ROMANCE
SARAH MORGAN
Chiaro di luna a Manhattan
Immagine di copertina: Ragazzi: LuckyBusiness /iStock / Getty Images Plus / Getty Images Sfondo: ThomasPyttel / Shutterstock Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Moonlight over Manhattan HQN Books © 2017 Sarah Morgan Traduzione di Daniela Marchiotti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins ottobre 2018 Questa edizione Harmony Romance dicembre 2021 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 282 del 24/12/2021 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
A Nora, Laura, Ruth, Mary, Kat e Janeen per tutte le risate, l'amicizia e i meravigliosi ricordi. Dedica
Scrivi la dedica...
1
Non è così che dovrebbe finire un appuntamento. Se avesse previsto di doversi calare dalla finestra del bagno delle signore, non si sarebbe messa quei tacchi vertiginosi. Perché non aveva almeno imparato a camminarci sopra prima di uscire di casa? Non era mai stata una da tacchi a spillo, ecco perché li stava indossando. Un'altra spunta alla lista che aveva compilato delle Cose che Harriet Knight di norma non farebbe. Era una lista così lunga da essere imbarazzante. L'aveva stilata in una malinconica serata di ottobre, quando si era resa conto che la ragione per cui si ritrovava da sola, nel suo appartamento, a parlare con i cani e i gatti di cui si occupava, era che viveva la vita al sicuro nel suo guscio. Di quel passo, sarebbe morta da sola, circondata da un centinaio di animali domestici. Qui giace Harriet, che di palle di pelo ne aveva in abbondanza, ma appunto solo di pelo. Una vita di trasgressioni sarebbe stata più emozionante. Si vede che, alla nascita, le erano capitate le regole del gioco sbagliate. Da bambina, aveva imparato a nascondersi, a rendersi, se non completamente invisibile, almeno piccola piccola. Fin da allora, aveva sempre camminato sul sicuro, e l'aveva fatto indossando scarpe comode. Un sacco di persone, compresi la sua sorella gemella e suo fratello, avrebbe detto che aveva le sue buone ragioni. A ogni modo, quelle ragioni appartenevano al passato; viveva una vita insignificante, ed era sgradevolmente consapevole di farlo per scelta. Una parola che inizia con la F incombeva sul suo mondo. Non la parolaccia. Non era tipo da parolacce. Per lei, F significava Fifa. 7
Fifa dell'umiliazione, fifa del fallimento, fifa di quello che gli altri pensavano di lei; e all'origine di tutto c'era la paura di suo padre. Era stanca della parola con la F. Non voleva vivere da sola per sempre, ecco perché aveva deciso di farsi un regalo di Natale. Il coraggio. Non voleva guardarsi indietro di lì a cinquant'anni e interrogarsi sulle cose che avrebbe potuto fare se fosse stata più audace. Non intendeva avere rimpianti. Nel Giorno del Ringraziamento, che aveva piacevolmente trascorso con Daniel e la sua futura sposa Molly, Harriet aveva condensato la fifa in una lista di sfide, una al giorno. Le Sfide di Harriet. Sarebbe partita alla ricerca della fiducia che le mancava e, se non l'avesse trovata, avrebbe fatto finta di averla. Fino a Natale, avrebbe affrontato ogni giorno una cosa che aveva paura di fare, o perlomeno che la metteva a disagio. Doveva essere qualcosa il cui pensiero in risposta era: questo non voglio farlo. Per un mese, il suo obiettivo sarebbe stato fare il contrario di come si sarebbe comportata normalmente. Un mese per sottoporsi alle prove più dure. Ne sarebbe uscita come una versione nuova, migliore di se stessa. Più forte. Più audace. Più sicura di sé. Più... tutto. Ed ecco com'era finita lì, a cercare di uscire dalla finestra del bagno delle signore, sostenuta dalla sua nuova migliore amica, Natalie. Fortunatamente per lei, il ristorante non era sulla terrazza. «Togliti le scarpe» le suggerì Natalie, «te le butto giù io dopo.» «Così se poi mi arrivano in testa, finisco infilzata o al tappeto. Meglio se me le tengo addosso, Natalie.» C'erano dei giorni in cui si chiedeva se la prudenza portasse qualche vantaggio. In quel momento, non sapeva dire se le stesse rovinando il divertimento o salvando la vita. «Chiamami Nat. Se devo aiutarti a scappare, meglio lasciar perdere le formalità. Non puoi tenerle su, le scarpe. Finirai per farti male... E dammi la borsetta.» D'impulso, Harriet se la strinse al petto. Quella era New York. Avrebbe corso nuda in 8
