Robyn Carr
Alla scoperta di noi
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: What We Find Mira Books © 2016 Robyn Carr Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance ottobre 2017 Questo volume è stato stampato nel settembre 2017 da CPI Moravia Books HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 189 del 13/10/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Maggie Sullivan si rifugiò sulle scale tra il quinto e il sesto piano in fondo all'ala ovest dell'ospedale. La scelta non era casuale: si trattava della scalinata meno usata da tirocinanti e specializzandi che correvano da un piano all'altro, da un'emergenza all'altra. Maggie si sedette sul pianerottolo tra le due rampe, con i piedi sullo scalino e il viso chino sulle braccia piegate sulle ginocchia. Aveva il cuore stretto da una morsa che lo stritolava; non capiva come facesse ad avvertire quella sensazione di soffocamento e angoscia ogni giorno. Credeva di essere più forte. «Ma guarda, certe abitudini non cambiano proprio mai» commentò una voce familiare. Maggie alzò lo sguardo verso la sua migliore amica, Jaycee Kent. Dopo aver frequentato insieme la facoltà di medicina, si erano divise al momento della scelta della specializzazione. Jaycee era in ostetricia e Maggie in neurochirurgia. Avevano passato ore nascoste sulle scale a piangere durante i primi, durissimi anni. Colleghi e insegnanti erano quasi tutti uomini, e non volevano farsi vedere da loro in preda a una crisi di pianto. Maggie fece una risatina fra le lacrime. «Come mi hai trovata?» chiese all'amica. «Cosa ti fa credere che non sia tu a occupare abusivamente il mio rifugio?» ribatté Jaycee. «Il fatto che sei felicemente sposata e hai una figlia stupenda, per esempio.» 5
«Però ho anche un orario di lavoro massacrante, soffro per la mancanza di sonno e la mia vita non è tutta rose e fiori» precisò Jaycee sedendosi accanto a Maggie. «Per fortuna non sono anche in sindrome premestruale in questo momento.» La fissò intensamente e aggiunse: «Stai facendo un turno per sostituire qualcuno, giusto? Tanto per pagare le bollette?». «Sì, da quando ha chiuso lo studio medico e i miei soci sono stati indagati» annuì Maggie. «Hai bisogno di fare una pausa. Ti stai riprendendo dall'aborto e hai gli ormoni sballati. Devi concederti un periodo di riposo, andartene, almeno dal pronto soccorso. Chiedi un congedo, vai da qualche parte, devi cambiare aria per recuperare la serenità.» «Mi ha mollata» annunciò Maggie lapidaria. Jaycee la guardò sbalordita. «Come?» «Mi ha lasciata, dicendo che non sopportava più la mia emotività e i miei problemi. Mi ha consigliato di chiedere aiuto a uno psicologo.» Jaycee rimase in silenzio per qualche secondo. «Sono senza parole» commentò infine con amarezza. «Che deficiente!» «Be', in effetti, è vero che piangevo sempre» ammise Maggie tirando su col naso. «Piangevo quando eravamo insieme, e anche quando parlavamo al telefono. Credevo che non mi dispiacesse così tanto non avere figli. In fondo, ho trentasei anni e un lavoro impegnativo, e stavo con un brav'uomo che aveva appena concluso un matrimonio burrascoso e aveva già una figlia.» «Ti concedo tutto tranne la definizione brav'uomo» obiettò Jaycee. «È un medico, santo cielo! Non si rende conto di quanto tu sia provata per via di quello che hai passato? Anche non considerando tutto lo stress lavorativo, resta sempre il fatto che hai avuto un aborto spontaneo! La gente lo considera quasi poco più di un ciclo mestruale abbondante, ma in realtà hai perso un bambino e ti serve tempo per elaborare il lutto.» «Parole sante!» esclamò Maggie mentre si frugava in tasca per cercare un fazzoletto di carta con cui soffiarsi il naso. 6
«Quando ho scoperto di essere incinta, un quarto d'ora dopo stavo già fantasticando sulla mia creatura e le volevo bene, immaginavo il suo viso, il nome che avrei scelto se fosse stato un maschio o una femmina...» «Non per rigirare il dito nella piaga, ma il tuo equilibrio emotivo è pesantemente influenzato dagli ormoni in subbuglio. Dammi retta, stasera manda qualche email e informa i tuoi diretti superiori che prenderai una o due settimane di permesso.» «Nessuno sa della gravidanza, tranne te e Andrew» precisò Maggie. «Non devi per forza spiegare i motivi della tua richiesta. Tutti sanno della chiusura del tuo studio, degli ex soci e della causa. Sinceramente i colleghi sono tutti stupiti, si chiedono come tu riesca a stare ancora in piedi ed essere lucida. Vai in vacanza, parti, riposati.» «Hai ragione, sai? Basta nascondersi sulle scale, i gradini di cemento mi uccidono.» Jaycee le cinse le spalle con un braccio. «Proprio come ai vecchi tempi, eh?» Per l'ultima decina di chilometri, prima di arrivare a Sullivan's Crossing, la strada era un fiume di fango e il SUV Toyota di Maggie, che in origine era color bianco panna, era schizzato di fanghiglia fino all'altezza dei finestrini. Non c'era da stupirsi dato che a Denver era piovuto per tutta la settimana. Marzo era il mese più uggioso e imprevedibile dell'anno, specialmente in montagna. In pratica, o pioveva o nevicava, non c'era alternativa. Tuttavia, Maggie era reduce da un lungo periodo difficile e non si era per nulla preoccupata del tempo. Le condizioni atmosferiche erano l'ultimo dei suoi pensieri. Quell'anno era stato pieno di complicazioni sanitarie, legali e personali, culminate con la chiusura del suo studio medico qualche mese addietro. Maggie aveva collaborato con altri studi, coprendo qualche turno qua e là e lavorando contemporaneamente al pronto soccorso traumatologico mentre cerca7
