KAIT BALLENGER
Il cacciatore di demoni
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Immortal Hunter HQN Books © 2014 Kaitlyn Ballenger Traduzione di Gigliola Foglia Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne novembre 2014 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico mensile n. 106 del 28/11/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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David Aronowitz sguainò il pugnale. La lama d'argento scintillò al fioco bagliore ambrato di un lampione stradale mentre lui sgusciava tra le ombre. Fece scorrere il pollice sul filo seghettato del coltello. Nuovo. Immacolato e mai usato. Se fosse riuscito nel suo intento, non sarebbe rimasto così a lungo. Quel pezzo di merda di un demone era finito. Proseguì furtivo nel buio, pronto a captare anche il minimo rumore. Le sirene delle ambulanze dallo Strong Memorial Hospital echeggiavano in lontananza nella notte, mescolandosi all'occasionale suono dei clacson e delle rare auto. Avvertiva l'odore umido dell'ultima neve di marzo, che ormai si era trasformata in una poltiglia marrone. Aveva solo pochi minuti prima che arrivasse il suo bersaglio, e non poteva permettersi di sprecare l'occasione. Non avrebbe voluto lasciare Allsún. Lo uccideva allontanarsi dal suo capezzale. Ma non aveva scelta. Jace aveva acconsentito a vegliarla al posto suo e David sapeva che l'avrebbe tenuta al sicuro finché non fosse tornato. Tastò la tasca del chiodo, e nel sentire la Beretta nella 5
fondina un cupo sorriso gli incurvò le labbra. Se c'era una cosa che amava erano le armi nuove, e quella notte ne aveva addirittura due mai usate prima: il pugnale e, meglio ancora, le pallottole che aveva caricato nella Beretta. Dopo mesi di tentativi, finalmente era riuscito a fabbricare dei proiettili che esplodevano all'impatto, rilasciando acqua santa, e non vedeva l'ora di mettere alla prova quelle piccole meraviglie. Il suo incarico del momento era rintracciare un demone che sospettava fosse un Abyzu. Uno di quei nauseanti depravati era entrato nel radar della Execution Underground due settimane prima, quando era stata assassinata una bambina piccolissima. Un dolore sordo gli pulsava nel cuore ogni volta che pensava alla terribile sofferenza che avevano provato i genitori e allo strazio che non li avrebbe abbandonati mai più per il resto delle loro vite. Quel maledetto figlio di puttana infanticida avrebbe pagato. Non c'era alcun dubbio in proposito, se ne sarebbe assicurato lui. Ma quella notte il suo bersaglio non era l'Abyzu. Aveva altro da fare. Quella che doveva sistemare era una faccenda personale. Sgusciò dietro un cassonetto. Una fitta lancinante gli trafisse la gamba, ricordandogli – come se potesse dimenticarlo – che il suo ultimo lavoro importante era andato male, e che il prezzo di quel fallimento era stato altissimo. Meritava di soffrire. Era una giusta punizione, perché non aveva saputo difenderla. L'unica volta che Allsún aveva avuto bisogno di lui, l'aveva abbandonata a se stessa. Aveva lasciato la sua ex fidanzata alla mercé di un sadico maniaco sessuale. Scrutò in direzione dell'ospedale, ripensando a come gli 6
era apparsa quando era uscito dalla sua stanza. Sembrava così tranquilla, distesa nel letto con gli occhi chiusi come se stesse dormendo, anche se lui sapeva che non era così. Era stata imprigionata e torturata, e lui non era riuscito a proteggerla. Certo, c'erano situazioni che sfuggivano al controllo. E come piaceva puntualizzare ai suoi colleghi cacciatori, era stato lui a salvarla. Ma lei aveva sofferto. Continuava a soffrire. E quella consapevolezza lo stava facendo impazzire. Diede un calcio al cassonetto con la gamba sana, accogliendo di buon grado il dolore che