ogni libro Harmony è... ... un grande amore da vivere insieme alle nostre eroine. Un amore spesso contrastato, a volte gioioso, a volte esaltante, drammatico o commovente. Ma sempre vittorioso. Un amore che ti farà scoprire le passioni del cuore umano, oppure rivivere le emozioni sopite in te.
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uando la grande avventura Harmony è cominciata nel lontano 1981, queste, in sintesi, erano le parole con cui ogni collana della casa editrice dava il benvenuto alle proprie lettrici. La stessa aspirazione anima anche la più giovane tra le proposte di Harlequin Mondadori: Bluenocturne. Nata nell’aprile del 2009 e pensata per un pubblico giovane, ha in realtà appassionato donne di tutte le età con le sue storie – ora romantiche, ora sexy, ma sempre appassionanti – in cui personaggi fantastici vivono, amano, soffrono, muovendosi in una dimensione parallela che convive e si intreccia con la nostra realtà quotidiana. I Signori degli inferi di Gena Showalter e i cupi vampiri di Maggie Shayne hanno aperto la porta ad altre creature soprannaturali e a mondi fantastici che offrono infinite, eccitanti possibilità: licantropi e ogni sorta di mutaforma, maghi e
fantasmi, angeli e demoni, divinità egizie o giapponesi, cacciatori di vampiri e domatori di tempeste... creature dotate di una bellezza sovrumana e di immensi poteri, la cui esistenza solitaria viene improvvisamente illuminata dalla promessa di un amore destinato a durare per sempre. Ad animare le pagine di questa collana dalla doppia anima, un po’ urban e un po’ paranormal, sono autrici del calibro di Heather Graham, Rachel Vincent, Eve Silver, Colleen Gleason. E tante altre ne arriveranno ancora! Che dunque il sogno d’amore continui e che altre generazioni di lettrici continuino con Bluenocturne a lasciarsi sedurre per l’eternità.
Grazie a tutte e buona lettura
Paola Ronchi
Direttore Generale Harlequin Mondadori
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Darkest Surrender HQN Books © 2011 Gena Showalter Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne dicembre 2011 Questo volume è stato stampato nel novembre 2011 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico quindicinale n. 53 del 16/12/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo Millecinquecento anni fa... oppure un milione di anni fa... (a seconda delle fonti.) Per la prima volta in assoluto, i Giochi delle Arpie, che si tenevano ogni duecento anni, finirono con più partecipanti morte che vive. Tutti i sopravvissuti sapevano che la colpa era della quattordicenne Kaia dei Falchi del cielo. La giornata cominciò in modo innocente. Nel sole del mattino, Kaia attraversò l'accampamento mano nella mano con l'amata sorella gemella Bianka. Tende di ogni dimensione riempivano lo spazio, i falò scacciavano il freddo e nell'aria aleggiava un delizioso profumo di biscotti e miele. A causa di una maledizione degli dei, le Arpie potevano mangiare solo ciò che rubavano o si guadagnavano. Se si nutrivano di qualcos'altro, stavano malissimo. La colazione di Kaia era stata alquanto misera: una torta di riso stantia e una borraccia piena a metà di acqua, entrambe rubate dalla sella di un umano. Magari poteva fregare un biscotto a un'Arpia di un 5
clan rivale, pensò, poi scosse la testa. La sua razza obbediva a poche regole: mai addormentarsi in un luogo dove gli umani potevano trovarti, mai rivelare una debolezza e soprattutto mai rubare del cibo a un'altra Arpia, per quanto la si potesse odiare. «Kaia?» la chiamò la sorella. «Sì?» «Sono la ragazza più carina di tutte?» «Ma certo.» Non c'era bisogno di guardarsi intorno per affermarlo: Bianka era la più bella in assoluto, ma a volte aveva bisogno di conferme. Pur essendo gemelle, non si assomigliavano affatto: Kaia aveva i capelli rossi e gli occhi grigi punteggiati d'oro, mentre Bianka aveva lunghi capelli neri, lucenti occhi color ambra ed era identica alla loro riverita madre, Tabitha la Feroce. «Grazie» ridacchiò Bianka soddisfatta. «E tu sei la più forte.» Kaia non si stancava mai di ascoltare le lodi della sorella: le Arpie più potenti erano anche le più rispettate e lei desiderava il rispetto più di qualsiasi altra cosa. Si guardò intorno in cerca di qualcuna con cui confrontarsi. Quelle abbastanza grandi da poter partecipare alle tradizionali prove di forza e astuzia si preparavano all'unica gara ancora da disputare – l'Ultima Immortale Rimasta in Piedi. «Sono più forte di lei?» chiese, indicando una donna imponente, dai muscoli possenti e dalle braccia coperte di cicatrici. Le ferite che le avevano provocate dovevano essere davvero tremende: la loro razza immortale, infatti, guariva in fretta e in genere non restava traccia delle dure prove affrontate. «Senza dubbio» rispose Bianka. «Scommetto che correrebbe a nascondersi, se decidessi di sfidarla.» 6