va di dipanare il casino che era diventato la sua vita. Quella visita a casa rappresentava la pausa di cui aveva bisogno, seguendo il consiglio della sua migliore amica e del suo medico curante. Dopo avere mandato qualche email e fatto alcune telefonate, stava andando a casa di suo padre. Era propabile che soffrisse di depressione. Di certo era esaurita e con il morale a terra. Il lavoro era impegnativo, con orari assurdi, e la tensione a cui era sottoposta avrebbe spezzato chiunque. Un anno addietro, due chirurghi del suo studio medico erano stati accusati di frode e negligenza e sospesi dal servizio; non potevano visitare i pazienti in attesa che venisse completata l'inchiesta, che probabilmente avrebbe portato a un processo. Nonostante Maggie non fosse a conoscenza degli episodi incriminanti, era stata coinvolta dallo scandalo, su cui i media si erano gettati come avvoltoi, ed era rimasta sola a cercare di mandare avanti uno studio medico a corto di organico. Poi le avevano fatto ingiustamente causa i genitori di un ragazzino morto per le lesioni riportate in un terribile incidente stradale quando lei era di turno. Sembrava impossibile aggiungere un altro problema al mucchio di guai che giĂ aveva, ma il fato era imprevedibile e colpiva in modi imperscrutabili. E infatti Maggie aveva scoperto di essere incinta; nel suo caso era proprio vero che a volte pioveva sul bagnato... Si era trattato di un incidente di percorso. Frequentava Andrew da un paio di anni. Lei abitava a Denver e lui ad Aurora, perchĂŠ entrambi avevano lavori impegnativi e si vedevano quando potevano. Le rare volte in cui riuscivano a concedersi un fine settimana lungo era un miracolo. Maggie avrebbe voluto una relazione piĂš stabile, ma Andrew lavorava in pronto soccorso ed era anche divorziato, con una figlia di otto anni. Si sentivano spesso al telefono e si scrivevano messaggini ed email tutti i giorni. Maggie contava sul suo sostegno e sulla sua presenza. Pur non avendo previsto di sposarsi e avere figli nell'immediato futuro, quella gravidanza inattesa si era rivelata una 8
piacevole sorpresa. Era l'unica buona notizia in un anno tremendo. Invece Andrew non l'aveva presa bene. Stava ancora subendo gli effetti del divorzio, nonostante fossero passati tre anni, perché lui e l'ex moglie continuavano a litigare per gli alimenti, l'affido della figlia e le visite. Maggie non capiva perché Andrew insistesse tanto, considerato che quando era con la figlia non sapeva dove portarla né come trattarla. Comunque, quando Maggie gli aveva annunciato di essere incinta, lui le aveva proposto d'interrompere la gravidanza, dicendo che avrebbero potuto riparlarne di lì a un paio di anni se si fosse accorta che la maternità era tanto importante per lei, e se la loro relazione fosse durata. Maggie non riusciva a concepire l'idea di abortire. In fondo aveva trentasei anni e non le restava molto tempo per riparlarne. Non poteva dare ascolto ad Andrew solo perché lui era titubante davanti alla prospettiva di diventare padre. Non aveva espresso la sua volontà ad Andrew di tenere il bambino in ogni caso, anche a costo di infliggere un colpo letale al loro rapporto. Alla fine, il destino aveva deciso per lei, perché aveva avuto un aborto spontaneo. E per il suo equilibrio psicologico era stato un colpo durissimo. Solo due persone erano a conoscenza della gravidanza e della successiva perdita: Andrew e Jaycee. Maggie piangeva tutte le sue lacrime ogni notte. A volte non riusciva neanche a trattenersi e ad aspettare di rincasare dal lavoro, e scoppiava in un pianto disperato appena chiudeva la portiera dopo essere salita in macchina. E poi c'erano i momenti in cui si rifugiava sulle scale, per non parlare dei pianti ininterrotti a cui si abbandonava quando era al telefono con Andrew. Ogni volta che si vedevano non faceva altro che versare tutte le sue lacrime; continuava a piangere anche tra le sue braccia mentre lui cercava di consolarla, e si sentiva ancora più mortificata perché sapeva che, in cuor suo, Andrew era sollevato. Poi, un brutto giorno, di punto in bianco lui aveva gettato la spugna. Le aveva annunciato che non aveva più la forza di sopportare quella situazione e che aveva bisogno di una pau9
sa di riflessione. Si era dichiarato impotente davanti alle sue reazioni, incapace di darle il sostegno che le serviva. Le aveva suggerito di rivolgersi a uno specialista che sapesse come aiutarla a rimettersi in sesto psicologicamente, perché lui non sapeva da dove cominciare. Sapeva solo che, con il suo esaurimento nervoso, lei l'aveva sfinito, sue testuali parole. Maggie era rimasta esterrefatta davanti al suo sfogo. Non riusciva a capacitarsi del fatto che Andrew la stesse mollando quando erano passate solo tre settimane dall'aborto. La reazione di Andrew le aveva fatto capire esattamente chi avesse di fronte. «Non posso farci niente» le aveva risposto. Non posso farci niente... Quello era stato il primo momento in cui si era resa conto che Andrew era un egocentrico e un egoista, che pensava solo a se stesso. Per seguire il consiglio di Jaycee, aveva fatto i bagagli per andare da suo padre, che abitava a sud di Leadville e Fairplay. Dopo la prima valigia, ne aveva riempita un'altra, poi un'altra ancora, come se non avesse intenzione di rimettere più piede a casa sua. Era partita da Denver e si era diretta a sudovest, senza avvertire suo padre del suo arrivo imminente. Invece aveva telefonato a sua madre Phoebe, per informarla che sarebbe andata a stare da Sully e non sapeva quanto tempo si sarebbe trattenuta da lui. Non aveva programmi precisi, il suo unico obbiettivo era quello di sfuggire allo stress, all'ansia e alle pene che le opprimevano l'anima. Nel primo pomeriggio giunse infine all'emporio di famiglia, aperto dal bisnonno, passato al nonno e infine a suo padre, Harry Sullivan. Noto a tutti come Sully, era un settantenne ancora prestante, attivo e dinamico, che non sembrava affatto intenzionato a rallentare il ritmo e ad andare in pensione. Maggie parcheggiò davanti al negozio, ma rimase qualche istante seduta al volante senza scendere dalla vettura, cercando di decidere cosa dire a suo padre. Come spiegargli che aveva avvertito il bisogno di cambiare aria, senza fargli capire 10
