DIANA PALMER Un nome che ogni lettrice di romanzi d'amore ben conosce. Un'autrice nordamericana così famosa e prolifica da aver scritto più di un centinaio di libri e da essere un'abituale presenza nella prestigiosa New York Times Bestselling List. Fin dal suo esordio, nel lontano 1979, Diana ha saputo catturare l'ammirazione del pubblico con storie sensuali e affascinanti e personaggi così intensi e passionali da far breccia istantaneamente nel cuore delle lettrici. Ha iniziato la sua carriera di scrittrice come giornalista, una strada che ha seguito con entusiasmo per sedici anni. Fino al giorno in cui il suo primo libro è stato pubblicato. Da allora ha capito che non ci sarebbe stato altro spazio nella sua vita lavorativa oltre a quello dedicato ai romanzi d'amore. Ma le passioni di Diana non si esauriscono certo con la scrittura. C'è la famiglia, naturalmente, e poi un impegno encomiabile che la porta a interessarsi di moltissime associazioni benefiche. E a quarantanove anni ha trovato anche il tempo per laurearsi con lode. D'altra parte Diana ha una vitalità incredibile. E la sua passione per le auto veloci lo testimonia.
Diana Palmer
VOLONTÀ RIBELLE
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Will of Steel Silhouette Desire © 2010 Diana Palmer Traduzione di Lucilla Negro Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny dicembre 2011 Questo volume è stato stampato nel novembre 2011 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 1931 del 20/12/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 A Theodore Graves non era mai piaciuto andare in quel posto. Lo stupido bovino lo seguiva dappertutto e non poteva fare un passo senza averlo fra i piedi. Una volta lo aveva scacciato con un ramoscello d'abete, ma si era beccato gli improperi della sua padrona, che lo aveva accusato di crudeltà nei confronti degli animali, citando addirittura il relativo articolo di legge. Non che ne avesse bisogno. La legge la conosceva bene, essendo commissario di polizia nella piccola cittadina del Montana dove vivevano entrambi. Ovvio che, trovandosi ora a circa due miglia dai confini urbani di Medicine Ridge, lì non si era più in città. La proprietà comprendeva un piccolo ranch a Hollister, due ruscelli dalle acque fresche e limpide, ottime per la pesca delle trote, e metà di una montagna. E da sempre era appartenuta a suo zio e allo zio di Jillian. Amici per la pelle, erano morti entrambi di recente. Suo zio d'infarto, quello di lei in un disastro aereo mentre si recava a una riunione di mandriani, circa un mese dopo. La proprietà sarebbe stata messa all'asta, e c'era già un imprenditore edile che l'aveva adocchiata, aspettando solo il momento opportuno per fare la sua offerta. Vi avrebbe costruito un resort di lusso, puntando proprio sulla bellezza del paesaggio e 5
sulla pesca alle trote per attirare la clientela. Se fosse stato per Theodore, quel tizio avrebbe fatto bene a tornarsene da dove era venuto. E anche Jillian la pensava allo stesso modo. Ma quei furbastri dei loro zii avevano posto una clausola nei rispettivi testamenti circa la proprietà della terra in questione. La clausola aveva lasciato Graves e la ragazza a bocca aperta quando il notaio, divertito, l'aveva letta ad alta voce. E provocava un continuo battibecco ogni volta che lui si presentava alla sua porta. «Non ti sposo» tuonò Jillian Sanders l'istante in cui lui mise piede sul portico. «A costo di dover dormire nella stalla con Sammy.» Sammy era il bovino. Theodore la squadrò da capo a piedi, dall'alto dei suoi venti centimetri in più di statura. «Non c'è problema» disse, con aria di sufficienza. «Tanto, non credo che la scuola elementare ti concederebbe il permesso di sposarmi.» Jillian arricciò il naso lentigginoso. «Se è per questo, tu dovresti ottenere il permesso dall'ospizio per anziani, e scommetto che non lo darebbero neanche a te.» Ormai, andavano avanti così. Un continuo punzecchiarsi. Lui aveva trentun anni e lei quasi ventuno. E non potevano essere peggio assortiti. Jillian era minuta, bionda, con gli occhi azzurri, Theodore alto, moro e con occhi neri. A lui piacevano le pistole, e scorazzare sul suo vecchio fuoristrada quando non era in servizio. Lei adorava stare a casa, tranquilla, e sperimentare nuove ricette per dolci. Lui detestava i dolci, come lei, d'altronde, odiava le pistole e il rumore degli spari. «Se non mi sposi, Sammy finirà nel menu della 6
