Da sempre incapace di starsene seduta tranquillamente senza stringere un libro fra le mani, Bella Frances ha scoperto la letteratura rosa all'etĂ di dodici anni grazie ai romanzi pubblicati a puntate sulle riviste femminili che leggeva la nonna. Laureata in Letteratura Inglese, Bella ha lavorato anche come barista, consulente finanziario e insegnante. Madre di due figli, vive la sua dinamica vita in Inghilterra, cercando di viaggiare il piĂš spesso possibile se non per il semplice piacere di conoscere una nuova parte di mondo, almeno per effettuare qualche ricerca necessaria alla sua professione di scrittrice. Visita il suo sito bellafrances.co.uk
BELLA FRANCES
Conquista argentina
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Argentinian's Virgin Conquest Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2017 Bella Frances Traduzione di Chiara Fasoli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3241 del 12/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 Organizzare il party perfetto era una cosa, tutt'altra riuscire a fare in modo che fosse un successo. Lady Lucinda Bond di Strathdee lo sapeva meglio di chiunque altro. Bevendo un lungo sorso di caffè amaro annotò mentalmente tutti i cambiamenti che avrebbe voluto apportare la prossima volta. O meglio, come fare in modo che non ci fosse una prossima volta. Dalla cambusa, sentì le voci del cuoco di bordo del famigerato yacht di suo padre e dei membri del catering ingaggiato per la serata alzarsi in modo minaccioso perciò uscì in fretta sul ponte più vicino per ritagliarsi un momento di solitudine. Lucinda, Lucie per i suoi pochissimi amici, si chiese per l'ennesima volta cosa l'avesse spinta a organizzare l'asta di beneficenza in favore del Centro di conservazione ambientale dei Caraibi sul Marengo invitando personalità da capogiro, nonostante la sua insicurezza e la sua ansia sociale avessero radici profonde quanto il mare delle Bahamas. I soldi, si rispose con una fitta allo stomaco che non aveva nulla a che vedere con l'impercettibile dondolio della barca sulla superficie tranquilla del mare. Dollari, sterline, euro, non importava quale fosse la valuta, purché a fine serata tutto quel denaro venisse depositato nelle casse del suo santuario, il suo orgoglio e la sua gioia. 5
Sempre che lei si facesse viva. Se sua madre, la famosissima Lady Viv, si fosse fatta viva e avesse presentato l'asta, tutto sarebbe andato per il meglio e nessuno avrebbe prestato la minima attenzione a lei e alle sue insicurezze. Pubblico e stampa adoravano sua madre in egual misura. La amavano per i suoi capelli dorati, per gli occhi lucenti e il fisico perfetto. Non importava a nessuno che come genitore fosse sempre stata tutt'altro che perfetta, che nella causa per l'affidamento l'obiettivo di entrambi i genitori fosse stato quello di trascorrere meno tempo possibile con lei. Ufficialmente, l'unica notizia trapelata era che Lady Viv, stanca dei continui tradimenti del marito, aveva deciso di rifarsi, sposandosi con James Haston-Black e dando vita con lui a una nuova famiglia. Il divorzio di due persone famose faceva molta più notizia di una bambina trascurata. Lucie ingollò l'ultimo sorso di caffè poi abbozzò una smorfia, desiderando di poter bere una bella tazza di latte anziché quella amarissima bevanda dietetica. Presto. Non appena quella serata fosse giunta al termine si sarebbe liberata dell'aderentissimo vestito di raso poi avrebbe svuotato il frigorifero senza alcun rimpianto. Avrebbe mangiato e bevuto ciò che voleva, indossato solo pantaloncini e canotte e l'unico esercizio fisico che avrebbe eseguito sarebbe stato quello di portare il cibo alla bocca. La borsa dei trucchi sarebbe stata chiusa in un cassetto e avrebbe distrutto la bilancia. Be', avrebbe potuto... Le condizioni che sua madre aveva posto per attraversare mezzo mondo e partecipare all'asta erano state dure, perdere cinque chili e due taglie, cambiare pettinatura, tonificare quei cosciotti, ma lei le aveva rispettate tutte. Aveva trascorso tre mesi orribili ma ora era giunta al termine di quella tortura. Poco più di dieci ore dopo avreb6
