SCARLET WILSON
Le regole del dottore
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Maverick Doctor and Miss Prim Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2013 Scarlet Wilson Traduzione di Silvia Calandra Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca settembre 2014 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE BIANCA ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1611 dello 02/09/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Chicago «Allora, bellezza, cos'hai di bello per me?» Sawyer si sporse in avanti sul banco della reception sotto gli occhi attenti dell'impiegata. Miriam masticava rumorosamente un chewinggum. «Sei qui da troppo tempo... stai diventando insolente!» «Sono sempre stato insolente.» «E poi, tagliati quei capelli.» Lui si scostò gli ispidi capelli castano chiaro dagli occhi e gettò il capo all'indietro. «I capelli lunghi sono trendy. E poi mi donano.» L'impiegata alzò gli occhi al cielo e prese tre cartelle. «Puoi scegliere tra due fratelli con la varicella nella stanza sei o una quarantatreenne con diarrea e vomito dietro la tenda due.» Sollevarono il capo contemporaneamente quando udirono il rumore dei conati di vomito provenire da dietro la tenda. «Vada per i bambini.» Prese le cartelle e, sfogliandole, si avviò lungo il corridoio. Ben e Jack Keating, sei e sette anni, erano appena tornati dall'estero con la varicella. Aprì la porta della stanza. Stranamente le luci all'interno erano soffuse. I due fratellini erano a letto con i 5
genitori al loro fianco. Alison, un'infermiera, stava provando loro la temperatura e quando lo vide gli andò incontro. Da sotto la divisa lui notò che cominciava a scorgersi il suo stato interessante. «Non vedevo dei bambini così mal ridotti da parecchio tempo» mormorò. Lui le sorrise. «È il caso che tu stia qui?» Lei sospirò. «Se non ho preso la varicella dai miei tre figli, non può che voler dire che sono immune.» Sawyer attraversò in fretta la stanza e appoggiò le cartelle in fondo al letto. Alison aveva ragione. Quei bambini avevano un aspetto terribile. La varicella poteva essere molto più pericolosa di altre malattie esantematiche. «Salve. Sono il dottor Matt Sawyer e adesso visiterò Ben e Jack.» Tese la mano alla madre e poi al padre e notò l'espressione esausta sui loro volti. Poi si lavò le mani e indossò un paio di guanti. Si avvicinò a Ben. Nella luce fioca non si vedeva bene il viso, ma era completamente coperto di pustole. «Ciao, Ben. Tranquillo, ti darò solo un'occhiata.» Il bambino di sei anni fece solo un lieve cenno del capo. Lui guardò il monitor della pressione e vide che il battito era accelerato e la pressione bassa. Anche solo sfiorandogli la fronte con la mano, la sentì calda. Poi gli premette le dita ai lati del collo. Le ghiandole erano ingrossate. Aveva pustole sul viso, sul petto e sulle braccia. La prima cosa che lo colpì fu che tutte le vesciche erano allo stesso stadio di sviluppo. Non come accadeva per la varicella, dove le pustole si manifestavano ed eruttavano in tempi diversi. Un campanello d'allarme gli suonò nella testa e risentì la raccomandazione che era solito fargli il suo anziano mentore. Procedi con metodo. Si spostò in fondo al letto e sollevò il piede di Ben. 6
Ecco, la stessa uniforme eruzione cutanea anche sulla pianta del piede. Poi gli prese la mano e gli guardò il palmo. Vescicole rosse anche lì. Sentì l'amaro in bocca e guardò Alison che doveva avere attivato le sue capacità telepatiche perché aveva già predisposto le sacche di soluzione salina e stava preparando le flebo. «Dove siete stati in vacanza?» Il padre dei bambini scrollò il capo. «Non eravamo in vacanza. Eravamo in Somalia dove ho lavorato per tre mesi. Lavoro per una società che installa reti idriche.» Somalia. L'ultimo posto dove poter contrarre la varicella. «Siete venuti in contatto con indigeni affetti da questa malattia?» Un milione di domande gli frullavano per la testa, ma non voleva angosciare i due genitori. La signora Keating annuì. «Eravamo nella zona degli altipiani e parecchie persone erano malate. Ma non credevamo fosse nulla di serio. In effetti, ci siamo chiesti se