Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Pleasure Slave HQN Books © 2005 Gena Showalter Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne aprile 2012 Questo volume è stato stampato nel marzo 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico quindicinale n. 61 del 13/04/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo Imperia, quinta stagione «Ti voglio ancora, Tristan.» Le onde si frangevano contro le scogliere e i raggi della luna filtravano attraverso le finestre ad arco. Il dolce profumo di gartina ed elsment riempiva la stanza, una palpabile dimostrazione di una magia che pochi potevano comprendere e riconoscere. Zirra si appoggiava nuda alla finestra, nella posizione in cui l'aveva messa poco prima l'amante. Quando lui non rispose all'esplicito invito, inarcò seducente la schiena e passò una mano sul ventre piatto. «Ti voglio ancora, Tristan» ripeté con voce roca. Si sentiva vibrare per il suo tocco, eppure non era ancora sazia. Aveva sempre bisogno di lui. I capelli neri e arruffati sciolti sulle spalle, Tristan allacciò i pantaloni neri da guerriero e la guardò divertito. «Sai che devo andare, nixa.» «Perché?» Zirra abbandonò irritata la sua posa rilassata e si avvicinò al letto. Non si prese il disturbo di coprirsi con le lenzuola di seta bianca e si distese lasciando in bella vista il seno morbido e nudo. «Perché mi neghi il piacere del tuo tocco?» 5
Lui coprì la distanza tra di loro e sedette sul letto, appena fuori dalla sua portata. «Lo sai: io devo recarmi al palazzo per ricevere gli ordini del grande signore Challann. A Gillirad si sta preparando una ribellione.» «Io...» «Non posso disobbedire a un ordine diretto del mio sovrano. Sai bene anche questo.» Zirra aggrottò la fronte sempre più irritata. Tristan si comportava come se il suo corpo nudo non lo tentasse più. Forse era davvero così. Un fremito di rabbia le percorse la spina dorsale. Poco prima aveva baciato e leccato tutto il suo corpo e aveva preso il suo membro in bocca, un gesto mai compiuto con un altro uomo. Poi lui l'aveva penetrata di slancio, incalzandola con spinte sempre più erotiche e le aveva fatto provare un piacere così intenso da indurla a chiedere pietà. E in quel momento aveva sbadigliato! Sbadigliato! Strinse i pugni così forte che le nocche sbiancarono e le lunghe unghie le penetrarono nei palmi. Era una sacerdotessa dei Druinn e aveva dato tutto a quel mortale, eppure non era riuscita a soddisfarlo pienamente. E a causa di quel fallimento presto sarebbe stata respinta e disprezzata. A quella prospettiva il bisogno di ferire e distruggere Tristan divenne sempre più intenso. Era venuto da lei per otto cicli, dandole un piacere infinito e poi se ne era sempre andato, lasciandola da sola nel grande letto, travolta dall'urgenza disperata di godere ancora della sua magica sensualità. Deve soffrire come soffro io, pensò. Eppure... Non poteva ignorare il bisogno del suo affetto, così si trovò ad afferrargli l'avambraccio muscoloso. Perfi6
no in quel momento, con il viso contratto per l'irritazione, lui trasudava la sensualità di un uomo che esisteva solo per dare piacere alla sua donna. Zirra voleva essere l'unica a ottenere la sua eterna devozione; forse, allora, quel costante senso di vuoto sarebbe sparito. «Apparteniamo l'uno all'altra» sussurrò. «Unisciti a me e ti darò più piacere carnale di qualsiasi altra donna.» «No» rispose lui senza esitare. «Ti darò tesori al di là di ogni immaginazione. Se lo desideri, perfino un pianeta da governare.» «Zirra» la rimproverò con dolcezza. Poi si allungò sul letto, puntellandosi su un gomito. «Ricordati quello che ti ho detto prima di diventare il tuo amante: fin d'allora avevo chiarito che non potevo essere più di una passione passeggera per te.» «Sì, me lo ricordo» ammise lei a denti stretti. Quella dichiarazione non l'aveva scoraggiata. Le era bastata un'occhiata alla sua perfezione virile, agli occhi viola che promettevano incredibili