non è ancora defunta.» Sorrise alle sue amiche. Non avrebbe permesso al proprio umore di rovinare il loro. «Allora, cosa mi sono persa? Che pettegolezzi avete da condividere?»

Tutte e tre le amiche si affrettarono a raccontare le loro ultime avventure e presto presero a parlare con animazione e a ridere forte, comportamento che – lo sapevano – sarebbe stato disapprovato da molte persone in società e considerato rozzo per delle giovani signorine. Ma a loro non importava neanche un po’.

Le amiche l’avevano vista superare molte giornate scoraggianti. Si erano incontrate alla Scuola di perfezionamento Halliwell per giovani signorine raffinate, che Emily aveva ribattezzato Sentenza finale dell’inferno per giovani signorine ribelli, dove erano state mandate per rifinirsi. In altre parole, per modificare la loro natura in modo che si conformassero a ciò che la società riteneva corretto per donne della loro classe.

Nel caso di Amelia, era stata condannata a Halliwell per il crimine di essere fin troppo istruita. Suo padre, che non si in-

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teressava affatto a lei, era rimasto inorridito quando, tornando a casa inaspettatamente, un giorno l’aveva trovata seduta nello studio con il precettore dei suoi fratelli mentre ripeteva una lista di verbi latini. Ancora una volta, i suoi fratelli avevano abbandonato le lezioni ed erano usciti a giocare. E, ancora una volta, il precettore, senza altro da fare per occupare il proprio tempo, non aveva visto nulla di male a insegnare alla figlia del conte, soprattutto perché era l’unico membro della famiglia impaziente di imparare.

Suo padre non si era arrabbiato con i figli maschi. «I ragazzi sono ragazzi» aveva detto. E aveva concordato con loro quando avevano affermato: «Chi ha bisogno dei verbi latini, comunque?». Invece, era stato furioso con lei. Le aveva gridato che nessun uomo voleva una moglie istruita. «È innaturale. Sei una disgrazia per me, per il nome dei Lambourne, per i tuoi antenati!»

La povera zia Beryl, la donna che l’aveva cresciuta da quando sua madre era morta, era stata ritenuta colpevole. Amelia aveva obiettato a lungo e con forza, tentando di convincere il padre che la sua adorabile zia non sapeva nulla del suo studio segreto. Aveva promesso che non l’avrebbe mai più trovata a fare qualcosa di così vergognoso, ma ciò non gli aveva impedito di mandarla in collegio, in un luogo in cui avrebbe imparato le femminili arti del ricamo, dell’acquerello, del portamento, della conversazione con possibili spasimanti che, per quanto poteva vedere Amelia, consisteva nel sorridere moltissimo, concordare con gli uomini e ridere delle loro battute.

Se non fosse stato per Emily, Georgina e Irene, che erano state condannate alla stessa scuola per crimini altrettanto oltraggiosi, Amelia dubitava che sarebbe sopravvissuta al tedio. Erano rimaste amiche dopo essere state licenziate dalla scuola, sostenendosi a vicenda nei momenti belli e in quelli brutti, e quel giorno non era diverso. Irene condivise la buona notizia di essere stata accettata in una scuola d’arte, Lady Emily

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discusse i suoi piani per un ospedale per bambini che sperava di fondare nell’East End di Londra, e Georgina le intrattenne con un buffo racconto in cui eludeva le attenzioni di un altro ardente giovanotto che si era innamorato irrimediabilmente della sua enorme dote.

Quando infine il tè del pomeriggio fu terminato, Amelia aveva quasi dimenticato quell’orribile giornata. Quasi.

Ma ogni buonumore che provava fu distrutto quando arrivò a casa e trovò suo padre che l’aspettava nell’ingresso della dimora di Belgrave. E non sembrava felice. Amelia si preparò, sperando e pregando che il direttore della banca non lo avesse contattato. Non era vincolato a un patto di riservatezza, o questo si applicava solo ai clienti uomini?

«Dove diamine sei stata?» chiese il genitore prima ancora che lei avesse porto il cappello e il soprabito alla cameriera.

Amelia lasciò andare il respiro che aveva trattenuto. Ringraziò il cielo per le piccole misericordie: suo padre non sapeva. «Ho preso il tè con...»

«Sì, sì, sì. D’accordo. Si è fatto tardi. Siamo attesi da Leo Devenish per cena questa sera.»