trattoria locale e tu andrai a vivere in una grotta nei boschi» le prospettò, con sadismo apocalittico. La tragica annotazione non aiutò la disposizione d'animo di Jillian che lo fulminò con un'occhiata di fuoco. Non era colpa sua se non era rimasto più in vita nessuno dei suoi familiari. Una brutta influenza le aveva portato via i genitori quando era ancora in fasce. Era cresciuta con lo zio, che non aveva mai goduto di una salute di ferro a causa di una disfunzione cardiaca, aggravatasi con l'età. Jillian si era presa cura di lui, tenendo sotto controllo la sua alimentazione e coccolandolo con piatti speciali. Per ironia della sorte, non era stato il cuore malandato a portarselo via, ma lo schianto dell'aereo che prendeva solo una volta all'anno, per rivedere i vecchi amici in occasione del convegno di mandriani. Lo zio le mancava terribilmente. Era così brutto, ora, al ranch, senza di lui. Si sentiva triste e sola. Certo che, se avesse sposato Mister Rambo, non sarebbe stata meno sola. Continuava a guardarlo truce, come se fosse l'origine di tutti i suoi guai. «Preferirei di gran lunga vivere in una caverna. Detesto le pistole!» aggiunse con veemenza, notando quella vecchio stile che lui portava sul fianco, infilata nella fondina. «Potresti fare un buco in una parete di cemento armato con quell'aggeggio!» «È probabile.» «Perché non porti qualcosa di più piccolo, come i tuoi colleghi?» «Mi piace dare nell'occhio» replicò lui, schioccando la lingua. «In me tutto è esagerato.» Jillian restrinse gli occhi a due fessure, cogliendo in ritardo l'allusione. 7
Theodore si tolse dalla faccia il sorrisetto impudente e sospirò afflitto. «Non ho pranzato» tentò di impietosirla, un'espressione patita dipinta sul volto. «C'è un'ottima trattoria in città.» «Che presto chiuderà perché non riescono a trovare una cuoca» replicò, contrariato. «Il colmo è che viviamo in una città dove ogni donna sa cucinare, solo che nessuna vuole farlo per il pubblico. Credo che il mio destino sarà quello di morire di fame o di rovinarmi lo stomaco a furia di ingurgitare schifezze.» Ormai da mesi campava a cibo da asporto e surgelati. «Sposarmi significherebbe salvarmi la vita. Almeno, sai cucinare.» Lei gli scoccò un'occhiata compiaciuta. «Sì, me la cavo. E la trattoria in città non sta per chiudere. Hanno trovato una cuoca proprio stamattina.» «Ah, sì? E chi è?» Jillian abbassò lo sguardo. «No... non so come si chiami, ma dicono che sia brava. Quindi, problema risolto: non morirai di fame.» «Come se questo bastasse a risolvere la situazione.» Le labbra sensuali del commissario si serrarono in una linea sottile. «Bada... Non è che non veda l'ora di sposarmi...» «Se è per questo, neanche io» replicò lei prontamente, un tantino risentita. «Figurati, non sono neppure mai stata fidanzata» aggiunse senza pensarci. «Caspita! E chi aspetti? Hai vent'anni. Quasi ventuno.» «Il fatto è che lo zio non si fidava di nessuno e non mi lasciava uscire.» Un guizzo impertinente gli attraversò gli occhi scuri. «Mi ricordo che una volta sei scappata di casa.» Jillian diventò paonazza. Sì, era vero, con un revi8