eravamo stati noi a contagiarli. Eravamo i primi con cui venivano in contatto da molti anni.» La sua reazione fu istintiva. «Per favore, Alison, esci immediatamente.» «Cosa?» L'infermiera aggrottò la fronte. «Aspettami fuori, per favore, Alison» le ripeté a voce alta, pregando che capisse. L'atmosfera era elettrica. Alison era un'infermiera esperta e capì. Lasciò le flebo e uscì. «Qualcosa non va?» chiese il signor Keating, alzandosi. Sawyer si avvicinò all'altro letto. Jack era sdraiato a pancia in giù. Lo girò con delicatezza e vide che era nelle stesse condizioni del fratello. Il suo viso era coperto di vescicole rosse e gonfie. Tutte allo stesso stadio di sviluppo, alcune sul petto, la maggior parte su7
gli avambracci. Gli aprì la bocca. Il palato e la mucosa erano coperti. Controllò la pianta dei piedi e i palmi delle mani. Le stesse eruzioni. Si sentì rabbrividire, Non poteva essere. Non poteva. Quella malattia era stata debellata negli anni settanta. Da allora non si era più vista. Poi una lampadina gli si accese nel cervello. Alcuni anni prima c'era stato il sospetto di una nuova epidemia, ma alla fine era stato stabilito che si era trattato di varicella. Rifletté sulle varie possibilità. Le conosceva perfettamente. Chiunque avesse lavorato alla DPA, l'Agenzia per la Prevenzione delle Malattie, le conosceva. Ma più fissava quelle vescicole più si convinceva che non poteva esserci alcuna alternativa. «Quando sono comparse le vescicole?» Madre e padre si guardarono. «Alcuni giorni fa? All'inizio erano dei puntini rossi, poi si sono trasformati in vescicole. E nelle ultime ore sono peggiorate. I bambini, però, era da un po' che non stavano bene'... avevano mal di testa, mal di schiena, vomito. Abbiamo pensato che avessero preso un'infezione.» Matt avvertì la sensazione di vivere in un brutto film. Perché era capitato proprio a lui? Chissà se qualcun altro l'avrebbe riconosciuta? Ne avrebbe considerato i rischi potenziali? O avrebbe semplicemente diagnosticato un brutto caso di varicella per scoprire solo in seguito le drammatiche conseguenze di una diagnosi sbagliata? Ma lui si era buttato tutto alle spalle. Aveva giurato che non si sarebbe più lasciato coinvolgere da alcunché di simile. Era a Chicago, non chissà dove. Quelle cose non dovevano accadere lì. O meglio, non avrebbero dovuto. Di nuovo pensò che avrebbe voluto uscire da quella porta e dimenticare di aver visto ciò che invece aveva sotto gli occhi. Guardò fuori i lunghi e invitanti corridoi. Non era 8
un vigliacco, ma sentiva di non potercela fare. Quel genere di cosa ti travolgeva, ti toglieva ogni alito di vita. Un'ombra si mosse fuori dalla porta. Ma c'era il killer. E un'infermiera incinta fuori dalla porta. Un'infermiera che lavorava con lui ed era stata in contatto con i bambini. Come faceva a piantarla in asso così? Sollevò lo sguardo. Era come se l'avessero messa lì affinché lui non potesse fuggire. La sua coscienza non gliel'avrebbe mai permesso. Se solo non avesse saputo che era incinta. Se solo quella lieve protuberanza non avesse fatto capolino da sotto la casacca. Sarebbe stato tutto più facile. Avrebbe potuto andarsene. Inspirò profondamente e raddrizzò le spalle. Era un medico. Doveva fare il proprio dovere. Per i suoi colleghi e per i bambini. Bambini molto malati. Guardò i genitori. «Dovete fare mente locale... è importante. Siete tornati in aereo?» Entrambi annuirono. «Quando, esattamente, avete visto le prime eruzioni cutanee? Prima o dopo il volo?» I due genitori si scambiarono un'occhiata, aggrottando la fronte. In quel momento il racconto dettagliato poteva aspettare. Sapeva quanto bastava. Lui non faceva più parte della DPA. Al resto avrebbero pensato loro. Lui doveva fare la denuncia... e la macchina si sarebbe messa in moto. Isolamento. Controllo. Diagnosi. Esami. Scalpore. Nel frattempo aveva due bambini malati e i membri dello staff di cui preoccuparsi. Che la DPA facesse il suo lavoro. Prese il telefono dalla tasca e scattò alcune foto di Jack e Ben. «Aspettate.» 9
