1021 - L'uomo del destino - E. Boyle 1022 - Il guerriero di fuoco - M. Willingham 1023 - La sposa dello scandalo - D. Gaston 1024 - Il ballo dello scandalo - J. MacLean 1025 - Gioco d'inganni - L. Ashford 1026 - La promessa del cavaliere - N. Locke 1027 - Scandali, inganni e veritĂ - C. Linden 1028 - Un barone per l'ereditiera - J. MacLean 1029 - La solitudine del visconte - E. Boyle 1030 - I segreti di Wiscombe Chase - C. Merrill 1031 - Un bacio per scommessa - E. Hobbes 1032 - Un amore in sospeso - A. Herries 1033 - La sposa sbagliata - G. Callen 1034 - Il nemico scozzese - N. Locke 1035 - Passione, scandali e segreti - E. Hobbes 1036 - La notte dello scandalo - D. Gaston 1037 - Una sposa da proteggere - T. Brisbin 1038 - Diario di una signorina del ton - J. McQuiston 1039 - Il signore del deserto - M. Kaye 1040 - A spasso con un libertino - E. Leigh 1041 - La missione della novizia - M. Moore 1042 - Passato, scandali e fiori d'arancio - C. Linden 1043 - Per il cuore di un'attrice - E. Redgold
EVA LEIGH
A spasso con un libertino
Immagine di copertina: Jon Paul Studios Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Forever Your Earl Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2015 Ami Silber Traduzione di Lorenza Braga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2016 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2016 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1040 dello 03/11/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Nonostante Londra appaia al mondo come l'apoteosi di ciò che è virtuoso e retto, potrà sconvolgere i nostri lettori sapere che l'aspetto esteriore della virtù può essere un travestimento molto astuto. È opinione di questo umile periodico che la malizia e l'inganno siano ben più diffusi di quanto i nostri lettori possano immaginare. Perciò è necessario che questo rispettoso e breve articolo fornisca una guida indispensabile, rivelando le attività scandalose della nostra città. Ma condurre una vita integra può essere difficile, soprattutto quando ci si presenta di fronte la tentazione... The Hawk's Eye, 2 maggio 1816 Londra, 1816 Un uomo ricco di beni e scandali entrò nell'ufficio di Eleanor Hawke. Lei non era estranea agli scandali. Qualunque fatto immorale, screditante, sconvolgente o stuzzicante finiva tra le pagine del suo giornale, soprattutto se coinvolgeva i cittadini facoltosi e l'alta società londinese. Eleanor descriveva tutto in dettaglio per la sua pubblicazione trisettimanale, l'Hawk's Eye. Nessuno voleva leggere dell'ordinario Mr. Jones, commerciante, e della possi5
bilità che trascorresse del tempo con la banale vedova Mrs. Smith. No, l'Hawk's Eye vendeva solamente in base agli ultimi scandali che pubblicava a proposito di quel certo lord e quella certa lady. Il tutto, naturalmente, con il pretesto che denunciare al pubblico la mancanza di moralità di quella bella città e pubblicare quegli avvenimenti sensazionali servisse da pratico esempio ai giovani e ai più suggestionabili. Ed era compito di Eleanor, in qualità di titolare e direttrice, occuparsi dell'educazione morale di Londra. Il che era un'assoluta fesseria, ovviamente. Ma gli scandali le davano da mangiare e le garantivano un tetto sopra la testa, quindi era ben propensa a immergervisi, nello spirito della libera iniziativa e via discorrendo. Tuttavia, quando Daniel Balfour, il Conte di Ashford in persona, entrò negli uffici dell'Hawk's Eye un mercoledì pomeriggio, fu un evento al contempo sorprendente e inevitabile. Com'era prevedibile, stringeva in mano diverse copie del giornale. Lord Ashford marciò attraverso il dedalo di stanze anguste e i redattori, chini sulle loro scrivanie, alzarono il capo per osservarlo con attonito stupore. L'ufficio privato di Eleanor era situato alla fine del corridoio e le concesse un'ampia visuale della scena che si svolgeva davanti a lei. Il conte si fermò davanti alla scrivania di Harry Welker. Il giovane giornalista alzò lo sguardo su di lui e i due uomini si fissarono, separati non solo dalla superficie consunta di quercia, ma anche dalle condizioni finanziarie e di nascita. «C... come posso aiutarla, milord?» chiese Harry con voce incrinata. «Ditemi dov'è Mr. E. Hawke.» Lord Ashford aveva una voce profonda, arrotondata da generazioni di eccellente educazione e noblesse oblige. «Mr. Hawke, milord?» Nel tono del giovane c'era un'evidente confusione. Lord Ashford indicò uno dei giornali che aveva con sé. «Sì, proprio così. Qui dice che l'Hawk's Eye è di proprietà 6
