B1617 a un passo dal dottore

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LUCY CLARK

A un passo dal dottore


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Secret Between Them Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2013 Anne Clark & Peter Clark Traduzione di Giovanna Seniga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca ottobre 2014 Questo volume è stato stampato nel settembre 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE BIANCA ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1617 del 21/10/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 «Si tratta del padre di Rory Preedy. Vuole parlare con il primario della pediatria. È molto agitato. Temo di dover chiamare quelli della sicurezza.» «Mi spiace che ti sia capitata questa seccatura, Nicole.» Sunainah Carrington si passò il vasetto di yogurt che aveva appena scelto da una mano all'altra, pensando a quanto era stata stupida a non prendere un cestino all'ingresso del supermercato. Era entrata per comperare al massimo un paio di cose, ma adesso aveva le mani ingombre non solo dallo yogurt, ma anche da un sacchetto di verdura, una confezione di succo di mela e una di cioccolata. Dopo la giornata che aveva trascorso aveva bisogno di qualcosa di dolce... Ancora di più dopo la telefonata di Nicole. Si era stupidamente illusa che la sua giornata fosse finita e che, dopo aver comperato qualcosa al super, avrebbe potuto rintanarsi nella quiete del suo appartamento e prepararsi qualcosa da mangiare. Invece adesso le toccava tornare in ospedale per cercare di calmare un padre furibondo. L'ultima cosa che voleva è che l'uomo facesse una sceneggiata che avrebbe potuto turbare i suoi giovani pazienti. Sunainah ruotò il polso per vedere l'orologio e il 5


movimento le fece cadere delle braccia il sacchetto con la verdura. «Accidenti...» Si piegò per raccoglierlo con il risultato di lasciar cadere la cioccolata. «Dannazione. Nicole?» «Io aiuto. Io aiuto.» Sunainah sollevò lo sguardo verso il punto da cui proveniva la voce della bambina, giusto in tempo per vedere un turbinio di braccia e di gambe ricoperte di rosa e di porpora che si muoveva freneticamente verso di lei. «Sunainah, dove sei?» chiese al telefono Nicole. Sunainah si guardò intorno per individuare chi accompagnava la bambina che dimostrava circa tre anni, ma non vide nessuno. «Aiuto!» ripeté la piccola con lo sguardo fisso sul cioccolato. «Sono al supermercato, Nicole» rispose Sunainah. «Arrivo appena possibile.» Chiuse la chiamata e fece scivolare in tasca il cellulare in modo da avere di nuovo le mani libere; quindi si piegò per raccogliere il sacchetto con lo scalogno. Intanto la bambina le era arrivata accanto e le porse la cioccolata. «Grazie» le sorrise Sunainah. «Io aiuto.» «E sei molto brava a farlo.» Si piegò sulle ginocchia per vedere la piccola negli occhi e risistemò i suoi acquisti, ma la cioccolata le cadde di nuovo di mano. La bambina ridacchiò, raccolse di nuovo la cioccolata e la porse a Sunainah. «Io aiuto.» C'era una nota d'orgoglio nella sua voce, ma prima che Sunainah riuscisse a dire una parola, la piccola si girò e corse via. Preoccupata che una bambina così piccola potesse andarsene in giro da sola per il supermercato, Sunai6


nah si alzò in fretta e la seguì. Il negozio era affollato e la bambina avrebbe potuto finire travolta da un carrello o perdersi e non riuscire più a trovare la sua mamma. Ma quando la individuò si rese conto che era più intelligente di quanto fosse stata lei. Infatti aveva preso un cestino e glielo stava portando. «Sei davvero bravissima» si complimentò Sunainah prendendo il cestino. La bambina rise e dimenò i piccoli fianchi chiaramente felice del complimento. La dottoressa si guardò di nuovo intorno, ma non le riuscì di individuare nessun adulto che sembrasse interessato a quella piccolina di tre anni. Si chinò di nuovo di fronte a lei. «Come ti chiami?» «Dap-ne.» «Daphne?» La piccola annuì. «Che bel nome hai, Daphne. Io mi chiamo Sunainah.» La bambina la guardò e lei rise e sillabò il suo nome. Daphne lo ripeté sillabandolo a sua volta. «Brava. È un nome difficile da dire. Daphne, sai dov'è la tua mamma? Posso aiutarti a trovarla?» «La mamma è andata.» «Andata?» si stupì Sunainah. La bambina non sembrava affatto spaventata che sua madre se ne fosse andata, e lei pensò che nel vocabolario di Daphne la parola avesse un significato diverso da quello che lei gli attribuiva. Intanto Daphne si girò e si lanciò di corsa lungo il corridoio. Sunainah si sbrigò a raccoglierle la sua spesa e si affrettò a seguirla. Voleva essere sicura che la bambina ritrovasse i suoi genitori. La piccola girò per un corridoio e scomparve e lei si lanciò all'inseguimento. Girando bruscamente attorno agli scaffali finì addosso a un commesso che stava 7


