MARIA V. SNYDER
- Black Soul L'ombra della magia
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Shadow Study Mira Books © 2015 Maria V. Snyder Traduzione di Irene Montanelli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne settembre 2015 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico mensile n. 116 del 25/09/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Yelena Bleah, fango, protestò Kiki, entrando nell'ennesima pozzanghera. La poltiglia umida le impiastricciava il manto color rame e colava lungo la coda fluente, s'infilava negli zoccoli e inzuppava i peli del nodello a ogni passo. Attraverso la nostra connessione mentale, ne percepivo la stanchezza e il fastidio. Vuoi fermarti?, chiesi. Riposare? No. Nella mente di Kiki si formarono delle immagini: un covone di fieno fresco, una stalla pulita e una bella strigliata. Casa, presto. Sorpresa, detti un'occhiata alla foresta che mi circondava, costellata di mucchi di foglie morte e neve che si stava sciogliendo, segni che la stagione fredda stava recedendo. La pioggia batteva incessante sui rami nudi. La luce sfumava rendendo plumbeo il bosco già grigio. Ormai da alcune ore me ne stavo rattrappita sotto il mantello zuppo, cercando invano di riscaldarmi. Con la mente fissa sull'imminente incontro con Valek, non sapevo bene dove ci trovassimo. Usai la magia per scandagliare la zona intorno a me, e protesi la mia coscienza in cerca di forme di vita. Un paio di coniglietti coraggiosi cercava qualcosa da mangiare nel sottobosco fradicio e una coppia di cervi ascoltava immobile gli zoccoli di Kiki battere il sentiero fangoso. Non c'erano anime ad abitare quei boschi, nÊ persone nel raggio di miglia. Non ero sorpresa: avevamo scelto quella zona remota a 5
nordest delle terre di Pietrapiuma proprio per quel motivo. Dopo che, circa quattro anni fa, Owen Luna ci aveva teso quell'agguato, io e Valek avevamo deciso di trasferirci in un luogo meno noto presso i confini di Ixia. Mi piegai sul collo di Kiki. Eravamo quasi arrivati e il mantello sembrava non pesare più così tanto sulle spalle. Con quell'andatura, avremmo raggiunto la nostra casetta accogliente nel giro di un'ora. Valek aveva partecipato alla missione per salvare la nostra amica Opale dal clan dei Sanguerosa, e quello che ne era seguito lo aveva tenuto occupato per mesi. Finalmente avremmo avuto qualche prezioso giorno tutto per noi prima che lui dovesse tornare a riferire al Comandante. Doveva essere già lì che mi aspettava. Mi distrassi di nuovo, persa in dolci visioni di un bagno caldo per due e di coccole davanti al fuoco e sul divano. Kiki sbuffò divertita e partì al galoppo. Stava scendendo la sera, e la foresta pareva perdere tutti i suoi colori. Sapevo che Kiki avrebbe trovato la strada senza problemi nella semioscurità, mentre io tenevo aperta una leggera connessione magica con la vita attorno a noi. A metà falcata, Kiki scartò sulla destra. Intravidi un rapidissimo movimento sulla sinistra, accompagnato dall'inconfondibile boing di un arco. Kiki si agitò sotto di me e mi afferrai alla sua criniera ma qualcosa mi colpì violentemente al petto, facendomi cadere dalla sella. L'impatto col terreno fu violento: sentii i polmoni svuotarsi e il dolore esplodere. Ogni respiro disperato bruciava come il fuoco. Senza pensarci, protesi nuovamente la mia coscienza, alla ricerca del mio assalitore. Nonostante il terribile dolore, mi spinsi più lontano possibile. Nessuno. Odore, Kiki?, chiesi. Lei era lì vicino e mi proteggeva. Pini. Umidità. Fango. Vedi un mago? No. Non prometteva niente di buono. Quella persona doveva essere protetta da uno scudo-nulla, era l'unico modo per na6