Alison sobbalzò quando lo vide uscire. «Cosa diavolo sta succedendo?» Lo seguì a passo svelto mentre si avviava lungo il corridoio in direzione della reception. «Non puoi trattarmi così. Si può sapere cos'hai in mente?» Lui vide che istintivamente si era portata le mani sul ventre. «Le hai toccate?» «Cosa?» «Le vescicole. Le hai toccate?» «Credo di sì» ammise, con gli occhi lucidi come se fosse sul punto di piangere. «No, avevo i guanti» si corresse con voce più determinata. «Dopo esserteli sfilati ti sei toccata?» Lei fece una smorfia. «Non credo. Ma non posso esserne certa.» Lui le appoggiò le mani sulle spalle e la condusse nella stanza libera più vicina. Con il gomito aprì il rubinetto dell'acqua, poi le passò il sapone antisettico e le porse una spazzola. «Lavati come se dovessi entrare in sala operatoria e non fermarti finché non te lo dico io.» Lei era pallida, come se fosse sul punto di svenire. Ma si mosse in automatico. Si cosparse di sapone e iniziò a spazzolarsi le mani, i polsi, gli avambracci e poi li passò sotto il getto dell'acqua. Lui controllava il tempo. Un minuto. Due. Tre. Quattro. «Sawyer?» Lui annuì. «Puoi smettere.» «Sai cos'è?» Adesso lei stava asciugandosi le mani. «Penso di sì. Ma spero di sbagliarmi. Vieni con me.» Raggiunsero il banco. Miriam dava loro le spalle e chiacchierava a voce alta al telefono. Sawyer si appoggiò al banco e le interruppe la chiamata telefonica. 10
Lei si voltò di scatto. «Che ti prende?» «Siamo chiusi.» «Cosa?» Alcune teste si voltarono. «Non hai il diritto...» «Invece ce l'ho. Chiama il dottor Simpson.» Poi si rivolse al resto del personale. «Ascoltate. Abbiamo un'emergenza. Il reparto deve chiudere... subito.» Indicò Miriam. «Non si ammettono più pazienti.» Poi si rivolse a un agente della sicurezza. «Chiuda le porte.» Il vocio intorno a lui crebbe. Posò la mano sul braccio di Alison e l'attirò a sé. «Mi dispiace, cara, ma non si tratta di varicella. Temo sia vaiolo. Dobbiamo contattare subito la DPA.» Atlanta Cassie Turner infilò la borsa nell'armadietto e annuì ad alcune colleghe che si stavano cambiando. Si guardò allo specchio e si raddrizzò la gonna. Inspirò profondamente e sorrise osservando il suo nuovo taglio, un carré biondo asimmetrico. Era un nuovo inizio per lei. Il giorno prima dal parrucchiere le era parso meraviglioso, i capelli lisci e perfettamente acconciati. Adesso le sembrava solo un taglio incompleto. Ci sarebbe voluto un po' di tempo per abituarsi. Era il suo primo giorno alla DPA. Be', non proprio. Un periodo di stage e tre anni di internato come specializzanda avevano completato la sua formazione alla DPA. Adesso era ufficialmente arruolata e faceva parte dell'Agenzia per la Prevenzione delle Malattie. C'erano voluti undici anni di sangue, sudore e lacrime per raggiungere quel traguardo. Per realizzare i sogni di qualcun altro. Per onorare il destino di qualcun altro. 11
Quel giorno era il primo del resto della sua vita. Aprì la porta della centrale operativa. «Ciao, Maiseley.» La donna piccola e dai capelli ricci sollevò lo sguardo. «Caspita! Per il tuo primo giorno di lavoro hai cambiato look!» Cassie rise e prese la sedia accanto a Maiseley. «Non c'è nessuno in giro. Dove sono tutti?» Maiseley la guardò con espressione divertita. «Dovevi essere qui un paio d'ore fa. Stanno mettendo insieme una squadra per un caso sospetto di ebola.» Cassie sbarrò lo sguardo. Era il suo primo giorno di lavoro e le toccava stare al centralino. Mentre nella stanza accanto i suoi colleghi si apprestavano a indagare sullo scoppio di un'epidemia. Si morse il labbro. «Chi ha preso la chiamata?» Maiseley sorrise ancora. «Donovan.» Cassie sospirò. Tipico. La persona che prendeva la chiamata era quella che poi organizzava e dirigeva la squadra. Donovan riusciva sempre a essere al posto giusto nel momento giusto. Diversamente da lei. Fissò il muro davanti a lei. Qualcuno aveva appeso un cartello con la scritta: "La gente normale non chiama la DPA." Nulla di più vero. Il quel preciso istante il telefono accanto a lei squillò. Automaticamente sollevò il ricevitore. Sarebbe stata una lunga giornata. Quattro ore dopo, aveva parlato con tre ufficiali sanitari, una vecchia pazza che chiamava tutti i giorni, due insegnanti troppo ansiosi, cinque comuni cittadini e due ragazzini che dovevano essere stati sfidati a chiamare dagli amici. In quel momento non riusciva a pensare ad altro che a un cappuccino con un muffin alla banana. Lo stomaco le borbottava rumorosamente mentre, 12