Central Park prima di consegnare la sua borsetta a un'estranea. Era una cosa che andava contro qualsiasi istinto. Lei era il genere di persona che guardava due volte prima di attraversare la strada e che controllava di avere chiuso a chiave prima di andare a letto. Non era un'amante del rischio. Ed era esattamente per quel motivo che doveva farlo. Reprimendo la parte di lei che avrebbe voluto non lasciarla andare per niente al mondo, ficcò la borsetta in mano a Nat. «Prendila. E poi buttamela giù.» Fece passare una gamba dalla finestra, ignorando la vocina ansiosa che le martellava in testa. E se poi non lo fa? E se scappa? Se usa tutte le mie carte di credito? Se mi ruba l'identità? Be', se Nat voleva rubarle l'identità, che si accomodasse. Harriet era più che disposta a diventare qualcun altro. In particolare dopo la serata che aveva appena trascorso. Essere se stessa non era poi questa gran cosa. Dalla finestra aperta le arrivava il frastuono del traffico, il clamore dei clacson, lo stridio dei freni, il brusio di sottofondo che era New York. Harriet ci aveva vissuto tutta la vita; ne conosceva praticamente ogni singola strada e ogni singolo edificio. Manhattan le era familiare quanto il salotto di casa sua, solo decisamente più grande. Nat le sfilò le scarpe. «Cerca di non strapparti il cappotto. Gran bel cappotto, a proposito. Proprio un bel colore, Harriet.» «È nuovo. L'ho comprato apposta per questo appuntamento, avevo grandi speranze. Il che dimostra che l'ottimismo può essere uno svantaggio.» «Io penso che sia meraviglioso essere ottimisti. Gli ottimisti sono come le luminarie di Natale. Rallegrano tutto quello che hanno intorno. Davvero hai una gemella? Che bello.» La sfida di quel giorno doveva essere Dare confidenza agli estranei. Harriet stava bene con le persone solo dopo averle conosciute meglio, ma spesso non riusciva nemmeno a superare l'imbarazzo del primo incontro. Era decisa a cambiare. Dato che lei e Natalie si erano conosciute esattamente trenta minuti prima, quando la ragazza le aveva servito un'insalata di gamberi dall'aspetto invitante, sentì di avere fatto almeno qualche progresso. Non era diventata muta come un pesce né aveva risposto a monosillabi, come faceva abitualmente con gli estranei. La cosa più importante era che non aveva balbettato, 9
a dimostrazione del fatto che il disturbo del linguaggio che l'aveva tormentata fino ai vent'anni era sotto controllo. Erano passati secoli dall'ultima volta che aveva tartagliato per finire una frase, non le era più successo neanche in condizioni di stress, quindi non c'era ragione di essere tanto cauta con gli estranei. Tutto sommato, un buon risultato. E in parte, era dovuto al sostegno di sua sorella. «Sì, è bellissimo avere una gemella.» Nat sospirò. «È la tua migliore amica, vero? Condividete tutto? Segreti, scarpe...» «Quasi tutto.» La verità era che, fino a poco tempo prima, era stata Harriet quella che condivideva di più. Fliss si apriva difficilmente, perfino con Harriet, ma ultimamente ce la stava mettendo tutta per cambiare. Essere gemelle aveva molti vantaggi, ma uno degli svantaggi era che rendeva pigri. O forse adagiati era la parola giusta. Non aveva mai dovuto preoccuparsi più di tanto mentre solcava le acque, a volte