Catturata dallo sceicco

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KATE HEWITT

Catturata dallo sceicco


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Captured by the Sheikh Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2014 Kate Hewitt Traduzione di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony novembre 2015 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3030 dello 03/11/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 «C'è qualcosa che non va...» Elena Karras, regina di Thallia, aveva registrato a stento la voce dell'assistente di volo dietro di sé, mentre un uomo in abito nero, l'espressione imperscrutabile, la riceveva ai piedi della scaletta del jet reale. «Regina Elena, benvenuta nel Kadar.» «Grazie.» S'inchinò, indicando uno dei tre SUV che attendevano sulla pista. «Vi accompagneremo alla vostra destinazione» esordì, il tono secco ma cortese. Si fece di lato in modo che lei potesse passare. Elena raddrizzò le spalle e alzò il mento avviandosi verso la macchina in attesa. Di certo non si era aspettata che, al suo arrivo per sposare lo sceicco Aziz al Bakir, la accogliessero con la fanfara, ma qualcosa di più di alcune guardie e alcune macchine con i vetri oscurati, sì. Poi ricordò che lo sceicco Aziz desiderava far passare inosservato il suo arrivo, a causa di alcune sommosse nel Kadar. Da quando era salito al trono, circa un mese prima, a suo parere la situazione era piuttosto instabile. Durante il loro ultimo incontro, lo sceicco le aveva assicurato di avere il pieno controllo della situazione, ma lei aveva immaginato che qualche precauzione in più non avrebbe guastato. 5


Proprio come lo sceicco Aziz, anche lei aveva bisogno di quel matrimonio. Lo conosceva a stento, l'aveva incontrato solo poche volte, ma le serviva un marito, proprio come a lui serviva una moglie. Disperatamente. «Da questa parte, Vostra Altezza.» L'uomo che l'aveva ricevuta le camminava al fianco, dalla pista di atterraggio al SUV, il deserto senza fine intorno a loro, l'aria della notte decisamente fresca. Le aprì la portiera ed Elena alzò gli occhi al cielo color inchiostro, osservando le stelle che brillavano di una luce gelida. «Regina Elena.» S'irrigidì al panico nella voce dell'assistente reale di volo, registrando solo in quel momento le sue parole: C'è qualcosa che non va... Si voltò e sentì una mano premerle sulla schiena, impedendole di muoversi. «Salite in macchina, Vostra Altezza.» Un sudore gelido le corse lungo la spina dorsale. Il tono dell'uomo era deciso, non con quella nota di cortesia come in precedenza. E lei si rese conto, con nauseante certezza, di non voler salire su quella macchina. «Un attimo...» mormorò, chinandosi a sistemarsi una scarpa, tanto per guadagnare qualche secondo. Fu colta dal panico, che cercò di tenere a bada con la forza di volontà. Aveva bisogno di riflettere. Per qualche strano motivo, qualcosa non andava. Le guardie di Aziz non erano venute ad accoglierla come previsto. Si era presentato invece quello sconosciuto, chiunque fosse, e sapeva di dover fuggire da lui. Lei doveva organizzare un piano di fuga, e in pochi secondi. La fredda razionalità le schiarì la mente, anche se continuava a lottare contro un senso di irrealtà. Ecco 6