portando uno spazzolone e un secchio. «Mi scusi.» «Non è la sola, signora» protestò il ragazzo guardandola con aria disgustata. Sunainah si guardò intorno confusa, e individuò Daphne. Si era aggrappata alle gambe di un uomo che cercava freneticamente di pulirsi con un fazzoletto di carta. Nel passeggino accanto a lui c'era un bambino in lacrime che non doveva avere più di diciotto mesi e che si era appena sentito male. Di colpo capì cosa doveva essere successo. Il bambino si era sentito male. L'uomo aveva mandato Daphne a chiedere aiuto. Il commesso irascibile era stato mandato a pulire. Sunainah sorrise con calore all'uomo verso cui stava dirigendosi. L'aria sapeva di disinfettante. «Mi sembra che lei sia molto impegnato.» Mise in terra il suo cestino vicino al passeggino. «Non so cosa sia successo. Avevo tutto sotto controllo e un minuto dopo mi è sembrato che il mondo esplodesse... o almeno che succedesse a Joshua.» Rise in modo impacciato e continuò a sfregarsi la camicia con un altro fazzoletto. Sunainah sorrise a sua volta al suono di quella risata profonda. Lo sconosciuto aveva gli occhi azzurri e lei non poté ignorare quanto fosse affascinante. «E non credo che quello che sta facendo sia di grande aiuto. Finirà per odorare come un albero di limone.» «Meglio che del contenuto dello stomaco di Joshua.» L'uomo scosse la testa e guardò suo figlio che aveva sicuramente bisogno di essere cambiato. «Povero piccolo.» Posò il palmo sulla fronte del bambino e si accigliò. «È caldo?» chiese Sunainah. Scrutò gli occhi del 8


bambino. Non erano spenti. Aveva le guance rosee e gli gocciolava il naso. «È solo un po' di raffreddore.» Era istintivo per lei guardare un bambino ammalato e fare una diagnosi. E dopotutto era il suo lavoro. «Non era a posto quando siamo usciti, ma ero convinto che ce la facesse a non stare male.» L'uomo si pulì la mano con un altro fazzoletto e gliela porse. «Elliot.» «Sunainah» si presentò lei. «Che bel nome» esclamò lui osservandola davvero per la prima volta. Quello che vide lo affascinò. Non solo la sua mano aveva un tocco gentile e amichevole e i suoi profondi occhi castani brillavano di gioia, ma il suono della sua voce, così dolce e ben modulata, riusciva a rilassarlo. «Grazie» rispose, sorpresa che lui non avesse ritirato subito la mano. Era come se il tempo si fosse fermato per qualche istante e lei pensò che doveva dire qualcosa per interrompere quello strano momento. «Ecco... ho visto Daphne correre per il negozio» si decise a dire. «Mi ha aiutato. Ha preso un cestino per me.» Sembrava che le riuscisse solo di dire della frasi smozzicate. Cosa c'era che non andava in lei? Elliot annuì, ma continuò a tenerle la mano. Sembrava quasi che si fosse dimenticato che se la stavano ancora stringendo. «Volevo essere sicura che ritrovasse i suoi genitori.» Il sorriso di Elliot si allargò. «Grazie. Le sono grato.» Continuavano a fissarsi e il cuore di Sunainah le martellava nel petto. Cosa diavolo stava succedendo? Aveva gli occhi spalancati dalla sorpresa. «Io aiuto, papà.» Al suono della voce di sua figlia, Elliot si riscosse e distolse gli occhi da Sunainah per concentrarsi sulla 9


