Amico in affitto di Stefania Nascimbeni

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STEFANIA NASCIMBENI

AMICO IN AFFITTO

Immagine di copertina: iStock / Getty Images Plus

Amico in affitto

© 2023 Stefania Nascimbeni

Pubblicato in accordo con Loredana Rotundo Agenzia Letteraria

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano

eBook ISBN 978-88-305-4836-7

«Ci ho pensato, chiarirò la situazione oggi stesso!»

«Come?» gli rispondo nella penombra della nostra alcova.

Il cuore mi si ferma per un secondo, istintivamente mi alzo dal letto spingendo sul fondo, con la punta dei piedi, quel che resta delle lenzuola arrotolate, umide di sudore e aria salmastra. Guardo alla mia sinistra e intravedo l'alba insinuarsi tra le persiane di legno marcio di questa vecchia pensione B&B.

Chiarirà la situazione! Le parlerà di noi?

Mentre nella mia testa succede di tutto, cioè vedo scorrere una proiezione del futuro con lui come ho sempre sognato, dove siamo finalmente insieme alla luce del sole, mi infilo il bikini e recupero il copricostume amaranto.

Richard mi osserva mentre sistemo istericamente la stanza...

Come al solito, quando vado nel panico, metto ordine, pulisco. Sale lo stress e io svuoto i cassetti, faccio il cambio dell'armadio per tre stagioni consecutive, sistemo in ordine cronologico tutta la contabilità. Prima del 1996, l'anno in cui mi sono trasferita dal lodigiano a Cambridge grazie a una borsa di studio, me la prendevo con la libreria dei miei: a ogni ciclo mestruale invertivo

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Prologo

la catalogazione dei volumi per autore, titolo, casa editrice.

L'ordine fuori mi dà un senso di tranquillità, probabilmente perché dentro sono un casino ambulante e arrivati a questo punto non so più come aggiustarmi!

A pochi secondi dalla sua ultima affermazione, altro che panico, ho già tirato su le lenzuola, scaraventando in bagno il mio fidamante (che non è il classico sposato traditore, ma è il classico separato che non trova mai il tempo, o il coraggio, di dire alla ex che si è rifatto una vita, quindi continua a trattare lei come la moglie, e me come fossi l'amante), che poverino non può che rispondermi tra uno sbadiglio e l'altro. Richard è l'uomo del lo faccio dopo, quindi forse un giorno glielo dirà...

Lentamente, apre l'acqua della fatiscente doccia senza tenda, gettando le mutande sul water, e mi parla bofonchiando ma non capisco una virgola di quello che mi sta dicendo: sta per allagare il pavimento della toilette, ecco, questo è il genere di cose che mi fanno saltare i nervi! Cerco di contenere il disappunto: la questione che stiamo affrontando è molto più importante delle perdite dai rubinetti. Ho bisogno di capire: rivelarle di noi potrebbe significare fare un salto in avanti nella nostra relazione e, chissà, magari sarebbe l'occasione di andare a convivere, dopo due anni ci starebbe pure.

Mi avvicino allo stipite della porta, in punta di piedi, pensando che poteva almeno prendere una vera camera d'albergo e non questo cesso di posto infestato dalle zanzare. Mi viene istintivo grattarmi vigorosamente una natica, sulla quale scopro un bozzo enorme.

«Il problema» mi ha spiegato quando è arrivato ed è stato accolto dal mio sguardo a dir poco severo sotto all'insegna fulminata dell'Hotel Sol Y Luna, «è che nei grandi alberghi ti devi registrare e non è certo il caso di

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lasciare traccia, perché mia MOGLIE e io abbiamo un conto unico e scoprirebbe che, altro che convention a Barcellona, sono stato in vacanza alle Baleari con te... così ho pensato a una soluzione un po' più rustica dove accettano i contanti e non ti fanno firmare pezzi di carta, lo capisci vero, amore?» Da come l'ha detto ho sentito subito qualcosa stridermi dentro.

E no, non lo capisco. Non capisco come si possa avere ancora un conto cointestato se ti sei separato tre anni e mezzo fa (quando io, per la cronaca, non esistevo ancora) e non capisco perché Richard si ostini a chiamarla MOGLIE quando è la EX moglie, casomai: dice che in ballo ci sono interessi economici che non potrei comprendere nemmeno volendo.

Non che abbia mai tentato di spiegarmeli!

Poi ci sono i bambini che ormai sono degli adolescenti, la figlia è addirittura maggiorenne, ed è per loro che vive nello stesso palazzo della ex, al piano di sotto per la precisione; uno dei motivi per cui è sempre lui a venire da me, oppure ci vediamo fuori, in posti un po' defilati, tipo motel, rosticcerie cinesi sulla Tangenziale, etc... così non rischiamo di farci beccare in giro. Che poi mi chiedevo proprio cosa ci fosse di male. No, in effetti avevo appena smesso di farmi certe domande e ora eccolo qua, vuole chiarire la situazione oggi stesso!