che succedeva! Di nuovo stava accadendo il peggio. Sapeva tutto delle situazioni pericolose. Lei sapeva bene che cosa voleva dire guardare la morte in faccia... e sopravvivere. E sapeva anche che, se fosse salita su quella macchina, la fuga non sarebbe stata altro che una possibilità remota. Trafficò con la scarpa, la mente che si affannava. Se se le fosse tolte, sarebbe potuta correre fino al jet. L'assistente reale di volo, ovviamente, era fedele ad Aziz... Se solo fosse riuscito a chiudere il portellone prima che quell'uomo la agguantasse... Era sempre meglio che avventurarsi di corsa nel deserto. Anzi, era la sua unica possibilità. «Vostra Altezza.» L'impazienza inaspriva il tono dell'uomo che le premeva sempre la mano sulla schiena. Dopo aver tratto un profondo respiro, Elena scalciò via le scarpe e si mise a correre. Il vento le gettava la sabbia negli occhi mentre correva verso il jet. Udì un suono alle spalle e, subito dopo, una mano decisa la afferrò per la vita sollevandola da terra. Ma non rinunciò a lottare. Sferrò un calcio all'uomo che la tratteneva, che ora pareva un solido muro di pietra. Digrignando i denti, si piegò in avanti, alla ricerca di un lembo di pelle esposto da mordere, qualsiasi cosa pur di riacquistare la libertà. Riuscì a colpirgli il ginocchio con un calcio, una volta e un'altra ancora, poi avvinghiò le gambe intorno alle sue finché l'uomo vacillò e cadde, trascinandola con sé nella sabbia. In pochi secondi Elena riuscì a rialzarsi, ma l'uomo si gettò addosso a lei, intrappolandola. «Ammiro il vostro coraggio, Vostra Altezza...» le mormorò all'orecchio, la voce un sussurro roco, «... così come la vostra tenacia, ma temo che non serva a niente.» 7


Elena lo fissò attraverso la sabbia che le annebbiava la vista, colandole sulle guance. Il jet era ancora lontano. Per quanto sarebbe riuscita a correre? L'uomo le stava sopra, le braccia che la tenevano ferma a terra. Elena alzò lo sguardo su di lui, il cuore che le batteva all'impazzata, il respiro ansimante. Lo sconosciuto era sopra di lei come una pantera, gli occhi color ambra come quelli di un gatto. Elena percepiva il suo calore, la sua forza. Quell'individuo irradiava potere, autorità, pericolo. «Non sareste mai riuscita a tornare all'aereo» le disse, la voce pericolosamente suadente. «E anche se foste riuscita, l'equipaggio è fedele a me.» «Le mie guardie...» «Comprate.» «L'assistente di volo...» «Impotente.» Lo fissò cercando di tenere a bada la paura. «Chi è lei?» ansimò. Lui esibì i denti in un sorriso spietato. «Sono il futuro sceicco del Kadar.» Con un movimento fluido si scostò, poi la aiutò a rialzarsi. Sempre tenendola stretta per un braccio, la condusse alla macchina dove due uomini, con abiti scuri e visi impassibili, erano in attesa. Uno di loro aprì la portiera posteriore poi, con arrogante cortesia, il suo rapitore, o chiunque fosse, s'inchinò. «Dopo di voi, Vostra Altezza.» Elena osservò la preoccupante oscurità dell'interno della macchina. Non doveva salire. Non appena l'avesse fatto, le portiere sarebbero state bloccate e lei sarebbe stata prigioniera. Ma era già sua prigioniera, dovette ammettere con un senso di nausea, essendosi lasciata sfuggire l'unica possibilità di fuga. Forse, se si fosse mostrata remissiva, avrebbe avuto qualche altra occasione. 8