bambina. «Sì. Sei stata bravissima. Sei una bambina grande.» Elliot accarezzò la testa di Joshua. Il pianto del bambino si era trasformato in una specie di brontolio continuo. Era ora di muoversi. Si allontanò leggermente da quella bellezza esotica che aveva catturato la sua attenzione per qualche minuto. «Bene, Sunainah...» Annuì di nuovo. «Grazie per il suo aiuto.» «Si figuri.» Lei si piegò e raccolse il suo cestino contenta che il cuore avesse ripreso a battere al ritmo normale. Avrebbe dovuto andare alla cassa, pagare e precipitarsi all'ospedale per cercare di calmare un padre furibondo, ma... Piegò la testa verso il bambino. «Forse posso esserle ancora d'aiuto, Elliot. Posso stare con Daphne mentre lei cambia Joshua o almeno lo porta nel bagno dei genitori e lo pulisce.» Elliot si accigliò e lei si rese conto che una sconosciuta che si offriva di aiutarlo a sorvegliare sua figlia poteva rappresentare un potenziale pericolo. «Non si preoccupi, non sono pazza.» Sunainah prese in fretta il portafoglio dalla borsetta e gli mostrò la sua patente di guida. Accanto c'era il tesserino di identificazione dell'ospedale. «Lei è medico al Sunshine General?» Elliot sembrava stupito. «Pediatra. Così ho un po' d'esperienza con i bambini.» Sorrise a Daphne che stava osservando lo scambio di frasi fra i due adulti come se seguisse un incontro di tennis. Elliot si guardò intorno e si accorse che gli altri clienti del supermercato storcevano il naso per la puzza che nemmeno il disinfettante riusciva a mascherare. Doveva andarsene il più in fretta possibile e quella favolosa donna dall'accento anglo-indiano si era offerta di aiutarlo. Era vestita come se fosse uscita da poco 10


dall'ospedale, con una gonna verde smeraldo e una camicetta color crema e i lunghi capelli raccolti in una crocchia. In ordine, professionale... perfetta. Elliot scosse la testa, desideroso di raccogliere le idee. Era nello stato d'animo del "Padre Eroico". Aveva bisogno di controllare la situazione, di aggiustare la cose, di riprendere il comando della sua vita e di quella dei suoi figli, di non starsene nella corsia di un supermercato con un bambino che non si sentiva bene, fissando con desiderio la donna che si trovava davanti a lui e che, come si era appena reso conto, era una dei suoi nuovi colleghi. Ma nonostante tutto questo, in quel momento era importante occuparsi di suo figlio e l'offerta di Sunainah gli permetteva di farlo. «Grazie. Apprezzo la sua offerta. Perché non andiamo alla cassa per farci indicare dove si trova il bagno dei genitori?» «So dove si trova.» «Anche lei ha dei bambini?» «No, non ne ho.» Si incamminarono. Daphne parve felice di prendere Sunainah per mano. La donna le sorrise. «Sei molto dolce, piccola.» «A volte anche troppo» sospirò Elliot. «Non si rende ancora conto che non tutti gli estranei possono rivelarsi amichevoli.» «Naturale» commentò Sunainah, cercando di nascondere un sorriso alla vista di una donna che spingeva un carrello pieno e che, dopo avere annusato l'aria, si era girata a guardare Elliot e suo figlio. Stava in fila davanti a loro alla cassa, ma quando si rese conto della situazione insistette per farli passare avanti. «Grazie» disse Elliot e il suo sorriso affascinante e la sua voce educata parvero conquistare completamen11


te la donna che gli restituì il sorriso arrossendo leggermente. Sunainah si chiese se anche lei avesse reagito nello stesso modo quando lui le aveva sorriso la prima volta. Era un uomo veramente bello, di alta statura, con un bel naso diritto, la mascella quadrata e splendidi occhi azzurri. E a lei piaceva anche come curvava le labbra quando sorrideva. Aveva i capelli scuri leggermente brizzolati sulle tempie. Non capitava tutti i giorni che lei se ne stesse ad ammirare un uomo che riponeva la spesa. Cercò di scuotersi e si mise a osservare le persone che le stavano intorno. Quando si accorse che Daphne stava svuotando il suo cestino e aggiungendo la sua spesa a quella di Elliot la fermò. «No, tesoro. Queste cose vanno tenute separate» aggiunse poi alla cassiera che aveva già cominciato a batterle. «No, no» intervenne Elliot. «È il minimo che posso fare dopo che lei mi ha offerto il suo aiuto.» «Bene...» Sunainah si rese conto che non era il luogo o il momento per mettersi a discutere. Come le diceva sempre la sua amica Reggie, perché impedire a un uomo di essere cavalleresco? Bastava lasciarlo fare e ringraziarlo. «Grazie, Elliot. Lei è molto gentile.» Sunainah gli restituì il sorriso con un cenno di assenso. Una volta usciti, l'accompagnò al bagno dei genitori. Daphne la teneva ancora per mano mentre Elliot li seguiva spingendo il passeggino di Joshua. La grande stanza aveva tre postazioni per cambiare i piccoli, un po' di sedie per i genitori, una zona con i giocattoli per i bambini, un forno a microonde e un televisore. C'erano anche due bagni per le mamme e i papà. «Ha un cambio di biancheria per lui?» chiese Su12