«Lo credo anch'io.» Kaia si allenava più duramente di qualsiasi altra Arpia; quando tutte si fermavano, alla fine della giornata, lei continuava fino a quando il petto era intriso di sudore, i muscoli tremavano per lo sforzo e le ossa non riuscivano più a sopportare il suo peso. Un giorno, sperava presto, la madre sarebbe stata fiera di lei. Qualche notte prima, Tabitha le aveva dato una pacca sulla spalla, dichiarando che la sua abilità nel lanciare pugnali era leggermente migliorata. Non si era mai sbilanciata tanto con una lode. «Su, vieni» la richiamò Bianka. «Se non ci sbrighiamo, non faremo in tempo a lavarci nel fiume e io voglio apparire al meglio, quando guarderemo il nostro clan sbaragliare ancora tutti gli altri.» L'idea dei premi vinti dalla madre fece gonfiare d'orgoglio il corpo minuto di Kaia. I Giochi delle Arpie erano nati migliaia di anni prima, per consentire ai clan di mostrare la loro superiorità e risolvere le dispute senza scatenare una guerra, o almeno senza scatenarne troppe. Le anziane delle venti tribù si incontravano e decidevano competizioni e premi. Quell'anno chi vinceva le quattro gare guadagnava cento pezzi d'oro. I Falchi del cielo ne avevano già vinti duecento e gli Scudi delle aquile cento. «Tu sogni troppo a occhi aperti.» Bianka accelerò il passo, costringendo Kaia a imitarla. «Non è vero!» «Sì, invece.» «No!» Bianka si arrese con un sospiro. Kaia ridacchiò, soddisfatta dell'attenzione suscitata tra le altre Arpie, e accarezzò il medaglione da guerriera che la madre le aveva donato mesi prima: per lei quel simbolo di forza era prezioso quanto la gemella. 7
Quasi tutte quelle che incrociavano il suo sguardo annuivano in segno di deferenza, anche se appartenevano a una tribù rivale. E chi non lo faceva... Be', Kaia non si preoccupava di un possibile conflitto, visto che gli attacchi erano proibiti in quel terreno neutrale. Inoltre lei era forte e coraggiosa. Al limitare del campo notò qualcosa di strano in una radura circondata da un boschetto e si fermò, indicando alla sorella un gruppo di uomini a torso nudo: alcuni giravano liberi, altri erano legati a dei pali e uno era incatenato. Per quel che ne sapeva, ai maschi non era permesso partecipare ai giochi e neanche assistervi. «Cosa fanno qui?» chiese sconcertata. Bianka si fermò a sua volta. «Sono consorti e schiavi» spiegò. «So chi sono. Quello che voglio sapere è perché si trovano qui.» «Si occupano delle necessità, sciocca.» «Quali necessità?» chiese Kaia confusa. La madre aveva sempre sottolineato l'importanza di badare prima di tutte a se stesse e poi alla famiglia, senza curarsi degli altri. Bianka ci pensò su un po', poi scrollò le spalle. «Fare il bucato, lavare i piedi, portare le armi. Compiti banali che noi siamo troppo importanti per svolgere» rispose. Dunque, se avevi un consorte o uno schiavo, non dovevi più fare il bucato? «Ne voglio uno» annunciò subito. Le piccole ali sulla sua schiena vibrarono con foga selvaggia. Come tutte le Arpie, portava un indumento che le copriva il seno – anche se al momento il suo era praticamente inesistente – ed era aperto sulla schiena, per dare spazio alle ali, fonti della forza. «Sai cosa dice sempre la mamma» aggiunse. «Certamente: con una parola gentile si ottiene un 8
sorriso, ma... a chi interessa un sorriso?» «Non quella frase.» Bianka strinse le labbra concentrata. «Non puoi uccidere un umano con la gentilezza. Devi usare una spada» provò ancora. «Neanche questa.» «Che cosa, allora?» chiese la sorella esasperata. «Se non prendi i tesori e i maschi che vuoi, non otterrai mai i tesori e i maschi che vuoi.» Bianka sgranò gli occhi e riportò l'attenzione sugli uomini. «E quale ti interessa?» Kaia batté l'indice sul mento e studiò i candidati: indossavano tutti un perizoma ed erano sporchi e sudati, ma non mostravano lividi o ferite come lei, segno distintivo di chi aveva dimostrato il proprio valore sul campo di battaglia. No, si corresse: quello in catene era coperto di segni del genere e gli occhi scuri erano insolenti e ribelli. Quello era un vero combattente. «Lui» rispose, indicandolo con un cenno del mento. «A chi appartiene?» Bianka seguì il suo sguardo e si mise a tremare. «A Juliette l'Estirpatrice.» Juliette della tribù degli Scudi delle aquile, un'alleata e una spietata bellezza addestrata da Tabitha in persona. Sconfiggere un uomo che l'Estirpatrice non era riuscita a domare sarebbe stato... «Ancora meglio.» «Non saprei, Kaia: ci hanno detto e ripetuto di non parlare con quegli uomini.» «A me non hanno detto niente.» «Sì, invece: eri vicina a me, quando la mamma ci ha avvertite, ma come al solito stavi fantasticando.» Kaia tenne duro. «Ecco una nuova regola: se una figlia non sente un ammonimento della madre, non è obbligata a seguirlo.» Bianka non pareva convinta. «Ha un'aria pericolosa» le fece notare. 9