Fissò l'uomo che la guardava con espressione divertita, come se intuisse i suoi pensieri. «Mi dica chi è realmente lei.» «Ve l'ho già detto, Vostra Altezza, e vi confesso che state mettendo a dura prova la mia pazienza. Adesso salite in macchina.» Parlava con una certa cortesia, ma Elena percepì la minaccia. Il pericolo. Notò quel lieve divertimento negli occhi d'ambra dell'uomo, ma nessuna traccia di compassione. Deglutendo a fatica, salì in macchina. L'uomo si sistemò accanto a lei, e le portiere si chiusero con un minaccioso clic che spezzò il silenzio. Poi le gettò le scarpe in grembo. «Potreste averne bisogno.» La voce era priva di accento, ma lui era chiaramente arabo. Come gli abitanti del Kadar, la pelle era del colore del bronzo, i capelli neri come l'inchiostro, le mascelle affilate come lame. Deglutendo di nuovo, con il sapore metallico della paura in bocca, Elena mise le scarpe. Aveva i capelli in disordine, un ginocchio graffiato e la gonna dell'abito blu strappata. Traendo un profondo respiro, sistemò i capelli dietro le orecchie e tolse le tracce di sabbia dal viso. Guardò dal finestrino, cercando di capire dove stessero andando, ma poteva vedere ben poco dai vetri oscurati. Scorgeva a malapena la sagoma nera di rocce nell'oscurità dell'arido territorio del Kadar. Si trattava di un piccolo paese appollaiato sulla penisola arabica, con coste fantastiche e terrificanti deserti rocciosi. Lanciò un'occhiata di sfuggita al proprio rapitore. Sedeva tranquillo con le mani sulle gambe, apparentemente rilassato, ma di certo all'erta. Ma chi era in realtà? Perché l'aveva rapita? E come sarebbe riuscita a fuggire? Rifletti, si disse. I pensieri razionali erano l'antidoto al panico. Quell'uomo doveva essere uno dei ribelli cui 9


Aziz aveva accennato. Aveva sostenuto di essere il futuro sceicco del Kadar, il che significava che voleva il trono di Aziz. Doveva averla rapita per impedire il matrimonio... a meno che non fosse al corrente delle clausole nel testamento del padre di Aziz. Elena aveva saputo di quelle clausole poche settimane prima, quando aveva conosciuto Aziz a una riunione di diplomatici. Suo padre, lo sceicco Hashem, era appena morto, e Aziz aveva fatto una battuta sarcastica sul fatto di avere bisogno di una moglie. Elena non aveva capito se prenderlo seriamente o meno, ma poi aveva scorto nei suoi occhi una certa desolazione. La stessa che provava lei. Il capo del suo Consiglio, Andreas Markos, era deciso a deporla. Sosteneva che una giovane donna inesperta come lei non sarebbe stata in grado di governare, e aveva proposto di chiedere, alla prossima riunione del Consiglio di Thallia, il voto per l'abolizione della monarchia. Ma se lei si fosse sposata... se avesse avuto un principe consorte... allora Markos non avrebbe piĂš potuto sostenere che fosse inadatta a governare. E al popolo sarebbe piaciuto un matrimonio reale. Era molto amata dai sudditi; per questo Markos non aveva ancora cercato di farla deporre, nei quattro anni del suo regno. Aggiungere alla popolaritĂ un matrimonio reale avrebbe rafforzato la sua posizione. Si trattava di una soluzione disperata, ma Elena era disperata. Amava il proprio paese, la propria gente, e voleva continuare a essere la loro regina... per il loro bene, e per amore di suo padre, che aveva dato la vita perchĂŠ lei potesse governare. Il mattino successivo aveva fatto recapitare una lettera ad Aziz, suggerendo un incontro. Lui aveva acconsentito e con un candore dettato dall'urgenza entrambi avevano esposto le loro rispettive posizioni. Elena aveva bisogno di un marito per tacitare il Consiglio. Aziz 10