Era la prima volta che Amelia sentiva parlare di quell’impegno, ma Mr. Devenish era noto per mandare inviti il giorno stesso delle sue cene. Era molto irregolare, e tutti sapevano che era un altro modo per esprimere il proprio potere. Nessun invitato avrebbe rifiutato una simile convocazione.

Amelia aveva incontrato Leo Devenish in diverse occasioni e lui era tutto ciò che disprezzava. Arrogante, altezzoso e fin troppo affascinante per il suo stesso bene. Aveva una reputazione terrificante, non solo come donnaiolo, ma anche come spietato uomo d’affari. Lei dubitava che si fosse mai recato con il cappello in mano da un direttore di banca. Era probabile che quella categoria si scapicollasse cercando di gettare denaro verso di lui. E, a peggiorare le cose, di recente aveva spostato suoi affari dall’acquisizione di ferrovie e industrie

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all’acquisto di giornali, e possedeva un assortimento di testate che comprendeva le principali pubblicazioni del Paese.

L’ultima cosa che le andava di fare era trascorrere tempo in compagnia di un uomo che considerava giornali e riviste come una merce da acquisire all’inseguimento di maggiori ricchezze e potere. Soprattutto in una giornata come quella.

«Su, fa’ in fretta» disse il padre, spingendola di fatto verso le scale. «Mr. Devenish non è un uomo che apprezza i ritardi.»

Mr. Devenish era uno dei pochi uomini con cui il genitore si comportava in modo accorto, mentre allo stesso tempo lo disprezzava per le sue umili origini. In quanto conte, lui era quasi intoccabile, ma sosteneva molti politici, persone che potevano promuovere i suoi interessi, e una sola parola su una delle tante pubblicazioni di Mr. Devenish poteva distruggere la carriera di un politico. E così, quando questi ordinava la partecipazione a una delle sue cene, suo padre accettava, poco importava quanto potesse essere inopportuno per i suoi programmi. Amelia sospettava che Devenish si divertisse a fare correre tutti quegli uomini titolati a suo comando.

«Devo venire per forza?» Non era certa del motivo per cui lo aveva chiesto, dal momento che conosceva già la risposta.

«Certo che devi. Prebbleton e Bradley saranno lì.»

Il cuore di Amelia sprofondò ancora di più. Lord Prebbleton e Lord Bradley avevano espresso interesse a corteggiarla, o, per lo meno, a corteggiare la figlia del Conte di Kingsland, una donna che, con tutta probabilità, arrivava con una sostanziale dote. Dover trascorrere una serata con Mr. Devenish era già abbastanza brutto, ma dover sopportare la compagnia dei due Insulsi Visconti era proprio il limite.

Amelia non si faceva illusioni quando si trattava di uomini e matrimonio. Gli uomini non erano di certo attratti dalla sua bellezza – o dalla sua mancanza – e suo padre non era stato l’unico ad averla informata che al genere maschile non piacevano le donne intelligenti. Fin da piccola si era accorta che,

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se voleva l’amore, se desiderava un marito e dei figli, avrebbe dovuto seppellire una parte di se stessa e diventare il genere di donna che gli uomini trovavano attraente. Una che ascoltava piuttosto che parlare, che assentiva piuttosto che obiettare, e che faceva sentire sempre, sempre l’uomo superiore a lei in ogni senso.

Ma quello era qualcosa che Amelia non avrebbe fatto e da molto tempo era giunta ad accettare che non si sarebbe sposata. Suo padre, però, aveva ancora l’illusione che un giorno avrebbe accompagnato la figlia all’altare e avrebbe concesso la sua mano a un uomo titolato di sua scelta.

«E non mi disonorare questa sera tentando di essere intelligente. Già è umiliante avere una figlia nubile di ventitré anni; non voglio che pensino che sia gravato anche dal fardello di un’intellettuale.»

Amelia sapeva che era meglio evitare di rispondere con una battuta intelligente che avrebbe reso il padre ancora più irritabile. Invece, salì al piano di sopra per vestirsi per una serata di tedio e di tormento.

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Leo Devenish fissò il proprio riflesso nello specchio a figura intera. Era stata una buona giornata e non riusciva a pensare a un modo migliore per terminarla che invitare membri dell’aristocrazia a cena per celebrare la sua ultima acquisizione.