Apprezzo il gesto, mi ha raggiunta a Formentera in piena estate, non deve essere stato facile trovare una scusa per non farsi scoprire dalla sua famiglia e, tra parentesi, non capisco nemmeno come si possa definire una location rustica questa specie di container a tre piani...

Le parlerà! Dirà a Maalox di noi...

Si metterà il cuore in pace, è alta, magra, ricca ed è pure famosa: è lei, ex ballerina prima, ex farmacista poi,

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che ha inventato il famosissimo Metodo Misura per perdere dieci chili in dieci giorni. Sembrava una follia e invece ha funzionato, l'ha brevettato e ha fatto il botto, tanto che ora è quasi sempre ospite di qualche trasmissione tv o in radio. Naturalmente ha centinaia di migliaia di follower sui suoi canali social ed è Brand Ambassador di una linea di prodotti pseudo vegani, o roba simile, che hanno il sapore dei croccantini per gatti.

Cerca sempre di propinarli al mio povero Richard, gli è persino venuta la gastrite (da lì Maalox!) a furia di ingurgitare melma alimentare sostitutiva. Comunque, le parlerà di noi, quanto ne sono felice da uno a dieci? Ma quanta melma ho dovuto ingerire io stessa per arrivare fin qui...

Mi intravedo nello specchio e non so più chi sono. Tempo fa avrei detto che incarnavo il perfetto stereotipo della donna moderna ai tempi della sharing economy, libera di prendere anche le decisioni più sbagliate e autonoma in tutto. Selvaggia era una single, over trenta, freelance & very smart e condivideva tutto con tutti: casa, macchina, cucina, divano (e pure il fidamante, in effetti).

In attesa di ricevere una chiamata da Price Waterhouse o Banca Intesa o il Sole 24 Ore sono sopravvissuta grazie a internet, ed è per colpa di Airbnb se mi trovo qui adesso.

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LAVORI TEMPORANEI VS COLLOQUI DI LAVORO gennaio – amomilano – freddo – pioggia – affittitemporanei Airbnb @homesweethome @Sole24Ore

Piove anche stamattina, non ci posso credere. Piove ininterrottamente da una settimana.

Cerco di ricompormi e torno a setacciare la mia mini mappa Car2go del centro sull'iPhone. Ma sulla app non si trova una macchina nel raggio di cinque chilometri. Se ci fosse almeno una city bike, anche sotto il diluvio universale, giuro, ci salirei al volo!

Sono già le otto passate e due uomini col completo grigio mi attendono dall'altro lato della città, fra esattamente dodici minuti.

Che faccio? Aspetto ancora un po', poi chiamo e li avverto del ritardo? Voglio dire, un candidato ritardatario ma garbato è già qualcosa... come minimo avranno già selezionato qualcun altro e si limiteranno ad augurarmi: «Buona fortuna, sarà per la prossima volta».

Certo, come se nella vita fosse possibile ottenere due colloqui di fila come redattrice esperta di finanza

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al il Sole 24 Ore. Ci sono più probabilità di vincere al Superenalotto, che a sua volta è come essere colpiti da un fulmine tra le dita dei piedi.

Da quando sono tornata dall'Inghilterra, quando tre anni fa la nonna ha cominciato a stare male, ho come la sensazione di aver lasciato altrove ogni possibilità di farcela e di crearmi il mio posto nel mondo. Per quasi una decina d'anni me la sono anche cavata, subito dopo la laurea ho lavorato sodo come assistente universitaria e ricercatrice a Cambridge, abitavo con un paio di compagne di corso con le quali dividevo le spese, guidavo un vecchio Maggiolone verde acido che faceva molto Mr Bean, mi alzavo la mattina alle sei e tornavo a casa a mezzanotte, stecchita, e non avevo relazioni più lunghe di una notte, ma ero felice. Avevo appena iniziato uno stage alla Morgan Stanley di Londra quando una sera, un istante prima di sedermi a tavola, è arrivata la chiamata di mia madre: «La nonna ha il cancro».

Poco dopo, mi trasferivo a Milano per starle più vicino (la mia famiglia è di Sant'Angelo Lodigiano, una ridente cittadina in provincia di Lodi famosa per le sue graziose chiese!), con la speranza di fare carriera ma di fatto iniziando la mia discesa verso gli inferi.

Nonna, che era sempre stata più una madre, non ha mai smesso di fare il tifo per me e quando è morta mi ha lasciato in eredità un incantevole piccolo appartamento di cui nessuno era a conoscenza, nemmeno mia madre; era appartenuto al nonno negli anni Settanta (un vero e proprio pied à terre per amanti!).

Nonna era una donna tostissima, avrebbe potuto venderlo a suo tempo e tenersi i soldi, visto che lo odiava per ciò che aveva rappresentato... e invece aveva già pianificato un piano B per il futuro della ni-

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pote, trasformandolo in un asso nella manica. Voleva che andassi a vivere lontano da mia madre, genitrice ansiogena e nevrotica, impicciona come nessuna, sperava che facessi carriera in città e che magari mi sposassi con un uomo intelligente e non solo ricco, come era stato il nonno, un ottimo commerciante ma un pessimo marito.