aveva bisogno di sposarsi entro sei settimane dalla morte del padre. In caso contrario, avrebbe perso il titolo. Così avevano deciso di sposarsi. Avevano accettato un'unione di comodo e senza amore, che avrebbe dato loro dei consorti indispensabili e dei figli come eredi, uno per il Kadar e uno per Thallia. Era uno squallido approccio al matrimonio e se lei fosse stata una donna comune, o anche una regina senza problemi, avrebbe voluto qualcosa di totalmente diverso per la propria vita. Ma era una regina in bilico, e il matrimonio con Aziz al Bakir era parsa l'unica soluzione per poter restare aggrappata al trono. Ma per potersi sposare, sarebbe dovuta fuggire. Non poteva buttarsi giù dalla macchina. Doveva aspettare l'occasione giusta. Attendere. Stare all'erta. Conoscere il nemico. «Qual è il suo nome?» chiese all'uomo che non la degnava di uno sguardo. «Mi chiamo Khalil.» «Perché mi ha rapita?» «Siamo quasi arrivati, Vostra Altezza. Dopo che ci saremo rinfrescati, avrete una risposta a tutte le vostre domande.» Bene. Avrebbe aspettato. Sarebbe restata calma, anche se il terrore le serrava la gola. Aveva già provato questa terribile paura tempo prima, come se il mondo le scivolasse da sotto i piedi, mentre osservava impotente, incredula che tutto ciò stesse realmente accadendo... No, adesso non era la stessa cosa. Non l'avrebbe permesso. Era regina di un paese, anche se il trono era traballante. Era piena di risorse, coraggiosa, forte. Sarebbe riuscita a uscirne, in qualche modo. Non avrebbe permesso che un ribelle le impedisse di sposarsi... ponendo così fine al suo ruolo di regina. Khalil al Bakir rivolse un'altra occhiata alla donna al 11


proprio fianco. Sedeva rigida, il mento rialzato, le pupille dilatate per la paura. Pur riluttante, provò una sorta di ammirazione. Il suo tentativo di fuga era stato vano e risibile, ma anche coraggioso, e provò una certa simpatia per lei. Da ragazzo non aveva forse cercato anche lui di fuggire da colui che lo teneva prigioniero, Abdul-Hafiz, ogni volta che gli era stato possibile, pur sapendo quanto futili fossero quei tentativi? Nel cuore del deserto non c'era un luogo dove nascondersi. Eppure aveva continuato a tentare la fuga perché significava combattere, e combattendo si sentiva vivo. Le cicatrici sulla schiena e sui polsi erano una testimonianza di tutti quei vani tentativi. La regina Elena non avrebbe avuto quelle cicatrici, e lui non sarebbe mai stato accusato di averla maltrattata, nonostante quanto lei pensasse in quel momento. Intendeva tenerla sequestrata per quattro giorni, finché non fossero trascorse le sei settimane, e Aziz costretto a rinunciare al trono. Un referendum avrebbe deciso chi sarebbe stato il nuovo sceicco. Khalil intendeva essere quell'uomo. E non avrebbe avuto pace finché non fosse stato seduto sul trono che gli spettava di diritto. Ma, del resto, di pace non ne aveva mai avuta dal giorno in cui, quando aveva sette anni, suo padre l'aveva portato via dalla lezione con il suo tutore e gettato sulle pietre di fronte al palazzo, urlandogli in faccia parole terribili. Tu non sei mio figlio! Era stata l'ultima volta che aveva visto suo padre, sua madre o casa propria. Khalil chiuse gli occhi per allontanare i ricordi che ancora lo spingevano a serrare i pugni, mentre la bile gli saliva in gola. Adesso non avrebbe più pensato a quei giorni. Non avrebbe più ricordato l'espressione di disgusto e di odio sul viso del padre che adorava, o le grida angosciate di sua madre, mentre veniva trascinato 12