che aveva da poco perso un bambino e aveva il cuore infranto? Beau, il labrador di suo padre, un affettuoso cagnone color miele di quattro anni, arrivò trotterellando dal retro dell'emporio e, appena vide la sua auto, cominciò a girarvi intorno abbaiando, poi mise le zampe anteriori sulla portiera dal lato del conducente e guardò Maggie con aria implorante. Frank Masterson, un abitante del posto che sembrava far parte dell'arredamento del negozio, era seduto sotto il portico e leggeva il giornale sorseggiando un caffè. Maggie non ricordava un solo giorno in cui Frank non fosse stato all'emporio. Le bastò un'occhiata per notare che l'area campeggio era quasi vuota; c'erano solo un paio di roulotte e di tende sullo spiazzo lungo la strada che conduceva al lago. Maggie vide un uomo che leggeva seduto su una sedia di tela da campeggio, di fronte alla sua tenda. Non si aspettava che ci fosse il pienone; dopotutto era metà settimana all'inizio di marzo, il mese in cui giravano meno vacanzieri rispetto al resto dell'anno. Frank guardò in direzione di Maggie due volte, senza però rivolgerle un cenno di saluto. Beau si allontanò sdegnato, deluso perché lei non era scesa dall'auto. Ma c'era un motivo ben preciso se Maggie stava temporeggiando: non le era ancora venuta in mente la frase più adatta con cui esordire per spiegare quella sua improvvisata. Trascorsero ben cinque minuti prima che suo padre uscisse dal negozio e scendesse i gradini della veranda, tallonato da Beau. Maggie abbassò il finestrino e gli sorrise. «Ciao, Maggie» la salutò lui appoggiandosi sul tetto della macchina. «Non ti aspettavo.» «L'ho deciso all'ultimo momento.» Sully lanciò un'occhiata al sedile posteriore ingombro di bagagli. «Per quanto tempo pensi di fermarti?» Maggie scrollò le spalle. «Non avevi detto che sarei sempre stata la benvenuta e che sarei potuta restare tutto il tempo che avessi voluto?» 11
Suo padre le sorrise. «Eh, dico una tale quantità di stupidaggini!» scherzò. «Avevo bisogno di concedermi una pausa dal lavoro e... da tutto il resto. Ho pensato che fosse giunto il momento di prendermi qualche giorno di riposo.» «Ti capisco. Cosa posso fare per te?» «Sarebbe troppo disturbo darmi una birra e un letto?» gli chiese Maggie, con una lieve nota sarcastica nella voce. «Va bene una Coors?» «Benissimo.» «Allora vai a parcheggiare a casa. C'è della birra in frigo e il tuo letto non è stato ancora occupato dai turisti.» «Sei stato molto gentile a lasciarlo libero.» «Ti serve aiuto per scaricare le valigie? Hai portato tutto il guardaroba, vedo.» «Grazie, ma ci penso io. Per ora mi basta l'essenziale.» «Allora torno al lavoro. Ci vediamo dopo.» «Perfetto.» Maggie portò in casa una sola valigia, quella in cui aveva messo il beauty-case, il pigiama e un paio di jeans puliti. Quando era piccola, e nella tenuta di famiglia vivevano entrambi i genitori e il nonno, Maggie era stata felice. L'atmosfera era serena sia in negozio sia in casa, la gente del posto, i campeggiatori erano cordiali e il paesaggio era stupendo, tra le montagne, il lago e la valle verdissima, spesso illuminati dal sole e abitati da una ricca fauna. Però c'era anche un lato oscuro in quella vita idilliaca, perché sua madre era sempre infelice, suo padre tendeva ad alzare il gomito un po' troppo spesso, e i due bisticciavano di frequente, per cui Maggie si sentiva triste. Poi, quando Maggie aveva sei anni, sua madre aveva deciso che ne aveva abbastanza delle difficoltà della vita di campagna. Phoebe era costretta a fare un lungo tragitto in auto ogni giorno per portare Maggie a scuola, che tra l'altro non la soddisfaceva affatto dal punto di vista didattico. Il matrimonio in crisi aveva dato il colpo di grazia alla sua capacità di sopportazione, perciò 12
Phoebe si era trasferita a Chicago, portando con sé Maggie, che non aveva visto suo padre per diversi anni. Alla fine sua madre aveva sposato Walter Lancaster, uno stimato e facoltoso neurochirurgo. Maggie aveva odiato tutti quei cambiamenti. Detestava Chicago, Walter, la grande villa in cui abitava, la scuola privata che frequentava, il clima rigido e il paesaggio urbano, il traffico caotico, le strade rumorose giorno e notte. Però, con il senno di poi, si rendeva conto che sua madre era rinata. Phoebe era felice, e l'unica nuvola che velava il suo cielo sereno era sua figlia, perennemente scontenta e imbronciata. In pratica si erano scambiate i ruoli. Da quando Maggie aveva undici anni, andava ormai a trovare suo padre con regolarità; aveva cominciato con qualche weekend, poi trascorreva da lui parte delle vacanze estive e infine mesi interi. Se ti comporterai bene e avrai bei voti, potrai passare l'estate in quel campeggio in mezzo al nulla, a mangiare schifezze, sporcarti di terra e fango e a rischiare la vita in mezzo agli orsi, le prometteva sua madre in tono di disapprovazione. Maggie chiedeva spesso a suo padre perché non si fosse impuntato per il suo affidamento, e la risposta di Sully era sempre la stessa. Le spiegava che sua madre aveva ragione quando sosteneva che lui non valeva niente né come uomo né come padre, e lui voleva il meglio per Maggie. Non è stato facile, le ripeteva con amarezza. Alle medie, Maggie si era riconciliata con Walter, ma aveva deciso di frequentare il college a Denver, per essere più vicina a Sully, mentre Phoebe desiderava che s'iscrivesse a un'università più prestigiosa. La facoltà di medicina era stata una questione diversa; era difficilissimo essere ammessi e si finiva per scegliere il policlinico universitario e il programma di specializzazione migliore tra quelli in cui si veniva accettati. Maggie era finita a Los Angeles. Poi aveva fatto il tirocinio con Walter, nonostante non fosse affatto contenta di tornare a Chicago; però si rendeva conto che Walter era uno dei 13
migliori nel suo campo. In seguito, era entrata in uno studio medico a Denver, per stare vicina al padre e in una zona che le piaceva. Un anno dopo, quando Walter era andato in pensione per dedicarsi al golf, lui e Phoebe si erano trasferiti a Golden, in Colorado, vicino a Maggie. Walter aveva ormai settant'anni, come Sully, mentre Phoebe era una vivace e pimpante cinquantanovenne. In effetti Maggie si sentiva più vicina a Walter che a sua madre, considerato che era diventata anche lei neurochirurgo. Gli era riconoscente per tutto quello che aveva fatto per lei, mandandola in ottime scuole private nonostante Maggie non dimostrasse un briciolo di apprezzamento per i suoi sforzi. Si rendeva conto di essersi comportata da ragazzina ingrata e viziata, mentre Walter era sempre stato gentile e premuroso con lei. Era un vero signore, sempre pronto ad aiutare il prossimo, e Maggie era colpita dal suo altruismo e dalla sua professionalità. Oltretutto era stato il suo mentore in campo medico; scoprire di amare la medicina era stata una sorpresa per Maggie quanto per i genitori. Ricordava che Sully aveva commentato che diventare chirurgo era un'ottima idea secondo lui. «Se fossi stato intelligente come te e un vecchio barbagianni come Walter fosse stato disposto a pagarmi gli studi, avrei accettato in un baleno» le aveva detto. A Maggie piacevano le scienze, ma studiare medicina era stato durissimo; c'erano giorni in cui era convinta che non sarebbe durata un'altra settimana e avrebbe gettato la spugna. Avrebbe potuto cambiare facoltà, modificare il piano di studi o essere bocciata agli esami... e invece no, perché otteneva ottimi voti malgrado gli attacchi di panico. E poi, nel momento in cui aveva preso in mano un bisturi, aveva scoperto la sua vocazione. Seduta sul divano di Sully, aveva bevuto una birra poi si era stesa e si era coperta con il plaid. Beau era entrato attraverso la porticina basculante per cani e si era steso accanto al divano. 14