passioni, alla grazia con cui si muoveva il suo corpo muscoloso per sentirsi perduta. Era come se la mente e il cuore fossero due entità separate. «Non è cambiato niente.» Le passò un dito sulla guancia con un tocco gentile come il tono. «E non cambierà mai. Tu sei una Druinn, io un mortale. I legami permanenti tra di noi sono proibiti. Mi dispiace.» Una furia ardente la invase nuovamente. Nessuno poteva permettersi di trattarla in quel modo. «Ti darò ancora una possibilità di legarti a me.» Tristan si alzò con una risatina roca, che in genere le provocava un fremito deliziato. Adesso invece quel 7
suono riuscì solo ad alimentare la sua ira. «Altrimenti cosa farai, nixa? Getterai i miei occhi nell'acqua bollente? Renderai sempre flaccida la mia virilità?» chiese divertito. «Oh, no, mio bel guerriero. Farò qualcosa di molto, molto peggiore.» Tristan non parve affatto impressionato da quella minaccia: sollevò la lucente spada d'argento appoggiata al muro e la fissò a un anello alla cintura, poi si chinò per un veloce bacio sulla guancia. «Magari più tardi possiamo sfogare un po' dell'energia che sembra albergare in te.» Senza aspettare una risposta, si girò e si diresse verso la porta. «Tu desideri le donne più di ogni altra cosa, Tristan. Ora ti renderò loro schiavo.» Scura in viso, Zirra prese il grazioso cofanetto che lui le aveva donato poche ore prima e glielo scagliò addosso. Questo gli sfiorò un orecchio e cadde a terra intatto. «Ti renderò mio schiavo» continuò alzandosi. Tristan si girò ad affrontarla. Ora la sua espressione non era più sicura, ma incredula e un po' intimorita. «Cosa stai facendo, Zirra?» Un'ondata di eccitazione la invase tra le gambe: quel possente guerriero aveva paura di lei! «Nessuno può respingermi senza pagarne le conseguenze, mio bel mortale.» Furiosa e indignata, ora era in piedi in tutta la sua gloriosa nudità. «I mortali hanno giurato di non distruggere mai il vostro cristallo Kyi-en-Tra e i Druinn di non usare il loro potere contro di noi» le ricordò Tristan a quel punto. «Hai accettato anche tu questo patto. Se rompi il giuramento, romperai anche l'alleanza tra i nostri po8
poli e scoppierà una guerra. Tu devi mantenere la parola. Niente incantesimi: io te lo proibisco.» «Tu, un mortale, osi proibirmi qualcosa?» Scoppiò in una risata senza allegria. «Come farà il tuo grande signore a scoprire ciò che ho fatto, se tu non potrai dirglielo?» «Zirra...» «Implorami di diventare la tua compagna e giurerò di non farti mai del male.» Un fuoco ardente divampò negli occhi color lavanda di Tristan. «Non implorerò mai né te né nessun altro» dichiarò. «Allora sarai tu stesso causa del tuo male, Tristan ar Malik.» La sacerdotessa dei Druinn inarcò le sopracciglia scure in un saluto ironico e sollevò le mani con i palmi rivolti verso l'alto. Il guerriero avanzò con un ringhio, deciso a immobilizzarla, tuttavia un semplice gesto lo bloccò. La guardò, prima sorpreso e poi con un'ostilità che la raggelò. Zirra, però, non poteva permettere a un mortale di spaventarla: chiuse gli occhi, aprì le dita e intonò un potente incantesimo. «Da ora e fino a quando l'amore non troverai, schiavo delle donne sarai.» Una raffica impetuosa di vento entrò nell'ampia stanza, agitando le leggere tende bianche e scuotendo il pavimento. L'energia esplose dappertutto con lucente potenza, unita a un rombo fragoroso. Zirra sollevò le braccia ancora più in alto. «In un scrigno riposerai e a ogni chiamata risponderai. Così dico, così ordino e così sarà. Il tuo volere mai più conterà.» Un attimo dopo Tristan era sparito. Lo scrigno tempestato di gemme era ancora sul pavimento. Lei si av9
vicinò e lo strinse tra le mani, scossa da un inebriante capogiro. Ora il guerriero apparteneva a lei e solo a lei: nei millenni successivi gli avrebbe concesso di riparare al suo comportamento. Sarebbe stato un vero divertimento. CosÏ avrebbe imparato che respingere una sacerdotessa dei Druinn era un errore fatale.