via. Sua madre, che era morta pochi mesi dopo per una semplice influenza, perché le erano state negate le cure adeguate. Non avrebbe pensato al terrore provato quando era stato spinto in una macchina e condotto a un avamposto del deserto desolato, o allo sguardo di crudele soddisfazione di Abdul-Hafiz, quando era stato gettato ai suoi piedi come un sacco di immondizia. No, non avrebbe più pensato a niente di tutto questo. Avrebbe pensato al futuro, al futuro promettente quando lui, il figlio che suo padre aveva ripudiato in favore del bastardo dell'amante, si fosse seduto sul trono che gli spettava di diritto. Percepì che, accanto a lui, la regina Elena tremava. Una ventina di minuti dopo il SUV si fermò al campo di fortuna che Khalil aveva considerato come casa sua negli ultimi sei mesi, da quando era tornato nel Kadar. Aprì la portiera e si voltò verso Elena, che gli rivolse uno sguardo di sfida. «Dove mi ha condotta?» Le rivolse un sorriso gelido. «Perché non scendete? Lo vedrete da voi.» Senza attendere una risposta, la afferrò per il polso. La pelle era delicata e fredda, e lei si lasciò sfuggire un gemito quando fu trascinata giù dalla macchina. Inciampò in una pietra e lui la aiutò a rialzarsi, il seno che gli sfiorava il torace. Da tanto tempo non toccava una donna, e il corpo rispose con l'istinto primordiale, una fitta di intenso desiderio che lo tormentava. I capelli della donna, che erano così vicini al suo viso, sapevano di limone. Con decisione la allontanò da sé. Non aveva tempo per il desiderio, e di sicuro non per quella donna. La sua guardia del corpo, Assad, emerse da un altro veicolo. «Vostra Altezza.» Automaticamente Elena si voltò e Khalil non celò un sorriso di soddisfazione. Assad si era rivolto a lui, non alla regina. Anche se non 13


aveva ancora reclamato il proprio titolo legittimo, coloro che gli erano leali si rivolgevano a lui come se l'avesse già ottenuto. Si era piacevolmente stupito per quanti gli fossero ancora leali, quando ricordavano soltanto un bimbo dai capelli arruffati, che era stato portato via piangente dal palazzo. Da quando era piccolo non era più stato nel Kadar. Era tornato solo sei mesi prima. Ma la gente aveva la memoria lunga. Le tribù del deserto, più legate alle tradizioni della gente di Siyad, non avevano mai approvato l'improvvisa decisione dello sceicco Hashem di liberarsi di una moglie in favore di un'amante che non era mai piaciuta a nessuno, e di un figlio che aveva dichiarato pubblicamente illegittimo. Quando Khalil era tornato, era stato festeggiato dalla tribù di sua madre, e considerato il vero sceicco del Kadar. Eppure, non si fidava di nessuno. La lealtà poteva cambiare con un battito di ciglia. L'amore era capriccioso. Aveva appreso fin troppo bene queste amare lezioni. Ormai si fidava solo di se stesso. «La regina Elena e io vorremmo qualcosa da bere» disse in arabo ad Assad. «La tenda è allestita?» «Sì, Vostra Altezza.» «Potrai aggiornarmi più tardi. Adesso sono impegnato con la regina.» Si voltò verso Elena, che si guardava intorno ansiosamente, la postura del corpo che tradiva la sua intenzione di fuga. «Se state pensando di fuggire» si rivolse a lei con calma, passando all'inglese, lingua che entrambi conoscevano, «risparmiatevelo. Il deserto si estende per miglia e miglia in ogni direzione, e l'oasi più vicina è a una giornata di cammello. Anche se riusciste a lasciare il campo, morireste di sete, se non per il morso di un serpente o di uno scorpione.» In silenzio, la regina Elena lo fissava. Khalil la invitò 14


a seguirlo. «Vi prego, potrete rinfrescarvi e, come promesso, io risponderò a tutte le domande che voi vorrete pormi.» Dopo una breve esitazione, sapendo di non avere altra scelta, lei annuì e lo seguì attraverso il campo. Mentre seguiva Khalil, Elena si guardò intorno. Alcune tende formavano un semicerchio, e c'erano cavalli e cammelli. Di lì a poco Khalil sollevò il lembo di una tenda invitandola a entrare. Traendo un profondo respiro, Elena si disse che l'unica cosa che per il momento poteva fare era guardarsi intorno con attenzione e attendere l'occasione buona. L'interno della tenda era lussuoso, con tappeti, tendaggi di seta e cuscini. «Vi prego, sedetevi.» «Voglio delle risposte.» Khalil si voltò verso di lei, un lieve sorriso che gli incurvava le labbra, ma gli occhi erano gelidi. «Il vostro coraggio è ammirevole, Vostra Altezza, ma tutto ha un limite. Sedetevi.» Prendendo posto davanti a un tavolino, Elena chiese: «Dov'è lo sceicco Aziz?». Un lampo d'irritazione attraversò lo sguardo di Khalil mentre alzava le spalle. «Presumibilmente è a Siyad, in attesa del vostro arrivo.» «Sì, mi sta aspettando...» «È vero» la interruppe suadente Khalil, «domani.» «Domani?» «Ha ricevuto un messaggio in cui lo informavate del vostro ritardo.» Khalil allargò le braccia, gli occhi che luccicavano per qualcosa di simile allo scherno. «Nessuno vi aspetta oggi, Vostra Altezza. E domani sarà troppo tardi.» L'implicazione era ovvia, e lei trattenne il respiro per 15


