Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Blood Ties Book Two: Possession MIRA Books © 2007 Jennifer Armintrout Traduzione di Elena Rossi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne febbraio 2011 Questo volume è stato impresso nel gennaio 2011 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico quindicinale n. 34 del 25/02/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo Bentornato Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto morto. Non esisteva il tempo; non esistevano le stagioni. Nessun cambiamento: solo l'eternità . Le ombre si affollavano intorno a lui dall'altra parte del velo. Due in particolare attirarono la sua attenzione. Sapeva perfettamente che cosa erano, visto che era stato uno di loro. La vita che agognava era accessibile a loro. Adesso, come durante la sua morte vivente, voleva succhiarla dai mortali che non erano in grado di proteggersi. Se avesse potuto provare invidia per quella coppia di non morti, l'avrebbe fatto, ma non avevano vita, per cui non gli interessavano. Dall'altro lato non potevano vederlo. Mentre era ancora al mondo, ma non piÚ vivo, nemmeno lui poteva scorgere quelli che l'avevano preceduto. Nonostante la loro cecità , sembrava che lo seguissero. Si allontanò. Voleva la vita. Era un'impresa folle quell'incessante ricerca di energia mortale. Pulsava negli esseri umani e negli animali che incontrava ogni giorno senza poterli toccare. Per quanto sottile, infatti, il velo lo separava da ciò che bramava. Avrebbe potuto allungare la mano, stringerlo nel pugno, 5
tuttavia quella cortina d'ombra l'avrebbe sempre tenuto lontano. I due senza vita tenevano tra loro qualcosa di scintillante e terribile come la spada di fuoco che impugnava l'angelo ai cancelli dell'Eden. Attirava a sé le ombre come falene a una fiamma, anche se lui odiava le metafore scontate. Odiava ancora di più che quella cosa attirasse anche lui. La fenditura scintillante si fece più larga e una mano, non piena di vita ma nemmeno del tutto priva, vi passò attraverso. Le altre ombre la reclamarono, affollandosi su di essa. Come acqua sull'olio, scivolarono via dalla pelle corporea. Come se cercasse specificatamente lui, l'intruso spinse da parte gli altri e lo afferrò. E lui si aggrappò. Non aveva più provato dolore da quando era morto. Non aveva più sentito la disperazione dopo il suo tradimento. Ora li sentì, mentre quelle dita rozze e reali lo trascinavano attraverso il varco. Densi e pesanti, sentimenti che aveva quasi dimenticato si risvegliarono. Calde e viscide, sensazioni che ricordava piacevoli e aveva quasi dimenticato lo assalirono. Il suo essere informe si compresse e si adattò a una forma che gli era al tempo stesso familiare e orribilmente estranea. Troppa luce. Troppo freddo. Troppo reale. Troppo forte. Uno dei due se ne uscì in una risata stridula. «Ehi, ce l'abbiamo fatta! Non posso credere che ce l'abbiamo fatta!» La luce gli ferì gli occhi. Batté le palpebre ma la visione non si schiarì. Nel petto sentì un rumore sordo che non faceva parte di lui da molti secoli: il battito di un cuore umano. Vivo. Era vivo. Si lasciò cadere al suolo, gridando e lottando con le 6
unghie contro la sua prigione mortale. L'essere che gli aveva fatto questo si chinò su di lui e gli diede una vigorosa pacca sulla schiena. L'impatto della carne sulla carne gli trasmise delle sensazioni acute come aghi fin dentro le ossa. Bentornato, Cyrus.