Dalla finestra aperta entrava l'aria fresca di marzo e Maggie si appisolò, cullata dal suono ritmico del rastrello di Sully che lavorava in giardino dietro la casa. Si abbandonò a una visione in cui era al lago d'estate, ma prima di svegliarsi stava sognando di essere in un pronto soccorso affollato. Cercava di eseguire un intervento mentre tutti intorno a lei gridavano e si tiravano strumenti chirurgici, il pavimento era cosparso di garze inzuppate di sangue e il paziente stava morendo. Si svegliò ansante e con il cuore in gola. Il sole era tramontato e in cucina era accesa la luce, il che significava che suo padre era entrato in casa per controllare come stesse. Maggie vide un piatto con un tramezzino coperto dalla pellicola trasparente. Accanto c'era un biglietto di Enid, la moglie di Frank. Enid lavorava all'emporio la mattina, preparava dolci, insalate, panini e pranzi al sacco per i campeggiatori e i turisti. Sul biglietto c'era scritto Bentornata a casa. Maggie mangiò il tramezzino, bevve un'altra birra e andò a dormire nella sua stanza. Si svegliò sentendo il rumore di Sully che si muoveva in giro per casa. Vide che non erano neanche le cinque del mattino, perciò decise di riaddormentarsi. Aveva bisogno di riposo per liberarsi dai brutti sogni causati dall'ansia. Si alzò a mezzogiorno, andò a perlustrare lo scarso contenuto del frigorifero, poi tornò a dormire. Erano le due quando suo padre aprì senza alcun garbo la porta della stanza e dichiarò: «Va bene, ora basta dormire, però». L'emporio di Sully era stato costruito nel 1906 dal bisnonno di Maggie, Nathaniel Greely Sullivan. Nathaniel ebbe due figli, un maschio e una femmina. La figlia si sposò e andò via di casa, mentre il figlio, Horace, ereditò il negozio. Il figlio di Horace, Harry, non era interessato a gestire un emporio di campagna. Voleva conoscere il mondo, esplorare nuovi luoghi e vivere avventure, perciò si arruolò nell'esercito e andò in Vietnam, nonché in molti altri paesi. A trentatré anni si sposò e tornò a Sullivan's Crossing 15
con la sua bella e giovane moglie, Phoebe. Ebbero subito una figlia, Maggie, e si stabilirono lì. Come tutti i precedenti proprietari del negozio, anche lui finì per essere chiamato semplicemente Sully. Un tempo l'emporio era l'unico posto nel raggio di trenta chilometri in cui acquistare generi alimentari e articoli di uso comune, come filo per cucire o chiodi, ma le cose erano cambiate molto quando il padre di Maggie aveva cominciato a gestirlo. Era diventato una struttura d'appoggio per i villeggianti; aveva quattro bungalow, posti per campeggiare, colonnine per l'erogazione di elettricità a roulotte e camper, un pontile sul lago, un imbarcadero, bagni pubblici con docce, una lavanderia a gettoni, tavoli da picnic e barbecue. Sully aveva installato una parabola, il wi-fi e delle prese sotto il portico in modo che i campeggiatori in tenda potessero ricaricare portatili e telefonini. Sullivan's Crossing era nella vallata a sud di Leadville, ai piedi di stupende montagne e nelle vicinanze di famosi percorsi escursionistici. Il campeggio era economico e gestito con grande efficienza, le strutture erano pulite e il negozio grande e rifornito. Avevano anche un ufficio postale e Sully ne era il responsabile; in poco tempo l'emporio era diventato un punto di riferimento per i turisti ma anche per la gente del posto. Era frequentato da escursionisti a piedi e in bicicletta, sciatori di fondo, rocciatori, pescatori, campeggiatori, gente che andava in barca sul lago e amanti della natura in generale. Molti escursionisti percorrevano i sentieri segnati per una giornata o più. Chi si avventurava su percorsi di trekking più lunghi spesso programmava una sosta da Sully per rifornirsi di provviste, riposare e lavarsi prima di proseguire, perché la struttura era in posizione strategica alla convergenza di due famosi percorsi escursionistici, il Continental Divide Trail tra il Messico e il Canada, lungo 5000 chilometri, e il Colorado Trail, di quasi 800 chilometri. I due percorsi si sovrapponevano per circa 300 chilometri poco più a ovest di Sullivan's Crossing, che per questo veniva considerato un crocevia. 16
Alcuni campeggiatori vi arrivavano solo per una vacanza e non tornavano più, ma tanti erano dei frequentatori abituali e provenivano da città non lontane, facilmente raggiungibili in macchina, per cui si fermavano a Sullivan's Crossing per il weekend. Maggie li trovava tutti interessanti, uomini e donne, giovani e anziani, atleti e sportivi della domenica, gruppi scout, associazioni di appassionati naturalistici e anche qualche persona strana o solitaria. Tuttavia, quelli che più l'affascinavano erano i veri camminatori, gli irriducibili appassionati di trekking. Per lei ci volevano impegno, coraggio e grande resistenza per affrontare il Continental Divide, che ben pochi riuscivano a completare per intero, perché occorrevano circa sei mesi. Le piaceva ascoltare gli aneddoti dei viaggiatori che descrivevano gli stupendi paesaggi e gli animali che avevano incontrato, e raccontavano le loro disavventure. Nell'ampia veranda dell'emporio c'erano tavoli e sedie, e i villeggianti vi si fermavano anche quando il negozio era chiuso. Durante le giornate di bel tempo tendevano a radunarsi in riva al lago e c'era sempre qualcuno che accendeva un fuoco di bivacco. Spesso gli escursionisti che affrontavano percorsi più lunghi inviavano pacchetti indirizzati a se stessi presso l'ufficio postale dell'emporio, contenenti indumenti di ricambio, provviste di scatolame, attrezzatura da campeggio, a volte un libro o dei contanti. Per Maggie era divertente vederli aprire i pacchi, contenti come se fosse Natale. Sully aveva appeso in bacheca sulla facciata dell'emporio un'enorme mappa del Continental Divide, del Colorado Trail e di altri percorsi secondari. C'erano anche delle foto ricordo che gli avevano lasciato o mandato gli appassionati di trekking che erano passati di lì. Inoltre, aveva messo a disposizione degli escursionisti un diario in cui potevano scrivere pensieri, notizie e messaggi. Ogni volta che un'agenda era piena veniva sostituita; Sully conservava tutti i diari. Questi erano diventati famosi tra i turisti, che passavano ore a leggere le testimonianze dei tanti viaggiatori che avevano fatto sosta lì. 17