Ovviamente non aveva considerato la crisi economica: senza entrate fisse a fine mese, le spese di mantenimento di un appartamento in una metropoli possono rivelarsi un bel problema!

Che ore sono? Cazzo se è tardi, devo inventarmi qualcosa, non so cosa, tipo che comincio a correre? Brava e poi mi presento all'appuntamento con un ritardo mostruoso, nonché fradicia! «Ma proprio oggi doveva gettarsi sotto alla metropolitana, quel cretino?» dichiaro senza rendermi conto che, alla fermata del taxi, ho accanto altre quattro persone. Mi mordo subito un labbro, pensando a quel povero cristo.

La signora all'inizio della coda mi fissa con disprezzo, come se avessi appena bestemmiato; il tipo dietro di lei con la cravatta e l'impermeabile beige allarga le braccia come per dire Ma dove andremo a finire!; invece il ragazzino al terzo posto, che ascolta la musica con le cuffie, annuisce con la testa. No, sta solo tenendo il ritmo degli AC/DC sparati a tutto volume.

Ricapitolando: Enjoy non ce ne sono, di Smart nemmeno l'ombra, i taxi sono tutti fuori e il primo che arriva se lo becca la fricchettona, poi il tizio vestito da maniaco sessuale, infine l'adolescente strafumato già alle otto e cinquanta del mattino; la metropolitana resterà fuori uso almeno fino a mezzogiorno e a piedi ci metterei più di mezz'ora. Nemmeno correndo arriverei in tempo a 'sto dannato colloquio.

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Non accenna a smettere di piovere. Sembra una scena apocalittica, le macchine sono una incollata all'altra, tutte incastrate verso il semaforo: se le osservi da una certa angolazione si mischiano addirittura alla linea dell'orizzonte; i motorini, fortunati, svicolano a destra e sinistra, anche se qualcuno si schianta contro le automobili parcheggiate per colpa dell'effetto pavé bagnato; i marciapiedi sono a loro volta tempestati di ombrelli e ombrellini dalle tinte scure, solo qualcuno è a fiori, mentre il cielo sopra le nostre teste è di un blu indaco tendente al verde che quasi manda in confusione: saranno davvero le otto del mattino o sono già le otto di sera?

Recupero il cellulare dalla borsa e, consapevole della sconfitta, chiamo la segretaria del direttore delle risorse umane per dirle che non farò in tempo ad arrivare per le nove.

«Grazie per averci avvisati, signorina, è stata davvero molto gentile. Il dottor Fogazzi mi ha appena detto di riferirle che, nonostante il suo curriculum sia davvero impressionante, purtroppo ieri ha già selezionato il suo candidato ideale, ma il dottore la invita a farsi risentire fra qualche tempo perché... e bla... bla... bla... bla!» mi spiega quella con voce stridula. Naturalmente ha detto un candidato e non una. Tutto questo perché sono una donna, perché se mi fossi presentata all'appuntamento in ritardo e senza avvisare ma fossi stata maschio il Dottor Sticazzi nonostante il disappunto si sarebbe concentrato sul mio voto di laurea con la lode e il master in nuovi modelli di business finanziari internazionali e sulla mia esperienza all'estero, e i dieci anni in cui ho lavorato come ricercatrice universitaria e docente, piuttosto che chiedermi se sono sposata e se in futuro intendo ave-

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re figli (due note dolentissime della mia esistenza, tra l'altro), perché alla fine questo ci chiedono in modo diretto o tra le righe. Lo so perché sono un'esperta di colloqui: sono anni che mi rimbalzano da un posto all'altro.

Ogni tanto qualcuno fa anche lo spiritoso: «Signorina, di nuovo lei, è proprio affezionata alla nostra società, eh?».

Di solito sono quelli delle banche. I peggiori: ti fanno tornare almeno altre tre o quattro volte prima di dirti che non hai superato la selezione. La scusa? Cercano un apprendista sotto i trenta da formare, per la strabiliante cifra di 800 euro mensili. Full time. Anzi, full life.

Non potevo scegliere le relazioni pubbliche? Tutto sommato dimostro una decina d'anni in meno e non sono da buttare... due sorrisi, qualche catering, un bel matrimonio famoso e diventavo la guru della comunicazione!

Okay, sono preda dei deliri. A questo punto l'unica cosa da fare è tornare a casa e consolarmi con una cioccolata calda e un chilo di biscotti, in attesa di conoscere la mia nuova coinquilina di Airbnb. Tutto quello che so di lei? Affitterà la seconda stanza del mio appartamento durante i giorni di non ho capito quale mostra. E se andremo d'accordo lo scoprirò a breve, perché sta per arrivare.

Mentre cammino come un automa, infradiciandomi capelli, borsa e piedi mando un messaggio a Richard: «È andata male. Chiamami quando fai una pausa...».