7
1 Incubo «Hai sognato di lui stamattina, Carrie.» Al suono della voce di Nathan, le mani mi si congelarono sulla tastiera. «Mi hai vegliata ancora una volta mentre dormivo?» Questo mi preoccupava. Oltre a farmi venire la pelle d'oca, di solito l'abitudine del mio Sire di spiare i miei incubi rispuntava fuori quando c'erano guai in vista. Prima della grande battaglia contro di lui, mi ero svegliata spesso trovando Nathan accanto a me nel letto, che mi fissava come se avessi potuto sparire appena avesse distolto lo sguardo. Poco tempo dopo, quando il nuovo donatore si era introdotto in casa con l'intenzione di impalarci nel letto, Nathan sedeva sulla mia poltrona da ufficio e mi osservava in attesa che accadesse qualche cosa, qualsiasi cosa. Invece di starsene sulla soglia, ora entrò, si lasciò cadere sul letto – non c'era molta scelta, visto che la stanza era piccola – e si sistemò come se fosse stato invitato. Non che mi ritenessi offesa. Dopotutto era il suo appartamento e io non riuscivo a sentirmi veramente a casa nella stanza che era stata di Ziggy. Lo studiai mentre mi osservava. Immaginai che cercasse di decifrare il mio umore. Detesta discutere con me ed era 8
evidente che aveva altre aspettative sul seguito della conversazione. Peggio per lui. «Sono preoccupato.» Vedendomi inarcare un sopracciglio, confessò: «Bene, sono irrazionalmente arrabbiato con te». Maledizione a lui. Non aveva il diritto di essere così bello. Il tempo smette di essere un problema quando diventi un vampiro e Nathan aveva smesso di invecchiare a trentadue anni. Nonostante il pallore causato da settant'anni senza la luce del sole, era ancora giovane e affascinante come appariva nella foto che aveva conservato dalla sua vita precedente. Ancora di più, in realtà, visto che si trovava in carne e ossa nella mia camera da letto. Capelli scuri, stupendi occhi grigi, un fisico così tonico e asciutto da far pensare che un tempo fosse stato la statua di un dio greco. Ma erano stati i suoi occhi a incantarmi, in loro vi avevo letto la gentilezza e il tormento. Il suo sguardo non era solo una finestra sull'anima; era la porta da cui uscivano cose che non sarebbe riuscito a nascondermi anche senza il legame del sangue. Tornai al computer, dove la mia dissertazione sulla fisiologia del vampiro mi aspettava con il lampeggio impaziente del cursore. Puoi togliere la parte umana al medico ma non puoi togliere il medico dal vampiro. O qualcosa del genere... Avevo cominciato a lavorare a Case study della compatibilità tra gruppi sanguigni in funzione dell'efficienza metabolica per passare il tempo e distrarmi dalla follia degli ultimi mesi, ma inevitabilmente avevo perso il filo; così, quando lui aveva fatto irruzione nella stanza, avevo scritto più volte Incredibili calzettoni gialli. «Sei tu che dici irrazionalmente, non io.» «Non posso farci niente.» Il suo imbarazzo mi arrivò attraverso il legame ma non riuscì a placare la mia irritazione. «Che cosa sta succedendo?» 9
«Be', tanto per cominciare, sono stufa di questa stupida ricerca...» «Tu sei stufa? Sono io che ho bevuto solo AB negativo per tutta la settimana.» Ridacchiò, ma c'era una nota di stanchezza nella sua voce. «E sei rimasto a guardarmi mentre dormivo, il che di solito significa che sta per succedere qualcosa. Per di più continuo ad avere quegli incubi.» Mi coprii il viso con le mani, massaggiando la pelle stanca. «Sono certa che non è niente.» «A sentirti, non sembra proprio niente.» Le molle del letto cigolarono mentre si alzava. Lasciai cadere le mani e gli lanciai un'occhiata sarcastica. «Oh, così ascolti oltre che guardare.» Sapevo che non poteva fermare l'ondata di desiderio che mi raggiunse, visto che i nostri cervelli erano connessi su una linea telepatica. A meno che lui non escludesse me o viceversa, captavamo i pensieri dell'altro e sentivamo le emozioni. Se uno dei due aveva anche la minima inclinazione a metterla sul piano fisico, l'altro se ne accorgeva e solitamente agiva di conseguenza. Sfortunatamente il legame non filtrava le emozioni negative, così io avvertivo sempre un cumulo di sensi di colpa dopo il sesso. Il pensiero di Marianne, la sua defunta moglie, non lo abbandonava mai del tutto, così l'autopunizione scattava solitamente pochi minuti dopo l'orgasmo. A quel punto vi aggiungevo il mio malessere per aver causato la sofferenza e l'effetto domino che ne risultava era uno dei motivi per evitare il sesso con lui. O almeno per non andare oltre qualche rapido amplesso tanto per spezzare un poco la monotonia. Rinunciare anche a quello sarebbe stato come cercare di disintossicarsi dall'eroina. Quel pensiero era deprimente per cui lo misi da parte. Girai la poltrona da ufficio e mi appoggiai allo schienale. «Sul serio, perché mi osservi?» 10