L'emporio di Sully era un rifugio e un punto di riferimento, non solo una struttura ricreativa. Maggie e Andrew venivano ogni tanto per il weekend a sciare sulle piste da fondo, che erano sicure e segnate con chiarezza. D'inverno c'erano pochi turisti per cui Maggie e Andrew prendevano un bungalow, e Sully non faceva mai commenti sul fatto che dormissero insieme. Prima della gravidanza e del successivo aborto, Maggie e Andrew avevano organizzato il loro rapporto in base a una routine che soddisfaceva entrambi. Per qualche settimana si dedicavano anima e corpo al lavoro, poi si vedevano per il weekend o per qualche giorno, mangiavano bene, facevano tanto sesso, qualche passeggiata e lunghe chiacchierate, incontravano gli amici, poi si salutavano e ognuno rientrava nella propria dimensione. Andrew era restio a parlare di nozze, avendo già un matrimonio fallito alle spalle. Anche Maggie era stata sposata per un breve periodo, ma non aveva paura di riprovarci e aveva sempre ritenuto che prima o poi Andrew avrebbe superato le proprie riserve, pur accettando l'eventualità di non avere figli dato che lui dichiarava con fermezza di non volerne altri. Quando lei era rimasta incinta, si era rifiutato di assumersi le sue responsabilità, e per giunta si era anche lamentato sostenendo che non sopportava di stare con una donna depressa che piangeva sempre!, ricordò mentre entrava nell'emporio dal retro. «Che bastardo...» brontolò scuotendo la testa. «Chi sarebbe il bastardo?» le chiese Enid, che era in cucina, affacciandosi da dietro l'angolo mentre Maggie si sedeva su uno sgabello davanti al bancone. «Mi fa tanto piacere che tu sia qui!» le disse sorridendole. «Non ti vedevo da tanto.» «Lo so, e mi dispiace. A Denver è successo di tutto. Immagino che papà ti abbia raccontato dello scandalo che è scoppiato nel mio studio medico.» «Sì. È incredibile che esistano dei chirurghi così disonesti da ingannare i pazienti, convincendoli che avevano bisogno 18
di un intervento. Il bastardo a cui ti riferivi era per caso uno di loro?» «Certo» rispose subito Maggie, approfittando al volo di quel pretesto per evitare di parlare di Andrew. «E per giunta la causa intentata contro di te...» aggiunse Enid scuotendo la testa. «Spero di essere prosciolta dalle accuse» commentò Maggie speranzosa, sebbene in cuor suo non ne fosse affatto sicura. Almeno si trattava soltanto di una causa civile perché il procuratore distrettuale non aveva trovato elementi per perseguirla penalmente. Nonostante ciò, era stato comunque un periodo stressante, pieno di traumi e grattacapi che avevano messo a dura prova il suo equilibrio psicofisico. Oltretutto, l'episodio che aveva portato alla denuncia nei suoi confronti era stato uno dei momenti più tremendi che Maggie avesse mai vissuto al pronto soccorso. Cinque adolescenti erano rimasti coinvolti in un catastrofico incidente stradale ed erano tutti in condizioni critiche. Dopo quella notte, Maggie si era rifugiata nel suo nascondiglio sulle scale e vi era rimasta a lungo. «La cosa non mi preoccupa» mentì, sforzandosi di reprimere un brivido di tensione. «Meglio così. Vuoi un piatto di minestra? C'è la vellutata ai funghi con i toast al formaggio. L'ho preparata per tuo padre e per Frank, ma ne ho fatta una bella pentola, se ti va.» «Sì, grazie.» «Te la porto subito» le disse Enid prima di scomparire di nuovo dietro l'angolo. La cucina dell'emporio non era grande. Era nell'angolo sudovest del negozio, con il bancone e quattro sgabelli accanto alla cassa. Nell'angolo a nordovest c'era un piccolo bar dove vendevano alcolici, anche lì con quattro sgabelli davanti al bancone. Non avevano allestito un vero ristorante, ma servivano cibo e bevande ai campeggiatori, quando finivano le loro scorte. Nell'emporio c'era un reparto frigorifero per vendere birra, vino, bibite e acqua minerale, ma Sully non aveva liquori in bottiglia. In realtà il negozio era un vero e proprio 19
emporio perché, oltre ai generi alimentari, si vendevano magliette e calzini, cappelli, crema solare e articoli di pronto soccorso, oltre ad attrezzature da campeggio, come corde, morsetti, batterie e altri oggetti simili. Per fare spesa in un supermercato fornito bisognava arrivare a Timberlake, Leadville oppure a Colorado Springs. Oltre ai tavoli e alle sedie in veranda, c'erano delle sedie più comode con i braccioli vicino alla porta d'ingresso, dov'era sistemata la stufa. Quando Maggie era piccola, gli uomini sedevano sui barili di birra intorno alla grossa stufa, e sotto il portico sul retro c'era il distributore del ghiaccio, che era gratis. Enid si affacciò dalla cucina e le sorrise di nuovo. Aveva i capelli ossigenati con le radici scure; Maggie l'aveva sempre vista così, bionda ma con un dito di ricrescita. Era paffuta, un tipo materno e cordiale, mentre suo marito Frank era il prototipo del vecchio cowboy coriaceo. «Il dottor Mathews ti raggiungerà per il fine settimana?» chiese a Maggie. «È veramente un caro ragazzo.» «Non è più un ragazzo, e soprattutto non chiamarlo più caro. È uno stronzo. Ci siamo lasciati» obiettò Maggie con rabbia. «Oh, tesoro, mi dispiace! Come mai, se posso impicciarmi?» «Secondo lui ero troppo deprimente» replicò Maggie imbronciata. «Per me può anche andare al diavolo.» «Sono d'accordo. Non mi è mai piaciuto molto, a essere sincera.» «Non me l'hai mai detto. Anzi, dicevi che era un tipo in gamba e che avremmo avuto dei bambini stupendi» le fece notare Maggie, con un tuffo al cuore appena pronunciò la parola bambini. «Be', avevo torto.» Enid rientrò in cucina e poco dopo ricomparve con una scodella di minestra e due toast al formaggio su un piatto. Maggie prese una cucchiaiata di crema di funghi, vi soffiò sopra e poi l'assaggiò emettendo un mugolio di piacere. Era 20