di un certo E. Hawke. Dove posso trovarlo?» chiese. «Da nessuna parte, milord» gli rispose Harry. «Non c'è nessun Mr. Hawke qui.» Il conte si accigliò, non essendo abituato a sentirsi rifiutare una richiesta. «Questo volgare giornalaccio non può pubblicarsi da solo.» «Per l'appunto» annunciò Eleanor, posando la penna e alzandosi. «Se state cercando Miss Eleanor Hawke, sono proprio qui.» Lord Ashford la guardò negli occhi e per la prima volta lei percepì come potesse sentirsi un coniglio preso di mira da un lupo. Ma non era l'unica in posizione di svantaggio. Il conte non riuscì a mascherare lo stupore nella propria espressione quando scoprì che il proprietario e direttore del giornale era, in verità, una donna, e ciò le diede una piccola soddisfazione. Il gentiluomo si allontanò da Harry senza una parola e avanzò dritto verso di lei. E mentre la raggiungeva, Eleanor non poté far altro che restare immobile, bloccata dal suo sguardo. Più lui si avvicinava, più lei si rendeva conto di quanto fosse pericoloso. Forse non in senso tradizionale – anche se aveva sentito parlare e aveva scritto dei duelli che lui aveva disputato e vinto – ma senz'altro in quanto a fascino maschile. Le poche volte che l'aveva visto erano state a distanza: a teatro, alle corse, a un ricevimento pubblico. Lo conosceva di vista, ma il conte non conosceva lei e non si erano mai incontrati. E in quelle occasioni la vista di Eleanor era stata abbastanza buona da riconoscere che lui era un bell'esemplare, ben fatto, attraente, tutto ciò che un nobiluomo ricco e noto dovrebbe essere. Ma da vicino Lord Ashford era alquanto... spaventoso. Sembrava ingiusto che un uomo tanto fortunato da possedere ricchezze e titolo fosse anche così affascinante. I suoi capelli castani scuri erano tagliati secondo la moda del momento e arruffati ad arte, come se fosse appena uscito dal letto di un'amante. Data la sua reputazione, era comunque molto probabile. Aveva una fronte ampia, un 7
profilo marcato, folte sopracciglia e occhi che, persino a quella distanza, la abbagliarono con il loro azzurro chiarissimo. Ovviamente aveva una bocca che sembrava esperta di baci e... altro. Si mosse sulle gambe lunghe con una disinvoltura che tradiva la sua abilità di atleta. La giacca blu scuro aderiva alla perfezione all'ampiezza delle sue spalle e il panciotto color crema, ricamato in oro, gli definiva la forma del torace; il suo sarto di Jermyn Street aveva fatto un ottimo lavoro. Attillate brache di pelle di daino erano infilate dentro lucidi stivali al ginocchio, provenienti da Bond Street. Sul serio, c'era di che preoccuparsi. «Miss Hawke?» chiese lui secco, portandosi davanti alla scrivania ingombra di carte. «Non mi aspettavo una femmina.» «Nemmeno i miei genitori» rispose lei, sedendosi, «ma alla fine hanno imparato a adattarsi. Come posso aiutarvi, milord?» Benché si sentisse obbligata a porgli tale domanda, si preparò per quella che di certo sarebbe stata un'infuocata ramanzina. Lui si tolse il cappello, poi sollevò un numero dell'Hawk's Eye e iniziò a leggere. «Lord A., un personaggio assai noto ai nostri distinti e assidui lettori, è stato di recente visto in compagnia di una certa Mrs. F., il cui defunto marito ha ottenuto una considerevole fortuna grazie alla manifattura e alla vendita di indumenti femminili, che ci imbarazza nominare su queste pagine virtuose.» Gettò la copia a terra. «Sbagliato.» «Non potete negare...» Ma lui non aveva finito. Alzando un altro numero del giornale, riprese a leggere. «Potrebbe sconvolgere i nostri onorevoli lettori apprendere che il famoso Lord A. non ha corretto il proprio comportamento in seguito al duello per Lady L., dello Yorkshire, ed è stato visto con un'altra signora sposata di dubbia moralità partecipare ai bagordi organizzati fino a notte fonda dall'altrettanto scandaloso Mr. S. Tuttavia è stato notato dai nostri attenti informatori 8