nainah mentre Daphne si era allontanata affascinata dai giochi. «Sì» rispose Elliot prendendo una borsa dal passeggino. Conteneva pannolini, vestitini, cibo, acqua e tutto quanto poteva servire quando si andava in giro con bambini piccoli. «E per lei ha almeno una camicia di ricambio?» «Sfortunatamente no. Me ne ricorderò in futuro.» «Papà, papà.» Daphne corse a rifugiarsi fra le gambe del padre e sollevò il suo visetto verso di lui. «Pipì.» Elliot sospirò. «Qui non piove. Diluvia.» Sunainah ridacchiò. «Vada. Con Joshua resto io.» Lui la guardò per un attimo, interdetto, evidentemente stupito che una perfetta estranea fosse così disponibile ad aiutarlo. «Ecco... Grazie. Va bene.» Prese sua figlia per mano e si diresse verso uno dei bagni. «Eccoci qui, signor Joshua» disse Sunainah rivolgendosi al bambino e cominciando a cambiarlo. Quando Daphne ricomparve sorridente fra le braccia del padre, il piccolo era stato cambiato e riposava con la testa appoggiata alla spalla di Sunainah. Elliot si fermò colpito dal contrasto fra il ciuffo biondo di suo figlio e la pelle ambrata della donna che lo teneva in braccio. Chi era? Naturalmente conosceva il suo nome e dove lavorava, ed era chiaro che ci sapeva fare con i bambini, specialmente se teneva conto che Joshua detestava essere toccato dagli estranei. Ma, a parte questo, era una specie di angelo inviato dal cielo per aiutarlo. Anche Daphne, che faceva tutto alla massima velocità possibile, se ne stava immobile a osservare a bocca aperta quella donna stupefacente che cantava una ninna nanna al suo fratellino. 13


«Incantevole» mormorò Elliot pensando che avrebbe potuto facilmente passare la giornata a sentirla cantare. Si chiese di nuovo chi fosse quella donna e si stupì dell'intensità con cui se lo chiedeva. Era attraente. Era innegabile, ma quello che lo colpiva era che lui ne fosse attratto. La sua vita appariva già fin troppo complicata. Aggiungervi un tocco di romanticismo avrebbe potuto condurlo alla follia. Nei due anni precedenti aveva rischiato di crollare, ma adesso si trovava in una nuova città, in una nuova casa, con un nuovo lavoro e questo gli offriva l'opportunità di un nuovo inizio insieme ai suoi bambini. Era questo che voleva ottenere e non c'era posto nella sua vita attuale per una storia romantica. Sunainah smise la sua ninna nanna e, come se sentisse di essere osservata, aprì lentamente gli occhi e incontrò quelli incredibilmente azzurri del padre di Joshua. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono si ricreò l'atmosfera sospesa che avevano già sperimentato quando si erano stretti la mano. Lei sentiva che il cuore aveva cominciato a martellarle nel petto e il suono le rimbombava nelle orecchie quando lo sguardo dell'uomo si soffermò sulle sue labbra. Deglutì, sorpresa di non riuscire a distogliere lo sguardo da lui. Poi i loro occhi si incontrarono di nuovo e lui aprì la bocca come se volesse dire qualcosa, ma poi cambiò idea. Aveva una bocca perfetta e lei provò un improvviso desiderio chiedendosi come sarebbe stato essere baciata da quelle labbra. Ne rimase stupefatta. Non era un comportamento da lei. Non solo non era il tipo da desiderare uno sconosciuto, ma nemmeno da perdersi a osservare un uomo. Eppure per la prima volta nella sua vita non riusciva a distogliere lo sguardo da quello straniero 14