scondersi da me. Gli scudi-nulla bloccavano la magia, impedendo quindi anche al mago che mi aveva attaccato di aggredirmi usando incantesimi, perché venivano bloccati in entrambi i sensi. Ma non gli (o le) avrebbe impedito di scagliare un'altra freccia, e forse quella non avrebbe mancato il bersaglio. Guardai la freccia: la punta si era conficcata due pollici sopra e uno alla sinistra del cuore, piantandosi appena sotto la clavicola. La paura per un attimo superò il dolore. Dovevo muovermi. Subito. Rotolai sul fianco e mi bloccai mentre una sensazione di gelo mi si spandeva nel petto. La freccia era avvelenata! Ricaddi nel fango, chiusi gli occhi e mi concentrai per espellere quel liquido gelido, che fluì dalla ferita, mescolandosi al sangue che già mi aveva inzuppato la camicia. Invece di sparire, il veleno pareva aumentare via via che lo espellevo. Mentre il dolore mi offuscava i pensieri, la ragione venne meno. Kiki, comunque, sapeva cosa fare: afferrò l'asta della freccia con i denti e io ebbi solo un attimo per capire quali intenzioni avesse prima che me la strappasse via. Urlai mentre un dolore terribile mi esplodeva nel petto, il sangue sgorgava e il metallo mi sferzava l'osso. Rimasi sdraiata per terra, stordita, mentre luci bianche e nere mi offuscavano la vista. Stavo per perdere i sensi ma mi concentrai sui barbigli e sulla punta cava del dardo ricoperta di sangue, rammentandomi che ero in pericolo ed ero ancora un bersaglio, ma non avevo intenzione di rendere le cose facili al mio aggressore. Tappa il buco, disse Kiki. Esitai. Se mi guarivo adesso, poi sarei stata troppo debole per difendermi. Non che, così conciata, fossi in condizioni di combattere. Sebbene potessi ancora usare la mia magia, non potevo nulla contro le frecce, finché il mio assassino si nascondeva dietro uno scudo-nulla, non potevo niente nemmeno contro di lui o lei. 7
Kiki drizzò la testa e le orecchie. Andiamo da Spettro. Gemetti. Come avevo fatto a dimenticarmi che Valek era lì vicino? Furba! Sempre con la freccia tra i denti, Kiki si inginocchiò vicino a me e io riuscii a mettermi in sella aggrappandomi alla criniera. Il dolore mi saettò lungo il braccio e riverberò nella cassa toracica quando si alzò in piedi. Si voltò e le presi la freccia dalla bocca: poteva rivelarci qualcosa sull'identità dell'assassino. Mentre Kiki correva verso casa, io stavo quasi sdraiata sul suo collo. Con le orecchie dritte per percepire un eventuale nuovo boing, allungai la mia coscienza verso la foresta che ci circondava. Se gli animali percepivano un intruso, io avrei sentito la loro paura Una teoria che non faceva una grinza, se si tralasciava il fatto che, quando ero stata colpita dalla prima freccia, mi ero connessa con dei cervi. Se non fossi stata tanto dolorante, l'abilità di questo sicario mi avrebbe impressionata. Non ci volle molto a raggiungere la piccola stalla, la cui porta principale era stata lasciata aperta. Un bagliore caldo e dorato ci accolse e Kiki entrò: le lanterne erano accese e Onyx, il cavallo di Valek, dal suo stallo ci salutò con un nitrito. Kiki si fermò accanto a un mucchio di paglia su cui, sollevata, mi lasciai scivolare. Kiki mi sfiorò il braccio col muso. Tappa il buco, Signoradi-Lavanda. Quando arriva Spettro. Temevo che, se mi fossi guarita, sarei sprofondata in un sonno profondo e invece Valek avrebbe di sicuro avuto delle domande da pormi. Agitò la coda infangata. Spettro. Valek si materializzò vicino a me. La sua perplessità si tramutò in paura alla vista della mia camicia zuppa di sangue. «Cosa è successo?» Non avevo la forza di scendere nei dettagli, lo ragguagliai sui fatti principali e gli porsi la freccia. Il viso spigoloso di Valek si fece serio e la rabbia saettò 8