«Gli incubi.» Mi strinsi nelle spalle, cercando di minimizzare. «Li ho spesso.» «Hai pronunciato il suo nome.» Nathan non era il mio primo Sire. Cyrus, che io avevo conosciuto come John Doe quando mi aveva aggredita nell'obitorio dell'ospedale, aveva fatto di me un vampiro. Era anche arrivato vicino a uccidermi quando mi ero rifiutata di soddisfare i suoi desideri perversi. Dopo che mi ero rivolta a Nathan e al Movimento per l'Estinzione Volontaria dei Vampiri in cerca di aiuto, Cyrus mi aveva strappato uno dei miei due cuori – una strana caratteristica fisiologica tipica dei vampiri – e mi aveva lasciata a morire dissanguata in un vicolo. Quando Nathan mi aveva trovata, ero già morta. Mi aveva rianimata dandomi il suo sangue e aveva funzionato: ero viva, dopotutto. Quello di cui non si era reso conto era che mi aveva ricreata. Il suo odio per Cyrus aveva già radici profonde; ora, come mio Sire, lo sentiva dieci volte più intenso. Non sopportava che lo nominassi casualmente. Il lato perverso del mio carattere mi spinse a farlo. «Forse i miei sogni su Cyrus sono un modo inconscio per irritarti.» Inarcò un sopracciglio. «È la stessa scusa che usi quando dimentichi di chiudere il dentifricio.» Aveva ragione. Di solito ha ragione. Al diavolo l'intuizione di un Sire! Spensi il computer e mi appoggiai allo schienale della poltrona. «Immagino che tu abbia una teoria al proposito.» «Non ancora. Speravo di farmela mentre tu mi raccontavi nei dettagli quei sogni. Sarei uscito con un'esclamazione drammatica, qualcosa come Ah! e a quel punto tu saresti rimasta impressionata dal mio genio e anche un po' eccitata.» Si strinse nelle spalle. «Adesso penso che mi accontenterei del racconto dettagliato.» Roteai gli occhi e incrociai le braccia sul petto. «Non l'ho mai visto in viso ma so che è lui.» 11
Annuì, facendomi cenno di proseguire. «Non ci sono colori, tranne l'azzurro.» Mi morsi il labbro. «Quell'azzurro slavato che ricordo da quando ero... morta.» Un solco profondo segnò la sua fronte e mi disse che avevo catturato il suo interesse. «Sei sicura che non sia il tuo inconscio che rielabora quella notte?» Quando avevo quei sogni, vedevo sempre le stesse cose. Il grosso gatto rossiccio che era passato davanti al mio corpo squartato. Le sagome del popolo delle ombre che venivano a reclamarmi. Non volli tediarlo con quei ricordi. La mia breve morte – la seconda – l'aveva già traumatizzato abbastanza. «Lascia perdere le idiozie psicanalitiche. Credi che ci sia un motivo per cui faccio questi sogni, non è così?» Emise un lungo sospiro mentre cercava una risposta evasiva. «Suppongo che possa essere un residuo del vecchio legame di sangue con lui.» «E perché adesso?» Scossi il capo. «Sono passati due mesi. Che cosa potrebbe aver riattivato il legame?» Nathan si alzò, cercando senza riuscirci di non mostrarsi preoccupato. «Potrebbe essere qualunque cosa. Chiederò a Max di fare qualche indagine negli archivi del Movimento.» Il Movimento per l'Estinzione Volontaria dei Vampiri è un'organizzazione rigida e totalitaria che condanna a morte i vampiri che non rispettavano il suo codice severo. Da settant'anni Nathan aveva una condanna con la condizionale per aver ucciso sua moglie, anche se non era stata interamente colpa sua. Generando me, poi, aveva infranto una delle regole cardinali: prevenire la morte inevitabile di un vampiro ferito. Invece di aspettare che lo trovassero e lo uccidessero, aveva scelto di vivere nella clandestinità. Ma aveva mantenuto i rapporti con Max Harrison, l'unico a conoscenza dei veri fatti che riguardavano noi due. Sorrisi. «Sono sicura che sarà elettrizzato dall'incarico.» 12