«Noi adoriamo il pericolo.» «Amiamo anche vivere. Mi sa che quello preferirebbe farci a pezzi, piuttosto che lavarci i piedi. E se riesci a prendertelo, non oso pensare alla reazione di Juliette.» «Juliette non è forte come me, altrimenti non avrebbe dovuto incatenarlo.» Quell'Arpia era famosa per la tendenza a uccidere chiunque, senza curarsi del sesso e dell'età, ma lei sarebbe presto diventata famosa come la ragazza che l'aveva battuta. La sorella rifletté un momento su quell'argomentazione, poi annuì. «È vero.» «Gli illustrerò la punizione a cui andrà incontro, se oserà disobbedirmi, e vedrai che non lo farà.» Semplice. La madre sarebbe stata fiera di lei. Tabitha era fiera solo di chi le stava alla pari e al momento nessuno poteva aspirare a quella posizione: forse per quello ogni Arpia avrebbe voluto essere lei e ogni maschio desiderava conquistarla. La sua forza e la sua bellezza erano senza pari, la sua saggezza senza limiti. Tutti tremavano davanti al suo nome, tutti la rispettavano e l'ammiravano. Un giorno ammireranno me. «E come pensi di prendertelo senza farti vedere? Dove lo nasconderai?» chiese Bianka. Buone domande. Mentre cercava una risposta, Kaia venne invasa dall'indignazione: perché doveva fare tutto di soppiatto? Se si fosse comportata così, nessuno avrebbe saputo della sua impresa, né scritto storie sulla sua forza e la sua audacia. Più di uno schiavo pronto a servirla e riverirla, Kaia voleva quelle storie. Ne aveva bisogno. Come gemelle, lei e Bianka venivano sempre prese in giro perché condividevano ciò che era destinato a una sola persona – bellezza, forza e tutto il resto. Come se fossero solo metà di ciò che dovevano. 10
Bene, avrebbe dimostrato quanto valeva: si sarebbe impossessata di quell'uomo subito, davanti a tutti. Si girò e prese tra le mani il viso arrossato dal vento della sorella, che la guardò allarmata, ma non cercò di fermarla. «Non consentire a nessuno di oltrepassare questo punto» la istruì. «Ci metto solo un momento.» «Ma...» tentò di obiettare Bianka. «Ti prego. Fallo per me.» «Va bene.» Un sospiro. «Grazie!» Kaia le diede un bacio, poi si allontanò stringendo un pugnale, prima che cambiasse idea. Gli uomini non protestarono mentre li superava. Bene: avevano già paura di lei. Quando raggiunse l'oggetto del suo desiderio, assunse la posizione tipica della madre: mano su un fianco spinto in avanti e coltello puntato verso l'esterno. L'uomo era seduto su un ceppo, i gomiti puntati sulle ginocchia sbucciate, la testa china e i capelli neri che ricadevano sulla fronte. «Tu. Guardami» gli ordinò nella lingua umana. Lui sollevò gli occhi. I lineamenti sembravano scolpiti nella pietra: naso affilato, zigomi alti, mento ostinato e labbra sottili e rosse. Kaia si rese conto che le catene non erano assicurate a un palo, ma gli legavano solo i polsi. O Juliette non aveva idea di come bloccare un prigioniero, o l'uomo era più debole di quanto pensasse. Una delusione, ma non sufficiente a farle cambiare idea. «Sei mio» gli comunicò spavalda. «La tua padrona precedente forse cercherà di combattermi per riaverti, ma io la sconfiggerò.» «Ah, sì?» La voce era roca e profonda, con un'eco di tuoni e fulmini. Kaia soffocò un brivido. «Come ti chiami, ragazzina?» Lei strinse i denti e dimenticò quell'ansia momenta11
nea. Non era una ragazzina! «Kaia... la Più Forte» rispose. I titoli erano importanti tra le Arpie e venivano scelti dai capitribù. Lei non aveva ancora ricevuto il suo, ma era sicura che la madre avrebbe approvato quella scelta. «E cosa vorresti fare di me, Kaia la Più Forte?» «Ti obbligherò a soddisfare tutte le mie esigenze.» Lui inarcò le sopracciglia. «Tipo?» «Ti occuperai di tutti i miei compiti. E se non lo farai, ti punirò. Con il mio pugnale.» Fece oscillare l'arma e la lama d'argento brillò al sole. «Sono molto crudele, sai? Ho già ucciso degli umani.» Lui non parve colpito e lei lottò contro un'ondata di frustrazione. Poi si consolò ricordando che la maggior parte degli umani non aveva idea delle capacità delle Arpie: probabilmente quell'uomo apparteneva alla schiera dei non informati. «E quando dovrei cominciare?» «Adesso.» «Va bene.» Kaia si aspettava una discussione e invece lui si mise in piedi. Per gli dei, com'era alto! La costringeva a guardare in su, sempre più in su. Non si lasciò intimidire: durante gli addestramenti aveva lottato con gente anche più alta, battendola. Be', non proprio così alta. E va bene, più bassa. Non aveva mai visto una creatura così imponente; non c'era da stupirsi che Juliette l'avesse reclamata per sé. Kaia ridacchiò: la sua prima impresa condotta tutta da sola, in pieno giorno, e si era guadagnata un premio magnifico. La madre avrebbe apprezzato quell'uomo e magari, una volta finito con lui, lei gliel'avrebbe regalato. Tabitha l'avrebbe ringraziata con un sorriso, dichiarando che era una figlia meravigliosa. «Non restare lì impalato.» Corse da lui, con le ali che 12