che la gentildonna sposata non era l'unica signora a contendersi i favori del conte.» Anche quella copia finì sul pavimento. «Sbagliato.» Aveva scritto lei stessa quegli articoli e, benché non fossero esempi ineguagliabili di prosa, ne andava ancora abbastanza orgogliosa, come lo era di tutte le proprie fatiche. Vedere il proprio duro lavoro gettato a terra come spazzatura le bruciava. «Vi assicuro, milord, che l'Hawk's Eye si impegna per la maggior accuratezza possibile.» Eleanor aveva una rete di fonti che usava regolarmente per ottenere informazioni. Molti membri dell'aristocrazia versavano in gravi difficoltà finanziarie ed erano ben lieti di mettersi uno contro l'altro per conservare la facciata di una facile ricchezza. Lei pagava sempre i suoi informatori per farli tornare. Che le mentissero solo per ottenere il pagamento non la preoccupava, poiché preferiva verificare le loro affermazioni. Talvolta ciò significava uscire e condurre qualche indagine di persona. Ma lei era una donna impegnata, scriveva articoli, ne rivedeva innumerevoli altri, gestiva le finanze del giornale e non ne aveva sempre il tempo. Doveva guadagnarsi da vivere, dopotutto. Uomini come il conte invece no. «È alquanto presuntuoso da parte vostra, milord, supporre di essere voi Lord A.» Appoggiandosi allo schienale della sedia, accennò un sorriso. «Potrei avere scritto di Lord Archland. O forse di Lord Admond.» «Lord Archland non lascia la sua proprietà in campagna da un decennio» rispose il conte, «e Lord Admond dava scandalo quando andavano di moda i tacchi rossi e le parrucche incipriate. L'uomo descritto sono indubbiamente e disgustosamente io.» E fine della difesa. «Oh, ma voi siete tutt'altro che disgustoso, milord. In effetti, siete affascinante... per i miei lettori» si affrettò ad aggiungere lei. Lord Ashford scosse la testa. «Mi stupisce che gli abitanti di Londra conducano vite così misere da ritenere degno della spesa di quattro penny quello che faccio.» «Anche in provincia, milord» aggiunse Eleanor con or9
goglio. «Ho migliaia di abbonati in tutta la campagna.» Lui alzò le mani al cielo. «Ah, ciò migliora la situazione in maniera incommensurabile. Non riesco a capire quale fosse la mia preoccupazione.» «Come asserisce il mio giornale» spiegò lei, «siete il libertino più famoso di Londra. Ovvio che alla gente importi di quello che fate.» Lui incrociò le braccia sul petto, mettendo in evidenza quanto l'ampiezza delle sue spalle non fosse il risultato dell'abile ago di un sarto. «I vostri lettori magari sono molto più interessati alla scarsità di viveri derivata dalle recenti perdite dei raccolti. O affascinati dall'eruzione vulcanica nelle Indie Orientali. Forse, ma solo forse, preoccupati perché l'Argentina ha dichiarato la propria indipendenza dalla Spagna. Non vi è mai passato per la testa di pubblicare qualcosa del genere, Miss Hawke, invece di riportare falsi pettegolezzi su una figura insignificante come la mia?» Anche se per un attimo fu sbalordita che un uomo famigerato per la sua dissolutezza come Lord Ashford fosse così bene informato, lei si riprese in fretta. «Non vi definirei affatto insignificante, milord. Il nome della vostra famiglia risale ai tempi della Regina Elisabetta. Se ricordo bene, il vostro antenato Thomas Balfour ha ottenuto il titolo di conte in quanto corsaro della sovrana, benché altri lo ritenessero soltanto un pirata con un documento del governo. Sembra che abbiate lo scandalo nel sangue. Come può il pubblico non restarne affascinato?» Fu il turno del conte di restare sorpreso. A quanto pareva non si aspettava che lei fosse così aggiornata sui suoi antenati. Ma Eleanor era a dir poco minuziosa. Conosceva il Debrett's a memoria come altri sapevano i versetti della Bibbia. «Perché sono soltanto un uomo. Lo ammetto, un uomo con un vasto campionario...» Di amanti, aggiunse lei in silenzio. «Ma non valgo certo tutte queste pagine di preziosa carta e di inchiostro» concluse lui. 10