Il messaggio di WhatsApp mi rimanda una sola spunta: sarà barricato in studio e chissà a che ora riemergerà dai suoi appuntamenti, dovrò fare a meno di lui fino all'ora di pranzo.

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Una volta richiusa la porta del mio appartamento, mi sento al sicuro, come sempre. È l'unico punto fermo della mia intricatissima vita. Lascio le scarpe all'ingresso, sul giornale di ieri che ho steso sopra allo zerbino per evitare che si inzuppi con l'acqua piovana, appendo la giacca ad asciugare in lavanderia sulle grucce dell'Ikea e faccio partire la lavapiatti (con la tazzina di caffè della colazione e il cucchiaino) infine controllo e archivio meticolosamente la posta di oggi: le bollette del gas vanno nella busta gialla, quelle del telefono nella busta azzurra, le comunicazioni della banca in quella rossa, il cui colore è stato scelto perché piuttosto evocativo, e la pubblicità finisce direttamente nel cestino della spazzatura, la differenziata, ovvio.

Quando tutto è al suo posto posso gettarmi sul divano a giocherellare col telefono. Rispondo a qualche messaggio di WhatsApp, dove c'è anche la risposta di Richard che mi invita a pranzo da lui: Mangiamo un boccone insieme? Scorro le mail, che sono tutte di spam come al solito, leggo un po' di news sui giornali online, aggiungo un paio di tag alla foto dei miei piedini bagnati sul divano, tipo piove, oppure nonpuopioverepersempre, stando ben attenta a specificare dove mi trovo (la mia posizione di casa su Instagram è registrata come home sweet home) e condivido su Twitter e Facebook. In breve mi piomba addosso una cinquantina di like.

Dovrei sentirmi meglio? Odio i social, ma sono costretta a usarli perché sono la mia vetrina sul mondo degli affitti temporanei. Ogni tanto sbircio la ex moglie di Richard nelle sue ig stories, ma succede solo in rari casi, perché non la sopporto, non mi piace la sua faccia piena di botox e detesto i suoi video mentre fa gin-

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nastica con le tutine di ciniglia fucsia...

Bene, anche per oggi ho regalato al web un po' di sacrosanti affari miei, di cui per altro sono certa non importi niente a nessuno. Buffo, condivido un sacco di cose inutili con degli estranei ma starmene per i fatti miei è la cosa che mi appaga di più...

Ma a che ora arriva l'inquilina? Non faccio in tempo a chiedermelo che mi chiama il custode per avvisarmi che sta salendo una signora con un Kiwawa.

«Con cosa, scusi?» mi informo meglio. Ma il signor Amal è già scappato dalla guardiola per asciugare la scia di scarpe bagnate nell'androne.

Vorrei davvero aver frainteso, invece quando apro la porta scopro la mia nuova coinquilina: tutta impellicciata, bionda e con i capelli in piega perfetta... ma come fa, con questa umidità? E, in effetti, non è sola.

C'è il Chihuahua. O almeno lo spero, perché a trovarselo in casa all'improvviso un coso così, ti viene da chiamare al volo la derattizzazione!

Ci accomodiamo in salotto, le offro un tè e poi le mostro l'appartamento: cucina, sala (che ha già avuto modo di apprezzare, insieme al Kiwawa che me l'ha comunicato con qualche schizzata di microscopica pipì topesca sul mio bel divano beige), i due bagni, il balcone. Le spiego per bene le regole circa la differenziata e le scarpe, che non devono mai oltrepassare il corridoio d'ingresso, ecco perché ho predisposto le pattine vicino alla porta.

Dopo una ventina di minuti di convenevoli la faccio accomodare in camera sua.

«Che ne pensa? È di suo, mi scusi, vostro gradimento?» mi assicuro.

«Dalle foto sembrava più grande!»

«Oh, mi spiace moltissimo, crede che la dimensione

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possa essere un problema?» indago. Ma non sa che mi riferisco ai suoi capelli tremendamente cotonati, ha la frangia così laccata che pare la Muraglia Cinese!

«Non importa, nella vita ho imparato che le cose più preziose sono quelle mignon...» dice con un buffo accento francese, mentre si perde nello sguardo liquido di quella strana cagnetta snob. Dunque mi spiega che resterà quattro giorni, fino al termine della mostra canina.

«Ah, una mostra!» dico. Anche in questo caso mi riferisco al cane, ma evito di specificarlo.

Che poi se la guardi bene, Maria Antonietta, così si chiama, non è nemmeno tanto brutta, è solo piccola. Molto piccola. L'orrore sta nel come la padrona l'ha ridotta, mezza rasata e mezza no, con mollettine e collanine rosa e lilla che la fanno sembrare un personaggio di Hunger Games.