sore contabile venuto in città per conto di uno studio legale. L'uomo, un bel po' più adulto e scaltro di lei, l'aveva subito conquistata. Si era fidata di lui, e lo aveva seguito nella sua camera d'albergo... per prendere qualcosa che aveva dimenticato, così aveva detto. Poi, aveva chiuso la porta a chiave e tentato di spogliarla. Non sapeva che Jillian aveva già subito un trauma simile in precedenza, da parte di un uomo che aveva cercato di prenderla con la forza, un bracciante che lavorava alle dipendenze dello zio John. Lo zio si sentiva in colpa per quanto le era successo. Inoltre, all'epoca era ancora minorenne, e quindi le aveva ordinato di stare alla larga dal revisore, perché non si fidava di lui. Ma Jillian si era subito infatuata di quell'uomo, che aveva iniziato a corteggiarla quando lo zio l'aveva portata con sé dall'avvocato per concludere un contratto riguardante l'acquisto di un terreno. Era sicura che fosse diverso dal mascalzone che lavorava per lo zio. Avevano parlato al telefono diverse volte, poi lui l'aveva convinta a uscire. Così, era sgattaiolata fuori di casa quando lo zio era andato a dormire, ficcandosi in un bel guaio nel momento in cui l'uomo aveva palesato spudoratamente le sue intenzioni. Per fortuna, era riuscita a prendere il cellulare e a chiamare la polizia. Quel che era accaduto poi non lo avrebbe mai dimenticato. «Che bisogno c'era di sfondare la porta?» brontolò, lasciando sfumare la voce sul finale. Lui le lanciò un'occhiataccia. «Era chiusa.» «Esistono le chiavi.» «Così, mentre andavo tranquillo e beato a chiederle in portineria, tu...» 9
Jillian arrossì. «Sì, be'... mi sembra di averti ringraziato abbastanza all'epoca, no?» «E un ragioniere itinerante ha capito quanto sia pericoloso cercare di sedurre una minorenne nella mia città.» Non poteva contestargli nulla. Aveva solo sedici anni, e l'intervento sollecito di Theodore le aveva salvato l'onore. Il forestiero non sapeva, in realtà, quanti anni avesse. Jillian era certa che, se avesse anche solo lontanamente sospettato che non era maggiorenne, non le avrebbe mai chiesto di uscire. Ma nessun uomo, prima di quel momento, le aveva mai mostrato interesse... quindi gli aveva taciuto la sua età. Alla fine, quando il tizio aveva lasciato lo studio per il quale lavorava e non era più tornato a Hollister, si era sentita morire. Se era successo quel pasticcio, in fondo, era tutta colpa sua. Il guaio era che non si trattava del suo primo episodio spiacevole con un uomo più adulto. Il primo, a quindici anni, l'aveva letteralmente traumatizzata. Si era fidata del revisore perché le piaceva davvero, si era presa una vera cotta per lui. Tutto sommato, non era una persona sgradevole, come quell'altro... «Il giudice lo ha lasciato andare con un'ammonizione, consigliandogli di accertarsi della vera età di una ragazza prima di appartarsi. Sarebbe potuto finire in prigione, però, e sarebbe stata tutta colpa mia» ribadì. Non menzionò l'altro l'uomo, che per il suo tentato stupro stava ancora scontando la pena. Ted non ne sapeva nulla e lei non aveva nessuna intenzione, per il momento, di raccontargli quella brutta storia. «Non mi sembra vada giustificato» obiettò lui, asciutto. «Anche se tu fossi stata maggiorenne, non aveva alcun diritto di forzarti.» 10
«Giusto.» «Il fatto è che tuo zio avrebbe dovuto lasciarti più libertà.» «Non ho mai capito perché mi tenesse sotto chiave» dichiarò Jillian, pensierosa. Gli occhi scuri di Theodore scintillarono ammiccanti. «Ti voleva preservare per me, ovvio.» Lei spalancò la bocca, sgomenta, e lui rise. «Non che me l'abbia detto apertamente, ma dovresti sapere, visto il suo testamento, che aveva dei progetti su noi due.» In effetti, cominciavano a quadrarle diverse cose. Per un istante, rimase senza parole. «Ti ha voluta tenere sotto vetro per me» continuò, con lo stesso tono canzonatorio di prima. «È chiaro che tuo zio, invece, non mi ha ricambiato il favore» ribatté lei, pungente. Theodore si strinse nelle spalle, lo sguardo ancora più insinuante. «Uno di noi due doveva pur imparare come vanno certe cose, no?» puntualizzò. «Per metterle in pratica a tempo debito.» Jillian arrossì. «Credo che siamo in grado di cavarcela entrambi senza disegnini.» Lui si fece più vicino. «Vuoi che ti dia qualche dritta?» «Smettila! Tanto, non ti sposo» protestò. «Fa' un po' come ti pare. Con delle tendine carine e un tappeto, la grotta dove andrai a vivere diventerà più accogliente.» Allungò lo sguardo verso la campagna. «Povero Sammy» aggiunse con finto rammarico. «Che futuro, come dire, poco appetibile lo aspetta.» «Tanto per incominciare, è una lei.» «Ma Sammy è un nome da maschio.» «Sì, però è una mucca. Un'adorabile giovenca, per 11