«Fate parte di un club per gentiluomini, vero?» chiese lei incisiva. «White's, se non ricordo male. E cosa fate lì?» «Bevo.» «Ora sembrate alquanto sobrio» osservò lei, «e vi pranzate sempre. Vista l'ora, è probabile che siate stato da White's e che poi siate venuto qui. Poiché non sento l'odore di alcol nel vostro alito o sulla vostra persona, dubito fortemente che bere sia l'unica attività con cui vi intrattenete al club.» «Ah, mi avete scoperto. In effetti» ammise lui, abbassando la voce con aria cospiratoria, «trascorro la maggior parte del tempo tramando su come vivere sulla pelle delle classi inferiori.» «A quest'ora avreste già prosciugato ogni goccia di sangue da noi comuni cittadini, se questa fosse stata la vostra ambizione.» «Forse devo rafforzare le mie motivazioni» replicò lui. «Voi state facendo un ottimo lavoro in merito.» «Che giornata di cui andare orgogliosa!» esclamò lei. «Avere spinto un conte a prendere in considerazione pensieri sul vampirismo. Suvvia, vi state dimostrando intenzionalmente ottuso. Che cos'altro fate al club, a parte ubriacarvi e cospirare per l'agonia delle classi inferiori?» «Leggo i giornali» rispose lui. Ah! Finalmente. «E per quei gentiluomini che non possiedono le conoscenze o le ricchezze per diventare membri di un club, ci sono sempre le taverne. Tengono anche loro i giornali per i propri clienti.» «Forse dovreste evitare i giri di parole» ribatté lui acido, «perché non capisco dove vogliate arrivare.» Lei girò intorno alla scrivania e vi si appoggiò, così che furono solo a qualche passo di distanza. «Voglio farvi notare, Lord Ashford, che ci sono innumerevoli fonti per le notizie che avete citato. La maggior parte dei loro uffici si può trovare a un quarto di miglio da qui. Quei giornali sono per le notizie. Ma l'Hawk's Eye fornisce qualcosa che il Times e altri quotidiani non offrono.» «Carta per le gabbiette degli uccelli?» suggerì lui. 11
«Una guida morale.» Lui fece una breve, secca risata. «Dovrei far venire gli inservienti di Bedlam, perché è ovvio che siete vittima di un violento delirio. Come il nostro caro re, che Dio lo salvi.» Lei serrò le labbra. Non era la prima volta che veniva attaccata per le prassi del suo giornale, ma di rado l'aveva fatto qualcuno di così intelligente e che si esprimeva in maniera articolata come il conte. Come poteva un uomo possedere un paio di occhi azzurri tanto spettacolari? Come uno scintillio di zaffiri inondati dal sole autunnale. «È scritto proprio qui, sotto la testata» specificò lei, raccogliendo una copia e posandola sulla scrivania. «Consilium per studium. Guida attraverso l'osservazione. Se conduceste una vita più virtuosa, non apparireste affatto sul mio giornale.» Lui la osservò con manifesta incredulità. «Che smisurata insolenza, da parte vostra, giudicarmi. Voi, che traete profitto dal nutrirvi di carogne, come una iena armata di penna.» Eleanor si considerava una persona con la pelle dura e una buona dose di compostezza, ma per qualche ragione le parole del conte la colpirono, provocandole una strana emozione che non provava da molto tempo. Tirando a indovinare, era un misto di dolore e... vergogna. Si scosse di dosso in fretta la sensazione. La vergogna era per chi poteva permettersela. E lei non poteva. «Non giudico, riporto solo i fatti per come li conosco.» Lui sbuffò. «Non sono fatti. Solo mezze verità seppellite sotto una prosa terribile.» «La mia scrittura non è terribile» brontolò lei. «Avete letto l'Examiner di recente? Quello è un pessimo stile.» «Tuttavia sono qui» sottolineò lui, «nel vostro ufficio.» «È vero. Però, milord, potete anche inveire, lamentarvi e piagnucolare come un bambino stizzoso... ma siete pur sempre un personaggio pubblico. E questo vi rende un bersaglio lecito. Il resto del mondo conduce vite piuttosto monotone. Noi ci alziamo...» 12
«Come mi alzo io.» «Facciamo colazione.» «Lo stesso faccio io.» «Andiamo a lavorare.» A quel punto lui rimase in silenzio. «La maggioranza di noi non può permettersi di andare a teatro o nelle case da gioco né ha gli agganci sociali per frequentare ricevimenti privati. Ma voi potete e lo fate. Voi siete ciò che tutti noi desideriamo essere, milord.» Lui rise mesto. «Forse voi e i vostri lettori dovreste mirare più in alto. Ci sono persone, come direste voi, di levatura morale più elevata che vale la pena di prendere come esempio.» «Forse» ammise lei candida. «Posso elencarvi decine di uomini e donne, tutti animati da propositi e aspirazioni più nobili dei vostri, che preferirei addurre come