fremevano frenetiche e gli diede una spinta. «Muoviti.» L'uomo inciampò, ma riprese l'equilibrio e cominciò a camminare a testa alta. Raggiunto il bordo della radura, però, si fermò di colpo. «Muoviti» ripeté lei, dandogli un'altra spinta. Lui rimase fermo e non si girò neanche per parlarle. «Non posso. Il bordo di questa radura è cosparso di sangue di Arpia e le catene mi impediscono di andarmene senza provare un dolore tremendo.» Lei lo guardò sospettosa. «Non sono una sciocca; non ti toglierò le catene.» Voleva che fosse docile, al momento di metterlo in mostra attraverso il campo, non pronto a scappare. Appena scoperto ciò che aveva fatto, Juliette l'avrebbe sfidata e lei aveva bisogno di mantenere la concentrazione. «Non è necessario togliermele» rispose l'uomo senza traccia di emozioni. «Basta che tu aggiunga il tuo sangue a quello che c'è già e ne faccia cadere una goccia sulle catene e potrai portarmi in giro per l'accampamento senza problemi.» Kaia aveva sentito parlare delle catene di sangue di Arpia, capaci di trattenere chi le portava all'interno di un cerchio, grande o piccolo che fosse. «Buona idea» approvò. Si guardò in giro: nessuno l'aveva notata, ma Bianka appariva nervosa e passava di continuo con lo sguardo da lei all'accampamento. Kaia si tagliò il palmo con il pugnale, aggiunse il suo sangue al circolo scarlatto per terra e passò la mano sulle fredde catene di metallo tra i polsi dell'uomo. Poi corse alle sue spalle e gli diede una spinta. Lui oltrepassò il circolo di sangue, si fermò per scuotere la testa, stirare la schiena e flettere le spalle; nonostante le spinte, non riusciva a muoversi. Si girò ridacchiando e, prima che lei potesse capire cosa stava suc13
cedendo, le mise le mani intorno al collo e la sollevò da terra. Kaia sgranò gli occhi, mentre lui la soffocava con una forza che nessun umano avrebbe mai potuto possedere. Nonostante i polmoni e la gola brucianti per la mancanza d'aria, la verità la colpì come una mazzata: non era umano. Un'ondata di odio sgorgò da lui, mentre gli occhi scuri la fissavano ipnotici. «Stupida Arpia; non potevo rompere le catene, ma quel cerchio di sangue era l'unica cosa che mi impediva di imperversare per tutto l'accampamento. Ora morirete tutte per gli insulti che ho dovuto subire.» Morire? Hai un pugnale. Usalo! Kaia cercò di trafiggerlo, ma l'uomo le allontanò la mano con una risata crudele. Sentì l'urlo di Bianka e i suoi passi che si avvicinavano e cercò di gridarle di stare lontana, ma i pensieri si frammentarono mentre l'uomo stringeva più forte. Un'ondata nera la sospinse in un mare infinito, dove niente esisteva. No, in realtà poteva sentire grida, gemiti e ringhi, il clangore del metallo, lo schianto delle ossa rotte, l'orribile suono prodotto dalle ali strappate dalla schiena. Quella sinfonia da incubo andò avanti per ore, forse giorni, prima di quietarsi. «Kaia. Svegliati.» Mani callose la scossero. Conosceva quella voce. Aprì gli occhi a fatica. Impiegò un momento a schiarirsi la mente e a mettere a fuoco ciò che la circondava: alla luce di una falce di luna scorse la madre che torreggiava su di lei torva e coperta di sangue. «Guarda cos'hai fatto, figlia.» Il suo tono non era mai stato così duro e tagliente. Lei si mise a sedere a malincuore, fece una smorfia 14
quando il dolore si propagò dal collo al resto del corpo ed esaminò l'accampamento: Arpie e... altre cose galleggiavano in un fiume di sangue, armi giacevano a terra, inutili pezzi di tessuto provenienti dalle tende strappate ondeggiavano al vento. «Bi... Bianka?» chiese con un filo di voce. «Tua sorella è viva... a mala pena.» Kaia si alzò sulle gambe tremanti e incontrò gli occhi color ambra della madre. «Io...» «Silenzio!» tuonò Tabitha. «Ti era stato detto di non entrare in quella radura e hai disobbedito. E poi hai cercato di rubare il consorte di un'altra donna senza chiedere prima il mio permesso.» Kaia avrebbe voluto mentire, ma non ci riuscì. «Sì» ammise con le lacrime agli occhi. «Vedi la distruzione alle mie spalle?» «Sì.» «È tutta colpa tua» dichiarò senza nessuna pietà. «Mi dispiace. Mi dispiace tanto» mormorò la giovane a testa bassa. «Le tue scuse non possono cancellare l'angoscia che hai provocato.» Ora nella voce si sentiva un odio feroce. «Hai coperto di vergogna il nostro clan» continuò implacabile, strappandole il medaglione dal collo. «Non te lo meriti; una vera guerriera salva le sue sorelle, non le mette in pericolo. Il tuo atto egoista ti ha guadagnato il titolo che porterai d'ora in poi: Kaia la Delusione.» Poi si girò e se ne andò, con gli stivali che sguazzavano nel sangue. Kaia cadde in ginocchio e per la prima volta in vita sua scoppiò in singhiozzi.