negli occhi color zaffiro mentre esaminava l'arma. Per un attimo ripensai al nostro primo incontro, quando mi aveva offerto un lavoro come assaggiatrice. Anche quella volta erano stati i veleni a farci incontrare. Ma non mi sarei mai immaginata che il rapporto tra noi durasse. A quei tempi non volevo far altro che allontanarmi il più velocemente possibile da lui. Del liquido chiaro colò dall'asta cava. Valek lo annusò. «Hai espulso tutto il veleno?» «Credo.» Non ne ero certa, ma non volevo alimentare la sua rabbia. Aveva già l'aria di uno che ha voglia di uccidere. Mi tolse i capelli dal viso. «Quanto è grave?» «Meno di quello che sembra. Ma ora va', prima che il colpevole fugga» aggiunsi, facendogli il gesto di andare. «Non ti lascio qui indifesa.» Kiki sbuffò e agitò la coda, inzaccherandogli le brache nere. Io estrassi il coltello a serramanico dal fodero e feci scattare la lama. «Non lo sono affatto. Spegni le lanterne prima di uscire.» «Bene. Onyx resterà a guardia della stalla. Tu non muoverti.» Valek aprì lo sportello e fece uscire il cavallo nero, poi spense la lampada e sparì nell'oscurità. Restai lì sdraiata, le orecchie dritte. La spalla e il braccio sinistri mi dolevano e ogni respiro mi provocava una tremenda fitta al petto. Per alleviare quella pena, presi un sottile filo di magia dalla coltre di potere che circondava il mondo. Quando mi concentrai sulla ferita, riuscii ad averne un'immagine mentale. Avevo la clavicola rotta: penetrando, la freccia mi aveva lacerato i muscoli, poi barbigli della punta mi avevano strappato dei brandelli di carne quando Kiki l'aveva estratta. Fantastico. Usai un filamento di potere per lenire il dolore, una misura temporanea. Ancora una volta allungai la mia mente verso la foresta, mantenendo un blando contatto con le creature notturne. Peccato che il mio amico pipistrello andasse in letargo durante la stagione fredda: i suoi sensi specialissimi mi sarebbero stati utili per trovare l'assassino al buio. Gli animali proseguivano 9
la loro ricerca notturna di cibo e non mostravano segni di agitazione, nemmeno per il passaggio di Valek. La sua immunità alla magia mi impediva di rintracciarlo. Speravo stesse attento. Mentre il tempo scorreva tranquillo, cominciai a chiedermi chi mi avesse attaccato. Quella linea di pensiero, tuttavia, non conduceva da nessuna parte, dato che tutto quello che potevo dedurre al momento era che l'aggressore fosse un mago o una maga capace di produrre uno scudo-nulla, abile con arco e frecce e che aveva una qualche affinità con gli animali o era capace di muoversi in silenzio e celare il proprio odore. Se invece pensavo ai motivi per farmi fuori, la lista si faceva lunga. Come Ufficiale di collegamento fra il Comandante del Territorio di Ixia e il Consiglio sitiano, mi ero inimicata, nel corso degli ultimi sei anni, almeno una dozzina di criminali e politici. Come compagna di Valek, il terribile sicario ixiano, ero, da otto anni, un possibile bersaglio per chiunque lo odiasse, il che includeva più di mezza Sitia e qualche centinaio di ixiani. Come maga e Cercatore d'Anime facevo innervosire molte persone che temevano potessi diventare cattiva. Gente convinta che fossi capace di creare un esercito senza anima quando, in effetti, non facevo altro che trovare le anime smarrite e condurle a un'eternità di pace in cielo o alle sofferenze senza fine del mondo di fuoco, a seconda di come si erano comportati in vita. Un lieve rumore mi distrasse da quei pensieri. Muovendomi con cautela, a causa della ferita, mi misi seduta e poi gettai le gambe oltre le balle di paglia, quindi mi lasciai scivolare: meglio affrontare il pericolo in piedi che farsi sorprendere sdraiati. Grazie alla debole luce della luna, fuori l'oscurità era meno fitta che all'interno, e permetteva almeno di distinguere delle sagome. Sbirciavo dalla porta, pronta a cogliere ogni minimo movimento. Quando Kiki si frappose fra me e l'entrata trasalii: era alta sedici spanne, ma sapeva muoversi senza far rumore. La sua groppa era più alta di me e mi bloccava la visuale. Vabbè 10