esempi da emulare. Insegnanti e filantropi.» Lui parve insultato. «Elargisco generose donazioni agli orfanotrofi e alle organizzazioni di assistenza ai veterani proprio qui a Londra.» «Davvero?» Avrebbe dovuto appuntarselo più tardi. Nessuna delle sue fonti le aveva mai rivelato quell'aspetto della vita del conte, ma sarebbe stato un contrasto sorprendente alla vita pubblica dissoluta di Lord Ashford. Gli faceva anche onore che non avesse cercato di rendere noti i suoi impegni caritatevoli. Ma per lei era più facile svolgere il proprio lavoro se non lo avesse stimato troppo. «A prescindere dalla natura del vostro carattere, milord» proseguì, «conducete una vita che solo una minima parte di persone può sperare di ottenere. Ciò vi rende quindi oggetto di interesse. E la verità è che non potete impedire a me o a chiunque altro della mia redazione di scrivere su di voi.» «Un fatto increscioso di cui sono ben consapevole» rispose il conte. Lei tornò dall'altro lato della scrivania. «Allora ritengo che ci siamo detti tutto ciò che potevamo dirci, per quanto sia stato piacevole questo scambio. Buona giornata, milord.» Fece per sedersi. «Sono piuttosto occupata, ma pos13
so farvi accompagnare alla porta da Harry, se ne avete bisogno.» Lord Ashford tuttavia non si mosse. Rimase esattamente dov'era, le braccia ancora incrociate sul petto. «Se volete usarmi come soggetto per i vostri articoli, il minimo che potete fare è condurre ricerche adeguate.» Lei indugiò in sospeso sopra la sedia. «Perdonatemi se non ho studiato a Cambridge, ma non sono sicura di capire che cosa stiate suggerendo.» Il conte sciolse le braccia e le appoggiò al bordo del tavolo, protendendosi leggermente in avanti. Nonostante li separasse la superficie della scrivania, lei si sentì obbligata a ritrarsi. «Sto suggerendo, Miss Hawke, che mi accompagniate. Giorno e notte. Così potrete vedere come impiego di preciso il mio tempo. Sapete» continuò, un lento sorriso che gli si allargava sul volto, «non voglio che smettiate di scrivere di me. Voglio solo che lo facciate nel modo corretto.» Daniel non si era ancora ripreso dallo stupore di avere scoperto che E. Hawke era, in realtà, Eleanor Hawke. Lei non era nemmeno il tipo di donna sciatta che ci si poteva aspettare nell'ambiente di Grub Street. Miss Hawke somigliava alla moglie di un ricco commerciante, anzi, per la precisione alla moglie graziosa di un commerciante, con i capelli color grano, luminosi occhi nocciola, lineamenti marcati ma femminili e una figura dalle curve armoniose. Sembrava avere più o meno la sua età, trentadue anni, come si addiceva a qualcuno che possedeva un'attività e la gestiva in proprio. Una donna in un settore dominato quasi esclusivamente dagli uomini. Se c'erano altre donne che lavoravano nel suo campo, lui non l'aveva mai sentito. Doveva aver ereditato il giornale da qualche parente maschio, un padre o un marito, forse. Magari un defunto marito. Di certo non aveva fondato da sola il periodico. Eppure, eccola lì, sorprendente nella sua rispettabilità. Indossava un modesto abito color pesca e aveva i capelli 14
raccolti in maniera ordinata. L'unico segno del fatto che lavorava per mantenersi erano le dita macchiate d'inchiostro. Lui non aveva preso in considerazione che E. Hawke potesse essere una donna. Ma a dire il vero era perfetto. La sua proposta sarebbe stata ancora più allettante per lei. Un giornalista e una donna erano le due creature più curiose al mondo. Combinando le due cose, solo un gatto poteva rivaleggiare con lei in curiosità. Era riuscito a distogliere la sua attenzione dalle attività che lo avevano consumato nelle ultime due settimane e l'aveva distratta dal suo vero scopo. Mentre lo sguardo della direttrice era stato concentrato altrove, lui aveva perseguito il suo vero obiettivo: trovare il suo amico Jonathan. Era evidente che la proposta intrigava Miss Hawke, che continuava a indugiare in bilico sopra la sedia. Malgrado il proprio interesse, gli chiese con aria sospetta: «Perché dovreste volere che scriva di voi?». «Come avete affermato» spiegò lui, «non posso impedirvi di scrivere quegli assurdi articoli sulla mia vita. E se non posso impedirvelo, il minimo che potete fare è essere precisa. Che