la precisione» insistette Jillian. «Quando crescerà e darà il latte, lo vedrai.» «Oh, a patto che abbia dei vitellini.» «Appunto. Come vedi, lo sai anche tu.» «Faccio parte dell'associazione dei mandriani» le rammentò. «Certe cose vengono dette alle riunioni.» «Sono una socia anch'io e, no, non si parla di questo. Sono cose che impari solo se allevi bestiame.» «Ho capito, non è aria.» Theodore si abbassò la falda del cappello da cowboy sugli occhi. «Meglio che me ne torni al lavoro.» «Mi raccomando, non sparare a nessuno.» «Non l'ho mai fatto.» «Questa sì che è bella. E che mi dici di quel rapinatore di banca?» «Ah, quello. Ha sparato prima lui a me, però. Io ho solo risposto al fuoco. La differenza è che lui ha mancato il colpo, io no. E l'ho spedito in ospedale. Così, oltre che per rapina a mano armata, è stato condannato anche per aggressione a un pubblico ufficiale.» Una ruga di preoccupazione le solcò la fronte. «Ha giurato che te la farà pagare. E se dovesse succedere?» «Quando uscirà di prigione, io sarò già in un ospizio per anziani.» «Lo sai anche tu che si finisce col non scontare mai tutta la pena. Basta avere un buon avvocato.» «Non credo se lo possa permettere.» «Ci sono sempre gli avvocati d'ufficio.» «Ma dai, non mi dire!» «Senti, perché non te ne torni al lavoro e la pianti di farmi perdere tempo?» «È quel che stavo tentando di fare, ma se non la smetti di flirtare...» «Non sto flirtando!» contestò Jillian, irritata. 12
Theodore rideva sotto i baffi. I suoi occhi neri erano caldi e sensuali. «Sì, invece.» Mosse un passo verso di lei. «Potremmo fare un esperimento per scoprire se c'è chimica tra di noi.» Lei lo guardò confusa per alcuni secondi, finché non le fu chiara l'allusione. D'istinto indietreggiò, le gote incandescenti. «Non voglio fare proprio nessun esperimento con te!» Un sospiro teatrale gli vibrò sulle labbra. «D'accordo. Ma sarà un matrimonio molto triste se non ti scioglierai un po', Jake.» «E non chiamarmi Jake! Il mio nome è Jillian.» Theodore alzò le spalle. «Ti si addice più Jake, però.» Le diede deliberatamente una lunga occhiata, soffermandosi sui jeans sdruciti, la felpa grigia informe e gli stivali logori dalla punta rivolta ormai all'insù. I capelli biondi erano raccolti in una crocchia sopra la testa e il viso era completamente struccato. «Ti conci come un maschiaccio.» Jillian distolse lo sguardo. Aveva i suoi buoni motivi per non voler porre in risalto la propria femminilità, ma non aveva voglia di discuterne con Ted. Non ne parlava mai volentieri con nessuno. Quel che le era successo poteva mettere in cattiva luce lo zio John... e l'ultima cosa che voleva era gettare fango sulla sua memoria. Lui stesso si era accusato di mancanza di oculatezza quando aveva assunto alle sue dipendenze Davy Harris. Ma non aveva alcun senso rivangare il passato. Da bravo poliziotto qual era, Theodore sospettava qualcosa, ne era sicura. Accantonò il suo fare scherzoso e le chiese, con lo stesso tono blando che si usa coi bambini: «C'è qualcosa che mi vuoi dire, Jake?». 13