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1 Ogni minimo desiderio della tua padrona costituisce la tua legge suprema
Santa Fe, Nuovo Messico Risuonò di nuovo un colpo di clacson. Julia Anderson strinse il volante della sua berlina e lanciò un'occhiata al tachimetro: sei miglia all'ora al di sopra del limite di velocità. Il guidatore dietro di lei suonò di nuovo il clacson: voleva che accelerasse o si togliesse di mezzo, era chiaro. Il sole del mattino non era ancora comparso, ma le luci stradali rivelavano due percorsi alternativi facilmente accessibili. Non c'era motivo di assillarla in quel modo. Eppure l'altro continuò a strombazzare. Dopo un miglio Julia aveva i nervi a fior di pelle. Ruotò le spalle e fece un respiro profondo, ma non riuscì comunque a rilassarsi. Alzò il volume della Bohéme nell'autoradio, ma neanche quello l'aiutò. Sono una donna calma e razionale, si ripeté. Non perderò le staffe per qualche colpo di clacson. Strinse i denti: in genere non si infuriava, ma in quel 11
momento aveva voglia di frenare di colpo e dare una lezione al guidatore alle sue spalle. Invece rallentò pian piano. L'altro non lo apprezzò: la piccola Mustang accelerò e presto si trovarono affiancati. A quel punto abbassò il finestrino e cominciò a gridare e agitare il pugno. Quando lo riconobbe Julia dimenticò l'abitudine a comportarsi in modo razionale e gli mostrò il dito medio. La piccola auto sportiva rossa si dileguò con un ruggito furioso. Quando arrivò a destinazione era ancora scioccata. Era sempre stata fiera del proprio comportamento calmo e razionale e ora aveva appena insultato con un gesto volgare il suo principale concorrente. E ne era felice. Parcheggiò ridacchiando, ma il divertimento svanì notando un'altra macchina posteggiata poco lontano: una Mustang rossa. Gemendo piano, prese la borsa e uscì nel freddo mattino di Santa Fe. Una folata di vento la fece rabbrividire; si strinse nel cappotto e corse verso l'unico edificio in vista. Il guidatore della Mustang stava aspettando davanti alle porte di metallo del grande capannone. Quando la vide le lanciò un'occhiata cupa e ostile. Julia si fermò a osservarlo cauta: non era molto più alto di lei e il ventre rotondo sporgeva dalla cintura elastica dei pantaloni spiegazzati. Provò di nuovo lo stesso, selvaggio impulso che l'aveva colta prima: una gran voglia di abbatterlo. L'uomo parve percepire la sua determinazione e piegò le ginocchia in una classica posizione da combattimento. Julia rafforzò la propria risoluzione: si rifiutava di rifugiarsi in macchina. Lo fissò a occhi socchiusi, senza disto12
gliere lo sguardo o battere le palpebre: quelli erano segni di debolezza e all'improvviso il desiderio di vincere quella battaglia aveva assunto proporzioni inimmaginabili. Lui era più vicino alla porta, ma lei aveva vent'anni di meno ed era molto più leggera. Risuonò un rumore metallico: il Mercatino delle Pulci Kreager aveva aperto i battenti. Julia si fece largo a gomitate e varcò le doppie porte un attimo prima del suo concorrente. Afferrò un cestino con un sorriso di trionfo e cominciò la caccia al tesoro. Oggetti d'antiquariato. Quel termine riusciva a provocarle fremiti deliziati. Nel corso degli anni aveva accumulato così tanta roba da trovarsi costretta a scegliere: o apriva un negozio per venderla, o rischiava di finire sepolta viva dalla sua collezione. Aveva scelto la prima opzione, inaugurando I tesori di Julia nel giorno del suo ventitreesimo compleanno, due anni prima. Quel posto era il suo orgoglio e la sua gioia, l'unico dove aveva trovato successo e felicità. Il resto della sua vita, invece... Ehi, si rimproverò. Io sono felice. Certo, aveva