modo migliore c'è di venire con me giorno e notte per annotare le mie attività? A meno che non siate in grado di sopportare bagordi fino a notte fonda o di osservare in prima persona come passa le sue immorali ore la crème della società.» Non era certo la verità. Ma non aveva intenzione di spiegarle che Jonathan Lawson, il suo più caro amico sin dall'infanzia, era scomparso da quasi un mese. La situazione era ancora più tragica, perché, subito dopo la scomparsa di Jonathan, il fratello maggiore di questi era morto. Ora Jonathan era l'erede di uno dei più antichi e prestigiosi ducati d'Inghilterra e nessuno riusciva a trovarlo. Prima della sua sparizione, era stato visto frequentare brutte compagnie, persone poco raccomandabili. Uomini che si aggiravano per i vicoli dell'East End e vivevano come ratti. Se si fosse sparsa la notizia della sua scomparsa, soprattutto sui giornali, la famiglia sarebbe stata completamente rovinata. Ma Daniel, come Miss Hawke aveva sottolineato in ma15
niera così esaustiva, era un personaggio pubblico. Lei aveva documentato ogni suo movimento e lui doveva solo farle distogliere lo sguardo perspicace dalla ricerca di Jonathan. Fornire distrazioni architettate appositamente era proprio la strategia che serviva. Così si era palesato all'attento esame della donna perché lo doveva a Jonathan. Un disagio di poco conto che non era niente, paragonato all'omissione di onorare le tacite promesse di un'amicizia. E Daniel aveva tradito l'amicizia di Jonathan in maniera spettacolare. Miss Hawke si lasciò cadere sulla sedia, facendola dondolare mentre rifletteva sulla sua proposta. La fronte corrugata e i polpastrelli uniti con fare pensoso, premuti contro il labbro inferiore. Finalmente il dondolio della sedia cessò e lei lo affrontò. «Non mi fido di voi» affermò schietta. Nessuno, tranne Jonathan e il suo amico Marwood, gli parlavano con altrettanta franchezza. Eppure Miss Hawke si rivolse a lui come se avesse tutto il diritto di essere così diretta. Come se fossero due pari. A ogni livello. Attese di sentire una cocente ondata di oltraggio o collera. Tuttavia non ne arrivò alcuna. Fu... una ventata d'aria fresca. Sentirsi rivolgere la parola come se non fosse il Conte di Ashford, un nobile a cui si dovevano adulazioni, lusinghe o untuosa deferenza. Ma... un uomo ordinario. «Perché dovreste?» ribatté franco. Il suo stesso candore sembrò coglierla di sorpresa, il che gli parve una piccola vittoria. Non era l'unica capace di sconvolgere qualcuno. «Non ho ragione per farlo» replicò lei. «Abbiamo chiaramente stabilito che siamo di pareri opposti. Avete già notato due salienti dati di fatto su di me. Che sono la titolare di questa attività. E che sono una donna.» «Sì, li ho notati entrambi.» L'inopportuna verità era che, se avesse visto Miss Hawke a un ricevimento, avrebbe cercato di strapparle un ballo, se non qualcosa di più. Era di un fascino che distraeva. Concreta, intelligente. Snella e formosa nel contempo. Ma l'obiettivo di Daniel era troppo 16
importante per permettere a qualcosa come la bellezza di quella donna di distrarlo. Lei non poteva sapere perché si trovasse lì o che cosa l'avesse spinto ad avanzare una proposta così sfacciata. E se lei avesse rifiutato l'offerta... No, doveva accettare. Ne dipendeva la reputazione di una famiglia influente. E, cosa ancora più importante, la vita stessa di Jonathan. Miss Hawke continuò: «Nessuna delle due condizioni mi ha resa propensa ad avere fiducia negli altri, soprattutto negli uomini». Quell'affermazione catturò la sua attenzione. Prima che lui potesse insistere su quell'interessante confessione, lei aggiunse: «Tuttavia... sarei una sciocca a rifiutare la vostra proposta. Dopotutto, cosa vi impedisce di andare da uno dei miei concorrenti con la stessa offerta?». Ashford non accennò al fatto che nessuno degli altri giornali scandalistici riportava notizie su di lui con la stessa regolarità e implicita gioia dell'Hawk's Eye. «Niente. Solo la mia inclinazione» asserì lui. Ancora assorta nei propri pensieri, lei si alzò e iniziò a percorrere avanti e indietro l'ufficio. «Potremmo preparare una rubrica regolare» borbottò, principalmente tra sé e sé. «Pubblicizzarla nei prossimi numeri preparando la serie. Farebbe salire le vendite. E la chiameremmo... la chiameremmo...» «Le avventure di Lord A.» suggerì lui. Eleanor gli rivolse uno sguardo esasperato, come se fosse delusa dal suo tentativo. «Non è neanche lontanamente stuzzicante.» «Perdonatemi se non sono avvezzo agli usi della stampa sordida.» «Non avreste mai successo come giornalista» ribatté Miss Hawke. «Grazie al cielo.» Mentre camminava su e giù per il minuscolo ufficio, la donna lo sfiorava di continuo. Lui colse il suo profumo di inchiostro, di olio della macchina da stampa e di cannella. Giacché non aveva alcun desiderio di rifugiarsi in un ango17