gli risalì lungo l'arto. Scoprire che un demone possedeva il medico che si occupava della sua ex fidanzata sofferente mentre lei giaceva inerme in coma era stato la ciliegina su quella torta di merda. Il demone/dottore non era uno stupido. Si circondava di umani, rimanendo nei settori più frequentati dell'ospedale, e lui aveva rischiato di uscire di testa aspettando il momento giusto per eliminarlo. Lo aveva tenuto d'occhio per settimane, e presto la sua pazienza sarebbe stata ricompensata. Da un momento all'altro, quel mostro avrebbe imboccato il vicolo dopo la fine del turno. David si fermò e ascoltò. Passi che si avvicinavano. Si costrinse a concentrarsi. Era ora. Tre, due, uno. L'chayim, stronzo. Inchiodò gli occhi sull'ingresso del vicolo, illuminato da un lampione. Non appena il suo bersaglio girò l'angolo avanzando verso di lui, David trattenne il fiato e sollevò il pugnale, preparandosi ad attaccare. Il rumore dei passi rimbalzava sulle pareti dell'angusto passaggio, e il vento vi si infilava fischiando. Con la gamba danneggiata, bastava una sola mossa sbagliata e sarebbe stato fregato. 7
I passi del demone diventarono più forti mentre David aspettava di colpire. Aveva a disposizione una sola possibilità per bloccare la creatura infernale prima che attaccasse o, cosa più probabile, se la filasse. E se il bastardo si fosse messo a correre, la sua gamba malconcia non gli avrebbe permesso di inseguirlo. David si concentrò sull'avversario. Di punto in bianco il demone si bloccò a metà di un passo, in allarme, come se avesse percepito la minaccia appostata tra le ombre. David si immobilizzò, sforzandosi di non muovere nemmeno un muscolo. Non poteva mandare tutto a puttane. Il demone fece un altro passo avanti, guardingo. La luce di un lampione gli illuminò il viso. Merda. Quella situazione era un casino. David non sapeva da quanto tempo il medico fosse posseduto o, cosa più importante, se dentro quel guscio fosse ancora vivo oppure no. Ingoiò la frustrazione e rammentò a se stesso il piano. Non voleva uccidere quella creatura, solo bloccarla, ottenere le informazioni che gli servivano ed esorcizzare il demone dal corpo del medico. Per quanto desiderasse intagliare la faccia del mostro come se fosse una scultura, per aver anche solo guardato Allsún, non era capace di indursi a uccidere. Tanto più se esisteva la possibilità che il proprietario del corpo fosse ancora vivo. Gli occhi del demone dardeggiarono lungo il vicolo, scrutando ciò che lo circondava, prima che continuasse per la sua strada. David sorrise. Perfetto. Permise al mostro di superarlo di alcuni passi, addentrandosi di più nell'ombra. Quando spostò il peso sulla gamba sana, preparandosi ad attaccare, l'anca sfiorò il muro di mattoni contro cui era acquattato, producendo un lievissimo rumore. Cazzo. 8
Il bastardo si fermò di nuovo e si voltò. David non perse tempo a riflettere. Si lanciò sul demone, il suo torace cozzò contro quello dell'allampanato medico, sbattendolo a terra. Spinse la lama del coltello contro la gola di quella creatura uscita dall'inferno. Il demone si contorse sotto di lui, riuscì a sfilare un braccio, liberandolo, e lo colpì dritto allo zigomo. La testa di David scattò all'indietro per la forza del colpo. Gli si annebbiò la vista. Anche se il corpo scelto dal mostro era umano, era comunque dotato di una forza sovrumana. E il demone che possedeva il dottore aveva un gancio di tutto rispetto. Dannazione, avrebbe avuto la mascella indolenzita, il mattino dopo. L'infernale creatura colse al volo l'opportunità, si scrollò di dosso David e balzò in piedi. La vista ancora annebbiata, lui lo imitò, alzandosi in fretta, e vibrò un fendente con il pugnale, costringendo l'avversario ad arretrare in un angolo