capelli castani e occhi verdi alquanto comuni e un corpo piccolo e rotondo che non suscitava l'ammirazione maschile. Non sapeva vestirsi e non aveva idea di come attirare un uomo. «Sono felice» ripeté con fermezza. Iniziò a girare per il mercatino, facendo scricchiolare le scarpe da ginnastica e attirò l'attenzione di vari venditori. Lei sapeva cosa voleva comprare e cosa no e preferì ignorarli. Oltrepassò una bancarella che esponeva bambole di porcellana e un'altra carica di oggetti di vetro. Giunta in fondo, scorse una vecchia pipa posata su un tavolino da toilette di ciliegio un po' ammaccato. La studiò da ogni angolatura, poi la portò al naso e un lieve odore di 13
tabacco le riempì le narici. Ridacchiò soddisfatta: una cliente abituale del suo negozio l'avrebbe apprezzata. Julia mise la pipa nel cestino ed esaminò una colorata giostra di vetro, poi decise di non comprare un oggetto così costoso, per il quale non aveva ancora un compratore. Esaminò senza troppa attenzione gli altri pezzi radunati sul tavolino, fino a quando uno in particolare attirò il suo sguardo: scostò dei fiori di plastica e fissò quello che sembrava un antico portagioie. I lati erano scheggiati e lo strato più esterno, che un tempo doveva essere di avorio lucente, aveva acquistato una tinta giallastra. Vari buchi mostravano i punti in cui il cofanetto era ornato da pezzetti di vetro colorato, o forse da pietre preziose ormai scomparse. Era decisamente brutto, eppure l'attirava. Si morse il labbro inferiore e passò le dita sulla superficie: un'inattesa ondata di calore le percorse il braccio e strani formicolii scesero lungo la schiena. Incuriosita cercò di sollevare il coperchio, ma quello oppose resistenza. Quella difficoltà non la scoraggiò, anzi. Voleva quel cofanetto. «Ha visto qualcosa che le piace?» chiese una voce dall'accento scozzese. Julia sollevò lo sguardo: un uomo sui sessant'anni, con il naso a becco e le sopracciglia cespugliose la fissava speranzoso. I suoi occhi azzurri e senza fondo, come l'oceano, parevano in grado di leggerle nell'anima. Scacciò un senso di disagio. Non voleva fargli capire tutto l'interesse per il cofanetto e mostrò solo una lieve curiosità. «Quanto costa?» chiese indicandolo. «Solo per oggi posso darglielo per cinquanta dollari» rispose lo scozzese con un sorriso. 14
«Cinquanta dollari? Il coperchio è rotto e mancano varie pietre» protestò Julia. «Posso dargliene al massimo cinque.» L'altro emise un gridolino strozzato. Quando tornò a parlare, il suo accento era più pronunciato. «Oh, no! Non posso dar via un oggetto così prezioso per così poco. C'è una leggenda legata a questo scrigno... una leggenda affascinante.» Sicura che volesse solo alzare il prezzo, lei strinse le labbra e assunse un'aria indifferente. «Io non credo alle fiabe.» «Questa le piacerà. È davvero unica, glielo assicuro» insistette il venditore. «Be', sentiamo» concesse lei dopo una pausa che le parve sufficiente. «Si dice che possedendo questo cofanetto una donna troverà il piacere più grande della vita.» Julia attese che continuasse, ma lui rimase in silenzio. «Tutto qui?» chiese delusa. Per cinquanta dollari si aspettava una storia a base di ballerini nudi e orge scatenate. «E quale sarebbe il più grande piacere della vita?» «Non lo so.» L'uomo si grattò la barba e una brezza che sapeva di pioggia, come la calma dopo una tempesta, accompagnò il suo gesto. «Immagino che il piacere sia diverso per ognuno. Chi può dirlo?» «L'ultima donna che lo ha posseduto.» «Ha perso la sua anima molto tempo fa, quindi non posso chiederglielo.» «Ha perso... Oh, mi dispiace. Non volevo suscitare ricordi dolorosi.» «Non si preoccupi: sto parlando di una mia antenata. Secondo la leggenda di famiglia, si teneva sempre vicino il cofanetto, senza mai perderlo di vista. Alla sua morte è stato necessario strapparglielo dalle dita. Come si chiama?» aggiunse, cambiando argomento di colpo. 15