burrascose, delle amicizie, perché la sua migliore amica era sempre lì al suo fianco. Qualsiasi difficoltà si parasse loro davanti, e ce n'erano state tante, lei e Fliss erano una cosa sola. Gli altri potevano avere delle solide amicizie ma niente, niente, si avvicinava alla meraviglia di avere una gemella. In fatto di sorelle, era stata baciata dalla fortuna. Nat si infilò la borsetta di Harriet sotto il braccio. «Vivete insieme?» «Una volta sì. Adesso non più.» Harriet si chiese come facevano certe persone a parlare e parlare senza fermarsi. Quanto tempo sarebbe passato prima che l'uomo seduto al ristorante venisse a cercarla? «Vive negli Hamptons, ora.» Non lontanissimo, ma il risultato era uguale. «Si è innamorata.» «Una bella fortuna per lei, penso, ma ti deve mancare da morire.» L'espressione non rendeva minimamente l'idea. Era stato un enorme cambiamento per Harriet, e lei si sentiva combattuta. Era entusiasta di vedere la sua gemella tanto felice ma, per la prima volta in vita sua, si era ritrovata a vivere da sola, a svegliarsi da sola, a fare tutto da sola. Era stata una sensazione strana all'inizio, che metteva quasi 10
paura, come la prima volta che si prova ad andare in bicicletta senza rotelle. Si era sentita vulnerabile, come se fosse uscita in una tempesta di neve e si fosse resa conto di aver dimenticato il cappotto. Ma adesso quella era la sua vita. La mattina, si svegliava nel più completo silenzio invece che tra le note stonate di Fliss che canticchiava. Le mancava l'energia di sua sorella, la sua disarmante lealtà, l'affidabilità. Le mancava perfino inciampare nelle sue scarpe, che lasciava puntualmente disseminate sul pavimento. Più di tutto, le mancava quel sereno cameratismo che si instaura con qualcuno che ci conosce davvero. Qualcuno di cui ci si fida incondizionatamente. Si sentì un groppo in gola. «Devo andare via prima che venga a cercarmi. Ancora non ci credo che sto uscendo da una finestra per scappare da un uomo che ho conosciuto solo trenta minuti fa. Non è il genere di cose che faccio di solito.» Non lo era nemmeno andare a un appuntamento con qualcuno incontrato online, ecco perché aveva dovuto provare. Questo era il suo terzo appuntamento e non è che gli altri fossero andati molto meglio. Il primo uomo che aveva conosciuto le aveva ricordato suo padre. Era sguaiato, cocciuto e innamorato del suono della propria voce. Costernata, Harriet si era ritirata in se stessa, ma non aveva fatto molta differenza, perché lui non era minimamente interessato ad ascoltarla. Il secondo l'aveva portata in un ristorante costoso e si era defilato dopo il dessert, lasciandola con un conto da pagare così salato che non si poteva certo dire che non avesse impresso in lei un ricordo indelebile. Il terzo... be', al momento era seduto al tavolo vicino alla finestra, ad aspettare che lei tornasse dal bagno e potessero innamorarsi e vivere per sempre felici contenti. Il "per sempre" non sarebbe probabilmente durato a lungo perché, nonostante avesse dichiarato di essere nel fiore degli anni, quel tipo aveva chiaramente superato l'età della pensione da un bel pezzo. Harriet avrebbe potuto chiuderla lì e uscire dalla porta principale, se non avesse avuto la sensazione che lui l'avrebbe seguita. C'era qualcosa in quel tipo che la metteva a disagio. E comunque, uscire dalla finestra del bagno delle signore era sicuramente qualcosa che non rientrava nelle sue abitudini. 11