tra il cassonetto e il muro del vicolo. «Credi che una lama mi farà del male, cacciatore?» rise il mostro, allargando entrambe le braccia, come per invitarlo a provare. «Fa' pure, intaglia questo bel dottorino che indosso. A me non causerà alcun danno permanente.» David si accigliò. Adesso era irritato. Odiava i demoni, soprattutto quelli che si atteggiavano a duri. Attaccò mirando al viso dell'avversario. Nel vicolo echeggiò un sibilo acuto quando la lama incise la pelle. La creatura si premette una mano sulla guancia mentre dalla ferita si levava del vapore. David sbatté il mostro contro il muro, premendogli il coltello contro la gola. «Una lama benedetta, succhiazolfo» sibilò, premendogli l'arma più forte contro la pelle. «E per te sono esorcista.» 9
Il demone bestemmiò. David soffocò una risata. Che razza di idiota era, quella cosa? Lui non era tipo da vantarsi, ma con una reputazione come quella che si era guadagnato sul campo, il demone avrebbe dovuto sapere che Rochester era il suo territorio di caccia. Se c'era una cosa che quelle creature odiavano più di ogni altra, era vedersela con gli esorcisti come lui. Li rispediva ogni volta all'inferno... e tutti i demoni che aveva incontrato non vedevano l'ora di sfuggire una volta per sempre al covo di Satana. Non era impresa facile arrivare lì, per cui di certo non volevano essere rimandati indietro. David fece un po' più di pressione sulla lama, facendo sgorgare il sangue. Risuonò un altro sibilo mentre il taglio sul collo del demone bruciava e fumava. Il mostro si dimenò cercando di liberarsi dal peso di David. Prima, la questione personale. «Che ci facevi al capezzale di Allsún, mostriciattolo?» ringhiò David. Un sorrisetto incurvò le labbra del demone. «Chi?» lo stuzzicò. Con il pugno libero David lo colpì al viso. A giudicare dallo scricchiolio che avvertì sotto le nocche, poté dire che il naso del medico si era rotto. Ammesso che fosse ancora vivo, il poveraccio avrebbe dovuto sopportare il dolore delle ferite che gli avrebbe inflitto, ma era pur sempre meglio dell'alternativa. Gli sferrò un altro pugno, e dalle narici del demone sgorgò un fiotto di sangue. Aveva bisogno di risposte, e ne aveva bisogno subito. «Non fare la smorfiosa con me, principessa. Sai esattamente di chi sto parlando.» Gli occhi del demone mutarono da un castano umano a un bruciante rosso sangue, la sua collera evidente in quel10
l'indizio della sua vera forma. «Intendi la deliziosa ragazza che intendo sventrare dall'interno?» «Se le tocchi anche un solo capello, ti spello vivo e verso acqua santa sulle tue ferite aperte finché, sfrigolando sfrigolando, non sarai ridotto a niente più che un fumante pezzo di carne in putrefazione» sibilò David. Gli ribolliva il sangue. Il pensiero che Allsún potesse soffrire più di quanto già stava soffrendo gli fece scorrere nelle vene pura furia. Già una volta non era riuscito a proteggerla. Non avrebbe permesso che accadesse di nuovo. Il demone ghignò attraverso il sangue che gli colava sulla faccia. «E uccideresti questo soave dottore di cui mi sono rivestito, un uomo che ha salvato innumerevoli vite? Non penso proprio.» David ringhiò. «Sottovaluti il mio odio per voi puttane dell'inferno.» Spinse più forte il coltello contro la gola del demone. Dalla ferita si levò bruciando altro fumo. «Dimmi perché fai galoppare il suo medico o ti esorcizzo rispedendoti all'inferno in questo secondo preciso.» Il demone non rispose. «Ultima occasione.» Il demone sogghignò. Il sangue dal naso del medico gli colava sulla bocca macchiando quel sorriso di una putrida sfumatura cremisi. Nessuna risposta. David serrò il pugno. Benissimo. Se il demone voleva dolore, dolore gli avrebbe dato. Si schiarì la voce e cominciò a recitare il rituale di esorcismo. Le parole in ebraico gli uscivano dalle labbra con la facilità di una lunga consuetudine. Le vene sotto la pelle del demone si scurirono e si gonfiarono come un reticolo che copriva l'intero corpo del medico. Gli occhi divamparono di un rosso ancora più infuocato, 11