«Vi lascio riposare, sarete stanche dopo il lungo viaggio in treno... per qualsiasi cosa mi trova-te in soggiorno, questo è il mio numero di cellulare, qui c'è il suo mazzo di chiavi, e per la spesa faccia come crede, il secondo ripiano è a sua... voglio dire, vostra completa disposizione! Mi raccomando, riguardo al frigo: ciascuno ha le sue cose, per me la regola fondamentale per una felice convivenza riguarda soprattutto il rispetto reciproco... se manca qualcosa nella dispensa ce lo appuntiamo su questa lavagnetta, d'accordo?» le dico, stando ben attenta a trasmetterle tutta la mia empatia, specialmente quando parlo di Maria Antonietta, perché ovviamente quello non è un cane, ma la sua bambina. Infine, le indico la lavagnetta accanto al forno.

Mi ringrazia e chiude la porta senza concedermi troppa confidenza. La sento mugolare qualcosa alla

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sua piccola reginetta di bellezza, ma subito dopo sono già fortunatamente lontana.

Torno alle mie mail, sperando che qualcuno abbia letto il mio curriculum, ma nel frattempo noto con piacere che l'addebito dei quaranta euro giornalieri della signora bionda nell'altra stanza è già stato effettuato. Perciò sono più ricca di quasi duecento euro, sarebbero centosessanta meno la percentuale di Airbnb, ma voglio vedere il bicchiere mezzo pieno.

Riesco a rilassarmi un po' e decido che concentrarmi sul mio look per il pranzo col mio amore mi farà sentire ancora meglio. Ci metto un po' a capire cosa mi stia bene per via del solito problema: ho il seno troppo grande e mi fa sembrare più tornita di quello che sono. Ogni volta che mi infilo una maglietta o una camicetta o un abito ho la sensazione di annaspare in un sacco della spazzatura, devo sempre scegliere una taglia in più per farci stare dentro le due signorine...

Alla fine mi rimetto quello che ho indossato al colloquio, mi sistemo il make up, prendo l'ombrello, esco di casa e prendo il tram che mi porterà fra quindici minuti esatti all'entrata del suo studio, pronta per ricevere un caldo abbraccio.

«Dio, quanto sei bella...» Richard mi attira a sé. Sento un fuoco avvampare nelle mie mutandine. Ma sono anche di pessimo umore. Non sono certa di averne proprio voglia, oggi, e poi questo è lo studio del suocero, qui tutti conoscono Maalox, non vorrei fare la figura della mignotta: ovviamente nessuno sa che sono la sua fidanzata.

«Una giornata terribile, conclusa con quel coso che me l'ha fatta sul divano e ora mi toccherà spendere un sacco di soldi per farlo pulire... Amore, dai, aspetta...

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c'è ancora qualcuno di là!»

Non riesco a terminare un pensiero di senso compiuto che ho già i pantaloni raggomitolati sulla scrivania, mentre Richie, come lo chiamo in intimità, gioca a tirarmi l'elastico delle autoreggenti. Poi mi sbottona la camicetta ed esplora i miei seni sollevando il reggiseno, ma senza sganciarlo. In quel modo le mie tette sembrano ancora più grandi, lo ammazzerei, ma lui ci si perde nel mezzo, affamato come un ragazzino dopo l'ora di ginnastica.

«Quando ti vesti da prof sei così sexy...» mormora.

«È solo il completo che uso per i colloqui – con sotto la mise sexy di quando so che poi magari faremo sesso – amore, aspetta... davvero, ho sentito delle voci in corridoio!»

Mi ritrovo con il volto schiacciato sul tavolo e le sue mani che mi percorrono la schiena, il suo tocco ha un potere sovrannaturale su di me, è come una droga, riesce a farmi fare qualsiasi cosa, è l'unico uomo della mia vita che abbia mai saputo accendermi così: in un istante. Dopo qualche minuto abbandono ogni resistenza, Richard entra dentro di me e inizia a muoversi come solo lui sa fare. Devo mordermi il labbro per non far sentire a tutto il palazzo quando sto venendo. Poco dopo mi raggiunge anche lui e una volta finito si accascia sopra di me, o forse dovrei dire dietro di me, e mi bacia con tenerezza.

Ho bisogno di qualche minuto per rallentare i battiti, ma poi torno in posizione eretta. Richard si china per tirarsi su i pantaloni, mentre io recupero i miei. Ci ricomponiamo, tra un sorriso e altri baci. Quando vuole sa essere anche molto tenero.

«Ti amo tanto...» gli sussurro perdendomi nei suoi bellissimi occhi neri.

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«Anch'io!» mi risponde, stringendomi forte. Il suo petto mi fa sentire al sicuro. Ha le mani calde, sempre, e la sua voce è un suono familiare, accogliente. C'è un qualcosa di ancestrale fra noi, che mi fa sentire sempre così protetta.

E poi aggiunge: «Selly» (come mi chiama lui in intimità) «ma che ore sono?».

«Credo sia l'una passata, perché?»

«Devo essere a casa entro le due, stamattina mia moglie ha tamponato e mi aspetta il perito dell'assicurazione... sono in ritardissimo! Anzi, ti dispiace passarmi gli occhiali, così gli scrivo che sto arrivando?»

Alla parola moglie mi si ferma il respiro per dieci secondi. Non sono pochi, provateci.