be indossato il vestito scelto per lei, avrebbe sorriso e salutato gli ospiti pensando ai soldi raccolti e congratulandosi con se stessa per essere sopravvissuta alla serata. Sempre che non fosse stata colta da un attacco di panico o dall'impulso irrefrenabile di gettarsi in acqua. Lucie alzò lo sguardo sull'unico luogo in cui si fosse mai sentita davvero felice. L'isola verdeggiante, con il suo vulcano dormiente e le acque cristalline che la circondavano, era davvero uno dei luoghi più incantevoli delle Bahamas. Era stato a lungo il suo rifugio, dopo che sua madre se n'era andata e adorava il fatto che in quel luogo a nessuno importasse del suo titolo nobiliare, o delle avventure galanti dei suoi genitori. La vita, per gli abitanti dell'isola, era troppo preziosa e ricca di avventure per sprecarla pensando a cosa Lady Vivienne Bond, come sarebbe sempre stata conosciuta, nonostante il divorzio, avrebbe indossato a una festa organizzata da qualcuno dall'altra parte dell'oceano. Lady Viv la accusava continuamente di volersi nascondere, non capendo come potesse piacerle lavorare con animali maleodoranti in un centro di tutela ambientale, mentre a sua volta lei non riusciva a capire come qualcuno potesse sopportare tutti i sacrifici e le finzioni di una vita trascorsa tra feste e ricevimenti. Si voltò a osservare la sala da ballo che, grazie a una schiera di efficienti membri dello staff, in quel momento si stava trasformando nella location perfetta in cui ambientare un film musicale degli anni Trenta. Si era occupata personalmente della promozione dell'evento e della vendita dei biglietti, sopportando con pazienza i commenti di sua madre a proposito di ogni nome che si aggiungeva alla lista degli ospiti. «Dante Hermida» aveva commentato Lady Viv in un'occasione. «Giocatore di polo e incorreggibile dongiovanni. Faresti meglio a stargli alla larga anche se, in ef7
fetti, non credo proprio che tu saresti il suo tipo.» Una pausa nella lite ancora in corso nella cambusa le permise di sentire il suono del proprio cellulare. Non poteva essere sua madre, avrebbe dovuto trovarsi in volo sopra l'Atlantico, in quel momento. Ma mentre si avvicinava a passi rapidi al telefono, sapeva quale nome avrebbe visto comparire sullo schermo. Dio, no. Non poteva... Non questa volta... Proprio come aveva previsto. Premette con forza il tasto di risposta. «Da dove chiami? Perché non sei in viaggio? Dove sei?» «Tesoro, devi proprio rispondere al telefono in modo così aggressivo?» Lucie chiuse gli occhi, immaginando la lieve smorfia di disappunto sulle labbra perfettamente truccate della madre, e pregò di riuscire a mantenere il controllo. «Cosa ne dici di ricominciare daccapo? Buongiorno Lucinda, hai dormito bene?» Lucie non era dell'umore giusto per stare al gioco. «Dove sei?» La pausa che seguì fu abbastanza lunga da farle capire di aver avuto ragione. L'istinto le aveva detto che si sarebbe ritrovata da sola, che sua madre l'avrebbe delusa ancora una volta, ma lei si era rifiutata di crederci, di pensare che potesse essere tanto crudele. Sua madre sapeva bene quanto lei odiasse gli eventi pubblici così come sapeva che non sarebbe mai stata in grado di condurre la serata da sola. Era un ulteriore esempio di quanto si trovasse in basso nella lista di priorità della madre. Black occupava chiaramente il primo posto seguito da Simon, il loro bellissimo figlio, quindi le amicizie, le case, i vestiti, i gioielli e in fondo, all'ultimo posto, lei, Lucie. «Ho chiamato per avvisarti che potrei fare un po' tardi. Sono quasi sicura di riuscire a intervenire, almeno nella tarda serata, ma la situazione è un po' complicata al 8