così bello. Forse reagiva in quel modo strano perché due delle sue più care amiche si erano sposate da poco e vederle così felici l'aveva spinta a chiedersi se lei avrebbe mai avuto il coraggio di cercare la felicità. Forse era perché a volte si sentiva molto sola e desiderava qualcuno con cui condividere certi momenti. Forse era perché Elliot sembrava un uomo dolce e gentile e a lei, se si escludeva suo padre, era capitato solo molto raramente di imbattersi in uomini dolci e gentili. Oltretutto Elliot doveva essere felicemente sposato ed era stato sorpreso dalla strana lingua in cui si era messa a cantare. «Canta una canzone. Canta una canzone» le chiese Daphne correndole accanto e tirandole la gonna. Il suo intervento riuscì a scuotere gli adulti ed Elliot fece immediatamente un passo in avanti e prese sua figlia fra le braccia. Sunainah si schiarì la voce e cercò di riacquistare tutta la sua lucidità, di tornare al suo stato normale invece che in quella strana situazione in cui pareva attratta da ogni sfumatura del comportamento di Elliot. Elliot, chi? Si rese improvvisamente conto che non conosceva neanche il suo cognome. Eppure se ne stava lì e sapeva che avrebbe potuto passare delle ore a guardare quegli incredibili occhi azzurri. Si riscosse. «Ah, Elliot, ha qualche pastiglia di paracetamolo?» chiese mentre si sforzava di distogliere lo sguardo dall'uomo, felice che finalmente il suo cervello si fosse rimesso a funzionare nel solito modo. «Certamente» rispose lui pronto, ed estrasse dalla borsa una bottiglia di quel farmaco. Aspirò la dose corretta con una siringa, che faceva evidentemente parte della sua dotazione di padre in uscita con i figli, e la fece scorrere a goccia a goccia nella bocca del 15


bambino addormentato. Il bambino si mosse un po' fra le braccia di Sunainah, ma non si svegliò. «Questo dovrebbe aiutarlo a mettersi ancora più tranquillo» sussurrò lei accennando un pallido sorriso. Che sparì in fretta appena si rese conto di quanto fosse vicina a Elliot e di come il calore della sua presenza la facesse sentire come avvolta in una calda coperta. Cosa aveva quell'uomo per farla comportare in quel modo così strano? Doveva prendere le distanze da quella famigliola. Bastava aiutarlo a mettere i bambini in auto e poi andare all'ospedale, e non le sarebbe più capitato di imbattersi di nuovo in Elliot o in Daphne, o nel piccolo Joshua. Prima se ne fosse andata meglio sarebbe stato, anche se la prospettiva le provocava un piccolo senso di disappunto che lei cercò di ignorare. Si sforzò di non guardare quegli occhi intriganti. «Se mi mostra la strada posso portare Joshua in modo da lasciarlo dormire tranquillo.» «Va bene.» Detto questo Elliot mise Daphne nel passeggino e si diresse velocemente verso l'uscita. Sunainah lo seguì portando Joshua fra le braccia. Quella piccola presenza era calda e amichevole. Fin da quando era diventata una pediatra lei aveva amato i suoi piccoli pazienti e niente le dava maggiore piacere del pensiero che sarebbero cresciuti sani e forti. Eppure un giorno forse avrebbe potuto piacerle avere dei bambini tutti suoi... Scosse la testa. Era una possibilità che non voleva considerare. Era felice di amare i bambini che curava in ospedale. Era quella la sua vocazione. Era stata una bambina solitaria finché non era andata a Sydney a studiare medicina; lì aveva incontrato le tre ragazze con cui aveva fatto amicizia e che sentiva quasi come sorelle. 16


Il legame fra lei, Mackenzie, Reggie e Bergan era diventato sempre più stretto e ora che tutte e quattro lavoravano insieme al Sunshine Hospital era sempre piacevole condividere molti momenti liberi. Erano persone su cui poteva fare affidamento, come si era dimostrato sei mesi prima quando suo padre si era serenamente spento nel sonno, nella casa di riposo dove si era ritirato da due anni vittima di una lunga malattia. La sua morte aveva creato un vuoto enorme nella vita di Sunainah. Su insistenza delle sue amiche si era trasferita dal monolocale vicino alla casa di riposo, in una graziosa villetta nello stesso complesso di case di Mackenzie e Bergan. Vivevano porta a porta in un complesso con quattro appartamenti che davano su una piazzetta. Uno solo era vuoto, ma secondo Bergan era stato occupato da poco. Elliot prese le chiavi dell'auto dalla tasca. «Eccoci qua» disse con un sorriso di cortesia dopo aver aperto la portiera posteriore. Sunainah rispose allo stesso modo. Aiutò l'uomo a sistemare i bambini nei loro seggiolini, chiuse la portiera e andò accanto al posto di guida, dove Elliot l'attendeva in piedi con la sua spesa in mano. «Grazie» disse. «No, grazie a lei, Sunainah. Mi ha davvero salvato la vita.» Lei accennò un sorriso incerto. «È stato un piacere incontrarla.» «Lo stesso vale per me.» Per un attimo restò immobile. L'idea che l'avrebbe rivista il giorno dopo, quando avrebbe preso servizio nel reparto di pediatria, gli diede un brivido di eccitazione. Stava per dirglielo quando il cellulare della donna si mise a squillare. 17