che ero appena un metro e sessanta, ma lei era molto grande, come tutti i cavalli Semedisabbia. Rumore di passi nel fango: il mio cuore raddoppiò i battiti. Strinsi forte il serramanico. Spettro. Mi rassicurò Kiki, facendosi da parte. Mi lasciai ricadere sulla paglia. La sagoma inconfondibile di Valek entrò nella stalla e riaccese la lanterna. Bastò uno sguardo all'espressione truce dipinta sul suo volto per capire che aveva perso le tracce del sicario. «Il ragazzo è un professionista. Ha usato la magia per cancellare le proprie impronte: a un certo punto si interrompevano e basta. E con le piante spoglie, non è facile rintracciarlo, specie di notte. Ci riproverò alle prime luci dell'alba.» «Come sai che è un uomo?» «Grossi stivali, impronte profonde. Ma possiamo parlarne dopo. Tu hai bisogno di cure, andiamo dentro.» «Prima Kiki.» E senza dargli tempo di ribattere, spiegai: «Mi ha salvato la vita: se non avesse scartato, la freccia mi avrebbe centrato il cuore». Valek sbuffò, ben sapendo che non avrei mollato e quindi lavorò in fretta: le tolse la sella e le ripulì il busto e le gambe dal fango e poi anche gli zoccoli. Quando ebbe finito, la cavalla entrò nel suo stallo e prese a mangiare il fieno. «Mi sembra soddisfatta, ora» dichiarò Valek riponendo il forcone in un secchio. «Adesso devi asciugarti e scaldarti tu, amore mio.» Mi tolsi il mantello sporco di fango e lo lasciai sulle balle di paglia, quindi passai il braccio destro attorno alle spalle di Valek: voleva portarmi in braccio, ma temevo che l'osso mi andasse ulteriormente fuori posto e che non avrei poi avuto energie sufficienti per guarirlo. Il dolore si riacutizzò non appena entrammo in casa ma riuscii ad arrivare fino al divano. Nel focolare ardeva un bel fuocherello e il tavolo era apparecchiato con una bottiglia di vino, due bicchieri e un piatto di formaggio. Valek doveva essere arrivato alcune ore prima di me. 11
Accennai al tavolo con la testa. «Splendido.» «Ce lo godremo non appena sarai guarita e riposata. Vuoi cambiarti prima?» Il solo pensiero di muovere il braccio mi causava dolore. «No.» «E allora che aspetti?» «Un bacio. Non ti vedo da mesi.» Quando sorrideva, Valek si trasformava: i tratti spigolosi del viso parevano ammorbidirsi ed era come se emanasse calore. Si chinò e premette le labbra sulle mie, ma prima che potessi approfondire il contatto, si allontanò. «Non finché non starai meglio.» «Cattivo.» «Yelena» mi ammonì con una severità che mia madre avrebbe apprezzato molto. «E va bene.» Mi stesi sul divano e chiusi gli occhi. Protesi la mente verso la coltre di potere e ne trassi un filo di magia bello spesso che avvolsi attorno alla clavicola rotta, risaldando insieme i due tronconi. Un secondo filo ricucì i muscoli e un terzo andò a sostituire la pelle. Quello sforzo mi sfiancò e, esausta, caddi in un sonno profondo. Quando mi svegliai, il sole del pomeriggio inondava la stanza. Oltre al divano verde, c'erano due enormi poltrone marrone un po' sformate e un divanetto abbinato, disposti a semicerchio di fronte al focolare. Al centro, un morbidissimo tappeto marrone scuro in cui era piacevole affondare i piedi e... altre parti del corpo. Del fuoco non rimanevano altro che cenere e pezzi di legno carbonizzati. Il vino e il formaggio erano ancora lì, una promessa per dopo. La casa era silenziosa, ma d'altronde muoversi senza fare rumore era come una seconda natura per Valek. Provai a chiamarlo per scrupolo, ma non ottenni risposta. Aprii la mente a Kiki. Tutto a posto?, chiesi. Tranquillo. Pisolo, rispose. 12