momento... Simon si è messo in un piccolo guaio e io non posso andarmene così, senza sapere se sta bene.» La cosa non la sorprendeva affatto. Il suo fratellastro era un esperto, quando si trattava di mettersi nei guai. Non faceva altro da vent'anni. «So che questa festicciola è importante per te, ma chiaramente devo occuparmi di Simon... E in fondo è un po' egoista da parte tua pretendere che lasci tutto e attraversi l'Atlantico per una tartaruga, o quello che è, quando ho così tanti impegni...» Lucie non sentì nemmeno la fine della frase. Rimase a fissare il vuoto, come ipnotizzata, mentre davanti ai suoi occhi le immagini scorrevano come la pellicola di un film. Quella sera la madre e suo marito avrebbero sorseggiato uno scotch mentre Simon si sarebbe consolato nel letto di qualcuna, progettando il prossimo festino. E lei? Avrebbe portato avanti la serata. Da sola. Si chiese se sua madre l'avrebbe mai vista come qualcosa in più della poco attraente figlia del suo primo marito. «Devo andare» disse quasi parlando a se stessa. Lasciò ricadere le spalle ed emise un sospiro di profonda desolazione, «Andare dove?» piagnucolò sua madre. «Senti, Lucie, andrai benissimo. Mi hai vista farlo migliaia di volte. Parla nel microfono, punta un viso in mezzo alla folla. E sorridi!» «Devo andare... a nuotare.» Concluse la telefonata, spense il telefono e si avviò lentamente, un passo dopo l'altro, verso la cabina. Si sarebbe schiarita le idee. Avrebbe trovato una soluzione. Ancora una volta, non aveva altra scelta. Era mattino dopo la notte prima e sapeva che, concentrandosi, avrebbe potuto ricordare quando quella festa 9
fosse iniziata. In ogni caso, per Dante Salvatore Vidal Hermida, Dante per centinaia di amici, la cosa stava andando un po' troppo per le lunghe. Non che avesse bevuto troppo, aveva da tempo abbandonato quel particolare modo per cancellare i pensieri, ma lo sforzo di mostrarsi il gioviale padrone di casa iniziava a essere eccessivo. Quello di cui aveva bisogno in quel momento era una sessione d'intensa attività fisica, prima di rimontare in sella e condurre la squadra verso la vittoria nel circuito del Medio Oriente. Avvertì dei suoni alle sue spalle, un verso soffocato, uno schianto, una risatina, e decise che non avrebbe sopportato altro. Erano già quasi le undici del mattino e di sicuro la giornata aveva da offrire molto più che ricominciare a darci dentro insieme a Vasquez, Raoul e chiunque altro fosse rimasto. Diede un'occhiata alla baia. Era contento di essere lì, in quell'angolo di paradiso. Di solito non si spingeva mai oltre l'isola caraibica di Dominica, non ne aveva il tempo, ma lo aspettava un programma intenso che sarebbe durato per intere settimane e aveva intenzione di godersi ogni momento di divertimento prima di firmare il contratto per il nuovo club di polo con Marco negli Hamptons. E prima dell'imminente riunione di famiglia a New York. Mancavano cinque giorni e sua madre era stata incredibilmente paziente per i suoi standard. Avrebbe pensato più tardi a trovare un'accompagnatrice per la cerimonia di premiazione. Doveva esserci qualcuna che poteva portare. Qualcuna in grado di capire che incontrare la sua famiglia non significava essere sul punto di unirsi a essa, e che la frase abito scuro non implicava doversi agghindare come la playmate dell'anno. Sorrise. Quell'idea non gli sarebbe dispiaciuta, in effetti. 10