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1 Oggi «Lo voglio.» «E questa determinazione quando l'ho già sentita? Ah, sì, il giorno dello sfortunato incidente: mi hai fatto giurare di non parlarne mai e non lo farò, dunque non agitarti. Pensavo solo che a questo punto avessi più criterio quando si tratta di scegliere un uomo.» Kaia dei Falchi del cielo fissò la sua gemella Bianka, detta Celestiali Colline, il nomignolo che le aveva affibbiato dopo che si era messa con un angelo. Bianka aveva ricambiato con Scaldaletto dei Signori degli Inferi, visto che si era scopata Paris, l'uomo più promiscuo in circolazione. Purtroppo, però, le Arpie avevano la memoria lunga, così che l'antico appellativo di Kaia la Delusione risuonava ancora in occasione di incontri con un'altra della sua razza. Bianka era splendida come sempre, con la cascata di capelli neri e i lucenti occhi color ambra. Al momento stava passando in rassegna i vestiti appesi alle grucce in un grande negozio di abbigliamento. «Quello è successo un milione di anni fa» replicò Kaia. «Strider è il primo uomo che... che desidero davvero» aggiunse, prima che la sorella facesse qualche com16
mento sui ragazzi che si erano succeduti nel corso dei secoli. «È successo millecinquecento anni fa, ma non stiamo parlando di quella vicenda. E cosa mi dici di Kane, custode del demone del Disastro? Non c'è stato qualcosa tra voi?» «Forse il suo demone mi ha vista come uno spirito affine, sperando di alimentare le fiamme di un romanzetto tra noi, ma io non sono attratta da lui.» «Perché non cerchi da un'altra parte? Tipo... nei cieli?» propose Bianka. «Potrei presentarti un angelo.» Sollevò un fluente vestito azzurro con il corpetto decorato di lustrini e l'orlo di pizzo a balze. «Che te ne pare di questo?» chiese. Kaia ignorò la domanda. «Io voglio Strider.» «Non va bene per te.» È perfetto per me. «Uno, non appartiene a un'altra Arpia» elencò. «Due, non è uno psicopatico... o almeno non sempre. E terzo, è il mio consorte, lo so.» Ecco, lo aveva detto a voce alta a qualcuno di diverso da se stessa e dall'uomo in questione. I consorti erano difficili da trovare e dunque preziosi. Anzi, necessari: le Arpie erano volubili e pericolose e, quando si arrabbiavano, potevano diventare letali per il mondo intero. Solo i consorti riuscivano a calmarle. Se solo avesse potuto sceglierlo da un catalogo e farla finita... Invece era l'istinto a decidere e il corpo lo assecondava. Inoltre le Arpie potevano avere soltanto un consorte in tutta la loro lunghissima vita; se lo perdevano, soffrivano in eterno, se prima non si uccidevano. Kaia aveva cercato di rubare quello di Juliette, che era rimasta senza il suo consorte, ignorando se era vivo o morto, odiandolo per ciò che aveva fatto, ma avendone pur sempre bisogno. E da allora desiderando vendicarsi. Tutto quello copriva di vergogna Kaia, ma cosa pote17
va dire a sua discolpa? Niente. Aveva disobbedito e liberato quell'uomo, scatenando sulla razza una furia letale. Ogni anno mandava a Juliette un cestino di frutta con un biglietto di scuse e ogni anno il cestino veniva rimandato indietro con torsoli marci, bucce di banana annerite e un'immagine dell'Arpia che le mostrava il dito medio, con la frase: Muori, puttana, scritta col sangue. L'unico motivo per cui Juliette non l'aveva ancora aggredita era il rispetto per Tabitha, che era ancora ritenuta da alleati e nemici una forza da tenere in debita considerazione. Non doveva pensare al passato, si disse Kaia, ma al suo consorte. Strider. Barbaro, cialtrone, idiota. Era un guerriero immortale che tanto tempo prima aveva rubato e aperto il vaso di Pandora, per dare una bella lezione a quegli stronzi degli dei. Loro avevano osato scegliere una semplice donna per fare la guardia a quella stupida reliquia. Grazie a quella mossa geniale, lui e i suoi amici – i famigerati Signori degli Inferi, temuti da tutti tranne che dalle Arpie – erano stati maledetti e costretti a custodire dentro di sé i demoni che avevano liberato. Quel bellissimo deficiente di Strider era posseduto dal demone della Sconfitta e non poteva perdere una sfida senza provare un dolore tremendo. Per questo era deciso a vincere sempre, perfino ai videogiochi. Era un vero idiota, ma non esisteva un uomo più bello, più spietato e più deciso a non avere niente a che fare con lei. «Be'?» Bianka le scosse il vestito davanti al viso, reclamando la sua attenzione. «Dimmi che ne pensi, possibilmente oggi.» Doveva concentrarsi. «Non prendertela con me, ma quella roba ti fa sembrare una stupida reginetta di bellezza che non ha alcuna intenzione di andare a letto con il suo ragazzo alla fine del ballo – perché non ha un ragazzo. È troppo idiota per averlo. Spiacente.» 18