deliziosa. Morse la fetta di pane tostato al formaggio, masticò e poi sorrise a Enid. «Perché non sei tu mia madre?» commentò sospirando. «Non è capitato, ma puoi fingere che io lo sia. Per me sei come una figlia, lo sai.» Maggie diceva spesso a Enid che avrebbe voluto avere lei come madre. Aveva sempre desiderato essere la figlia di una donna materna, affettuosa, dall'indole casalinga, e invece Phoebe era magra, sofisticata, snob e arcigna, le piaceva la vita mondana e detestava mettersi ai fornelli. Tanto Phoebe era gelida e riservata quanto Enid era cordiale e non lesinava le coccole. Tutti i tentativi di Phoebe di cucinare non andavano a buon fine, mentre Enid curava tutti i mali del mondo con il suo brodo di pollo e preparava dei veri manicaretti in base al ricettario di sua nonna. Però Phoebe non era del tutto da buttare via come madre, questo Maggie doveva ammetterlo. Era intelligente e ironica, dotata di uno spirito arguto. Voleva molto bene a Maggie e si prodigava per lei, soprattutto perché desiderava che Maggie fosse più affezionata a lei che a Sully. Le dava tutto quello che era in suo potere; non era colpa sua se non si trattava di cose a cui Maggie tenesse. Per esempio, l'aveva mandata in un'ottima scuola privata, un collegio che impartiva un'eccellente preparazione per l'università, ma Maggie avrebbe scambiato volentieri il suo istituto prestigioso con una scuoletta di campagna pur di vivere con suo padre. Phoebe non sarebbe andata a trovarla nel campeggio di Sully per nulla al mondo, ma le aveva pagato delle nozze da cinquantamila dollari, nonostante a Maggie non importasse affatto avere un ricevimento fastoso. Come dono di nozze, Walter aveva regalato a Maggie e al marito Sergei la luna di miele in Europa. Maggie aveva apprezzato moltissimo il viaggio, ma si era pentita di avere sposato Sergei. Era tanto impegnata da avere trascurato gli aspetti più importanti del suo carattere, notando solo che Sergei era bello, sexy e affascinante con il suo accento russo. Erano una splendida coppia, ma Maggie si era 21
accorta solo dopo le nozze che era superficiale e inaffidabile. Purtroppo, o forse per fortuna, il matrimonio era durato solo nove mesi. «Ah, è squisita!» si complimentò Maggie. «Le tue minestre mi rimettono sempre in sesto.» «Per quanto tempo ti fermi, cara?» «Non ho ancora deciso, forse un paio di settimane.» Enid scosse la testa. «Non saresti dovuta venire a marzo. Lo sai che è il periodo peggiore dell'anno per venire a fare visita a tuo padre.» «Mi farà lavorare come una bestia da soma, eh?» «Puoi contarci. L'unico che non ha paura di presentarsi da queste parti a marzo è Frank, perché sa che Sully non lo metterà al lavoro.» Frank Masterson era un caro amico di Sully, all'incirca suo coetaneo, mentre Enid aveva solo cinquantacinque anni. Frank diceva sempre che era stato previdente quando aveva deciso di sposare una donna molto più giovane di lui, assicurandosi una badante per la vecchiaia. Frank era proprietario di un ranch; di recente i suoi due figli gli erano subentrati e si occupavano loro dell'allevamento di bestiame, perciò Frank aveva più tempo libero da trascorrere da Sully. A volte Sully gli chiedeva: «Perché non vieni direttamente a lavorare insieme a Enid al mattino, così risparmi la benzina visto che passi le giornate a bere gratis il mio caffè e a ficcare il naso negli affari di tutti?». In effetti Frank era una presenza fissa. Quando faceva freddo, sedeva vicino alla stufa, ma quando il tempo era più mite preferiva stare sotto il portico, dove girava, chiacchierava con i campeggiatori o i clienti dell'emporio, oppure leggeva il giornale. A volte dava una mano a Enid se c'era da sollevare qualche scatolone pesante. Enid aveva un bel visetto a cuore e un corpo dalle curve abbondanti che testimoniavano il suo amore per la buona cucina. Oltre a preparare i tramezzini o i piatti da vendere ai clienti per pranzo, tutte le mattine infornava brioche e ciambelle, biscotti, muffin e crostate alla marmellata. Frank era 22
goloso dei dolci di Enid, eppure non ingrassava di un etto. Maggie sentì Sully che liberava le grondaie lungo il tetto dell'emporio da terriccio e fogliame che si erano accumulati durante l'inverno. Nonostante avesse settant'anni, si arrampicava sulla scala senza problemi e faceva tutti i necessari lavori di manutenzione. Marzo era un brutto mese proprio per quel motivo; c'erano tante pulizie da fare in previsione della primavera e dell'estate, perciò Maggie uscì in veranda a salutare Frank prima che suo padre la vedesse con le mani in mano e la mettesse sotto. «Come mai qui?» esordì Frank appena la vide. «Sono in vacanza.» «Uhm, non è il periodo più adatto per una vacanza. C'è ben poco da fare. Verrà anche il dottor Mathews?» «No, non stiamo più insieme.» «È per questo che sei venuta a marzo? Ti sei rifugiata a Sullivan's Crossing per riprenderti dal brutto colpo?» «Assolutamente no. Sono contenta di non stare più con Andrew.» «Eh, si vede!» commentò Frank sarcastico. «Difatti hai proprio l'aria contenta...» Sarebbe stato meglio pulire le grondaie, pensò, prima di buttarla in politica. A Frank piaceva parlare di politica; bastava una domanda perché si scatenasse in un monologo sulla drammatica crisi mondiale, e Maggie preferiva ascoltare uno dei suoi comizi invece di parlare della sua situazione sentimentale. Guardandosi intorno annoiata, mentre annuiva distrattamente, notò di nuovo il campeggiatore seduto sulla sedia pieghevole di tela davanti alla tenda. Aveva le lunghe gambe distese e stava ancora leggendo. Maggie stava per chiedere a Frank da quanto tempo il tizio fosse al campeggio, quando notò un uomo che risaliva il sentiero, dirigendosi verso l'emporio. Aveva un grosso zaino in spalla, un bastone e uno strano cappello. Aguzzò la vista e si accorse che aveva in testa un berretto di pelle da bombardiere con i copriorecchie. 23
ta.