Sorrise a se stesso, pensando a quei duchi, conti, visconti e baroni che avevano ricevuto il suo invito tardivo e che avevano dovuto riorganizzare in fretta il loro calendario sociale in modo da ubbidire ai suoi ordini.

«Grazie, James» disse, mentre il suo valletto terminava di spazzolare la giacca da sera e gli porgeva i guanti. «Come si sente la nuova sguattera di cucina? Ha superato la malattia?»

«Sta molto meglio, signore. Ha apprezzato la licenza che le avete concesso per andare a trovare la sua famiglia. Credo fosse tutto lì. La povera ragazza aveva nostalgia di casa.»

«Bene, e come procedono le sue lezioni?»

«Benissimo, signore.» James, che di solito era imperturbabile, si aprì in un piccolo sorriso. «Ha scritto la sua prima lettera per la madre, ed è stata molto fiera del risultato. La donna non sa leggere, ma ha detto che il parroco la leggerà per lei.»

Leo annuì, si girò di nuovo verso lo specchio e si aggiustò il fazzoletto da collo. L’istruzione gli aveva cambiato la vita ed era un’opportunità che non avrebbe negato ai suoi servitori. Anche se non avrebbe mai costretto nessuno all’orrore di essere l’unico bambino proveniente da un ambiente povero in una scuola per la classe sociale più facoltosa d’Inghilterra. Lui stesso era sopravvissuto a malapena alla terribile esperienza.

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Però, era stato dover sopportare quelle crudeltà senza fine che lo aveva reso l’uomo che era adesso. Quindi, forse, per un caso bizzarro, aveva un debito di gratitudine con quei prepotenti senza pietà.

Ma si era lasciato alle spalle da tanto quei giorni. Nessuno osava fare il prepotente con Leo Devenish ora. Non se sapevano cosa era meglio per loro. E quella sera avrebbe celebrato un altro successo finanziario proprio con la classe di quegli uomini che un tempo lo avevano considerato la loro vittima. Le riviste erano una piccola, ma significativa aggiunta al suo impero. E un altro passo per allontanarsi dal piccolo ragazzino spaventato che era arrivato la prima volta alla scuola privata per giovani privilegiati, il caso umano che avrebbe potuto anche avere un bersaglio dipinto sulla schiena perché tutti i prepotenti potessero vederlo.

Gli ospiti si erano già riuniti nel salotto quando entrò, e Leo si accorse con soddisfazione che il volume della conversazione si abbassava mentre tutti guardavano nella sua direzione. Individuò diversi visconti, un conte o due, un duca, alcuni baroni e gli uomini che un tempo avevano posseduto le riviste che adesso erano sue. Era presente anche Lady Madeline, la sua ultima amante. Il marito era assente, offrendo un tacito consenso all’infedeltà della moglie.

Era qualcosa che non cessava mai di stupirlo, come le giovani donne aristocratiche dovessero rimanere caste fino al matrimonio, ma, dopo avere assicurato un erede e un figlio di riserva o due ai mariti, questi spesso non si curassero di quanti amanti le loro mogli si prendessero. Poteva essere sorprendente, però a Leo andava bene così. Non aveva intenzione di sposarsi, ma doveva ammettere di ottenere una certa soddisfazione nel fornire alle mogli annoiate l’eccitazione che non riuscivano a procurarsi dagli aristocratici mariti.

L’unico problema era che non passava troppo tempo prima che si stancasse di ciascuna di esse, ed era proprio quello che

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stava succedendo con Lady Madeline. Grazie al cielo, ci sarebbe sempre stata un’altra giovane donna insoddisfatta pronta e desiderosa di prendere il suo posto.

Circolò per la stanza, salutando i suoi ospiti, e fu contento che ogni uomo rispondesse con l’indispensabile sorriso servile. Il gong della cena suonò proprio quando cominciava a stancarsi della conversazione cortese; così accompagnò Lady Madeline lungo il corridoio verso la sala da pranzo. Lei non era la donna di rango più alto presente, ma Leo sapeva che nessuno avrebbe osato commentare la sua infrazione al protocollo.

Quando entrarono nella sala da pranzo si sentì oltremodo compiaciuto, come sempre accadeva ogni volta che si trovava davanti all’attestazione di quanto fosse arrivato in alto. La tavola era apparecchiata per venti ospiti che stavano per gustare alimenti fuori stagione, coltivati dai suoi giardinieri nelle serre della sua tenuta in Cornovaglia. Le orchidee, che pure erano coltivate nella sua tenuta, rendevano esotico il centrotavola. La finissima porcellana, i bicchieri di cristallo e una squadra di valletti in livrea erano pronti a soddisfare ogni necessità degli invitati.