Se lei riusciva a dormire, andava tutto bene. Spettro? Fuori. Bosco. Il petto e la spalla sinistra mi facevano male. I muscoli sarebbero rimasti doloranti per alcuni giorni. Mi misi seduta ed esaminai la ferita. C'era un brutto cerchio rosso circondato da lividi viola. Un'altra cicatrice da aggiungere alla collezione. Avevo smesso di contarle tre, forse quattro incidenti prima. Allungandomi piano, valutai il mio raggio d'azione. Niente male. La coperta era caduta e il freddo mi era entrato nelle ossa: quello che ci voleva era un bel bagno caldo. La camicia puzzava ed era incrostata di sangue e veleno. Un'altra buona ragione per lavarsi. Ma prima volevo dare una rapida occhiata al resto della casa. Non ci sarebbe voluto molto: presi con me il coltello a serramanico ma senza far scattare la lama. Al pianoterra c'erano il soggiorno, che occupava la metĂ sinistra del cottage, mentre la metĂ di destra comprendeva la cucina e la stanza da bagno. Il focolare era collocato al centro della casa, in modo che il calore raggiungesse tutte le stanze. Sbirciai in cucina: uno strato di polvere ricopriva il tavolo e le sedie ma il lavandino, la cella del ghiaccio e i contenitori per l'acqua erano stati puliti. Sembrava tutto in ordine. La porta della stanza da bagno era a destra del focolare. Sorrisi: Valek aveva riempito la cisterna vicina al muro e sotto di essa ardeva del carbone, uno dei vantaggi del pavimento di pietra. Saggiai l'acqua con un dito: quasi perfetta. Salii su fino all'unica camera che occupava la soffitta. Il nostro cottage era troppo piccolo per avere ospiti. Un altro dei suoi vantaggi. Sul letto matrimoniale c'erano la mia vestaglia di seta rossa e dei vestiti puliti. Valek si era davvero dato da fare. Resistetti alla tentazione di controllare sotto il letto mentre mi spogliavo. Mia cugina Nutty avrebbe dovuto aggiustare l'ennesima camicia. I pantaloni neri di lana, invece, erano un po' macchiati di fango ma ancora utilizzabili. Indossai la vesta13
glia, un regalo di Valek che, di conseguenza, come tutti i suoi doni, celava una serie di armi. Passai rapida le dita sul tessuto liscio e verificai che fossero tutte a posto. Il che mi ricordò di togliere anche i grimaldelli che usavo per fermare i miei lunghi capelli neri. Detti uno sguardo fuori per assicurarmi che non ci fossero intrusi e tornai in bagno. L'acqua esalava vapore. Aprii la valvola e il liquido caldo passò nella vasca a filo pavimento, quindi richiusi l'acqua, coprii i carboni, attaccai la vestaglia al gancio e mi sistemai nell'acqua mugolando e sibilando finché non fui immersa fino al collo. I primi cinque minuti furono meravigliosi. Poi la porta cigolò e io afferrai il serramanico. «Scusa» disse Valek, appoggiandosi allo stipite come se avesse paura che potesse cadere. Era stato sveglio tutta la notte? «Trovato niente?» «Sparito. Non ho trovato altro che quelle impronte di stivale. Si tratta senza dubbio di un assassino professionista dotato di poteri magici.» Si sfregò il mento su cui stava spuntando la barba. «Questo potrebbe aiutarci a capire la sua identità. Non sono molte le persone che riuniscono queste due caratteristiche e probabilmente è un nome già noto alle autorità. Dovrò sentire le mie fonti.» Mi trattenni a stento dal correggerlo: quelle che lui chiamava fonti erano piuttosto spie ixiane a Sitia, persone che, in qualità di Ufficiale di Collegamento, avrei dovuto arrestare. Ixia e Sitia non avrebbero dovuto spiarsi tra loro, avevano piuttosto bisogno di instaurare una relazione basata sul rispetto e la fiducia reciproci. «A meno che non sia uno nuovo. Un ragazzo prodigio.» Valek si irrigidì. «Possibile. Nel qual caso ha scelto il bersaglio sbagliato, se ha qualche velleità di diventare adulto.» «Prima, però, bisogna trovare chi l'ha assoldato.» «Certo. Qualche idea in proposito?» Scosse la testa. «Mi sa che facciamo prima a stilare un elenco di chi non vorrebbe ucciderti, amore mio.» 14
Avrei dovuto offendermi, ma aveva ragione. «Non lasciamo che questa cosa rovini questi giorni che ci siamo presi per noi. Unisciti a me.» Esitò, la fronte aggrottata. Oh no. Brutte notizie. «Dimmi.» «Devo partire domattina.» «Non per via dell'agguato?» «No. Il Comandante mi ha ordinato di rientrare prima del previsto. È stato molto paziente: ho trascorso quasi tutto l'ultimo anno a Sitia, ma ora sono richiesto per questioni urgenti, ha detto. Mi dispiace, i nostri giorni insieme saranno un po' meno di quanto avevamo preventivato.» La delusione bruciava ma capivo la sua lealtà al Comandante, e questi era stato più che generoso nel concedergli altro tempo. Lavorando con Opale e collaborando a fermare il clan Sanguerosa, Valek aveva lavorato più per Sitia che per Ixia. Inutile lamentarsi per qualcosa che non potevo cambiare. Mi scrollai di dosso la frustrazione di avere le ore contate e schizzai Valek. «Vieni, finché l'acqua è ancora calda.» Sorrise e si tolse i vestiti: i muscoli lunghi e flessuosi erano un intrico di cicatrici e una quasi sbiadita a forma di C gli segnava il centro del petto. Anche dopo aver passato diverse stagioni a Sitia aveva la pelle chiarissima, in contrasto con i lunghi capelli neri che gli sfioravano le spalle. «La visione è di tuo gusto?» chiese Valek entrando in acqua. «Sei dimagrito.» Sbuffò. «Janco è un pessimo cuoco.» «Ha messo il broncio quando lo hai abbandonato per venire qui?» «Sì, ma per finta. Era più che pronto per tornare a Ixia» rispose, sistemandosi vicino a me. «Dobbiamo proprio parlare di lui adesso?» Il suo sguardo era assai più bollente dell'acqua. «Lui chi?» 15
«Ecco.» Mi sfiorò la ferita col pollice. «Ti fa male?» «No.» Quel tocco mi fece passare il freddo e accese un fuoco nel mio cuore. Si chinò su di me e poggiò le sue labbra sulle mie. Un altro vantaggio del pavimento di pietra: l'acqua non lo rovinava. La mattina successiva, a svegliarmi furono i raggi del sole e i brividi. I ricordi della notte appena trascorsa mi tornarono alla mente e rimasi a gustarmeli nel letto. Dopo la vasca eravamo andati in soggiorno, avevamo bevuto il vino e testato la morbidezza del tappeto, quindi ci eravamo trasferiti in camera. Sentivo ancora sulle labbra il formicolio dell'ultimo bacio con cui Valek mi aveva salutato prima dell'alba. Un altro brivido. Tremante, mi tirai la coperta fino al mento. Le ossa mi dolevano come fossero congelate e avevo la nausea. C'era qualcosa che non andava. Qualcosa di sbagliato. Senza preavviso, arrivò un'ondata di caldo. Scalciai via le coperte e mi alzai in piedi. Il sudore mi colava, inzuppandomi la camicia da notte, e quasi venni meno per le vertigini. Mi lasciai cadere a terra. Il caldo passò, ma tornò il freddo, che mi penetrò la pelle, trasformando il sudore in uno strato di ghiaccio. Prima ancora che potessi recuperare la coperta, ebbi un'altra vampata, la quale, senza che lo volessi, mi riportò alla mente quando avevo attraversato le fiamme per entrare nel mondo di fuoco: il dolore lacerante della carne che brucia mi era fin troppo familiare. Mi detti delle pacche sulle braccia, pur sapendo che non stavo bruciando davvero. La paura si insinuò nel mio petto: forse non avevo espulso tutto il veleno. Rantolavo, mentre il gelo di nuovo spegneva il fuoco e i muscoli si tendevano dolorosamente. I denti mi battevano tanto forte da farmi pulsare la testa. Mi raggomitolai su me stessa, temendo di spaccarmi in mille pezzi come una lastra ghiacciata che cade a terra. 16