all'ennesimo squillo, sollevava di nuovo il ricevitore. «DPA. Sono Cassie Turner, come posso aiutarla?» «Sono Matt Sawyer del Chicago General. Ho due casi sospetti di vaiolo.» Lei raddrizzò subito le spalle, cercando di dare un senso a quelle parole. Il pensiero del muffin svanì. Doveva essere uno scherzo, anche se sembrava la voce di un adulto. «Be'? Non dici niente?» L'uomo sembrava in collera. Evidentemente la pazienza non era il suo forte. Lei inspirò profondamente. «Il vaiolo è stato debellato, signor Sawyer.» «Sono un medico, bellezza. Dottor Matt Sawyer.» Lei aggrottò la fronte. Matt Sawyer? Il nome le era familiare. Chi era? E perché le si rivolgeva in quel modo? Appoggiò la mano sul ricevitore e richiamò l'attenzione di Maiseley con un fischio. «Chi è Matt Sawyer?» Lei sbarrò lo sguardo, incredula, e si spostò velocemente con la sedia a rotelle accanto a Cassie. «Stai scherzando, vero?» Cassie scrollò il capo e indicò il telefono. Maiseley si piegò in avanti, le prese il telefono e ci appoggiò sopra la mano. «Epidemia, moglie incinta morta, sparito dalla circolazione.» I tasselli del puzzle cominciarono a ricomporsi e l'immagine iniziò a diventarle familiare. Ma certo. Aveva sentito parlare di lui. Alla DPA era una leggenda vivente. Ma prima che lei arrivasse. Il rigido addestramento e l'istinto intervennero tempestivamente. C'era un protocollo da rispettare. Spinse la sedia sotto la scrivania e accese un monitor del computer. «Salve, dottor Sawyer, procediamo.» L'algoritmo era comparso davanti ai suoi occhi e le diceva esattamente cosa chiedergli, perché e quando. Cominciò a prendere appunti. 13
«Ha detto che è al Chicago General. Dove esattamente?» Le parve quasi di sentirlo sospirare. «Pronto Soccorso.» «Quali sono i sintomi?» «Due bambini tornati dalla Somalia. Sei e sette anni. Stanno molto male. Febbre, eruzioni cutanee principalmente sul viso, avambracci, palmi e pianta dei piedi. Pochi sul tronco. Pressione bassa, tachicardia, ghiandole ingrossate.» Lei scriveva molto in fretta. Somalia. L'ultimo posto dove era stata rilevata un'epidemia di vaiolo. Una coincidenza. Avrebbe potuto trattarsi di molte altre malattie. Iniziò a parlare. «Dottor Sawyer, ha considerato la varicella, l'erpes, la scabbia, l'impetigine...» «Si fermi.» «Cosa?» «So che sta leggendo la lista. Ho già escluso tutto. Controlli la posta.» Sembrava indispettito con lei. «Cosa vuole dire?» «Signorina, devo ripetere tutto due volte? Controlli la posta. Le ho mandato le foto. Ha mai visto vescicole di questo tipo?» Lei entrò nella sua casella di posta. Nessun messaggio. Solo le foto. Accidenti. Col ricevitore accanto all'orecchio, si avvicinò al monitor per esaminare meglio le vescicole. No. Non aveva mai visto nulla di simile... se non sui libri di testo. «Mostri le immagini a Callum Ferguson» le grugnì la voce all'orecchio. Callum Ferguson. L'unico rappresentante della DPA che aveva vissuto l'ultima epidemia di vaiolo. L'unico che aveva visto le vescicole dal vivo. E solo 14
qualcuno che aveva lavorato all'agenzia poteva saperlo. Quella telefonata non era uno scherzo. «Mi dia due minuti.» Attraversò di corsa la stanza e si precipitò della camera accanto dove era in corso la riunione della squadra anti ebola. «Callum, devi venire subito a vedere una cosa.» «Sono impegnato, Cassie.» Lo scozzese alto e robusto sollevò lo sguardo dal pavimento dove c'era lo zaino che stava riempiendo. Callum aveva già superato l'età della pensione, ma nulla sembrava scoraggiarlo dal lavoro e proprio l'età e l'esperienza facevano di lui un elemento prezioso. «C'è Matt Sawyer al telefono. Vuole che tu veda subito delle foto.» Callum sbiancò improvvisamente e la seguì. Nei pochi istanti in cui era stata lontana dalla sua sedia, tutto era cambiato. Il suo capo, Eva Hunter, era davanti al computer e fissava il monitor, con i suoi due assistenti e Maiseley. Il telefono era ancora sulla scrivania. Nessuno parlava. Si