lo shock, mentre la vista le si annebbiava, tanto che dovette appoggiarsi al tavolino. Calma. Aveva bisogno di restare calma. Udì Khalil imprecare sottovoce. «Non intendevo ciò che voi dovete aver capito.» Elena alzò lo sguardo, la vista che si schiariva. Quell'uomo era veramente fantastico; tutto in lui era piacevole e aggraziato. Predatore. «Intende dire che non mi ucciderà?» chiese con tono piatto. «Non sono un terrorista.» «Eppure ha rapito una regina.» Lui inclinò il capo. «È stato necessario.» «Non credo che nessuna malefatta sia necessaria» ribatté aspra Elena. «Allora, cosa intende fare di me?» Era una domanda alla quale non era certa di volere una risposta, eppure sapeva che l'ignoranza era pericolosa. Meglio conoscere il rischio, il nemico. Conosci il nemico, e conosci te stesso, e non sarai mai in pericolo in cento battaglie. «Non intendo farvi del male ma solo tenervi qui, mi auguro in una condizione confortevole.» Una guardia entrò con un vassoio di cibo. Elena diede un'occhiata fuggevole, poi distolse lo sguardo. Khalil lo ringraziò e l'uomo, dopo essersi inchinato, uscì. Si sistemò di fronte al tavolino su cui Assad aveva posto il vassoio e alzò gli occhi su Elena. Con i capelli neri e quella eleganza predatrice, era come un leopardo, o forse una pantera, qualcosa di splendido e terrificante. «Dovete aver fame, regina Elena.» «No.» «Ma almeno sete. È pericoloso non bere nel deserto» le spiegò lui. «È pericoloso» ribatté Elena, «bere in presenza del nemico.» Un sorriso gli incurvò le labbra mentre faceva un 16


cenno di assenso. «Bene. Allora berrò io per primo.» Lo osservò mentre versava qualcosa di simile a un succo di frutta in due coppe. Prese la prima e bevve, alzando lo sguardo al di sopra dell'orlo del bicchiere con aria di sfida. «Soddisfatta?» mormorò poi posando il bicchiere. Elena aveva la gola secca per la sete e la sabbia. Doveva idratarsi se voleva mettere in atto un piano di fuga, così annuì e tese la mano. Khalil le porse il bicchiere e lei sorseggiò il succo di frutta; era dolce e deliziosamente fresco. Posò il bicchiere, poi trasse un profondo respiro. «Quindi intende tenermi qui nel deserto... per quanto?» «Poco meno di una settimana. Quattro giorni, per la precisione.» Quattro giorni. Elena provò una morsa allo stomaco. In quattro giorni si sarebbe esaurito il tempo di Aziz per sposarsi. Avrebbe perso il diritto al titolo, e Khalil doveva saperlo. Doveva essere in attesa dell'opportunità di impadronirsi del trono. «E poi?» chiese. «Cosa farà?» «Questo non è un problema vostro.» «Ma che ne sarà di me?» «Vi lascerò andare, naturalmente.» «Solo questo?» Scosse il capo, troppo insospettita per essere sollevata. «Sarà perseguito dalla legge.» «Non credo.» «Non può rapire una regina e passarla liscia.» «Eppure l'ho fatto.» Khalil bevve un sorso, lo sguardo pensieroso fisso su di lei. «Voi mi intrigate, regina Elena. Devo confessare di essermi chiesto che tipo di donna avrebbe scelto Aziz come sposa.» «E adesso è soddisfatto?» lo assalì. Stupida. Dov'era la sua calma, il suo controllo? Era stata aggrappata a una rupe per l'intero suo regno, e intendeva precipitare proprio adesso? 17