«Non ha scelta.» Non faceva mistero del fatto che gli piaceva molto rendere a Max la vita un inferno. «Bene, il sole è tramontato da un pezzo. Sarà meglio che scenda e mi guadagni da vivere. Per caso hai intenzione di lavorare questa notte? Dovrei fare l'inventario.» «Per quanto sembri invitante, no.» Avevo passato abbastanza ore non retribuite nel suo negozio di libri dell'occulto da bastarmi per un'esistenza intera. Non volevo più vedere un altro Libro delle Ombre né un pacchetto di erbe. Indicai il computer. «Devo finire questa ricerca prima che mi faccia impazzire.» «Non importa.» Fece una smorfia. «La prossima volta che vorrai fare qualche strano esperimento, cercati qualcun altro come cavia.» Udii la porta che sbatteva mentre usciva di casa. Di solito chiudeva a chiave, ma non sentii il tintinnio caratteristico. Per i vampiri il legame tra un Sire e la sua stirpe è importante quanto quello genitori-figli per gli esseri umani. Solitamente Nathan era terribilmente iperprotettivo nei miei confronti. Cercai di liberarmi della sensazione che c'era qualcosa che non andava. Quei pensieri erano come l'edera velenosa. Se ti gratti, l'infezione cresce e si diffonde. Non volevo passare la notte sulle spine, pronta a sobbalzare al minimo rumore. Riaccesi il computer, sperando di farmi assorbire dal gergo medico, ma non riuscivo a concentrarmi. Il disagio crebbe sempre di più: avevo i palmi sudati e lo stomaco stretto in una morsa. Registrai mentalmente i sintomi e solo allora riconobbi la mia reazione fisica. Combatti o fuggi. Avevo elaborato lentamente la risposta primitiva alla paura, però non ero in pericolo immediato. Il cuore prese a battere in modo concitato mentre fissavo la mia immagine al di là delle parole sullo schermo. Avevo le pupille dilatate 13
e il mio viso si stava trasformando in quello di un mostro. Mi alzai, cercando di calmarmi. Non c'era motivo per cui mi sentissi in quel modo. A meno che non fosse il legame di sangue. Nathan. Corsi fuori dalla stanza, rovesciando la poltrona. L'appartamento era al piano superiore della palazzina di sua proprietà. Il negozio si trovava nel seminterrato. Scesi le scale più in fretta che potevo, aggrappandomi al corrimano mentre inciampavo nei miei stessi piedi. La porta in fondo sembrava lontana anni luce. La superai di corsa e mi ritrovai in strada. L'aria fresca della notte primaverile mi bloccò il respiro in gola. Poi arrivò il dolore e persi ogni speranza di tirare il fiato. Il legame di sangue se n'era andato. Non come quando Nathan mi nascondeva i suoi pensieri. Quello era come un muro di mattoni. Questo, invece, era... il vuoto. Se il legame fosse stato una corda tesa fra noi, una delle estremità era stata lasciata andare. Lui era morto. Mi aggrappai alla ringhiera in ferro battuto mentre raggiungevo la cima delle scale che scendevano dal marciapiede. La luce della luna illuminava dei vetri rotti in fondo. Qualsiasi cosa avesse preso Nathan, aveva rotto la finestra per entrare. Procurati un'arma. Cerca aiuto. Il cuore mise a tacere la mente razionale. Dovevo raggiungere il mio Sire. Scesi gli scalini due alla volta. All'interno, la luce sul retro del negozio mandava gli ultimi spasimi morenti. I tubi al neon erano sparsi in briciole sul pavimento. Di tanto in tanto qualche scintilla sprizzava come fiocchi di neve dai fili elettrici spezzati. I tavoli, che normalmente ospitavano accurate esposizioni di cristalli, tarocchi e altri ammennicoli da New Age, erano distrutti. Giacevano a pezzi al suolo, schiacciando le mercanzie che vi erano state esposte. Alla mia destra, la 14
vetrina del bancone era stata infranta. Sapevo che c'era un'ascia nell'armadio dietro il banco. Mi diressi verso quella direzione con la massima cautela, mentre i vetri scricchiolavano sotto la suola delle scarpe. Qualcosa si mosse nella selva di scaffali dietro le mie spalle. Il rumore mi bloccò per un istante, mentre valutavo la distanza che mi separava dalla porta e la possibilità che fossi in grado di difendermi con la scure. Rinunciai all'idea di fuggire; non potevo abbandonare Nathan se c'era anche la minima possibilità che potessi salvarlo. Coprii in un balzo gli ultimi passi e recuperai l'arma. Cercai di infondere un po' di coraggio alle mie dita irrigidite mentre afferravo l'impugnatura. Qualsiasi cosa avesse fatto irruzione nel negozio, era ancora lì. Mi si rizzarono i capelli sulla nuca. La cosa che si nascondeva nell'ombra emise un grugnito. La pendola batté le ore. Sussultai. La creatura spiccò un balzo verso di me. Battei la testa sul pavimento duro mentre venivo atterrata e il dolore esplose come un fuoco d'artificio nel mio cervello. L'odore del sangue di Nathan, di solito un profumo gradito e familiare, mi riempì le narici e il tanfo mi fece venire la nausea. Strizzai gli occhi e contrassi i muscoli per non vomitare. Il peso che mi teneva inchiodata al suolo si sollevò. Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere la cosa balzare dietro il banco; il suo respiro rumoroso copriva quasi i battiti ripetuti della pendola. «Nathan?» gridai, riconoscendo a stento la mia voce, resa acuta dal panico. Gridai ancora il suo nome ma non ebbi risposta. La realtà mi divenne chiara in tutta la sua crudezza: Nathan non poteva venire in mio aiuto. Ero da sola contro quella creatura, del tutto inadeguata a difendermi. 15
Un potente ruggito mi fece sobbalzare. In una frazione di secondo di puro terrore, lanciai l'ascia che colpì il registratore di cassa e cadde al suolo, lontano dalla mia portata. Sola. Completamente disarmata. E decisamente stupida. Non ebbi molto tempo per preoccuparmene. La creatura balzò e mi ghermì. L'aria mi uscì dai polmoni con un sibilo. Sollevai lo sguardo in una nebbia di dolore verso la cosa che mi bloccava a terra. Un uomo. Nudo e sanguinante. La creatura non aveva ucciso Nathan. La creatura era Nathan. Il suo viso era distorto in un ringhio bestiale. Gli occhi erano freddi e non davano segno di riconoscermi. Stringeva nel pugno una scheggia di vetro intrisa di sangue. Le braccia e il petto erano pieni di simboli insanguinati e mi resi conto con una nuova ondata di nausea che li aveva incisi nella pelle. Quando chinò il capo su di me, distolsi il viso. Si fece così vicino che il suo respiro mi sollevò i capelli alle tempie mentre mi annusava. Con un altro ruggito, sollevò il pezzo di vetro sopra la sua testa. «Ti prego, non farlo» mormorai anche se sapevo che non mi avrebbe sentita. Quella cosa non era Nathan. Era un mostro con la faccia del mio Sire. Calò con forza il vetro e io mi rimpicciolii mentre si infrangeva a terra, a pochi centimetri dalla mia testa. Dal suo palmo ferito uscì del sangue fresco che mi schizzò il viso. Mi prese il mento nella mano e mi costrinse a guardarlo. Gracchiò qualcosa in una lingua incomprensibile e si allontanò. Anche se mi ero rimessa velocemente a sedere, se n'era andato prima che potessi vederlo uscire. L'unica prova della sua presenza erano le impronte insanguinate sugli scalini che portavano in strada. Tremando, allungai le mani come se volessi raggiunger16
lo. Erano sporche di sangue. Il fetore mi diede la nausea. Mi tappai il naso con il colletto della camicia e strisciai fino alla porta. I vetri rotti sul pavimento mi ferivano le braccia ma quasi non ci feci caso. Come uno zombi, risalii le scale fino all'appartamento, ignorando il sangue che mi colava dalle ferite alle mani. Ebbi sufficiente presenza di spirito da chiudere la porta a chiave, poi entrai nella stanza di Nathan e sedetti sul bordo del letto, stringendo il cordless. Composi il numero automaticamente, fissando un piccolo strappo nel tappeto, vicino all'orlo. «Harrison.» All'altro capo della linea, la voce di Max suonava allegra. Avrei voluto essere con lui, lontana mille miglia da quello che avevo appena visto. «Sono Carrie.» Deglutii a fatica, la lingua impastata. «Ho bisogno di te.»
17
RACHEL VINCENT
Graffio sulla pelle Accusata di aver trasformato l'ex fidanzato in un mutaforma e di averlo ucciso per coprire le proprie tracce, Faythe si ritrova sotto processo. Salvarsi da una condanna che sembra inevitabile si rivelerà tutt'altro che facile. E forse questa volta nemmeno l'amore di Marc basterà a proteggerla dalle lotte di potere del consiglio degli Alpha.
JENNIFER ARMINTROUT
Innamorata di un vampiro Dopo essersi innamorata di Nathan e aver accettato l'idea di doversi nutrire di sangue, Carrie è convinta che la sua vita sia finalmente avviata verso una relativa tranquillità. Ma quell'illusione dura poco, perché all'improvviso Nathan si trasforma in un mostro crudele. E come se non bastasse, a possedere la sua mente è il Divoratore d'Anime...