spostarono per lasciare passare Callum che si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e si spinse sotto la scrivania. «Allora?» Evan Hunter non perdeva mai tempo. Il suo sguardo era torvo e indusse Cassie a inarcare le sopracciglia. Qualcuno le aveva spifferato che in passato non era corso buon sangue tra lui e Matt Sawyer. Callum, che solitamente era sempre rubicondo, era cereo. Si voltò verso Evan Hunter e annuì. «Non credevo che l'avrei rivisto» sussurrò. Tutto intorno a loro esplose. Evan premette la mano sulla spalla di Callum. «Lascia perdere l'ebola. Di questa cosa ti devi occupare tu... non può farlo nessun altro, considerato che c'è di mezzo Matt Sawyer. Sei l'unico che riesce a gestire 15
quel cavallo pazzo. Dovete tenerlo a bada. Scegli la tua squadra.» Guardò l'ora. «Ci vogliono novanta minuti di volo per arrivare a Chicago. Dovete essere operativi entro quattro ore.» Si voltò e uscì in fretta dalla stanza, seguito dagli assistenti che gli trotterellarono dietro. Cassie era scossa. Era tutto vero? Callum continuò a parlare a voce bassa al telefono. Non guardava neanche più l'algoritmo sul monitor, ma solo le foto. «Sei sicuro che non sia un attacco terroristico?» Lui prendeva nota mentre ascoltava e dopo ci furono solo poche altre domande sussurrate con un filo di voce. «Era proprio Sawyer?» Maiseley sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Callum annuì. «Era lui.» Si alzò piano, ancora immerso nei pensieri. «Significa che sta bene.» Toccò il braccio di Cassie. «Preparati, dottoressa Turner. Questa potrebbe essere l'esperienza di tutta la tua vita.» «Sono nella squadra?» Non riusciva a crederlo. E Donovan, dall'altra parte della stanza, la fissava con disgusto. Callum le sorrise. «Conosci le regole, Cassie. Hai preso tu la chiamata... perciò sei nella squadra.» «Sarò pronta tra mezz'ora.» Corse via col cuore che le batteva all'impazzata. Era il suo primo giorno ufficiale di lavoro ed era già nella squadra che avrebbe indagato su una malattia che si credeva debellata. A Isabella sarebbe piaciuto. Cassie infilò la borsa nel vano portabagagli e sedette accanto a Callum. Stava accadendo tutto così in fretta. Non aveva avuto neanche il tempo di pensare. I portelloni dell'aereo erano chiusi e l'aereo stava rollando sulla pista. Il personale di volo era già seduto, le istruzioni per la sicurezza in volo dimenticate. 16
Quel giorno sembrava non venissero applicate le normali procedure. Non aveva mai fatto parte di una squadra così numerosa. Ci saranno state trenta persone sull'aereo. Medici, epidemiologi, psicologi, addetti al rintracciamento delle persone entrate in contatto con gli infetti, personale amministrativo e agenti della sicurezza. Callum aveva la più grossa pila di documenti che lei avesse mai visto e stava spuntando delle voci da una lista. «Vaccini... presi. Protocolli... presi. Maschere con filtro N95... prese. Progetto di trecento pagine...» continuò, facendo scorrere il pollice tra le pagine dello spesso documento «... preso.» Si appoggiò allo schienale. «Siamo solo all'inizio.» Alcuni minuti dopo l'aereo si sollevò da terra. Novanta minuti di volo e sarebbero giunti a destinazione. «Le procedure di contenimento sono già state messe in atto?» Lui annuì. «Ho individuato una struttura per il contenimento di tipo C. La stanno preparando. Nel frattempo ho dato istruzioni al Chicago General di spegnere il sistema di condizionamento dell'aria per limitare il rischio di trasmissione attraverso gocciole. Al momento non hanno neanche le mascherine idonee. Hanno solo quelle di carta che sono praticamente inutili.» Scrollò il capo. «Le vescicole delle foto stavano per rompersi. Vuol dire che i bambini sono nello stadio più infettivo della malattia.» Cassie rabbrividì. Una malattia mortale in un reparto di Pronto Soccorso. Era senza parole. Non importava che fosse una persona razionale. Non importava che fosse specializzata in malattie infettive. C'era una parte umana in lei che era nel panico. La cosa strana era che in quel momento c'erano col17