«Julia Anderson.» «Be', Julia, ragazza mia, sarò sincero: credo che abbia davvero bisogno di questo piccolo scrigno. Un grande piacere potrebbe darle un po' di colorito alle guance e accenderle una scintilla negli occhi. Allora, è interessata a comprarlo o no?» Lei cercò di non offendersi. Non coltivava alcun passatempo al di fuori del lavoro e passava le sere a letto, a leggere romanzi d'amore e a guardare la TV, ma nella sua vita il piacere non mancava. Al momento però non riusciva a precisare dov'era. «Trenta dollari» offrì una voce nasale alle sue spalle. Julia si girò e il guidatore della Mustang rossa le rivolse un sorriso sfrontato. «Ebbene, ragazza?» la sollecitò il venditore. Guerreggiarono per mezz'ora e alla fine Julia pagò settantatré dollari per il cofanetto e quindici per la pipa. Era un vero furto, lo sapeva, così come sapeva che il suo avversario non era davvero interessato al cofanetto, ma voleva solo vendicarsi. Alla fine, non era riuscita a rinunciare alla possibilità di possedere quel grande piacere. Arrivata a casa si sentì invadere da una familiare trepidazione. Posò con cura i nuovi acquisti sul tavolo della cucina, prese uno straccio e vari prodotti per la pulizia. Il sole di mezzogiorno filtrava dalle tende color zaffiro che coprivano la grande finestra a bovindo sul muro più lontano. Si sedette e concentrò tutta l'attenzione sul cofanetto, ripulendolo con delicatezza. In effetti c'era qualcosa di... magico in quell'oggetto. Avrebbe giurato che facesse le fusa ogni volta che passava lo straccio sugli angoli. Cominciò a lucidare la superficie e notò un piccolo bottone nascosto sotto il bordo. Si immobilizzò, il cuore che batteva forte nel petto, e un'ondata di eccitazione la per16
corse tutta. Il bottoncino avrebbe aperto il coperchio? E, in quel caso, cos'avrebbe trovato all'interno? Gioielli? Lettere d'amore? O magari niente? Mise da parte lo straccio con dita tremanti e premette il bottone. A quel contatto le luci iniziarono ad accendersi e spegnersi in tutta la casa, la carta da parati rosa si riempì di ombre e poi di luce e una nebbiolina violacea e vibrante scaturì dalle sue mani, per invadere tutta la cucina. Julia balzò in piedi e lasciò cadere il cofanetto come se si trattasse di una scoria nucleare. Invece di andare in mille pezzi, questo atterrò sul tavolo di quercia con un tonfo, mentre lei distoglieva lo sguardo e si irrigidiva atterrita. Un uomo imponente era in piedi davanti a lei. Indossava soltanto un paio di pantaloni neri e aderenti e... Oh... una spada lunga e minacciosa pendeva dalla sua vita. Fece per gridare, ma un groppo in gola glielo impedì. Terrorizzata, esaminò la cucina in cerca di una via di fuga. La porta sul retro era sprangata e le finestre chiuse. Sentì la fronte imperlarsi di sudore. L'uomo era... stupendo e così seducente da farle girare la testa, ma quello non era il suo posto. Non poteva restare da sola con lui. Presa dal panico, adottò una posizione del karatè e pregò di apparire minacciosa e letale. Perché non aveva mai preso lezioni di autodifesa? Era stata una vera idiota. «Sono maestra di karatè» dichiarò. «Il mio corpo è un'arma letale.» L'uomo si limitò a inarcare le sopracciglia. Non le credeva, era chiaro. Almeno poteva memorizzare il suo aspetto, in modo da poterlo descrivere se fosse sopravvissuta. Doveva concentrarsi. Lo sconosciuto era altissimo, con capelli neri lunghi fino 17
