EVIE DUNMORE
Anime ribelli
Immagine di copertina: Lee Avison/Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Rogue of One's Own Prima pubblicazione in Italia presso Mondadori Retail S.p.A. per Mondolibri, Milano © 2020 Evie Dunmore Traduzione di Sonia Comizzoli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2022 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2022 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 323S del 26/05/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
A Brad e Judy, due ottime persone che hanno sempre tirato fuori il meglio di me.
1 Buckinghamshire, estate 1865 Le giovani lady non si stendevano a pancia in giù sul tappeto dietro al divano Chesterfield della biblioteca per giocare a scacchi. Non si gonfiavano le guance di caramelle prima di colazione. Ma erano le vacanze estive, e anche le più noiose di tutte: Tommy era tornato da Eton trasformato in un bacchettone che non giocava più con le ragazze; la nuova arrivata, la cugina Cecily, era il genere di ragazzina dalla lacrima facile, e Lucie, a tredici anni scarsi, riteneva di essere davvero troppo giovane per morire decorosamente di noia. Sua madre, al contrario, probabilmente l'avrebbe considerata una nobile e degna morte. Ma dopotutto, per la Contessa di Wycliffe parecchie cose erano preferibili al comportamento da maschiaccio. Sentiva nel naso l'odore di pelle e polvere, e la biblioteca era piacevolmente silenziosa. Il sole del mattino creava pozze di luce sulla scacchiera, facendo scintillare la regina bianca come un faro. Era in pericolo, un cavallo minaccioso le aveva teso un agguato e Sua Maestà doveva ora scegliere se sacrificarsi per proteggere il re o lasciarlo cadere. Le dita di Lucie indugiarono sulla lucida corona d'avorio, indecise. Dei passi affrettati riecheggiarono nel corridoio. I tacchi gentili di sua madre... ma sua madre quando mai correva? Si spalancò la porta. 7
«Come hai potuto? Come hai potuto?» Lucie raggelò. La voce di sua madre tremava di sdegno. La porta si richiuse sbattendo con tale forza da far tremare il pavimento. «Davanti a tutti, l'intera sala da ballo...» «Andiamo, intendi continuare così?» Lucie si sentì stringere lo stomaco. Era suo padre, dal tono freddo, seccato e tagliente. «Lo sanno tutti, mentre io sono a casa a letto, ignara!» «Buon Dio. Perché la moglie di Rochester si dichiari tua amica va oltre la mia comprensione... ti riempie le orecchie di pettegolezzi e guardati, farnetichi come una pazza. Diamine, avrei dovuto mandarla via ieri sera; è tipico del suo carattere bizzarro autoinvitarsi, presentandosi tardi e senza invito...» «Lei resta» sbottò la madre. «Deve restare. L'unica persona sincera in un covo di serpi.» Suo padre rise. «Lady Rochester sincera? Hai visto suo figlio? Quello strano tipetto rossiccio... scommetto mille sterline che non è neppure seme di Rochester.» «E tu invece, Wycliffe? Quanti ne hai seminati tra le tue storie parallele?» «Ehi. Questo non è degno di te, moglie.» Ci fu una pausa, che si protrasse e divenne pesante come una coltre di piombo. Il cuore di Lucie martellava contro le costole, duramente e dolorosamente, con colpi così forti che non si poteva non udirli. Un singhiozzo squarciò il silenzio e le colpì lo stomaco come un pugno. Sua madre stava piangendo. «Ti supplico, Thomas. Che cosa ho fatto sì di male perché tu non voglia tributarmi almeno la discrezione?» «Discrezione... signora, i vostri strepiti si sentono a miglia di distanza!» «Ti ho dato Tommy» rispose lei tra i singhiozzi. «Sono quasi morta nel darti Tommy, eppure tu esibisci quella... quella persona davanti a tutti.» 8