Dal punto di vista delle Sfide di Harriet, la serata era stata un successo. Dal punto di vista romantico, decisamente no. In quel momento, morire circondata da cani e gatti sembrava l'opzione migliore. «Va'.» Nat aprì un po' di più la finestra e il suo viso si illuminò. «Sta nevicando! Avremo un bianco Natale.» Nevicando? Harriet fissò il lento mulinare dei fiocchi di neve. «Manca ancora un mese a Natale.» «Ma sarà un bianco Natale, me lo sento. Non c'è niente di più magico di New York sotto la neve. Adoro le feste, tu no?» Harriet fece per parlare, ma si trattenne. In condizioni normali, la risposta sarebbe stata sì. Amava le feste e come la famiglia ne diventasse il fulcro, anche se per lei si trattava solo di suo fratello e sua sorella. Stavolta, però, aveva deciso che avrebbe trascorso il Natale senza di loro. Sarebbe stata la sfida più dura di tutte. Aveva quasi un mese per allenarsi e prepararsi all'impresa. «Devo proprio andare.» «Sì. Non vorrei che ritrovassero il tuo corpo congelato sul marciapiede. Vai. E non cadere nel cassonetto dell'immondizia.» «Cadere nel cassonetto sarebbe un miglioramento rispetto a tutto quello che mi è successo stasera.» Harriet guardò giù. Non era un gran salto e, comunque, quanto più in basso poteva scendere? Le sembrava di aver già toccato il fondo. «Forse dovrei tornare indietro e spiegargli che non è come mi aspettavo che fosse. Così potrei uscire dalla porta principale senza rischiare di tornare a casa con una caviglia slogata e cartacce attaccate al cappotto.» «No.» Nat scosse la testa. «Non pensarci nemmeno. Quel tipo mette i brividi. Te l'ho detto, sei la terza donna che porta qui questa settimana. E c'era qualcosa di strano nel modo in cui ti guardava. Come se volesse te per dessert.» Harriet aveva avuto la stessa sensazione. Tutti i suoi istinti erano all'erta, ma imparare a ignorare l'istinto faceva parte delle Sfide di Harriet. «Mi sembra scortese.» «Questa è New York. Devi saperti arrangiare. Lo terrò oc12
cupato fino a quando sarai a una distanza di sicurezza.» Nat gettò uno sguardo alla porta, come se temesse che l'uomo potesse fare irruzione da un momento all'altro. «Non ci potevo credere, quando ha cominciato a chiamarti Guanciotte. Devo proprio chiedertelo: perché l'hai voluto incontrare? Che cosa ti ha attratto di lui? Sei la terza donna strepitosa che ha portato qui questa settimana. Ha qualcosa di speciale? Perché lo hai scelto?» «Non ho scelto lui. Ho scelto l'uomo del suo profilo sul sito di incontri. Ho il sospetto che abbia dei seri problemi di identità.» Ripensò al momento in cui si era seduto di fronte a lei. Era così ovvio che lui non fosse la persona descritta nel suo profilo, che gli aveva sorriso educatamente e gli aveva detto che aspettava qualcuno. Invece di scusarsi e andarsene, lui si era seduto. «Tu devi essere Harriet. Amante dei cani e dei dolci. Mi piacciono le donne affettuose che si sanno muovere in cucina. Ci troveremo benissimo insieme.» In quel momento, Harriet aveva capito di non essere decisamente tagliata per gli appuntamenti online. Perché, oh perché aveva usato il suo vero nome? Fliss si sarebbe inventata qualcosa. Magari qualcosa di sfacciato. Nat l'ascoltava interessata. «Cosa diceva il suo profilo?» «Che era sui trent'anni.» Ripensò a quella massa arruffata di capelli bianchi e alla fronte rugosa. Ai denti giallastri e alla peluria grigia sul mento. Ma la cosa peggiore erano gli sguardi lascivi che le aveva lanciato. «Trenta? Deve averne almeno il doppio. O forse è come i cani e un anno per lui ne vale sette. Il che ci porta a...» Arricciò il naso. «... duecentodieci anni in termini umani. Caspita, se è vecchio!» «Ne ha sessantotto» rispose Harriet, «mi ha detto che si sente un trentenne dentro. Sul suo profilo c'era scritto che lavora nel campo degli investimenti, ma quando gliel'ho chiesto ha risposto che sta investendo su se stesso.» Nat era piegata in due dalle risate, Harriet però scosse la testa. Si sentiva stanca. E stupida. «Dopo tre appuntamenti, ho perso il senso dell'umorismo. È finita. Smetto.» 13