«Temo sia l'ospedale. Meglio che mi sbrighi. Ho un padre arrabbiato da calmare» spiegò affrettandosi a recuperare il cellulare. «Mi sembra una prospettiva molto divertente» commentò ironico Elliot. Lei fece una risatina, poi indicò il telefono che stava ancora squillando e si allontanò di qualche passo. «Arrivederci Elliot.» «Fino alla prossima volta, Sunainah» disse lui mentre lei si allontanava per rispondere. Rimase a osservarla per un po', quindi si decise a salire in auto. «Fino alla prossima volta» ripeté a se stesso sorridendo.

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1615 - Il sogno di una notte di S. Wilson La loro missione è salvare vite umane, ma il loro cuore sarà al sicuro solo nelle mani della persona giusta. Evan e la dottoressa Connelly non riescono a dimenticare il bacio di quella notte finché, impegnati entrambi in Africa, non capiscono che si è trattato solo dell'inizio. 1616 - Una tentazione in camice bianco di A. Berlin Lui potrebbe diventare il suo capo. Lei ha giurato che non lo lascerà entrare nella sua vita. La prima volta che Imogen vede il dottor Beauchamp lui è senza maglietta ed è bellissimo. Immediatamente la sfiora un pensiero: forse quei sei mesi di lavoro sulle montagne non saranno noiosi come aveva pensato. 1617 - A un passo dal dottore di L. Clark Sunainah ha combattuto duramente per costruire la propria carriera, ma quello che nessuno sa è che i suoi sogni d'amore si sono infranti tanto tempo fa. Elliot ha sradicato sua figlia dal mondo che conosceva per rifarsi una vita in Australia e l'amore non è una sua priorità. Insieme faranno scintille. 1618 - Una famiglia tutta nostra di J. Taylor Mia: Il destino mi ha giocato un brutto scherzo e, dopo aver perso mio marito, rischio di perdere mio figlio. Leo è incapace di amare, ma ha qualcosa che mi appartiene. Leo: Non mi fido delle donne, nemmeno di Mia. Ma adesso, per rimettere le cose a posto, dovremo vivere come una vera famiglia.


Dal 18 novembre

1619 - Un'infermiera ribelle di W.S. Marcus Fuori dai bagliori della ribalta le gemelle Piermont brillano di luce propria. Il cuore dell'infermiera Jaci aveva cessato di battere bell'istante in cui Ian se n'era andato. Ora che è tornato, Jaci sa che deve stare alla larga da lui, ma il suo cuore ribelle è di tutt'altra opinione. 1620 - Sulle piste col dottore di S. Carlisle A Natale tutto può succedere e anche i sogni che credevi impossibili si trasformano in favole a lieto fine. Passare le giornate sulle piste da sci a salvare delle vite è il lavoro perfetto per Baylie. La sua vita gli piace così com'è, fino a quando Kylie non irrompe sulla scena, decisa a rovinargliela. 1621 - Un segreto da difendere di C. Cox Deseré è arrivata in città con un segreto da proteggere. Nessuno deve sapere che si trova lì, altrimenti la sua vita, e quella del suo bambino, sarebbero in pericolo. Questo non vuol dire che non si possa aprire ai piaceri della vita, soprattutto a quelli che le offre il dottor Jordan Hart. 1622 - Un sorriso per voi due di K. Hardy Stephanie: Daniel è un uomo fantastico e un dottore preparato e lavorare insieme a lui è fantastico. Ma il fatto che abbia una famiglia rende la nostra relazione complicata. Daniel: Nessun uomo sano di mente saprebbe resistere a Stephanie, tantomeno io. Ma il suo passato potrebbe rovinare il nostro rapporto.


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