Bianka scrollò le spalle noncurante. «Ehi, le reginette di bellezza saranno idiote, ma hanno il sangue bollente.» «Va bene, prendi il vestito» la incitò Kaia. «Io ti regalerò un centinaio di gatti per tenerti compagnia, mentre passi da sola il resto dell'eternità cercando di capire quando le cose con l'angelo sono andate storte... senza capire che i problemi sono cominciati proprio stanotte.» «Ehi, a me piacciono i cani» le ricordò la sorella. Strinse le labbra rosse, rimise a posto il vestito e si mise in cerca dell'abito perfetto da indossare mentre dava una brutta notizia a Lysander, il suo consorte. Povera Bianka: non si era solo scopata un angelo, si era anche legata a lui per sempre. Lysander viveva e lavorava nei cieli ed era così noioso che Kaia avrebbe preferito torturare qualcuno infilandogli schegge di bambù sotto le unghie, piuttosto che passare del tempo con lui. Anzi, quello era un esempio sbagliato: lei si divertiva a infilare schegge di bambù sotto le unghie degli altri e adorava sentire le loro urla di dolore. Musica per le sue orecchie. «Kaia, perché sospiri con aria rapita? A cosa stai pensando?» sbottò Bianka. «Ai musical.» «Ai musical? Mentre io ho un disperato bisogno del tuo aiuto?» si indignò. «Per una volta vuoi ascoltarmi?» «Un momento» la fermò Kaia. Un tipo noioso come il consorte della sorella meritava un soprannome altrettanto pesante, tipo... Papa Lysander I. Giusto. Era un angelo guerriero alato, uno sterminatore di demoni e un maschio davvero sexy, ma anche un tipo rigido e moralista che stava eliminando ogni divertimento dalla vita della sorella in modo lento ma inesorabile. In effetti l'avversione di Lysander per i furti nei negozi era il motivo per cui avevano abbandonato Budapest, e19
rano tornate in Alaska e si erano intrufolate in quel grande centro commerciale di notte e non in pieno giorno. Kaia avrebbe detto al suo uomo di ficcarsi nel culo la richiesta di non rubare davanti agli umani, ti prego. Così metti loro in testa strane idee. Tra l'altro aveva bisogno di qualche brivido per calmare il suo lato oscuro, ma amava la sorella ed era in debito con lei. Anche se non parlavano mai dello sfortunato incidente, non aveva dimenticato l'accaduto. Ogni giorno rivedeva la gemella distesa in una pozza del suo sangue, gli occhi vitrei per il dolore e le labbra ferite. «E va bene, parliamo dei tuoi problemi, così poi potrai concentrarti sui miei» sospirò Bianka. «Spiegami perché hai scelto Strider come tuo compagno del cuore. So già che muori dalla voglia di elencarmi le sue virtù.» «Cos'hai detto? Compagno del cuore?» trasecolò Kaia, certa di aver sentito male. «Dev'essere l'influenza di Lysander» ammise la gemella con una risatina. «In effetti passi troppo tempo con gli angeli: il tuo quoziente di intelligenza sta precipitando.» Bianka tamburellò con le unghie smaltate di azzurro sulla rastrelliera metallica a cui erano appesi gli abiti. «Gli angeli non sono niente male» li difese. «Comunque Strider ti creerà un sacco di problemi. Gli hai detto quello che provi per lui e ti ha respinta» le ricordò. «Se ci riproverai si irriterà e un guerriero posseduto da un demone che si infuria può scatenare un disastro globale.» «Lo so.» Se avesse capito prima quanto Strider era importante per lei, non sarebbe andata a letto con il suo amico Paris, custode del demone della Promiscuità, detto Paris il Sessorcista, un maschio così sensuale da far girare la testa a qualunque donna. E se non fosse andata a letto con il Sessorcista, Strider lo Stupido non l'avrebbe respinta. 20
Forse. O forse lo avrebbe fatto lo stesso. Perché, con grande costernazione – e non rabbia furibonda – di Kaia, lui desiderava un'altra: Haidee, la bella ragazza bionda che ora apparteneva al suo amico Amun, custode del demone dei Segreti. Be', almeno adesso Haidee era fuori questione e lei non doveva preoccuparsi che Strider allungasse le mani. Onore tra i demoni e roba del genere. In ogni caso la sola idea che lui guardasse un'altra donna era sufficiente perché le unghie si allungassero e affilassero come artigli, i denti diventassero zanne e il sangue si mettesse a ribollire. È mio, urlava ogni fibra del suo corpo. Kaia avrebbe ucciso qualunque donna osasse fare un'avance a Strider e anche qualunque donna lui avvicinasse. Non avrebbe potuto evitarlo: il suo lato oscuro l'avrebbe spinta a proteggere ciò che le apparteneva. «Strider è fortunato a essere ancora vivo e non solo perché vorrei tagliargli via la virilità e darla da mangiare agli animali dello zoo sotto i suoi occhi» continuò Bianka. «Un uomo che non riconosce il tuo valore merita una bella seduta di tortura.» «Lo so.» Non perché Kaia fosse speciale – maledizione, un tempo lo era – ma perché nessuno poteva respingere un'Arpia senza conseguenze. In realtà la maggior parte delle Arpie si sarebbe presa Strider con la forza, dunque forse la stupida era lei a permettergli di scacciarla. D'altra parte lo voleva consenziente: un rapimento avrebbe significato una sconfitta, e la sconfitta gli avrebbe procurato una sofferenza terribile. E lei non voleva che soffrisse. «Lui non ti merita» ribadì Bianka, leale come sempre. «Lo so» ripeté Kaia. Questa volta però mentiva: sarebbe sempre stata una disgrazia per la sua tribù. Dun21