«Frank, guarda quel tizio!» lo avvertì, fissandolo incuriosi-
L'uomo era anziano, ma non più di tanti turisti che passavano per Sullivan's Crossing a piedi, in bici o sugli sci. Anzi, se erano in buone condizioni di salute, i pensionati erano i più attivi perché avevano tempo e risorse economiche per dedicarsi all'escursionismo fuori stagione. Man mano che si avvicinava, però, Maggie si rese conto che l'età avanzata era il minore dei suoi problemi. «Sarà meglio che vada a chiamare Sully» dichiarò Frank, alzandosi per entrare nel negozio. Ora che era più vicino, Maggie vide che aveva i pantaloni neri da città arrotolati sopra le caviglie, calzini neri come le scarpe di pelle, scarpe adatte a essere indossate a una cerimonia una volta ripulite dal fango che le inzaccherava. In testa aveva quello strano copricapo da aviatore della seconda guerra mondiale e portava un giaccone da sci fradicio. Oltretutto zoppicava ed era rosso in viso. Sully comparve sotto il portico, seguito da Frank e da Beau, che si fermò accanto a lui scodinzolando. «Chi diavolo è?» «Sì, c'è qualcosa di strano» disse Maggie. «Tu dici?» Sully scese i gradini della veranda e si diresse verso l'uomo, tallonato da Maggie e Frank, mentre Enid era comparsa sulla soglia per vedere cosa stesse succedendo. «Ehi, amico, salve! Dove sei diretto?» lo salutò Sully. «Questo è Camp Lejeune?» Tutti si guardarono perplessi. «Uh, veramente Camp Lejeune è nella Carolina del Nord, figliolo» rispose Sully, benché l'altro fosse più vecchio di lui. «Sei fuori strada. Entra a prendere un caffè, così prendi fiato e ti togli di dosso quello zaino e il giaccone bagnato, e anche quel buffo cappello, Cristo santo. Intanto magari faccio una telefonata e qualcuno verrà a prenderti. Cosa fai in giro per questi sentieri infangati, bagnato fradicio e con le scarpe della domenica?» 24
«Forse dovrei aspettare e vedere se vengono a prendermi» borbottò l'uomo, pur non opponendo resistenza mentre Sully lo accompagnava verso il negozio. «Chi?» gli chiese Maggie. «I miei genitori e mio fratello maggiore. Dobbiamo incontrarci qui.» «Anche loro hanno dei berretti bizzarri come il tuo?» gli domandò Frank, incapace di trattenersi. «Ho l'impressione che tu sia alquanto confuso» osservò Sully. «Come ti chiami, giovanotto?» «Eh, questo è un problema... Devo rifletterci su, poi te lo dico.» Maggie notò che il campeggiatore si era avvicinato, anche lui incuriosito. Da vicino era davvero affascinante. Alto e prestante, aveva fianchi stretti fasciati dai jeans logori e stinti al punto giusto, spalle ampie e un bel viso malgrado il gibbo al naso. Quando incrociarono lo sguardo, Maggie si affrettò ad abbassare gli occhi. «Come mai sei bagnato così? Hai camminato sotto la pioggia di ieri notte? Hai dormito all'aperto?» gli chiese Sully. «Sono caduto in un ruscello» rispose l'altro sorridendo nonostante fosse scosso da brividi. «Colpa delle scarpe» commentò Frank. «Con quelle suole lisce non c'è da meravigliarsi se sia scivolato.» «Hai risolto il mistero. Sei un vero detective, Frank» disse Maggie scherzosa. «Venga, deve togliersi il giaccone. Le do una coperta.» «Io intanto chiamo Stan» intervenne Sully. «Serve una mano?» domandò il campeggiatore. «Prendi il telefono, per favore, Cal?» gli chiese Sully mentre faceva sedere l'uomo e cominciava a togliergli di dosso il giaccone dopo avere poggiato lo zaino contro la balaustra del portico. Pochi secondi dopo, Enid accorse con una coperta, un caffè e un muffin. Cal portò il cordless mentre l'uomo divorava il muffin a grossi morsi. «Scommetto che diventerà un cliente regolare dopo avere 25
assaggiato i dolci di Enid» osservò Frank, sedendosi. Maggie si accovacciò davanti all'uomo e, parlando sottovoce e in tono pacato, gli chiese se poteva togliergli il cappello. Glielo sfilò con delicatezza dalla testa prima che lui le avesse dato il permesso, rivelando la testa quasi completamene calva, con qualche rado ciuffo di capelli bianchi ai lati e sulla nuca. Gli tastò piano il cranio in cerca di bernoccoli, poi lo fece alzare in piedi e fece scorrere le mani sul busto e intorno alla vita. «Sembra che si sia rotolato nel fango, signore» osservò. «Ci vuole una bella doccia.» Quando lui non rispose, insistette: «Le fa male qualcosa?». Lui si limitò a scuotere la testa. «Mi fa un bel sorriso?» gli chiese Maggie, cercando segni di un'eventuale paralisi facciale provocata da un ictus. «Da dove vieni, giovanotto?» gli domandò Sully. «Dove abiti?» «Wakefield, nell'Illinois. La conosci?» «Purtroppo no, ma scommetto che è una bella città, meglio di Lejeune, di sicuro.» «Posso avere del latte nel caffè?» chiese l'altro, porgendo la tazza a Enid. «Ma certo» gli rispose togliendogliela di mano. «Torno subito.» Poco dopo lo strambo vecchietto beveva il caffellatte, ancora scosso da brividi sebbene fosse avvolto nella coperta, mentre Sully chiamava Stan Bronoski. Sully avrebbe potuto avvertire diverse persone, il ranger del posto, la stradale, persino i vigili del fuoco. Ma Stan era il figlio del proprietario di un ranch della zona ed era il capo della polizia a Timberlake, a trenta chilometri a sud di Sullivan's Crossing. Era una piccola centrale di polizia, e il suo vice, l'agente Paul Castor, era sveglio nonché un mago del computer, bravissimo nelle ricerche in rete. Beau annusò il nuovo arrivato, poi si diresse verso Cal che gli accarezzò il muso. Dopo avere spiegato la situazione a Stan, Sully porse il 26