lo come un cane spaventato, rimase dov'era, nonostante la scombussolante vicinanza di Miss Hawke. D'un tratto lei si fermò e il suo viso si illuminò. Aveva trovato l'ispirazione, che la trasformò da graziosa a straordinaria in un istante. «A spasso con un libertino» proclamò. Lui fece una smorfia. Di tutti gli epiteti con cui era stato chiamato nella vita – mascalzone, scialacquatore, donnaiolo – libertino era sempre stato quello che detestava di più. Sottintendeva una certa lascivia, un'indecenza volgare. «Non c'è bisogno di usare quella parola.» «Oh, sì invece» lo contraddisse lei, il volto splendente. «A parte il termine duca, non c'è niente che intrighi i potenziali lettori più di libertino. Volete che la gente legga gli articoli, no?» Date le sue preferenze, era spontaneamente propenso a dire di no. Ma quelle erano circostanze straordinarie e aveva bisogno che quanti più occhi possibili fossero fissi sulle sue attività. «Sì» ammise a denti stretti. Lei gli sorrise raggiante. «Ottimo. A spasso con un libertino sia.» Un pensiero improvviso gli sbocciò nella mente. «Le mie eccezionali capacità d'osservazione hanno notato che, in effetti, siete una donna. Intrattenervi in mia compagnia danneggerà la vostra reputazione.» La sua risata fu roca, miele su pietre levigate. «Sono una giornalista, milord. Non ho una reputazione.» La maggior parte delle donne di sua conoscenza difendeva il proprio buon nome con apprensione. Vivevano in un mondo dove la posizione sociale di una donna significava tutto. Ma quella singolare Miss Hawke sembrava risiedere in un regno a parte, senza preoccupazione per ciò che gli altri potevano pensare di lei. Come se fosse un uomo. O, perlomeno, alla pari di un uomo. Davvero intrigante. «Allora siamo d'accordo, milord? Vi accompagnerò in tutte le vostre attività e le descriverò per l'Hawk's Eye?» Era il momento cruciale. L'ultima possibilità prima di 18
spalancare le porte della propria vita e rendersi l'oggetto della pubblica osservazione. Era stato esaminato in passato, ma mai nella misura in cui aveva proposto adesso. Il solo pensiero gli procurò una stretta al petto e i suoi pugni si serrarono, pronti a difendere lui e la sua intimità. I gentiluomini non facevano mai niente per la notorietà. Erano discreti, eleganti, riservati. Non c'era nulla di discreto, elegante o riservato nell'apparire come l'attrazione di un circo sulle pagine del foglio scandalistico di Miss Hawke. Eppure doveva. Per la famiglia di Jonathan. E, cosa più importante, per Jonathan stesso. «Siamo d'accordo» confermò. Lei tese la mano. Porgendogliela perché lui la stringesse. Daniel la scrutò per un attimo. Le signore non scambiavano strette di mano, la offrivano per un baciamano o altrimenti si inchinavano. Ma quella era un'altra dimostrazione che Miss Hawke era diversa da qualunque altra donna avesse mai conosciuto. La stretta era il suo impegno. Quel gesto finale avrebbe suggellato il suo destino. Alla fine, prese la mano nella propria. Lui indossava ancora i guanti, ma attraverso la delicata pelle di capretto poté sentirle i calli che le segnavano le dita. Quella donna lavorava per vivere. Aveva la mano calda, però, una corrente tropicale che palpitò dentro di lui attraverso il cuoio sottile dei guanti. Come sarebbe stato premere i palmi nudi l'uno contro l'altro, pelle contro pelle? Conosceva la sensazione che gli avevano procurato molte donne, ma nessuna era come lei. Eleanor abbassò lo sguardo sulle loro mani unite con una lieve espressione aggrottata. Come se cercasse di risolvere un rompicapo. Doveva stare in guardia con lei. Era il tipo di persona che non rinunciava mai a un mistero finché non ne aveva svelato ogni aspetto. Se avesse scoperto il vero motivo della sua proposta, le conseguenze sarebbero state disastrose. Di colpo lei interruppe la stretta. Si premette la mano contro le gonne e si schiarì la gola. «Dovremmo concorda19