«Santi tutti, datemi la pazienza... perché devo essere incatenato a una femmina iperemotiva?» «Ti amo tanto, Thomas. Perché, perché tu non riesci ad amarmi?» Un gemito, carico di impazienza. «Ti amo a sufficienza, moglie, anche se i tuoi isterismi lo rendono un'impresa.» «Perché deve essere così?» pianse lei. «Perché non sono abbastanza per te?» «Perché, mia cara, io sono un uomo. E adesso posso avere un po' di pace nella mia biblioteca, per favore?» Un'esitazione; quindi un profondo sospiro che suonò come una resa. Il tonfo della porta massiccia che si richiudeva giunse come in lontananza. Un rombo riempì le orecchie di Lucie. La gola era ostruita dalle caramelle, avrebbe dovuto respirare dalla bocca. Ma lui l'avrebbe sentita. Poteva resistere. Non avrebbe respirato. Il click di un accendino. Wycliffe si era acceso una sigaretta. Scricchiolio di assi del pavimento. Crepitio di pelle. Si era accomodato nella sua poltrona. Le bruciavano i polmoni, e aveva le dita bianche come ossa, estranee e artigliate sui vorticanti mulinelli del tappeto. Tuttavia Lucie rimase in silenzio. Il re e la regina le si appannarono davanti agli occhi. Poteva resistere. Ai margini della vista iniziò a sopraggiungere il nero. Era come se non avesse potuto mai più respirare. Fruscio di carta. Il conte stava leggendo le notizie del mattino. A un miglio dalla biblioteca, immerso tra i freschi boschi verdeggianti di Wycliffe Park, Tristan Ballentine, secondogenito del Conte di Rochester, aveva appena deciso di trascorrere tutte le sue estati future a Wycliffe Hall. Avrebbe potuto doversi mostrare amico di Tommy, il 9
Gran Bacchettone di Eton, per mettere in pratica il suo progetto, ma quelle solitarie passeggiate mattutine ne valevano la pena. A differenza della tenuta di residenza della sua famiglia, dove ogni arbusto era potato e conteggiato, Wycliffe Park lasciava la natura al suo corso. Gli alberi si torcevano. I cespugli dilagavano. L'aria era addolcita dal profumo dei fiori selvatici. E lui aveva scovato il posto perfetto per leggere Wordsworth: una radura circolare al termine di un sentiero incavato. Con una grossa roccia verticale che incombeva al centro. La rugiada gli inumidiva le gambe dei pantaloni mentre circumnavigava il monolite. Somigliava in modo sospetto a una pietra incantata, conica ed erosa, piantata lì agli albori del tempo. Certo, a dodici anni era troppo grande per credere alle fate e roba del genere. Suo padre glielo aveva chiarito abbondantemente. Anche la poesia era proibita ad Ashdown Castle. I versi romantici erano in aperto contrasto con il motto dei Ballentine: «Con Valore e Vigore». Ma lì, chi avrebbe potuto trovarlo? Chi lo avrebbe visto? La sua copia delle Ballate Liriche di Wordsworth e Coleridge era pronta a disposizione. Si sfilò la giacca con una scossa delle spalle e la stese aperta sull'erba, quindi vi si allungò stendendosi sulla pancia. La stoffa sottile dei calzoni subito grattò come una maglia metallica contro la pelle scorticata del fondoschiena, facendogli male al sedere. Suo padre impartiva le sue lezioni domestiche con un bastone e il giorno precedente, il conte era stato di nuovo troppo zelante. Era per quello che sua madre aveva afferrato lui, Tristan, e lui aveva afferrato i suoi libri, e insieme se ne erano andati in visita alla sua amica Lady Wycliffe per l'estate. Cercò di trovare una posizione comoda, agitandosi di qua e di là, poi ci rinunciò, sfilò le bretelle e inizio a sbottonare la patta dei fastidiosi calzoni. Un istante dopo, la terra iniziò a tremare. Per un attimo, Tristan raggelò. Afferrò la giacca e si buttò dietro il masso verticale 10
proprio mentre un cavallo nero irrompeva alla vista dal sentiero incavato. Un animale splendido, scintillante di sudore e con la schiuma che volava dal morso. Il genere di stallone che cavalcavano re ed eroi. Si bloccò di colpo nella radura, facendo schizzare via zolle di terra con gli zoccoli grossi come piatti. Tristan inspirò di scatto, stupefatto. Il cavaliere non era un re. Né un eroe. Il cavaliere non era neppure un uomo. Era una ragazza. Indossava stivali e pantaloni da ragazzo e montava a cavalcioni, ma era senza dubbio una ragazza. L'adamantina cascata lucente di capelli platino