Ma forse era già successo. Khalil le rivolse l'ombra di un sorriso. «Non sono per niente soddisfatto.» Lo sguardo tratteneva il suo, e lei scorse un lampo di virile consapevolezza. Con sua sorpresa, e vergogna, provò un certo terrore e qualcos'altro. Qualcosa che non era paura, ma piuttosto... anticipazione. Per cosa? Non voleva niente da quell'uomo, se non la libertà. «Non sarò soddisfatto finché Aziz non sarà più sul trono del Kadar, e al suo posto ci sarò io.» «Quindi lei è uno dei ribelli di cui mi ha parlato Aziz...» mormorò Elena. Per un attimo un lampo di collera gli attraversò lo sguardo, ma poi lui si limitò a chinare il capo. «Così parrebbe.» «Perché dovrebbe salire al trono?» «E perché deve esserci Aziz?» «Perché l'erede è lui.» Khalil distolse lo sguardo. «Conoscete la storia del Kadar, Vostra Altezza?» «Ho letto qualcosa in merito» rispose Elena, anche se la sua conoscenza del paese era molto limitata. Non aveva avuto tempo che per una scorsa veloce della storia del paese del futuro marito. «Sapevate che è stata una nazione pacifica e prospera per anni, indipendente, quando altri paesi erano oppressi da un regime duro?» «Sì, questo lo sapevo.» Aziz gliene aveva accennato. Inoltre anche il suo paese era nella stessa situazione: una piccola isola nel Mar Egeo, tra la Turchia e la Grecia, che per centinaia di anni era stata indipendente e pacifica. E non sarebbe stata lei a porvi fine. «Forse sapete anche che lo sceicco Hashem ha messo a rischio la stabilità del Kadar con le clausole, a dir poco curiose, del proprio testamento?» Aggrottando le 18


sopracciglia Khalil si voltò verso di lei, un lieve sorriso sulle labbra. Elena fu attratta irragionevolmente da quella bocca, da quelle labbra scolpite, ma si sforzò di guardarlo negli occhi. Non aveva senso fingere ignoranza. «Sì, so della decisione del vecchio sceicco. Per questo sono qui, per sposare lo sceicco Aziz.» «Non un matrimonio d'amore, quindi?» considerò sarcastico Khalil, ed Elena s'irrigidì. «Non ritengo siano affari suoi.» «Considerato che siete mia ospite, credo di sì.» Lei sporse in fuori le labbra. Il popolo del Kadar credeva che fosse un matrimonio d'amore, anche se né lei né Aziz ne avevano fatto cenno. Elena sapeva che il popolo credeva ciò che voleva credere, e adorava l'idea di una storia reale d'amore. Se questo aiutava a dare stabilità al suo paese, che lo credessero pure. Avrebbe recitato la propria parte, ma mai l'avrebbe ammesso con Khalil. «Vi appellate al quinto emendamento, vedo» riprese suadente Khalil. «Sapete, sono cresciuto in America, non sono il barbaro che immaginate.» Lei si mise a braccia conserte. «Aspetto ancora che me lo dimostri.» «Non l'ho già fatto? Siete qui, seduta in modo confortevole, vi è stato offerto cibo e bevande fresche. Be', mi dispiace che vi siate fatta male.» Indicò il ginocchio graffiato. «Permettetemi di mettervi un cerotto.» «Non ne ho bisogno.» «Abrasioni del genere possono infettarsi.» Khalil si sporse in avanti, e per un attimo il gelo negli occhi fu sostituito da qualcosa che somigliava alla gentilezza. Elena, rassegnata, annuì e osservò Khalil che si affacciava alla tenda per dare istruzioni. Poco dopo ritornò con un asciugamano, un catino d'acqua e un tubetto di antisettico. 19