Niente male per il figlio di un fabbro e di una domestica.

Leo si mise a capotavola, con Lady Madeline al suo fianco.

Una volta che tutti si furono seduti e il vino fu versato, Lord Addington si alzò in piedi. «Credo che dobbiamo congratularci con voi» annunciò, sollevando il bicchiere. «Signore e signori, ecco a voi il nuovo proprietario di La casa e il focolare delle signore, Il diario di casa delle signore e Chiacchiere davanti al fuoco.»

Leo doveva ammettere che era generoso da parte di Lord Addington fare un simile brindisi, dal momento che il giorno prima era stato lui il proprietario di Chiacchiere davanti al fuoco. Oppure quell’uomo era scaltro e sapeva che era più saggio rimanere nelle grazie di Leo, per evitare che prendesse di

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mira altre riviste di sua proprietà? Fece un cenno del capo per ringraziare Addington.

«Un bel cambiamento per voi, vero, Devenish?» commentò Lord Bradley. «Riviste femminili.»

Leo represse l’irritazione. Bradley era un pagliaccio che non avrebbe riconosciuto un affare proficuo neanche se lo avesse implorato. Era per quello che, come tanti altri membri dell’aristocrazia, se ne stava seduto a guardare la sua fortuna che diminuiva. Per generazioni, uomini come Bradley avevano fatto affidamento su proprietà di innumerevoli acri di terra produttiva. Adesso che la terra non forniva più un ricco profitto, stavano affondando sempre più nei debiti, senza avere idea di come fare per sistemare la situazione, se non sposare una donna con una considerevole dote.

«Sono tutte e tre riviste femminili di successo con un vasto pubblico di lettrici» affermò la donna accanto a lui.

«Giusto, avete ragione, Lady...» Quale diavolo era il suo nome? Era la figlia del Conte di Kingsland. Doveva essergli stata presentata, ma non sarebbe riuscito a rammentarne il nome neanche se la sua vita fosse dipesa da quello. Dopotutto, ogni debuttante era simile all’altra. «Pertanto, sono estremamente redditizie» continuò, fissando Bradley, che si limitò a scrollare le spalle, come se pensare al profitto fosse al di sotto di un uomo della sua classe sociale. Un atteggiamento che aveva portato alla rovina molte famiglie aristocratiche di lunga data.

«Anche se tendono a essere piene di chiacchiere insensate e sono adatte a donne con un’istruzione e degli interessi molto limitati» aggiunse la giovane.

Come si chiamava?

Amelia Lambourne, ecco come!

«Forse avete ragione, Lady Amelia, ma si vendono in gran quantità, ed è tutto ciò che mi interessa.»

Lei sbuffò con disapprovazione. Sembrava che fosse un’al-

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tra aristocratica che considerava l’ottenere profitti una questione al di sotto della sua posizione.

«E quali riviste leggete, Lady Amelia?» le chiese.

«Be’...» la giovane guardò in direzione del padre, che aggrottò la fronte e scosse appena il capo, poi si girò di nuovo verso Leo. «The Ladies’ Enquirer è un’ottima pubblicazione. Contiene articoli affascinanti su politica, scoperte scientifiche, seri dibattiti sulla posizione della donna che sta cambiando nella società odierna.»

Per un attimo, Leo fu colto alla sprovvista. Una debuttante interessata a politica, scienza e a seri dibattiti era una creatura davvero rara. «Ammetto che The Ladies’ Enquirer è una pubblicazione meritevole, ma, come qualunque altra cosa, ha bisogno di ottenere profitti. La domanda importante è: la rivista si vende?»

«Be’, certo che si vende. Come ho appena detto, io la leggo.»

«Ma dubito davvero che lo faccia molta gente. Gli argomenti meritevoli vanno bene, tuttavia, a meno che non ampli le sue attrattive, la rivista presto andrà in rovina, come tantissime altre pubblicazioni minori. In particolar modo adesso, poiché dovrà vedersela con la scuderia di riviste femminili che ho acquistato; il che mi sta bene, dal momento che riduce la competizione.»

«Riviste come The Ladies’ Enquirer sono essenziali» ribatté lei, la voce carica di indignazione. «Discutono di argomenti importanti, come l’estensione del diritto di voto alle donne.»