leghi alla DPA che avrebbero ucciso pur di essere al suo posto. Esitò. «Chi è il tuo referente al Chicago General?» Lui teneva lo sguardo fisso sui documenti sulle ginocchia. Non era molto in forma. «Il direttore è Max Simpson. Ma lì, l'unico con un po' di esperienza è Matt Sawyer.» Callum aveva la fronte imperlata di sudore. Prese una confezione di antiacido dalla tasca della giacca. «Non ti senti bene?» Lui annuì e inghiottì una pasticca. Callum era il medico più calmo e competente con cui avesse lavorato. Lo aveva affiancato in numerosi interventi e non avrebbe potuto desiderare un maestro migliore. Ma questa volta anche lui era preoccupato. O c'era qualcos'altro? Lei abbassò la voce. «Era il tuo protetto, vero?» «Il mio cosa?» «Sawyer. Ho sentito dire che era il tuo protetto.» Callum fece una smorfia. «Fammi un favore. Non farti sentire da Sawyer a dire che era il mio protetto. Sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso.» «Perché?» Durante i momenti frenetici della preparazione, Cassie non aveva avuto tempo di raccogliere informazioni su Matt Sawyer. Solo qualche voce di corridoio qua e là. Questa era la sua prima vera missione, la prima opportunità di mettersi alla prova. Guardò la pila di carte sulle ginocchia di Callum. Previsioni di diffusione, piano di contenimento, documentazione per il rintracciamento delle persone, algoritmi. C'era una procedura per ogni eventualità. Proprio come piaceva a lei. Proprio come aveva imparato a lavorare. Protocolli e procedure erano la sua forza. La sua sicurezza. 18
Callum seguì il suo sguardo. «Potrebbe essere tutto inutile.» «Cosa vuoi dire? Col vaiolo? O con le vittime?» Callum sembrava triste. «No.» Di nuovo accennò un sorriso. «Con Sawyer.» «Sawyer? Non sei contento di rivederlo?» Era confusa. Non erano amici? «In altre circostanze, lo sarei. Non in questo caso. Sarà un incubo. Sawyer era fuggito da tutto questo e sono praticamente certo che l'ultima cosa che vuole sia trovarsi in mezzo a un'epidemia. Non riesco neanche a immaginare in che stato sarà.» «È un medico. Ha delle responsabilità.» Lui sospirò. «Le cose cambiano, Cassie. La vita ci mette sempre lo zampino. E Sawyer segue sempre solo le sue regole. Neanche oggi ha seguito il protocollo. Prima di chiamare noi avrebbe dovuto mettersi in contatto con il Dipartimento di Stato, ma non l'ha fatto. Ha chiamato il DPA. Ha chiamato te.» Enfatizzò quest'ultima parola posandosi la mano sul petto. Questo le era sfuggito. La signorina Procedure e Protocolli aveva perso un colpo. Com'era possibile che non si fosse resa conto subito che lui avrebbe dovuto chiamare il dipartimento di Stato e quest'ultimo la DPA? Il dubbio cominciò a insinuarsi dentro di lei. Cos'altro si sarebbe lasciata sfuggire? Era giusto che fosse in quella squadra? I protocolli esistevano per un motivo. Bisognava rispettarli. Per la sicurezza di tutti. Poi tutt'a un tratto vide ciò che stava accadendo sotto i suoi occhi. Callum era sempre più pallido, le labbra lievemente bluastre e continuava a sudare, tenendosi la mano sul petto. «Callum, stai bene?» Si slacciò la cintura di sicurezza e si alzò per fare un cenno a un altro membro 19
della squadra. «Non si tratta di bruciore allo stomaco, vero?» Lui scrollò il capo e lei iniziò a impartire ordini a destra e a manca. «Prendete dell'ossigeno. Chiedete tra quanto arriviamo. Non si può atterrare prima? Parlate col pilota... Abbiamo un'emergenza medica.» Avevano tutte le attrezzature possibili a bordo. Sfortunatamente, però, erano in stiva. E non avevano nulla per l'infarto miocardico. Aprì il kit del primo intervento, gli misurò la pressione e gli somministrò dell'aspirina. E cercò di sorridere. «Andrà tutto bene, Callum. Ti verranno subito a prendere all'aeroporto e ti porteranno nella più vicina unità coronarica.» Lui le afferrò il polso con mano tremante. «Mi dispiace, Cassie. Non volevo lasciarti sola in questa situazione. Non con Sawyer. Voi due siete come l'olio e l'acqua. Non vi amalgamate.» Cassie si sentì stringere lo stomaco. Il pensiero di dover affrontare da sola il leggendario Matt Sawyer la spaventava. Ma in quel momento doveva rassicurare Callum. «Andrà tutto bene. Vedrai. Non ti devi preoccupare. Me la caverò con Sawyer.» Le ultime parole famose.