Cinque giorni. Poteva fare molto in cinque giorni, a cominciare da una visita a bordo del famoso Marengo di Lord Louis. Lo osservò attentamente, svettante su tutte le altre imbarcazioni ormeggiate nella baia come una cima maestosa circondata da basse colline. Non era mai salito a bordo, ma secondo Raoul era uno yacht a dir poco strepitoso. Be', l'avrebbe verificato di persona. Forse. Aveva già ricevuto almeno tre proposte per quella notte. Forse avrebbe fatto una breve apparizione, poi si sarebbe congedato. Ma quante volte l'aveva pensato, per poi risvegliarsi intontito avvinghiato al corpo di una donna che voleva più di quanto lui sarebbe mai stato disposto a dare? Chinò la testa, osservando le proprie mani strette intorno al parapetto, le nocche bianche per lo sforzo, e serrò le labbra. Sua madre sarebbe presto tornata alla carica, insistendo per conoscere l'identità della donna misteriosa che avrebbe partecipato con lui alla cerimonia durante la quale lei sarebbe stata premiata per una vita dedicata alla beneficenza. Il vero mistero però era perché tutti fossero convinti che avesse una donna da portare. Non era così! Non ancora, almeno. Avrebbe presto risolto la situazione, non doveva fare altro che chiamare una delle innumerevoli donne che la stampa si aspettava che lui portasse. Purché avesse un quoziente intellettivo decente e fosse in grado di mantenersi da sola. Ridacchiò, pensando alla lista di requisiti minimi che sua madre gli aveva elencato quando gli aveva parlato di quella serata. Avrebbe trovato una soluzione, come sempre. Subito dopo aver capito cosa stesse accadendo a bordo del Marengo, però. Socchiuse gli occhi e prese il binocolo appoggiato accanto a sé. Una donna si stava arrampicando sul parapetto del ponte inferiore dello yacht. 11
Una donna in bikini. Anche da quella distanza, era incredibilmente femminile. Niente di inusuale per il Marengo, pensò, ma c'era qualcosa di strano in lei. Raggiunse il bordo esterno della ringhiera e rimase immobile, come sul davanzale di un grattacielo, pronta a saltare. Alta, orgogliosa, dignitosa. Trascorsero diversi secondi, forse addirittura minuti mentre lei continuava a rimanere immobile. Poi con un cenno della testa quasi regale fece un passo nel vuoto e cadde nell'acqua. Lui lasciò cadere il binocolo. Era scomparsa, dritta nell'acqua. Nessun tuffo elegante, nessun salto giocoso. Riprese il binocolo e si sporse in avanti. «Che diavolo...?» Attese qualche istante, controllando l'acqua intorno allo yacht, ma non vi era alcun segno di vita, solo una piatta distesa azzurra su cui splendeva la luce del sole. Si passò una mano sugli occhi e guardò ancora. Nulla. Di sicuro era tutto a posto, pensò. Le persone sullo yacht sarebbero intervenute di certo se vi fosse stato qualcosa di cui preoccuparsi, quindi la soluzione migliore sarebbe stata farsi gli affari propri. Ma sentiva di non avere altra scelta. Scavalcò in un solo balzo il parapetto atterrando sul motoscafo che era servito a guidare l'imbarcazione in porto. Alle sue spalle la musica aumentò di volume e Raoul chiamò il suo nome, ma lui avviò il motore e si lanciò verso il mare aperto. Mantenne lo sguardo fisso sulla sua meta. Cosa diamine aveva appena visto? Poteva essersi semplicemente trattato di un tuffo spericolato, ma aveva già avuto a che vedere con persone che volevano farsi del male e non avrebbe corso il rischio. Quando fu abbastanza vicino, rallentò. L'ultima cosa che voleva fare era peggiorare la situazione investendola. Alzò gli occhi sul Marengo. Alcune persone si muove12