Voleva solo un po' di divertimento e di compagnia. Era chiedere troppo? «Hai deciso di dare una possibilità all'amore. Non c'è niente di male. Ma una come te non dovrebbe avere problemi a conoscere qualcuno. Che cosa fai nella vita? Non incontri mai nessuno sul lavoro?» «Sono una dog-sitter. Passo la giornata con stupendi esemplari a quattro zampe. Sono sempre quello che tu pensi che siano. Anche se, a dirla tutta, porto a passeggio un terrier che crede di essere un rottweiler. Il che crea un po' di problemi.» Forse avrebbe dovuto continuare a frequentare cani. Aveva dimostrato a se stessa di poter affrontare gli incontri online. Poteva spuntare la voce dalla sua lista. In un certo senso, era stata una vittoria. Nat spalancò la finestra. «Segnalalo al sito, così quel vecchio bavoso la finirà di mettere delle povere ragazze nella condizione di dover saltar giù da una finestra. Guarda il lato positivo: almeno non ti ha ripulito di tutti i tuoi risparmi.» Controllò la strada: «Via libera». «Mi ha fatto piacere conoscerti, Nat. E grazie di tutto.» «Se non ci aiutiamo tra donne quando siamo nei guai, dove andremmo a finire? Torna presto.» Harriet sentì una stretta allo stomaco. Fiducia. Quella era forse l'unica parola con la F che le piaceva. Con una punta di rimpianto, perché Natalie era davvero simpatica e non l'avrebbe probabilmente più rivista, Harriet trattenne il fiato e si lasciò cadere sul marciapiede. Sentì la caviglia storcersi e un dolore acuto, lancinante, irradiarsi lungo la gamba. «Tutto okay?» Nat le lanciò scarpe e borsetta e Harriet trasalì quando le atterrarono sulla pancia. Sembrava che l'unica cosa che si sarebbe portata a casa da quell'appuntamento sarebbero stati graffi e contusioni. «Mai stata meglio.» La vittoria, pensò, era poco dignitosa e molto dolorosa. La finestra sopra di lei si richiuse e Harriet si rese immediatamente conto di due cose. La prima era che caricare il peso sulla caviglia le faceva un male cane. In secondo luogo, a meno di non voler zoppicare a piedi nudi sull'asfalto, doveva infilarsi di nuovo i tacchi a spillo che aveva preso in prestito dalla 14
montagna di scarpe lasciate da Fliss a casa sua. Pian piano, si rimise la scarpa e il dolore alla caviglia le tolse quasi il fiato. Per la prima volta in vita sua, usò la parola con la F, quell'altra. L'ennesima casellina spuntata nel progetto le Sfide di Harriet.
15
COME FIORI SOTTO LA NEVE di Emma Heatherington Mentre la neve cade sul piccolo villaggio irlandese di Ballybray, Rosin O’Connor e suo figlio Ben stanno dicendo addio alla loro amata vicina Mabel Murphy, che negli ultimi quattro anni è stata per loro come una famiglia. C’è anche Aidan, il nipote newyorkese di Mabel...
RITORNO A VIRGIN RIVER di Robyn Carr L’attesissimo ritorno a Virgin River con una storia inedita su nuovi inizi, nuovi amici e la magia del Natale. Non c’è posto migliore di Virgin River, così ricco di meraviglia e del calore di un'intera città, per trascorrere il Natale e aprire nuovamente il proprio cuore.
IL SEGRETO DI SYLVIE DUCHENE di Elisabeth Hobbes Nella Francia occupata del 1944, Sylvia Crichton è pronta a diventare Sylvie Duchene. È stata addestrata per prendere parte alla Resistenza, ma nessuno l’aveva preparata alla morsa dell’orrore e del profondo amore che stanno assediando il suo cuore…
CHIARO DI LUNA A MANHATTAN di Sarah Morgan Harriet Knight è sempre stata timida e riservata, ma vuole cambiare. Così stila un elenco di cose che non farebbe mai perché la terrorizzano, e sfida se stessa a metterle in pratica. Come vedersela con l'arrogante e scorbutico dottor Ethan Black e l'inaspettata alchimia che si è subito creata tra loro.
Vuoi ricevere tutte le uscite della tua collana preferita nella tua edicola?
PRENOTALA su primaedicola.it/harmony Scegli la tua collana e ritirala nell’edicola a tua scelta!
www.eHarmony.it - Seguici su