e il corpo fu scosso da spasmi incontrollabili. David non smise di cantilenare neanche per prendere fiato. Il demone emise un grido strozzato. «D'accordo, va bene» ansimò. «Non esorcizzarmi e io ti dirò ciò che vuoi.» David attese. Lo stronzo aveva chiesto una tregua prima di quanto si aspettasse. Il demone tossì sangue mentre le vene azzurre e violacee che ricoprivano il corpo che possedeva impallidivano lentamente. «Lei è l'ultima creatura di Fae al di fuori dell'Isola delle Mele. Sono venuto per ucciderla, e l'avrei fatto, se tu non fossi stato incollato al suo capezzale.» Merda. David ricacciò indietro una lunga sfilza di volgarità. Come se Allsún non avesse già una vita abbastanza difficile – stesa lì priva di conoscenza mentre le sue ferite guarivano – ora quel demone sapeva ciò che lei aveva tenuto nascosto per anni, la sua ascendenza per metà Fae. La sua metà pixie, per essere più precisi. I Fae erano l'unico vero nemico naturale dei demoni. Quasi una specie di angeli terrestri. E Allsún, essendo una degli ultimi della sua specie rimasti sulla terra, era un pericolo per loro, motivo per cui se ne era stata nascosta per parecchi anni durante l'ultimo esodo di massa dei Fae dalla Terra. David si costrinse a mantenere la calma per il bene di Allsún. Non poteva far capire al demone che aveva messo le mani su qualcosa di grosso. «Chi ti ha mandato?» chiese. Il demone fece spallucce. «Sono da solo.» David emise un basso brontolio e fece scivolare il taglio della lama lungo la gola del demone. Il mostro ululò per lo strazio. «Sono per conto mio. Lo giuro. Ero entrato nel corpo del portiere dell'ospedale, e lo stavo facendo galoppare un po' per divertirmi quando mi 12
sono imbattuto in lei. Ho capito subito cos'era, così ho deciso di giocare con lei e sono entrato nel dottore. Volevo poter dire di essere stato io il demone che aveva ucciso l'ultima fata sulla Terra.» David guardò la creatura negli occhi e valutò quell'infimo pezzo di fango. A giudicare dalla forza, men che modesta, poteva dire che non era un pezzo grosso. Solo uno dei tanti tirapiedi di bassa lega. Probabilmente un demone Belial, se doveva azzardare una supposizione. Un Belial sarebbe stato abbastanza idiota da andare a caccia di qualcuno di valore come Allsún senza espresso ordine dei propri superiori. «Hai raccontato di lei a qualcun altro?» La bestia infernale scosse la testa. «No, nessuno. Hai la mia parola. Adesso lasciami andare.» David sbuffò. «La tua parola vale meno delle palle di un morto. So che voi demoni chiacchierate tra voi come scolarette pettegole, quindi, a meno che tu non mi dica qualcosa di utile sul mostro che ha assassinato quella povera neonata due settimane fa, stai per tornartene dritto all'inferno.» David riprese a recitare l'esorcismo con deliberata lentezza. Le vene in tutto il corpo del dottore tornarono a gonfiarsi, e il demone squittì. «Rimandami all'inferno e racconterò di lei a tutti i demoni che incontrerò laggiù!» David si raggelò. Una rabbia cieca montò dentro di lui mentre rifletteva sulle parole del mostro. Non aveva voglia di menare il can per l'aia con quel verme sulfureo. Il demone sogghignò. «A quanto pare dovrai proprio lasciarmi andare, esorcista.» David rise. «Nei tuoi sogni.» Gli sferrò un pugno nel ventre. Il demone/medico emise un sonoro ouff! Avrebbe esorcizzato quel demoniaco pezzo di merda nel 13