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1611 - Le regole del dottore di S. Wilson La loro missione è salvare vite umane. Ma il loro cuore sarà al sicuro solo nelle mani della persona giusta. Il dottor Sawyer non ha paura di infrangere le regole. Per questo, quando scoppia un'epidemia nel suo reparto, l'ultima persona con cui vorrebbe affrontare l'emergenza è la dottoressa Cassie Turner. 1612 - Camici e segreti di C. Marinelli Due sorelle molto diverse fra loro. Due fratelli che sanno resistere a tutto ma non alla tentazione. L'obiettivo di Penny è quello di costruirsi una famiglia e per riuscirci è disposta a tutto, anche a concepire un figlio grazie a un donatore. L'unico vero ostacolo è rappresentato dal suo capo, il dottor Lewis. 1613 - Peccati tra le onde di A. Andrews I dottori più sexy, le storie d'amore più appassionanti nella cornice mozzafiato del Paradiso dei Surfisti. Il dottor Coleman è arrivato da New York lasciandosi alle spalle uno scandalo che gli ha quasi distrutto la carriera. Ma riabilitare la proprio reputazione è difficile di fronte alla dottoressa Richards. 1614 - Aprimi il tuo cuore di D. Drake Keera: La piccola Megan mi è stata affidata ma io non sono tagliata per fare la mamma. Solo il dottor Adams mi può aiutare. Reid: Voglio aiutare Keera a liberare l'amore che ha dentro. Peccato che, nel tentativo di aprire il suo cuore, io abbia definitivamente smarrito il mio.
Dal 21 ottobre
1615 - Il sogno di una notte di S. Wilson La loro missione è salvare vite umane, ma il loro cuore sarà al sicuro solo nelle mani della persona giusta. Evan e la dottoressa Connelly non riescono a dimenticare il bacio di quella notte finché, impegnati entrambi in Africa, non capiscono che si è trattato solo dell'inizio. 1616 - Una tentazione in camice bianco di A. Berlin Lui potrebbe diventare il suo capo. Lei ha giurato che non lo lascerà entrare nella sua vita. La prima volta che Imogen vede il dottor Beauchamp lui è senza maglietta ed è bellissimo. Immediatamente la sfiora un pensiero: forse quei sei mesi di lavoro sulle montagne non saranno noiosi come aveva pensato. 1617 - A un passo dal dottore di L. Clark Sunainah ha combattuto duramente per costruire la propria carriera, ma quello che nessuno sa è che i suoi sogni d'amore si sono infranti tanto tempo fa. Elliot ha sradicato sua figlia dal mondo che conosceva per rifarsi una vita in Australia e l'amore non è una sua priorità. Insieme faranno scintille. 1618 - Una famiglia tutta nostra di J. Taylor Mia: Il destino mi ha giocato un brutto scherzo e, dopo aver perso mio marito, rischio di perdere mio figlio. Leo è incapace di amare, ma ha qualcosa che mi appartiene. Leo: Non mi fido delle donne, nemmeno di Mia. Ma adesso, per rimettere le cose a posto, dovremo vivere come una vera famiglia.
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