alle spalle, il naso dritto, gli zigomi pronunciati e incredibili occhi viola chiaro, quasi lavanda. No, color acquamarina. No, no, erano verde smeraldo. Julia batté le palpebre, scosse la testa e si rese conto che quegli occhi cambiavano colore di continuo e splendevano di una luce tutta loro, attirando la sua attenzione fino al punto di dimenticare quasi dov'era e perché se ne stava là. Guarda tutto il resto, Anderson. La pelle color bronzo era solcata da muscoli possenti. Deglutì: era come un selvaggio guerriero da romanzo apparso all'improvviso in casa sua. Trasudava sensualità, ma anche pericolo. L'uomo la fissò a lungo, poi fece un passo avanti. E lei uno indietro. La sedia bloccò la sua ritirata. Un sorriso lento, da predatore, incurvò gli angoli della bocca carnosa di lui, rivelando denti bianchi e regolari. Il cuore di Julia ormai batteva come un tamburo. «Mi hai chiamato?» Forse nelle sue più selvagge fantasie aveva evocato quello stupendo guerriero, non certo nella realtà. Non avrebbe mai immaginato che potesse esistere tanta bellezza. Inoltre la spada lucente e affilata pareva in grado di tagliarla in due in un batter d'occhio. Voleva ucciderla, se non peggio. No, lei non l'aveva chiamato. «Io?» Scosse la testa e sgranò gli occhi. «No di certo, te lo assicuro.» Lui ignorò quel diniego. «Cosa vuoi da me?» Julia doveva scappare: con la porta sul retro chiusa a chiave, le restava solo quella principale. Magari, se avesse fatto piano piano il giro della sedia... un passettino, poi un altro... «Vuoi che baci il tuo corpo nudo, o preferisci baciare il 18
mio?» La voce dal lieve accento aveva un tono annoiato, eppure era più erotica che mai, calda e dolce, come un rifugio dopo la tempesta. Alla parola nudo lo stomaco di Julia si contrasse per il terrore. Fece un altro passo. Voleva forse violentarla? Doveva saperlo e prepararsi. «Cosa vuoi da me?» chiese a fatica. «Perché sei qui?» «Per darti piacere, naturalmente.» «Non voglio che tu mi dia piacere. Non ti voglio nel raggio di cento metri da me.» Un altro passo. Lui la studiò con la fronte aggrottata. «Ti ho spaventata?» indagò. Non mostrare mai la paura. L'ammonimento della sorella le risuonò martellante nella mente. Deglutì e si spostò ancora un po' a destra. «Sì... voglio dire, no! Non ho paura di te. Non ho paura di niente» proclamò. «Bene, visto che io non ti farei mai del male.» «Non ti conosco, non ti ho mai visto prima, eppure sei comparso in casa mia.» Scoppiò in una risata isterica e disperata nello stesso tempo. «Non ti ho invitato io, eppure sei qui. No, non ho paura. Non c'è niente di cui aver paura.» Un sorriso ironico gli incurvò gli angoli della bocca. «Allora perché, mio piccolo drago, continui ad aumentare la distanza tra di noi?» Julia si irrigidì, incapace di rispondere. «Ho dato la mia parola» proseguì l'uomo. «Non ti farò del male.» Poi le strizzò l'occhio e il suo stomaco ebbe un soprassalto. «A meno che non sia tu a chiedermelo, naturalmente.» «No, no.» Julia sollevò le braccia e gli piazzò davanti le sue armi di distruzione di massa, ossia i pugni. Lui non parve impressionato. «Non voglio che tu mi faccia male» 19