vano rapidamente sul ponte principale, ma nessuna di loro sembrava sul punto di urlare: Uomo in mare. Poi la vide. Un braccio pallido come un delicato giunco ruppe la superficie dell'acqua e si abbassò disegnando un cerchio perfetto che la spinse in avanti senza alcuno sforzo apparente. Rimase a guardare affascinato. Le sue braccia si sollevavano alte sull'acqua e ricadevano in un lento arco aggraziato. Sorrise poi sollevò il binocolo che aveva al collo per avere una visuale migliore, doveva assicurarsi che stesse davvero bene, dopotutto. Stava superando le boe di sicurezza, una cosa che solo un nuotatore molto esperto o molto incosciente avrebbe fatto. In quella zona si muovevano motoscafi e imbarcazioni di ogni genere. Le cose potevano mettersi male da un momento all'altro. La vide abbassare il braccio e attese che si alzasse di nuovo. Per un secondo regnò una quiete assoluta e il tempo sembrò fermarsi, quasi che dal mondo intero fosse stata risucchiata ogni traccia d'aria. E poi la superficie dell'acqua fu increspata da un dimenarsi scomposto di arti. Strinse gli occhi. Cos'era accaduto? Un attimo prima si muoveva come una professionista e ora si agitava alla stregua di una dilettante. Si avvicinò in tutta fretta, senza mai perderla di vista. Lei sollevò la testa di scatto, volgendo nella sua direzione due occhi resi enormi dalla paura. Doveva aiutarla. In quel momento non contava altro che la sua sicurezza. Spense il motore e dopo un agile tuffo nuotò a perdifiato verso di lei. Era ancora in superficie così lui l'afferrò per la vita, tirandola verso il suo petto e spingendosi poi all'indietro. Il corpo tra le sue braccia acquisì all'improvviso una straordinaria energia e lui dovette stringerla con più forza per riuscire a tenersi a galla e continuare a muoversi. 13
«Lasciami! Lasciami!» urlò. Doveva essere lo shock, ma di sicuro non era d'aiuto. «Va tutto bene. Rilassati.» Allentò la presa per riuscire a darsi una spinta più potente verso la barca e quando l'afferrò nuovamente per la vita, avvertì tutta la sua forza e la sua rabbia. Qualcosa in lui sembrò prendere fuoco. Doveva riuscire a metterla sulla barca, ma non aveva nulla su cui fare leva, nessun possibile appiglio. Riuscì a sollevarla oltre il bordo del motoscafo ma lo sforzo non gli impedì di notare curve ferme e toniche coperte da piccoli triangoli di stoffa verde. Si sollevò a sua volta sul ponte e osservò quel fascio di energia nervosa. Era ancora più bella, vista da vicino. La sua pelle era liscia e candida, i capelli le ricadevano biondi e bagnati intorno alle spalle, raccolti in due pesanti trecce, il suo braccio però... lo stava massaggiando con attenzione, ancora e ancora. Rimase stupito nel rendersi conto di quanto fosse rimasto ipnotizzato da lei. Accantonando quel pensiero, si avvicinò. «Sei ferita?» L'espressione sul suo viso... «Sono ferita? Sei arrivato a tutta velocità con questa stupida barca, mi hai quasi travolta e hai terrorizzato la popolazione marina che appartiene a questo posto. È un miracolo che non sia ferita.» Dante rimase immobile. Non poteva trattarsi solo di shock. «Sono stata punta, razza d'idiota! Tutto qui. Non c'era alcun bisogno di tutto... questo.» Lo guardò, percorrendolo da capo a piedi con occhi verdi brillanti d'ira, e lui serrò la mascella, flettendo le dita. Si ritrovò a raddrizzare la schiena e a portare il petto in fuori, mentre la fissava a sua volta. «Non c'era bisogno di cosa?» Non riusciva a capire. Si era trovata in difficoltà, ne era sicuro. Non osava imma14