cordless a Maggie. «Stan vuole parlare con te.» «Sembra qualcuno che si è allontanato da casa, in stato confusionale» disse Stan a Maggie. «Però non ho segnalazioni di persone scomparse in zona. Chiederò a Castor d'indagare. Arrivo subito. Ha documenti addosso?» «Veramente non abbiamo controllato, però lo faccio mentre aspettiamo il tuo arrivo. Ti ripasso Sully.» Maggie restituì il cordless a suo padre e lo avvertì: «Resta in linea con Stan, io intanto faccio due chiacchiere con il nostro ospite». Chiese all'uomo di alzarsi di nuovo e sfilò un portafogli sottile dalla tasca posteriore dei pantaloni, lo fece sedere e controllò il contenuto. «Quindi lei è il signor Roy Gunderson?» «Credo di sì» rispose l'altro, illuminandosi. Sully ripeté il nome per telefono a Stan. «Quindi, Roy, si è fatto male quando è caduto?» gli chiese Maggie. Lui scosse la testa e bevve un sorso di caffè. «Ah, sono caduto?» Maggie lanciò un'occhiata interrogativa al padre che la informò: «Roy Gunderson di Park City, nello Utah. Si è allontanato da casa a piedi qualche giorno fa». «Qualcuno deve avergli dato un passaggio» intervenne Cal. «Però sulla patente, che avrebbe dovuto essere rinnovata dieci anni fa, c'è scritto che risiede nell'Illinois.» «Stan ha detto che saprà dirci qualcosa di più quando arriverà, perché nel frattempo il suo vice farà delle indagini. Però dev'essere lui. Soffre di demenza senile.» «Non oso immaginare come siano stati questi ultimi giorni per lui» osservò Maggie. «Sicuramente sarà stato terrorizzato.» «Ti sembra impaurito?» commentò Frank. «È tutto beato e placido, come se fosse in vacanza in crociera.» «Di' a Stan che lo terremo d'occhio fino al suo arrivo.» Maggie si occupò di Gunderson, facendogli bere un bic27
chiere d'acqua e dandogli della minestra mentre Cal, il campeggiatore, chiacchierava con Sully e Frank. Sembrava che si conoscessero bene, notò Maggie. Si ripromise di chiedere informazioni su di lui quando fosse stato risolto il mistero di Roy Gunderson. Tolse a Roy scarpe e calzini e gli esaminò i piedi, sollevata quando non vide ferite né geloni. Però aveva le unghie contuse, come se avesse camminato a lungo con quelle calzature inadatte. Si chiese dove fosse stato e come avesse recuperato lo zaino; era improbabile che l'avesse portato da casa o che l'avesse preparato da solo. Sarebbe stata un'impresa troppo complicata per un uomo nelle sue condizioni. Era già un miracolo che l'avesse portato in spalla. Due ore dopo, quando era già quasi il tramonto, arrivò un'ambulanza. Roy non sembrava ferito né malato, ma era chiaro che fosse mentalmente instabile e Stan non voleva portarlo via da solo. Roy avrebbe potuto buttarsi dalla macchina, o aggredirlo mentre Stan era alla guida, nonostante nell'autopattuglia ci fosse la rete di sicurezza fra il sedile anteriore e quello posteriore. Roy non diede ulteriori informazioni su di sé, ma Stan riferì quello che aveva scoperto nel frattempo. Roy, che era accudito a casa da sua moglie, si era allontanato senza il braccialetto GPS, aveva vagato a piedi finché non si era imbattuto in una vecchia berlina Chevy con la chiave nell'accensione, per cui l'aveva presa. Era stato denunciato il furto della vettura non lontano da casa Gunderson, ma non avendo il GPS non era stata rintracciata. Oltretutto Roy non guidava da diversi anni per cui nessuno aveva collegato la sua scomparsa al furto. L'auto era stata trovata abbandonata nei pressi di Salt Lake City con la giacca di Roy all'interno. Da lì era verosimile che avesse fatto l'autostop; non era tanto malconcio da aver camminato per giorni. Probabilmente era stato lasciato vicino a un piazzale di sosta o a un campeggio dove aveva rubato lo zaino. Per il resto non si sapeva dove fosse stato, cos'avesse fatto e come si fosse sostentato in quei giorni. 28
I paramedici stavano per caricare Gunderson sull'ambulanza quando Sully si accasciò sui gradini del portico sbuffando rumorosamente. «Cos'hai, papà?» si allarmò subito Maggie, vedendo che Sully si artigliava il petto proprio sopra il cuore. Era pallido e sudato, con gli occhi vitrei e il respiro affannoso. «Papà!» gridò Maggie.
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