que Strider meritava di meglio, certamente. «Però lo vuoi lo stesso.» Era un'affermazione, non una domanda, accompagnata da un sospiro. «Sì.» «Cosa pensi di fare per conquistarlo?» «Niente» rispose Kaia, lottando contro un'ondata di depressione. «L'ho inseguito una volta e non intendo rifarlo.» «Ma...» «No. Poche settimane fa l'ho sfidato a sterminare più Cacciatori di me.» I Cacciatori erano i nemici giurati dei demoni, dei fanatici pronti anche a uccidere degli innocenti, se intralciavano quella che ritenevano una sacra missione. Avrebbero assaggiato i suoi artigli, se avessero osato avvicinarsi di nuovo a Strider con un'arma in mano. Nel corso dei secoli i Cacciatori avevano torturato i Signori degli Inferi, fatto saltare in aria interi edifici e decapitato il custode del demone della Sfiducia. Be', questo era davvero grave, visto che Strider dopo tanto tempo era ancora sconvolto da quell'episodio. A proposito, Haidee aveva contribuito a quell'omicidio. Kaia non lo capiva proprio: se Strider la desiderava nonostante i suoi crimini, perché non voleva lei? «Volevo aiutarlo a uccidere gli uomini che lo inseguivano. Volevo fargli vedere com'ero brava. Volevo che ammirasse le mie capacità. E lui l'ha fatto? Nooo. Si è infuriato, lamentandosi di tutti i guai che gli avrei procurato, così l'ho lasciato vincere. E tu sai che io non mi tiro mai indietro davanti a un bello scontro.» Quello era un atteggiamento da deboli e già troppi la consideravano tale. «E per ringraziamento lui mi ha detto di sparire.» Che umiliazione! Meglio cambiare argomento, prima di infuriarsi e radere al suolo il centro commerciale. «Lasciamo perdere. Come vuoi appa22
rire?» chiese, passando in rassegna i vestiti appesi. Bianka non fece commenti su quel brusco cambiamento. «Sexy ma sofisticata.» «Buona scelta. E questo dovrebbe aiutarti?» «Lo spero. Ecco il mio piano: lasciare che Lysander mi strappi il vestito di dosso e mi scopi nel modo più porco possibile e poi, quando starà ancora cercando di riprendere fiato, lasciar cadere la bomba e scappare veloce come un lampo.» Era un piano che Kaia avrebbe applicato volentieri con Strider – la parte sulla scopata, almeno – ma sapeva già che lui non avrebbe prestato alcuna attenzione alle sue parole. Lo aveva già dimostrato. «E cosa gli dirai?» Bianka scrollò le spalle delicate. «Ecco... non lo so esattamente» ammise. «Facciamo una prova: fingi che io sia il tuo angelo consorte disgustosamente innamorato e confessa.» «Ok.» Sospirò, raddrizzò la schiena, e fissò la sorella con gli occhi ambrati colmi di trepidazione. «Allora, vediamo...» Si fermò e deglutì. «Amore, io... ehm... devo dirti una cosa.» «Che cosa?» chiese Kaia con voce profonda. Appoggiò i gomiti sulla sbarra metallica a cui erano appesi i vestiti. «Sbrigati, perché tra poco devo spargere la mia polverina magica e agitare la bacchetta...» «Lysander non sparge nessuna polverina! È un angelo guerriero» esplose Bianka indignata. «In quanto alla sua bacchetta magica...» aggiunse con una risatina maliziosa. «È davvero enorme. Probabilmente più grande di quella di Strider.» Kaia non rispose e rimase in attesa. La sorella fece un respiro profondo e proseguì. «Amore, devi sapere che per la prima volta da secoli la mia famiglia è stata invitata a partecipare ai Giochi delle Arpie. Mi chiederai perché. Ecco, vedi, la mia sorella gemella 23
una volta ha fatto una cosa così stupida che...» «Sono sicuro che su questo esageri» la interruppe Kaia, imitando la voce profonda di Lysander. «La tua gemella è la ragazza più forte e intelligente che abbia mai conosciuto. E ora dimmi qualcosa che valga la pena di ascoltare.» «Insomma, non so bene come mai siamo state invitate, ma pochi giorni fa è arrivato un biglietto dorato con la richiesta di partecipare. Non possiamo rifiutare senza coprire di vergogna tutta la tribù: faremmo una figura da vigliacche e, come sai, io non lo sono. Così... parto tra una settimana e starò via per quattro. Un ultimo particolare: le quattro gare previste implicano spargimento di sangue, possibile perdita degli arti e torture varie. Ci vediamo.» Le strizzò l'occhio e attese la sua reazione. «Mi piace: hai parlato in modo fermo, particolareggiato e determinato. Non avrà altra scelta, se non lasciarti andare senza fare tante storie.» La preoccupazione di Bianka si attenuò. «Lo credi davvero?» «No. Darà fuori di matto, iperprotettivo com'è. Che ne dici di questo?» Le mostrò un modello di un tessuto impalpabile, con sottili catenelle d'argento che collegavano i lati. «Dico che è perfetto. E che tu sei una vera peste.» Kaia le rivolse un sorriso impertinente. «Ma tu mi ami lo stesso.» «Come hai detto tu stessa, il mio quoziente d'intelligenza è precipitato.» Bianka si mordicchiò il labbro inferiore. «E va bene, ecco come penso che andranno le cose dopo il mio annuncio: all'inizio Lysander tenterà di fermarmi.» «Esatto.» «Poi, quando si renderà conto che è impossibile, insisterà per venire con me.» 24