ginare cosa le sarebbe potuto succedere, se non l'avesse vista. Che razza di persona poteva mostrarsi tanto irriconoscente? «Non avevi bisogno di essere soccorsa? Be', errore mio, ma di certo non sembravi avere il controllo della situazione.» Sollevò la testa di scatto e gli rivolse lo stesso sguardo altero che le aveva scorto sul viso subito prima che scomparisse in acqua. «Non mi hai soccorsa! Non avevo bisogno di essere soccorsa. Era solo una medusa.» Dante aprì la bocca ma la richiuse subito. Che bisbetica. Avrebbe dovuto lasciarla dov'era. Gli stava urlando contro quando non aveva fatto altro che cercare di aiutarla. «Dovresti imparare le buone maniere, principessa, prima che mi venga voglia di gettarti in acqua.» Era giusto quello che aveva voglia di fare. Sentiva le proprie spalle irrigidirsi sempre più, le mani formicolare... Doveva riprendere il controllo. Che stava succedendo? Era sempre rilassato, quasi pigro, quando si trattava di donne. Non si lasciava mai trasportare, mai. Non agiva mai senza che il suo corpo e la sua mente fossero in sintonia. Il passato non gli aveva insegnato nulla? La vide spalancare gli occhi e le sue labbra carnose si dischiusero. Lui rimase colpito da quell'improvvisa espressione di vulnerabilità che le attraversò il viso come una nuvola davanti al sole. Probabilmente era un'altra delle tante donne di Lord Louis che aveva optato per un'uscita di scena drammatica dopo aver realizzato di aver raggiunto la data di scadenza. Chi poteva dirlo? L'unica cosa che sapeva era che non si sarebbe mai più lasciato invischiare nei contorti giochetti di una donna. «Non chiamarmi principessa. È un titolo che non mi appartiene. E tu dovresti imparare a chiedere alle perso15
ne se vogliono essere soccorse, prima di caricarle sulla tua barca.» «Lo farò senz'altro.» Dante sorrise e la vide spalancare di nuovo gli occhi. Fece un cenno del capo in direzione del Sea Devil, dove il resto della comitiva doveva essere in piena attività, ormai. «C'è una festa, laggiù, e gli invitati stanno aspettando che il padrone di casa torni. Perciò, se vuoi scusarmi...» Fece un cenno con la mano verso l'acqua. Quella bisbetica poteva continuare a salvarsi da sola. «Giù.» «Cosa?» Aggrottò la fronte, quasi lui stesse parlando una lingua diversa che lei non riusciva a capire chiaramente. «Con chi credi di avere a che fare?» Lui si voltò verso il Sea Devil. Un'altra imbarcazione si era avvicinata e ora era ancorata al suo fianco. Si portò il binocolo agli occhi. Sembrava che le sorelle Cotier stessero salendo a bordo. Avrebbe riconosciuto quelle gambe ovunque... Si girò di nuovo verso di lei. «Scusa, dicevi?» «Le persone come te mi disgustano! Turisti che pensano solo a fare festa e a correre sui motoscafi, senza curarsi minimamente dell'isola, delle persone o degli animali...» «Forse non mi hai sentito. Ho detto giù.» «Seriamente, credi di potermi dare ordini? Sai chi sono?» «Chi sei? A parte essere la più grande scocciatura che mi sia mai capitata, non mi importerebbe nemmeno se fossi la regina d'Inghilterra. Cosa che non sei. Perciò ora credo...» Inclinò la testa, notando la macchia rossastra sul suo collo, che sembrava sul punto di invaderle anche il petto. E che petto, di certo meritevole di uno sguardo prolungato. Ma non le avrebbe dato quella soddisfazione anche se quel seno, che il bikini non celava più di tanto, era una tentazione notevole. «... che non abbiamo più 16