La sua affermazione provocò uno scoppio di risa e un’occhiata severa da parte del padre, eppure la signora in questione mantenne la testa alta e le labbra compresse. Labbra che, Leo doveva ammetterlo, erano di una seducente tonalità rosso ciliegia e che, se non fossero state strette in una smorfia di irritazione, sospettava sarebbero state piene e in qualche modo seducenti.

«È qualcosa che le donne dovrebbero leggere» dichiarò

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Lady Amelia ad alta voce per sopraffare gli uomini che si stavano scambiando battute prevedibili su come non si potesse dare il diritto di voto a chi aveva paura dei topi o sul fatto che, se le donne avessero potuto votare, probabilmente avrebbero preteso un’economia basata sul prezzo di una nuova cuffietta.

«Le donne votano in Nuova Zelanda» dichiarò lei, mentre gli uomini continuavano a ridere come se fosse molto divertente.

«Non è forse questo il genere di follia che ci si aspetta dalle colonie?» Gridò un uomo all’estremità del tavolo.

«È probabile che presto concederanno il voto anche alle loro pecore» rispose un altro tra ululati di risate. «E forse le pecore faranno scelte migliori di quelle che potrebbero mai fare le donne.»

«Scommetto che in Nuova Zelanda si pentiranno di questa assurdità» aggiunse un altro invitato. «Le donne, semplicemente, non possono pensare in modo logico. È un fatto provato. L’istruzione è sprecata con loro.»

Un brivido improvviso percorse Leo, che fu subito scagliato indietro nel tempo, a quando era una bambino di dieci anni. Non si trattava forse di un’argomentazione simile a quella espressa da Lord Fitzherbert quando aveva trovato l’arruffato figlio del fabbro locale nella sua biblioteca? Il nobile aveva asserito che l’educazione era sprecata per le classi inferiori, un’opinione condivisa dai suoi amici. Quegli uomini avevano discusso con lo stesso fervore con cui i suoi invitati stavano ora dibattendo sul diritto delle donne all’istruzione e al voto.

E ciò aveva portato Fitzherbert a mandare Leo in una scuola privata per ricevere la migliore educazione che il denaro potesse comprare. E tutto per vincere la scommessa e dimostrare che una costosa istruzione sarebbe stata sprecata per il figlio di un fabbro. Una scommessa che non soltanto aveva perso, ma di cui alla fine era giunto a pentirsi.

Gli uomini continuarono ad arringare contro Lady Amelia,

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e le simpatie di Leo andarono alla giovane mentre le chiassose motivazioni continuavano a imperversare attorno a lei.

Se il diritto di voto fosse dipeso dall’intelligenza, sarebbe stato negato a molti di quegli stupidi. Lady Amelia aveva tutta l’aria di essere una donna astuta, ma nessuno di quegli uomini lo avrebbe accettato, proprio come Lord Fitzherbert non era stato in grado di accettare che il figlio di un fabbro potesse avere un briciolo di intelligenza, non contava quante opportunità gli fossero state date. Leo aveva dimostrato al conte di avere torto e forse, un giorno, anche Lady Amelia avrebbe dimostrato ai presenti che avevano torto, ma in quel momento era uno spreco di fiato discutere con quegli imbecilli senza cervello.

«Lady Amelia merita di essere ascoltata» disse, interrompendo di netto le voci chiassose.

Gli uomini si zittirono e guardarono trepidanti verso Leo. Le loro espressioni predatorie gli erano familiari. Le aveva viste molte volte quando era a scuola. Si aspettavano che lui continuasse a ridicolizzare le motivazioni della donna e che la prendesse in giro senza pietà per il loro divertimento. Sarebbero stati delusi.

«Se venisse dato il voto alle donne, chi dice che il mondo non sarebbe un posto migliore? È improbabile che farebbero un lavoro peggiore di alcuni dei cosiddetti uomini istruiti che siedono in Parlamento.»

Quelle parole furono accolte con risate ululanti, che fecero scuotere a Leo il capo per l’incredulità. Era evidente che fossero inconsapevoli che molti dei pagliacci a cui si stava riferendo erano seduti attorno a quello stesso tavolo.

Catturò lo sguardo di Lady Amelia. Lei lo stava fissando valutandolo, come se non fosse sicura di cosa pensare di lui.