che le fluiva sulla schiena le roteò intorno come un velo di seta quando il cavallo si voltò. Lui non sarebbe riuscito a muoversi nemmeno se ci avesse tentato. Era sbalordito, con lo sguardo inchiodato al viso di lei... Era vera? La sua faccia... era perfetta. Delicata e a cuore, con sottili sopracciglia ad arco e un piccolo mento appuntito e caparbio. Una fata. Ma le guance erano colorate di un rosa collerico e le labbra strette in una linea. Sembrava pronta a gettarsi in battaglia sul suo grande cavallo nero... Fece per scivolare giù di sella, e lui si ritrasse di scatto dietro il masso. Avrebbe dovuto farsi vedere. Gli si seccò la bocca. Che cosa le avrebbe detto? Che cosa si poteva dire a una creatura così fiera e incantevole? Gli stivali della ragazza toccarono terra con un lieve tonfo, lei mormorò qualche parolina dolce allo stallone. Poi niente. Lui allungò il collo. La ragazza era sparita. Strisciò avanti in silenzio. Quando si sollevò per accucciarsi, la scorse supina nell'erba, con le esili braccia spalancate. Forse poteva avvicinarsi un po'... ancora un po' più vicino. Si raddrizzò a guardarla dall'alto. Lei aveva gli occhi chiusi. Le ciglia si posavano lunghe e scure sulle guance pallide. Le ciocche splendenti dei ca11
pelli erano distese a ventaglio intorno al capo, come raggi di un freddo e bianco sole invernale. Gli batteva forte il cuore. Un dolore potente gli sgorgò dal profondo, una frenesia ansiosa, una sorta di timore... quella era un'opportunità rara e preziosa e lui era dolorosamente impreparato a coglierla. Non sapeva neanche che ragazze così potessero esistere fuori dai libri di fate e principesse delle saghe nordiche che doveva leggere di nascosto... Uno sbuffo arrabbiato squarciò il silenzio. Lo stallone si stava avvicinando a orecchie appiattite e denti scoperti. «Diavolo» disse Tristan. La ragazza aprì gli occhi di scatto. Si fissarono a vicenda, lei stesa sulla schiena e lui incombente dall'alto. Fu in piedi in un balzo. «Tu! Hai passato il segno! Come osi!» Gli era parsa piccolina, invece i loro occhi erano quasi alla stessa altezza. Lui senti il viso congelarsi in un sorriso demente. «No, io...» I tempestosi occhi grigi si strinsero fissandolo. «Io so chi sei. Sei il figlio di Lady Rochester.» Lui si rammentò di inchinare il capo. Con una certa grazia, anche. «Tristan Ballentine. Servo vostro.» «Mi stavi spiando!» «No. Sì. Be', un po'» ammise lui, dato che non poteva fare altro. Fu il momento peggiore per ricordarsi che la patta dei calzoni era ancora mezzo aperta. Istintivamente allungò la mano sui bottoni, e lo sguardo della ragazza la seguì. Lei emise un forte ansito. La cosa successiva di cui lui fu cosciente fu che la mano di lei si sollevava e il dolore gli esplodeva sulla guancia sinistra. Barcollò all'indietro, disorientato, toccandosi la faccia. Quasi si aspettava di trovarsi la mano macchiata di rosso, mentre la staccava dal viso. Guardò dal palmo al viso di lei. «Questo è ingiusto.» 12
Un guizzo di incertezza, forse pentimento, le raffreddò per un attimo il bagliore degli occhi, poi lei sollevò la mano con rinnovato impeto. «E non hai ancora visto niente» ringhiò. «Lasciami in pace... carotina.» Lui sentì le guance bruciare, e non per lo schiaffo. Sapeva di essere cresciuto solo di un paio di centimetri dal suo compleanno e, sì, temeva che la nota altezza dei Ballentine stesse disertandolo. Il piccoletto, lo chiamava Marcus. Strinse la mano a pugno. Se fosse stata un maschio, l'avrebbe stesa. Ma un gentiluomo non alzava mai le mani su una ragazza, anche se lei gli faceva venire voglia di urlare. Marcus sì che avrebbe saputo come vedersela con stile con quel folletto malefico. Tristan poteva solo battere in una frettolosa ritirata, con il ceffone che ancora pulsava come una fiamma sulla guancia. Le Ballate Liriche giacevano dimenticate nell'erba umida.
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Dal 13 luglio