nulla da dirci. Perciò ti ordino di scendere dalla mia barca.» Lei lo guardò dritto negli occhi e un uomo più debole probabilmente avrebbe esitato. Ma non lui. Non Dante Hermida. Forse non aveva un dottorato in legge a Harvard, o una società di successo come suo fratello, però sapeva combattere, cavalcare e incantare ogni donna nel raggio di chilometri. Allora perché con questa donna in particolare sembrava fare tanta fatica? «Hai venti secondi, dannazione!» sbottò. Scosse la testa, cercando di mantenere la propria irritazione sotto controllo. Per quanto lo riguardava, quella strega poteva andare al diavolo. Poteva anche avere l'aspetto di una divinità, ma la vita era troppo breve per sprecare anche un solo secondo di più con una che riusciva a innervosirlo in quel modo con la sua semplice presenza. «Dieci» disse. Soffocando l'impulso di gettarla in acqua con le sue stesse mani, si sfilò la maglietta e prese un asciugamano. Si accorse quasi subito che lo osservava con occhi socchiusi, furente. Ma per quanto sembrasse voler attaccar briga, non poteva nascondere il messaggio chiaro dietro quello sguardo. Lo stava fissando come se fosse una tavola imbandita nel mezzo del deserto. Si passò l'asciugamano lungo le braccia e sui pettorali. «Cinque.» Lo stava ancora fissando imbambolata, senza dare segno di volersi muovere. Lentamente, lui si asciugò la schiena poi scese seguendo la linea degli addominali. Infine passò l'asciugamano sui capelli e rimase a guardarla. Anche i suoi pantaloncini erano fradici. Gli occhi di lei vi si posarono per un istante e la sua bocca si aprì a formare un esitante: «Oh...». 17
La sua pelle risplendeva sotto l'intensa luce del mattino e innumerevoli fili d'acqua formavano una pozza ai piedi di lei, percorrendo nel loro cammino tutte quelle curve. Si chiese se fosse la donna dal fisico più attraente che avesse mai visto, perché aveva scatenato in lui una reazione che pareva non dare alcuna importanza al fatto che proprio non la sopportava. Sembrava volesse passare al gioco duro e lui era più che aperto all'idea. Sentendo montare l'eccitazione, si passò l'asciugamano su una gamba poi sull'altra. Aveva delle gran belle gambe, o così almeno gli era stato detto, gambe in grado di guidare un cavallo, farlo girare o fermare con una semplice stretta. Ma a giudicare dallo sguardo di lei, aveva in mente ben altro che fargli cavalcare un pony. «Non sembri volerti muovere, principessa. Speravi di avere un altro contatto fisico, prima di andartene?» Lui di certo sì. La studiò con tutta calma, ora. Il bikini spostatosi nell'agitazione forniva una visuale davvero generosa del suo seno sinistro. Il duro bocciolo del capezzolo spuntava invitante e gli provocò una nuova fitta di lussuria. Per quanto fosse irritante, lei era anche incredibilmente attraente e lui aveva molte idee su come avrebbe potuto farsi perdonare. Afferrò con le mani la vita dei pantaloncini poi sollevò un sopracciglio, invitante. Quanto in là avrebbe lasciato che si spingesse? «Zero» disse. In un unico movimento slacciò i pantaloncini poi li lasciò ricadere sul ponte, esponendo la sua evidente erezione e facendo un passo in avanti. Lei rimase immobile per un secondo, un'espressione di assoluto shock sul volto, poi si voltò, scavalcò il parapetto e si tuffò. «Uomo in mare!» gridò lui divertito. 18
Si sporse a guardarla mentre nuotava con foga verso il Marengo. «È stato un piacere, principessa» la salutò con tono di scherno. A quel punto Dante si rimise i pantaloncini e avviò il motore del suo motoscafo, sollevato al pensiero che non l'avrebbe più rivista.
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