«Ma come? Richie, non dovevamo pranzare insieme?»

«Non l'abbiamo fatto?» dice mentre si stringe la cintura in vita, con lo sguardo rivolto verso il basso e gli occhiali scesi fino alla punta del naso. Ogni tanto mi sembra di avere a che fare con un vecchietto, in effetti abbiamo una bella differenza di età, ma non così tanta... Il mio fidamante ha la memoria labile, evidentemente, perché sono certa di non aver messo proprio nulla sotto i denti, a parte la sua meravigliosa pelle al profumo di bagnoschiuma e un pacchetto di taralli, giusto per accompagnare la mini bottiglia di Berlucchi che ha tirato fuori dal frigorifero dietro alla scrivania, appena sono arrivata.

Lo imito, mi guardo i piedi e sento che non riesco più a trattenere la disapprovazione. Sarà il terzo bidone di fila, è sempre più difficile fingere di non essere in tre, all'interno del rapporto.

Richard se ne rende conto e torna qui, al momento in cui siamo, dove esistiamo solo noi e tutto il resto è

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chiuso fuori da quella porta. «Scusa, hai ragione, sono davvero pessimo. Lo sai che è una situazione difficile, con lo studio di mezzo e poi i ragazzini... Amore, sono uno stronzo, mentre tu sei meravigliosa. E sei bellissima. Avresti il diritto di stare con una persona per bene, non con un egoista come me!» dichiara con un po ' di affanno, non capisco se per l'emozione o se perché si è rivestito alla velocità della luce.

In virtù di come mi ha appena chiamata, amore, rilasso la mascella, gli vado vicino, con la camicetta ancora mezza aperta, e rispondo a tono: «Non dirlo nemmeno per scherzo!».

Mi bastano due miseri secondi per immaginare di non stare più con lui e morire. Chi mi darebbe il suo amore, chi mi farebbe sentire importante, chi altro mi stringerebbe in quel modo dopo aver fatto l'amore, con quale pensiero mi sveglierei la mattina e andrei a dormire la sera?

Lui è il mio Richie...

«Scusa, hai ragione. Se hai un'urgenza, è giusto che tu vada... Magari passa a salutarmi questa sera, prima di tornare a... casa!» aggiungo.

Anche quando dico casa però, ho un sussulto, perché è un'immagine che cerco sempre di evitare, la cena tutti insieme è un altro dei loro riti senza senso...

Ci abbracciamo di nuovo e ci baciamo per quasi cinque minuti. In effetti mi è appena passata la fame, mi farò un panino col prosciutto a metà pomeriggio. Tutto ciò che voglio, ora, e sempre, è tra queste mura, proprio davanti ai miei occhi.

«Ti amo, Richard!»

«Anch'io!»

Lo spero.

Certo che Maalox sembra proprio farlo apposta.

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Ogni volta che arriva il mio turno di reclamare un po ' d'amore, ne combina una delle sue; come fa ad aver tamponato il nuovo Suv? Richard glielo ha regalato il mese scorso! Nemmeno dieci chilometri avrà fatto.

Che bisogno c'era, poi, del Suv?

«Non essere gelosa» mi disse allora Richard, cogliendo un certo mio disagio per questo acquisto irrinunciabile. «Gliel'ho comprato così è indipendente e può andarsene in montagna coi ragazzi senza dovermi chiedere un passaggio, mentre io sarò libero di muovermi e vederti ogni volta che voglio. E poi, sai, avere una macchina in cui dormire, in caso mi cacci di casa, non è male...»

Sì, perché il condominio in cui vivono è di proprietà dell'ex suocero e restare in mezzo a una strada è una delle sue più grandi paure, ma in quel caso sarei ben felice di ospitarlo a casa mia.

«Selly?» mi chiama un secondo dopo, prima di sparire in macchina.

«Sì?»

«Non te lo prometto, ma forse venerdì sono da solo.» Che, in codice, vorrebbe dire che, se non ci sono impedimenti, Maalox se ne va in montagna per il fine settimana e il Principe Richard è libero di entrare e uscire dal suo palazzo-prigione come e quanto vuole.

Improvvisamente torno a sorridere: «Allora stiamo insieme...» gli dico ammansita, mentre lui conclude il nostro incontro con il gesto della cornetta, da lontano, della serie ti chiamo (io) dopo.

Gli preparerò una cenetta romantica! Saluto la sua macchina che seguo sfrecciare verso il semaforo.

Quando torno a casa vengo riportata alla realtà: ho un'ospite ingombrante questa settimana, me lo ricor-

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dano i cuscini per terra che la piccola peste si sta trascinando in giro per il soggiorno.

«Maria Antonietta!» la riprendo. Ma come tutte le regine, figuriamoci se quella ascolta la plebe!

Poco dopo si palesa la padrona, che la rapisce tra le braccia quasi risentita, come se la cattiva fossi io. «Mi spiace» le dico, «cercavo solo di fermarla!» ma le due si sono già richiuse in camera.