Con grande sorpresa di Elena, si inginocchiò di fronte a lei. «Posso fare da sola» si ribellò. Lui alzò lo sguardo. «Ma non vorrete negarmi questo piacere.» Il respiro che si faceva ansimante, Elena rimase rigida, mentre lui le alzava la gonna sopra il ginocchio. Quando le sfiorò la pelle, lei ebbe l'impressione di essere percorsa da una scarica elettrica. Khalil le tamponò il ginocchio. «Inoltre» aggiunse lui, «non vorrei essere accusato di non avervi curata.» Elena non disse niente. Non riusciva a parlare, riusciva a stento a respirare. Ogni atomo del suo essere era focalizzato sul tocco gentile di quell'uomo, le dita che sfioravano il ginocchio con una precisione che non era sensuale, eppure... Ma cosa diavolo sto pensando?, si domandò. Perché reagiva a quel modo al contatto delle sue dita? Quell'uomo era il nemico e l'ultima cosa, davvero l'ultima che avrebbe dovuto fare era provare qualcosa per lui, anche se solo di puramente fisico, come il desiderio. «Credo che così vada bene» disse rigida, cercando di ritrarre la gamba. «Un attimo» replicò Khalil. «Ora io devo spalmare l'antisettico.» Digrignando i denti, Elena rimase rigida. L'unguento bruciava un poco, ma non era niente al confronto dell'attrazione che provava al languido tocco delle sue dita sulla pelle sensibile. Era semplicemente una reazione fisica del corpo, si disse. Non aveva mai sperimentato niente del genere, ma del resto era inesperta per quanto riguardava i rapporti fisici tra uomini e donne. In ogni caso, non c'era niente che potesse fare in merito, se non ignorare quella sensazione. Ignorare le scosse elettriche che le tormentavano la pelle, diramandosi fino all'inguine. 20


L'attrazione era irrilevante e mai avrebbe permesso che inficiasse il suo giudizio. Fuggire da quell'uomo e dai suoi piani per mandare a monte il suo matrimonio era il suo unico obiettivo. Il suo unico desiderio.

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3030 - Catturata dallo sceicco di K. Hewitt L'esilio ha resa Khalil al Bakir determinato a sottrarre la corona di Kadar al suo nemico giurato... Prima parte de IL T RONO DI K ADAR.

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Dal 9 dicembre

3038 - Al fianco dello sceicco di K. Hewitt Lo sceicco Aziz al Bakir ha bisogno di qualcuno che impersoni temporaneamente la fidanzata. Seconda parte de IL T RONO DI K ADAR.

3039 - Un Natale tra le sue braccia di S. Kendrick Niccolò ha tutto ciò che un uomo desidera, ma l'incontro con Alannah, dopo tanti anni di lontananza... Ecco a voi UN NUOVO INIZIO!

3040 - L'ultimatum del milionario di M. Smart Pascha sta per redimersi dagli errori del passato quando Emily penetra nel suo ufficio venendo a conoscenza di... Torna INTERNATIONAL TYCOON.

3041 - Il bacio del destino di S. Craven All'improvviso, la vita di Ginny è sconvolta e il suo futuro nelle mani dell'enigmatico Andre. Basta però un suo bacio... Pensi di essere FATTA PER LUI?

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3043 - Vendetta di Natale

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3044 - Il ricatto del greco di M. Blake Theo si è recato in Brasile con un unico desiderio: distruggere l'uomo che ha rovinato la sua vita. Terza e ultima parte de I FRATELLI PANTELIDES.

3045 - I desideri della principessa di A. West Nell'istante stesso in cui posa lo sguardo sulla principessa Soraya, Zahir El Hashem capisce di essersi infilato in un vero guaio...


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