«Una rivista è un affare come qualunque altro» disse Leo, tornando all’argomento che gli stava a cuore. «Le cause nobili da sole non vendono. Se questa rivista, questa Enquirer ,

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non attira i lettori, allora fallirà, non importa quanto sia meritevole. Tutto qui. E, quando fallirà, un uomo d’affari più astuto, come me, potrà raccoglierla per quattro soldi e trasformarla in una pubblicazione che realizzi davvero un profitto.»

Quel discorso fece muovere a disagio Lord Addington, che probabilmente sapeva che era proprio ciò che era accaduto alla sua rivista, mentre Lady Amelia si portò le mani sul cuore come se fosse stata oltraggiata in prima persona.

«Di certo non lo fareste! Non comprereste The Ladies’ Enquirer, vero?» La sua voce era inspiegabilmente strozzata.

«È qualcosa che considererei, senza dubbio. Dopotutto, sono un uomo d’affari. Acquisire riviste in fallimento e trasformarle in un affare proficuo è un modo per avere successo nella competitiva industria della comunicazione.»

«Ma così la rendereste uguale a qualunque altra rivista sul mercato» commentò lei con aria derisoria, come se fosse un affronto all’umana decenza.

«No, aggiungerei contenuti che un pubblico più vasto leggerebbe, come, per esempio, una pagina sociale.»

«Una rubrica di cronaca mondana?» chiese senza fiato lei. «È questa l’unica cosa che credete che le donne vogliano leggere?»

Leo aveva sperato di alleggerire la discussione che Lady Amelia stava avendo con i suoi ospiti spostando il discorso sull’industria editoriale ma, a quanto pareva, lei si stava infervorando per quell’argomento proprio come per il voto alle donne.

E quando Lady Amelia si infervorava, il suo fascino aumentava in maniera notevole. Strano, visto che Leo non era mai interessato alle donne non sposate. Era piuttosto bella, glielo concedeva, con gli occhi azzurri che brillavano di collera e le guance chiare come panna colorite di una bella tonalità di rosa. Di solito non era attratto neanche dalle bionde, eppu-

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re in qualche modo era curioso di sapere come fossero quelle folte ciocche color miele quando venivano sciolte da quell’elaborata acconciatura. Inoltre di sicuro lei era intelligente, con una mente vivace. Ma nulla di tutto ciò importava. Una cosa con cui un uomo non poteva farla franca, neanche lui, era dilettarsi con le debuttanti.

«A tutti piace leggere i pettegolezzi» continuò lui.

La sua affermazione provocò alcuni sbuffi di dissenso negli uomini più coraggiosi, che tuttavia trascorrevano buona parte del tempo nei loro club dove pettegolezzi e scandali venivano discussi con avidità.

«Se The Ladies’ Enquirer includesse una pagina mondana, che in realtà sarebbe un foglio scandalistico, aumenterebbe di parecchio il numero dei lettori, ma sospetto che i suoi proprietari siano troppo superiori intellettualmente per sminuirsi in questo modo, anche se ciò significherebbe la sopravvivenza della loro azienda.»

Lady Madeline si chinò verso di lui, il seno che gli sfiorava il braccio. «Purché non spettegolino su di noi» disse con un finto sussurro, mentre fissava Lady Amelia. «Se sapessero cosa combiniamo, scandalizzeremmo davvero quelle intellettuali e le renderemmo gelose per ciò che si stanno perdendo.»

Le guance arrossate di Lady Amelia si colorarono di una tonalità più violenta di rosso, facendola girare in fretta verso l’uomo seduto accanto a lei, con cui cominciò a chiacchierare animatamente.

Leo continuò a fissarla mentre Lady Madeline proseguiva a ciarlare su qualcosa. Era proprio intrigante. Era insolito incontrare una persona, e men che meno una giovane donna, che fosse pronta a dissentire da lui e a sfidare le sue opinioni. Pochi degli uomini presenti quella sera avrebbero osato essere tanto audaci.

Malgrado ciò, Leo non aveva alcuna intenzione di corteggiare Lady Amelia e, se avesse avuto bisogno di un prome-

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moria del motivo per cui non si lasciava coinvolgere dalle debuttanti, quelle guance rosse glielo avrebbero fornito. Le debuttanti erano innocenti. Lei poteva avere suscitato il suo interesse, ma Lady Amelia Lambourne non era decisamente per lui.

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