Devo stare attenta a non sembrare sgarbata, prima che la biondona cotonata mi faccia una recensione negativa su TripAdvisor e perda così il mio buon punteggio nella classifica di Airbnb.

Faccio passare un'oretta, in modo tale da essere sicura che Richard sia tornato in studio e gli scrivo il seguente messaggio: Amore, purtroppo ho un problema per venerdì, perché c'è la nuova inquilina e ho capito che non sarà una convivenza facile, non ha l'aria di una che riesci a mandare al ristorante, nemmeno se offri tu...

Mi risponde al volo: Non importa, ci andremo noi! Al ristorante?

Prenoto io, baby. Take it easy!, mi dice con una cadenza anglosassone fastidiosamente accademica. Richard ha solo delle lontane origini britanniche, tuttavia ben impresse nel suo nome: pare avesse una bisnonna o una prozia di Bristol, non mi è mai stato chiaro, l'argomento famiglia è off limits. Però una volta si è lasciato scappare di essere figlio di un nobilastro italiano decaduto, motivo per cui quando ha conosciuto Maalox, figlia di uno dei più famosi notai di Milano e con tre generazioni di farmacisti da parte di madre, ha fatto subito due conti.

Comunque, mi porterà a cena fuori, non era mai

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successo. Farsi vedere in giro con me la sera è sempre stato catalogato come un comportamento pericoloso. Di giorno se ci pizzicano può sempre dire che sono una collega o non so cosa. Ma di sera è più difficile trovare scuse...

Chissà, forse vorrà dirmi qualcosa sul nostro futuro...

Mi consulto subito con la Giò, mia migliore amica e cartomante.

«Tu credi ancora nelle favole, tesoro!» mi fredda all'istante, nei primi trenta secondi di telefonata.

«Perché?» le chiedo, candidamente. Che disprezzi il borbone decaduto, pur sempre caduto in piedi, non è un mistero; disprezzo reciproco in effetti, fra loro è stato odio a prima vista! Le ho appena raccontato che ci siamo visti da lui per pranzo e infatti mi risponde: «Di' nel suo studio, mi pare più onesto...».

È più grande di me di nove anni e mi vuole sempre fare da sorella maggiore. Cosa che non sopporto, peraltro.

«Ricominci?» la fermo subito.

«No, no...»

«Finiscila di trattarlo a quel modo! Le parlerà, ha solo bisogno di tempo. Ci sono i figli, la casa, le questioni legate al lavoro. Non è che uno cambia vita così, su due piedi. Ne abbiamo parlato, te l'ho detto: finché non lo dirà alla moglie, è meglio non farci vedere troppo in giro, quindi i posti si limitano allo studio, a casa mia, nei bar lontano da casa... e a me va benissimo così! Ho tutto sotto controllo, è inutile che ti preoccupi per me!» le dico tutto d'un fiato. Poi riprendo ossigeno.

Ho detto MOGLIE?

«Sono già due anni che state insieme, di tempo ne

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ha avuto più di un po', non ti pare? E comunque, chiamale topaie, i bar sono un'altra roba.»

«Giò, mica può portarmi a pranzo da Savini, prima deve divorziare, se no sembro l'amante! A proposito...»

«Bene, cara, iniziamo a ragionare!» sghignazza in tutta risposta.

Sbuffo. Chissà poi perché l'ho detto... forse perché è vero? E mi incupisco. «Be', per me non è un problema, anzi, ho mai avuto problemi, io? Quanto meno che poi non abbia risolto con estrema serenità. Tornando al nocciolo del discorso, piuttosto, ti stavo dicendo...»

La Giò ride come una pazza. Devo aspettare che le passi e che vada a recuperare un fazzoletto per asciugarsi le lacrime che scorrono a fiotti lungo le guance, prima di dirle che venerdì andremo fuori a cena. E quando glielo comunico è anche peggio, temo che scoppierà dal ridere se non si ferma in tempo!

«Secondo me ti porta da McDonald's!» aggiunge tra una tirata di fiato e l'altra e poi capisce di avere un po ' esagerato: «Scusa, ora mi calmo. E dove andrete? Te l'ha già detto?» mi chiede, tornando subito seria ma il ghigno sarcastico le rimane incollato alla voce.

«Non ha nessuna importanza dove. Lo capisci il gesto? Io e lui. Di sera. Al ristorante! Sono così emozionata... mi sento una ragazzina alla prima cotta.»

«Quello di sicuro!»

«Non riesci proprio a essere felice per me, vero? Ma che problema hai?»

Certo, lei ha una famiglia da pubblicità, come quella delle Gocciole dove ci sono Tarzan e Jane, fichissimi, che vivono sull'albero, hanno due figli, un maschio e una femmina, e un leone. L'unica differenza è che il marito della Giò fa il commercialista mentre lei è

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un'insegnante delle superiori con un sacco di ferie retribuite e hanno anche un labrador e due tartarughine d'acqua dolce.