modo più doloroso possibile. Sollevò la mano, e tirò fuori da sotto la camicia la Stella di David che portava sempre al collo, appesa a una catenina. La premette sulla fronte del demone mormorando le antiche parole del rito. Il corpo del medico sussultò. Le urla che scaturirono dalla sua gola erano tutto tranne che umane. «Per questo, diffonderò le notizie sulla fata e ucciderò anche il dottore. Lui ha bisogno di respirare, ma io no.» Il torace del medico cessò di muoversi quando il demone intenzionalmente smise di inspirare, soffocando il corpo che abitava. David accelerò il ritmo della cantilena, mormorando le parole più in fretta che poteva. Pregò che il dottore fosse in grado di lottare, se era ancora da qualche parte lì dentro, che fosse capace di costringere il demone a prendere una boccata d'aria. Arrivò a metà del rituale e il dottore ancora non respirava. Raffigurandosi nella mente tutti gli scenari possibili, David calcolò la mossa successiva. Era dannato in entrambi i casi. Esorcizzando il demone, avrebbe messo in pericolo un'altra volta la vita di Allsún. Concedere alla progenie infernale l'opportunità di condividere la notizia della sua esistenza non era un'opzione... anche se, per quel che ne sapeva lui, magari gli altri ne erano già al corrente. Ciò nonostante, poteva correre il rischio? L'unica alternativa era uccidere il demone, ma questo significava che avrebbe ucciso anche il medico. In qualità di cacciatore, aveva giurato di proteggere gli innocenti, ma quel dovere era in conflitto con la lealtà e la devozione che provava nei confronti della donna che un tempo era stata l'amore della sua vita, anche se lei non ricambiava più quei sentimenti. David digrignò i denti. 14
Merda. Premette più forte la Stella di David contro la fronte del demone e recitò in ebraico il Salmo 61 più in fretta che poteva. Tre volte. Era tutto quello che serviva. Solo tre ripetizioni, e poi il rituale sarebbe stato concluso. Allsún avrebbe voluto che salvasse il dottore, se poteva. Lui lo sapeva, ma come poteva consapevolmente metterla di nuovo in pericolo? E poi a quel punto il medico non sarebbe già morto comunque? Il demone ansimò. Il viso del dottore si schiarì per un secondo appena. Gli occhi tornarono del loro colore normale. Il rosso scomparve mentre l'uomo combatteva contro il demone. «Uccidilo!» gracchiò. «Non preoccuparti se uccidi anche me!» Per un istante David esitò. Poi, senza pensare, affondò la lama nel cuore del medico. Il corpo dell'uomo si contrasse e sussultò sotto la sua presa. Il sangue sgorgò dalla ferita in densi fiotti. Le vene si scurirono sotto la pelle, mentre il demone cercava senza successo di aggrapparsi all'esistenza. Poi un impulso di energia emanò dal corpo del medico, segnale della morte del demone. Le vene svanirono. Il rosso delle iridi trascolorò nel normale castano. Il corpo si afflosciò tra le braccia di David, ma la luce non aveva ancora abbandonato gli occhi del dottore. Quando tossì, un rivolo di sangue gli colò lungo il mento e la gola. «H-ha già detto agli altri» ansimò rauco il dottore, «... di... le... lei.» Il suo corpo sussultò un'ultima volta debolmente prima che gli occhi diventassero vitrei, e i muscoli del viso si allentassero. Il sangue formò una pozza sull'asfalto quando David depose il medico a terra. Fissò la forma inerte dell'uomo men15
tre il senso di colpa lo inondava. Avrebbe voluto salvarlo. Maledizione. Sapeva che non era colpa sua, e che il lavoro andava fatto, a tutti i costi. Ma non importava. Si biasimava sempre, comunque. Dannazione a tutto quanto. Seguendo il primo istinto, strinse la Stella di David che aveva al collo e mormorò il Kaddish di chi è in lutto. Poi, non appena le ultime parole gli furono uscite di bocca, lasciò andare la collanina e si allontanò dal corpo.
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