«Già. E la cosa ti va bene?» Tutti l'avrebbero presa in giro per essersi messa con un angelo, soprattutto la madre. Tabitha odiava quelle creature perché era convinta che il padre della loro sorellastra più giovane fosse uno di loro. A suo parere la supposta debolezza di Gwen era colpa sua. «Sì» rispose Bianka con un sorriso estatico. «Non mi piace stare lontana da Lysander e sono pronta a uccidere chiunque parli male di lui, il che aggiungerà un pizzico di pepe alle mie giornate.» «Oltre a decimare la concorrenza, visto che io ti aiuterò» aggiunse Kaia. Come le sarebbe piaciuto portarsi dietro Strider. Anzi, no, si corresse subito. Lei non godeva certo di una buona fama tra le Arpie. Sarebbe morta di mortificazione, se lui avesse visto come la trattavano e sentito il suo umiliante nomignolo – Kaia la Delusione. Un soldato come lui apprezzava la forza: lo sapeva, perché anche lei era un soldato. Il pensiero successivo la colpì come una mazzata: quella stronza di Haidee era forte. Per quanto in parte umana, aveva sconfitto la morte infinite volte, tornando in vita per combattere i Signori degli Inferi, fino a quando non si era innamorata di Amun. Se non avesse adorato tanto Amun, Kaia l'avrebbe spedita nella tomba in modo definitivo. Nessuno poteva suscitare l'attenzione di Strider senza soffrire. Magari prima di partire per i giochi avrebbe fatto in modo che le venissero i pidocchi, o qualche altro disgustoso disturbo. Una bella vendetta. «Mi stai ascoltando, o ti sei di nuovo persa nelle tue divagazioni?» sbottò Bianka esasperata. Kaia si riscosse. «Sì, ti stavo ascoltando. Parlavi di qualcosa di... importante.» «Già, certo. Grazie comunque per l'offerta di aiutarmi 25
a punire chiunque insulti Lysander. Sei un vero sostegno.» «Anche tu, Bee.» Le cose si sarebbero sistemate presto per la sorella: Lysander l'avrebbe appoggiata e vedendo quant'era inflessibile prima o poi le Arpie si sarebbero tirate indietro. A lei, invece non sarebbe andata altrettanto liscia. «Ci sarà anche la nostra adorata mammina» continuò Bianka con falsa noncuranza. «Lei lo odierà, vero?» «Sicuro. Comunque ha un pessimo gusto in fatto di uomini. Prendi nostro padre: una fenice mutaforma, la razza peggiore tra gli immortali, sempre pronta a bruciare e saccheggiare. Bisogna essere proprio fuori di testa per mettersi con un tipo simile, dunque mi preoccuperei se alla mamma piacesse Lysander.» Se Tabitha aveva gusti tanto disastrosi, cos'avrebbe pensato di Strider? Bianka scoppiò in una calda risatina. «Hai ragione.» «E comunque chi se ne frega» dichiarò Kaia con una sicurezza che non sentiva affatto. In realtà aveva ancora un disperato bisogno dell'approvazione materna. «E poi magari ha seppellito l'ascia di guerra.» Per gli dei, quel tono infantile e implorante era davvero suo? La sorella le batté un colpetto sulla spalla. «Mi spiace deluderti, ma lei seppellirebbe l'ascia di guerra solo nella tua schiena.» Kaia cercò di non crollare per il rimpianto. «Vero.» Be', non se ne curava, davvero. Ma perché nessuno, a parte le sorelle, la considerava all'altezza? Un errore, uno solo, e per giunta commesso da ragazzina, e la madre l'aveva cancellata dalla sua vita. Un errore, uno solo, e Strider l'aveva respinta. E non che l'avesse tradito; a quell'epoca erano single tutti e due, non uscivano insieme, non si erano nemmeno baciati. E quando era andata a letto con Paris non sa26
peva che un giorno avrebbe desiderato Strider. Lui avrebbe dovuto riconoscere il suo fascino e tentare di sedurla, dunque in fondo la colpa era sua. O forse del suo demone. Sconfitta doveva ancora rendersi conto che perdere lei era molto peggio che perdere una sfida. Strider avrebbe sofferto senza di lei. Kaia voleva che soffrisse. Il demone era legato a lui ed essenziale per la sua sopravvivenza, quindi forse doveva fare qualcosa per portarlo dalla sua parte, se avesse deciso di riprovarci con Strider... cosa da escludere. Quell'idiota aveva perso la sua possibilità. Se ci avesse riprovato, poi, sarebbe sembrata disperata... E in effetti lo era. Per gli dei, quella situazione la deprimeva e la faceva infuriare. Come poteva combattere un uomo che desiderava anche proteggere? La voce di Bianka la riscosse. «A cosa stai pensando? I tuoi occhi sono quasi del tutto neri, segno che l'Arpia sta per prendere il sopravvento e...» «Ehi, cosa fate qui?» gridò qualcuno. Kaia si costrinse a respirare con calma e lanciò una rapida occhiata dietro la spalla. Magnifico: stavano arrivando gli addetti alla sicurezza del centro commerciale. «Sto bene, giuro. Ci rivediamo a casa?» Poi buttò il vestito prescelto alla sorella. «Ok.» Bianka lo prese al volo e lo infilò sotto la maglietta. «Ti voglio bene.» «Anch'io.» Corsero via in direzioni opposte. «Ferme o sparo!» I capelli rossi di Kaia erano come un faro nell'oscurità, così la guardia si lanciò all'inseguimento, chiamando allo stesso tempo rinforzi via radio. Le luci erano spente e il resto del centro commerciale offriva ben poca illuminazione, ma la vista da Arpia le permetteva di muoversi 27
con facilità. Purtroppo la guardia umana conosceva bene la zona e guadagnava terreno. Kaia stava per sfrecciare via usando le ali, quando l'uomo la colpì con una scarica della pistola taser, facendola cadere distesa a faccia in giù: era a pochi centimetri dalla porta d'uscita, ma gli spasmi muscolari le impedivano di completare la fuga. Avrebbe potuto eliminare la guardia con una pugnalata, ma quella era la sua città natale e preferiva non uccidere i locali. O meglio, non voleva ucciderne più di uno al giorno e aveva già superato il limite. Inoltre, perché uccidere la guardia quando in fondo le aveva fornito ciò che desiderava in segreto – un motivo per chiamare Strider? Dopotutto qualcuno doveva pur pagare la cauzione e tirarla fuori di prigione.
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