dichiarò. «E non ti voglio qui. Voglio che te ne vada. Per favore.» L'uomo incrociò le braccia sul petto muscoloso con aria confusa. «Sono legato a te» obiettò. «Devo restare dove sei tu.» Legato. «Non corriamo troppo» replicò lei. Tentò una risatina spensierata e disinvolta, che suonò piuttosto come l'ansimare di un asmatico in un campo pieno di pollini. «Non c'è bisogno di legare nessuno.» «Ti ho già detto che non ti farò del male.» Julia non gli aveva creduto la prima volta e non lo fece neanche in quel momento. Quell'uomo aveva una spada enorme e affilata. «Su, piccolo drago, dimmi cosa desideri che faccia. Vuoi che ti accarezzi? Che ti sussurri parole erotiche?» Julia cercò qualcosa che gli impedisse di mettere in pratica quei propositi. «Senti, il mio ciclo è appena cominciato, ho i crampi e non mi depilo le gambe da tre settimane. Non ho neanche fatto il bagno. Credimi, accarezzarmi non ti piacerà.» «Allora ti intratterrò in altri modi.» Un sospiro rassegnato. «Non sono qui solo per darti piacere sessuale, ma anche per farti divertire, conversare con te e proteggerti.» «Oh, ecco...» «Vuoi che balli nudo sul tavolo?» continuò imperterrito. «Che ti imbocchi? Che posi per te, così potrai ritrarmi?» Quelle proposte non erano male, ma al momento non l'attiravano affatto. «Mio marito è in salotto. È un tipo grande e grosso e odia che altri uomini si avvicinino a me. Ha ucciso l'ultimo che ci ha provato. È stata una morte violenta, molto sanguinosa.» L'intruso scrollò le spalle indifferente. «Sono qui per il tuo piacere, non per il suo. Inoltre la forza di tuo marito 20
non sarà mai pari alla mia.» Non si stava vantando, diceva solo la verità. «A meno che non sia questo il tuo desiderio» aggiunse. Gli occhi viola la fissarono con aria d'accusa e accettazione insieme. «Vuoi che uccida il tuo compagno?» Julia fu sul punto di svenire. «Preferisco che nessuno venga assassinato in casa mia» riuscì a rispondere con voce flebile. «Sarà come vuoi.» «Uh... grazie.» L'uomo passò impaziente il peso da un piede all'altro. «Decidi cosa vuoi che faccia. Non amo l'attesa. Farò tutto quello che vuoi. A te» precisò. «A nessun altro, neanche al tuo compagno.» Probabilmente voleva torturarla e poi ucciderla, eppure le parlava come se lei fosse la padrona e lui il suo schiavo. «Farò tutto quello che vuoi» ripeté. «Qualsiasi cosa?» chiese incredula. «Sì.» Strinse i denti, come se le parole seguenti fossero dolorose da pronunciare. «Sono pronto a soddisfare ogni tuo desiderio.» Be', Julia sapeva cosa voleva. «Vuoi compiacermi? Allora vattene da casa mia. Non desidero altro.» Lui sgranò gli occhi sorpreso, poi la fissò sospettoso. «Non hai ancora assaggiato le delizie del mio tocco, eppure mi scacci?» Resta e uccidimi, fu sul punto di gridare Julia. Poteva valere la pena di morire, pur di sperimentare le carezze di quell'uomo stupendo. «Prima te ne andrai, più contenta sarò» dichiarò con un tono pacato che sorprese lei per prima. «Dovrei andarmene senza toccarti?» Julia sollevò la mano destra. «Non voglio che mi tocchi. Lo giuro.» L'intruso si rilassò. La sua risatina sembrava più sincera. 21
«Il tuo desiderio sarà esaudito, piccolo drago.» Poi scomparve, lasciandosi dietro una nube dal profumo virile. Lei si guardò intorno stupefatta. Com'era possibile che quel tipo stupendo fosse apparso e poi svanito? Si lasciò cadere sulla sedia, confusa. C'erano solo due spiegazioni per ciò che era appena accaduto: un uomo imponente, con riflessi rapidissimi e una spada minacciosa aveva davvero invaso la sua casa, o lei aveva urgente bisogno di una psicoterapia. Dopo una breve riflessione, scelse la seconda ipotesi. La leggenda legata al cofanetto aveva indotto la sua mente a tentare di dimostrarne la validità. Tutte quelle assurdità sul piacere e le carezze potevano spiegarsi così. E anche la nebbiolina violacea: quale fantasia era completa, infatti, senza la comparsa di una luce erotica? Si sentì invadere da un'ondata di sollievo, che però scomparve in fretta. Un assassino pervertito non aveva invaso la sua cucina. No, lei era semplicemente pazza. Magnifico.
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GENA SHOWALTER
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