Quando il caldo tornò, mi raddrizzai mentre la mia pelle emanava vapore. Poi ancora la morsa gelida. E andò avanti così per un po', caldo e freddo e di nuovo caldo. Come degli attacchi fulminei di febbre che non mi davano il tempo di raccogliere il potere per contrastarla. Cercai di sopportare quei flussi e riflussi, anche se ogni attacco mi prosciugava l'energia. D'altronde c'erano solo due possibilità: o svenivo o gli attacchi finivano. C'era anche una terza opzione, ma preferivo essere positiva. Dopo ore che sembrarono giorni o mesi, la tortura finì. All'inizio mi aspettavo che ricominciasse, ma via via che il tempo passava e non succedeva niente, lentamente, mi rilassai. Non riuscivo ad alzarmi, così afferrai la coperta e me la tirai addosso: ero talmente esausta che mi addormentai anche sul pavimento duro. Quando mi risvegliai, era buio. Ogni muscolo mi faceva male come fossi arrivata di corsa dalla Cittadella, la gola era secca e in fiamme e lo stomaco mi faceva male. Avevo bisogno di acqua, cibo e di un bagno. Ma, soprattutto, dovevo essere certa che non avrei avuto un altro attacco. Il veleno aveva fatto il suo corso? O ce l'avevo ancora in circolo? C'era solo un modo per scoprirlo. Inspirai a fondo e mi protesi verso la coltre di potere ma non successe niente. Provai ancora, concentrandomi per prendere un filo di magia. Niente. La paura mi strinse la gola ma la ignorai, determinata a non farmi prendere dal panico. Aprii la mia mente a Kiki. Che succede? Nessuna risposta, nemmeno un'immagine. L'aria intorno a me era come morta. Non avevo più la mia magia.
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HEATHER GRAHAM
Il cuore del male Per non turbare la rievocazione storica che si tiene nella tenuta di famiglia, Ashley decide di ignorare i sogni spaventosi che la perseguitano e di non farne parola con nessuno. Quando però il cadavere di una delle comparse viene trovato appeso alla statua di un angelo nel cimitero non può fare a meno di notare che quella morte sembra uscita da uno dei suoi incubi. Convinta che sia necessario qualcosa di più di un normale criminologo, Ashley decide di rivolgersi all'ex fidanzato Jake e alla sua squadra di investigatori del paranormale. La vicinanza riporta alla luce i sentimenti di un tempo, ma il male che devono affrontare li porterà a rischiare tutto. Anche la vita.
MARIA V. SNYDER
Black Soul - L'ombra della magia Paradossalmente, per Yelena la vita era più semplice quando era solo un'assaggiatrice di veleni... e soprattutto non era così pericolosa! Si è complicata nel momento in cui è diventata Ufficiale di collegamento tra i paesi rivali di Ixia e Sitia, un ruolo che la costringe a usare i propri poteri per mantenere la pace. E ora che si trova al centro di macchinosi intrighi politici e violente lotte di potere, in gioco c'è anche la vita di Valek, mentore, amico e amante, l'uomo che ha saputo conquistarla anima e corpo. A complicare la situazione, si aggiunge il fatto che la sua magia non funziona più. In queste condizioni, lottare per difendere se stessa e le persone che ama è sempre più difficile.
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