re un programma. Quando cominciamo?» volle sapere. «Il prima possibile.» Lei lo guardò perplessa. «Avete fretta, milord?» Sfruttando anni di pratica come gentiluomo, Daniel mantenne la voce pacata e impassibile. «Non voglio tenere troppo all'oscuro i vostri lettori.» Che non era una risposta, ma non gliene avrebbe data un'altra. «Domani sarà perfetto» replicò lei, «se a voi va bene.» «Va benissimo. Avevo intenzione di trascorrere la nostra serata da Donnegan's.» «Non mi è familiare.» «È una casa da gioco non proprio autorizzata.» «Una casa da gioco.» Eleanor quasi balzò in piedi per l'eccitazione, poi si calmò. «Permettono l'ingresso alle donne?» «No... quindi dovrò tirar fuori un nuovo programma.» Fino a quel momento aveva pianificato tutto credendo che E. Hawke fosse un uomo. «Posso procurarmi qualche indumento maschile» propose lei. «Un travestimento.» Più che scoraggiata dalla prospettiva di indossare un abbigliamento da uomo e infiltrarsi in un covo di vizi mascolini, Miss Hawke sembrava entusiasta come un bambino lasciato libero in un negozio di giocattoli. Un negozio di giocattoli molto immorale. «Come?» «Ho degli amici a teatro.» «Ovvio... un impiego dalla cattiva fama gravita intorno a un altro.» «Eppure ci sono uomini titolati che conducono esistenze di incomparabile virtù.» «Ci piace il teatro» replicò lui secco. «Sazia la nostra brama di dissolutezza.» «Be', i miei amici dissoluti all'Imperial Theatre mi daranno accesso ai loro costumi e alle parrucche.» Daniel inarcò il sopracciglio. «L'Imperial. Sono noti per i loro spettacoli assai... poco convenzionali.» Il suo amico Marwood quasi non si perdeva una serata all'Imperial. Marwood amava soprattutto le opere buffe di Mrs. Dela20
mere, che prendevano di mira le classi altolocate. L'ampio, rapido sorriso di Miss Hawke lo colpì al petto. «Quando non si ha un'esclusiva, bisogna essere un po' fantasiosi per attirare frequentatori abituali.» Lui si mise il cappello. «Domani sera, allora. Vi verrò a prendere all'Imperial.» «Domani sera.» Dopo una pausa, il conte si voltò e se ne andò, consapevole dello sguardo di Miss Hawke sulla schiena mentre usciva dall'ufficio. Non aveva scelta, doveva arrivare fino in fondo, qualunque conseguenza avesse portato. Tuttavia non poteva dimenticare la sensazione della mano di quella donna nella propria. Sottile, forte e calda. Non appena mise piede in strada, dove la carrozza lo aspettava, un pensiero gli sussurrò che aveva appena stretto un patto con un diavolo molto grazioso.
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Un dono inaspettato ANNIE BURROWES LONDRA, 1815 - Julia Whitney decide di sedurre il giovane che ama. Ma non ha considerato di commettere un terribile errore ed essere colta in flagrante con l'uomo sbagliato...
La maschera del libertino EVA LEIGH INGHILTERRA, 1816 - La più grande passione di Cameron Chalton, Visconte Marwood, è il teatro. Assieme a quella per la sua autrice preferita, Margaret Delamere, che però...
Un campione per Miss Jenna BRONWYN SCOTT INGHILTERRA, 1838 - Hayden Islington è un ex investigatore con la fama di seduttore. La bella Miss Jenna Priess gli affida un incarico pericoloso, soprattutto per il suo cuore!
Inciso nel cuore ELISABETH HOBBES INGHILTERRA, 1340 - Joanna viene respinta dal cavaliere che ama e costretta a sposarne il fratellastro. Ma quell'unione forzata diventerà un legame dolce e profondo grazie a... Dall'1 dicembre
PER TUTTI I FAN DI LUCINDA RILEY E OUTLANDER UN AFFASCINANTE VIAGGIO TRA PRESENTE E PASSATO FIRMATO NICOLA CORNICK
TRE DONNE, UNA MISTERIOSA SCOMPARSA, UN SEGRETO DA SVELARE... IL POTERE DI CAMBIARE LA STORIA È NELLE LORO MANI.
Londra, 1662. C’era qualcosa che la Regina d’Inverno doveva assolutamente dirgli. Doveva solo trovare la forza di parlargli. “Lo specchio di cristallo è un pericolo. Deve essere distrutto.” “Sarà fatto.” replicò lui.
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