«Ti voglio bene. Il mio problema è questo. Ti farai un gran male. Vedo molte lacrime. E ti scontrerai con un infausto evento, decisamente imprevedibile, se resterai accanto a lui... devi stare attenta a quest'uomo, Selvaggia: è pericoloso!» aggiunge cupa.

«Un infausto evento? Mi stai facendo le carte per caso?» le domando con apprensione (mica per altro, chissà cosa dicono i Tarocchi di me e il mio fidamante!).

«Vuoi farmi una domanda precisa? Che non sia sempre la stessa, è possibile?»

«Si leverà dai piedi, Maalox, prima o poi?» ripeto, dopo aver finto di pensarci qualche secondo. Sono monotona, lo so.

«Ti ho appena detto di non farmi sempre la stessa domanda...»

«Per favore, è l'unica cosa che voglio sapere. Che ci amiamo lo so già!»

«Dammi un numero, anche un paio.»

«Quattro, sette, otto...»

Sento che mescola e taglia il mazzo sbattendolo sul tavolo una volta ricompattato. E così rovescia le prime due carte.

«L'impiccato. E il diavolo.»

«Quindi?» Ho un brutto presentimento.

«Significa che la situazione non cambia, tesoro: questo rapporto resterà per sempre così, legato al cappio. Aspetta, però, in effetti qualcosa di nuovo sta per arrivare perché vedo...»

«Cosa!?»

«Notizie da lontano, novità dall'estero, forse un

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viaggio... non saprei dirti.»

«Visto che sei malfidente, streghetta! Mi porterà in vacanza quest'estate, ne sono certa, le cose stanno già cambiando, prima la cena, poi mi proporrà un weekend e alla fine ci sarà la vacanza!»

«Se lo dici tu...» termina, perplessa.

Mi irrigidisco all'improvviso. Stavolta non è per colpa della Giò ma perché Milady ha lasciato il tavolo della cucina crivellato di briciole. Resisto alla tentazione di andargliene a dire quattro, perché penso sempre alla recensione. Perciò, appoggiando il telefono sulla spalla, afferro la spugnetta arancione con la destra e il Cif con la sinistra ed elimino ogni traccia di cibo.

Risistemando la spugnetta sul bordo del lavabo, mi rendo poi conto che nello scarico ci sono degli avanzi di pomodoro. «Non è possibile!» gracchio.

«Che succede?» si intromette la mia amica, dall'altro lato del telefono.

«Nulla, però adesso devo proprio lasciarti... Ti chiamo domani. E non provare a interpellare i tarocchi senza il mio consenso, e concentrati su questa cosa dell'infausto evento, capito?!»

Metto il cellulare in tasca e mi oriento sul lavandino. Sollevo le briciole in un colpo solo e in pochi minuti tutto è tornato pulito come dovrebbe. Respiro...

Apro il frigo, ma ora una forza sinistra mi sbalza all'indietro. È come scoperchiare la tomba di Tutankhamon, solo che stavolta il faraone nell'Aldilà si è portato i broccoli: peggio, un preparato multivitaminico ai broccoli, brandizzato niente meno che dal Metodo Misura. Un pasto sostitutivo unto e maleodorante sembra essere stato lasciato al suo sordido destino, la putrefazione, da giorni. Constato con piacere che, an-

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che se è appena arrivata, la bionda Signora ha preso subito confidenza con l'appartamento, tanto da occuparmi il frigorifero.

Calma, Selvaggia!

Prendo la pellicola e cerco di soffocare il fetore esalato dalla vaschetta in tetrapack Metodo Misura aperta con un paio di strati di cellophane: quando si dice che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi! E resisto alla tentazione di tumularlo nell'immondizia.

La mia temporary coinquilina mi piomba alle spalle: «Che sta facendo?» mi urla da dietro.

Salto per aria. Anzi, tiro proprio un urlo. A momenti il piatto cade nel cestino per davvero.

«Oh, Signore che spavento... ecco, io stavo solo... mancava la pellicola...» tento di rammendare, porgendole la vaschetta con entrambe le mani, come se si trattasse di un vassoio colmo di gemme preziose. Sto per vomitare.

«Maria Antonietta è vegana.»

Cioè, i broccoli precotti erano per il cane?

Scoppio in una fragorosa risata ma mi ricompongo quando capisco che la bionda non sta affatto scherzando. «Allora, bon appétit!» le dico, tanto per stemperare la tensione.

Ma la signora mi strappa i broccoli dalle mani e li rimette esattamente dov'erano, solo che stavolta, grazie al cielo, sono tappati dalla pellicola. Le volto le spalle o finisce che litighiamo.

Okay, darò una sistemata al beauty case degli smalti, poi mi concederò un bel bagno caldo, perché tra il freddo che ho preso stamattina e il mal di testa che mi ha fatto venire Giovanna con le sue teorie e questa storia dei pasti sostitutivi per il cane... sento un gran bisogno di rilassarmi, e riordinare.

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Mi spiace solo che il profumo meraviglioso di Richie scivolerà via insieme con il bagnoschiuma al muschio bianco.

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