Lei evitò il suo sguardo. «Non servirebbe a nulla.» «Provaci.» «Non ti conosco così bene da farti certe confidenze» ribatté, scontrosa. «Se mi sposi, mi conoscerai.» «Ancora con questa storia...» «Povera Sammy.» «Smettila!» si alterò. «Le troverò una sistemazione. Posso sempre chiedere a John Callister e sua moglie Sassy se possono tenermela.» «Al ranch dove allevano bestiame di razza.» «Guarda che Sammy è una purosangue da entrambe le parti» bofonchiò. «Sua madre era una mucca di razza Hereford e suo padre era un Angus.» «E Sammy è una pura bastarda» concluse lui, ironico. Jillian fece spallucce. «Sofismi» lo rimbeccò con aria noncurante. Ted sorrise. «Eccoci con un'altra delle tue parole difficili.» «Non fingerti ignorante. Lo so che ti sei laureato in fisica mentre frequentavi l'accademia.» «Dovrei sentirmi lusingato?» Le folte e scure sopracciglia si congiunsero all'insù. «Per cosa?» «Del fatto che tu sia interessata alla mia formazione culturale.» «Lo sanno tutti. Non solo io.» Scrollò le spalle. «Perché hai scelto di fare il commissario di polizia in una piccola città sperduta del Montana con il titolo di studio che ti ritrovi?» gli chiese senza pensarci. «Forse perché non ho questa grande passione per la ricerca scientifica» le rispose lui semplicemente. «E 14
poi, non si gioca con le pistole in un laboratorio.» «Detesto le armi.» «Questo lo hai già detto.» «E lo penso davvero.» Jillian si esibì in un vistoso fremito di raccapriccio. «Prima o poi potresti finire con l'uccidere qualcuno per sbaglio. Era a uno dei tuoi uomini che è scivolata la pistola per terra e sono partiti dei colpi, no?» Il viso di Ted si adombrò. «Sì. Non era in servizio e teneva la calibro trentadue nella tasca della giacca. Nell'estrarre il portafoglio, gli è caduta per terra e si è scaricato tutto il caricatore.» Torse le labbra in una smorfia di disappunto. «Un errore che posso garantire non si verificherà mai più.» «Così ha detto sua moglie. Sai essere davvero spietato quando perdi la pazienza, eh?» «Fortunatamente, la raffica di colpi è finita addosso a una fila di lattine e ce la siamo cavata pagando i danni al negozio. Ma i proiettili avrebbero potuto colpire un bambino, o un adulto, con risultati tragici. Ci sarà un motivo per cui hanno inventato le fondine, no?» Jillian scrutò la sua con attenzione. «Quella lì è proprio graziosa» dichiarò, indicando il ricamo sulla morbida pelle marrone, le borchie d'argento e le frange. «Me l'ha fatta mia cugina.» «Tanika?» domandò, conoscendo bene la Cheyenne purosangue che viveva nei pressi di Hardin. «Sì, lei. Sostiene che perfino accessori pratici come una fondina devono essere belli.» «È molto brava. Ha realizzato anche delle borse, vero? Le ho viste in vendita nell'emporio di Hardin, vicino a Little Bighorn Battlefield. Sono stupende.» Erano borse di cuoio greggio, con frange e perline, in15
credibilmente belle oltre che utili per trasportare viveri e oggetti di vario genere. «Grazie.» «Per cosa?» «Per non averlo chiamato Custer Battlefield.» Un sacco di persone lo chiamavano così. Non aveva nulla contro il generale Custer, ma i suoi antenati erano Cheyenne. Alcuni suoi avi erano morti nelle battaglie di Little Bighorn e di Wounded Knee. Custer era ancora una nota dolente. Alcuni turisti sembravano non rendersi conto che in quelle campagne militari non avevano perso la vita solo soldati dell'esercito americano. Jillian accennò un sorriso. «Credo di avere anch'io un antenato Sioux.» «Si vede» commentò lui, ironico, indicando la sua carnagione molto chiara. «Mio cugino Rabby è un mezzosangue e ha i capelli biondi e gli occhi grigi» gli rammentò lei, puntigliosa. «Già.» Theodore consultò il suo orologio da polso. «Fra poco devo essere in tribunale per un'udienza preliminare. Sarà meglio che vada.» «Sto preparando delle ciambelline.» Era l'unico dolce che Ted mangiava. «È un invito a cena?» «Hai detto che stavi morendo di fame.» «Sì, ma non si può campare di soli dolci.» «E se ci aggiungessi una bistecca con patate?» Le labbra di lui si curvarono in un sorriso entusiasta. «Uhm, così sì che si comincia a ragionare. A che ora?» «Va bene per le sette? Rapine in banca e agguati permettendo, naturalmente.» 16
«Sono sicuro che sarà una giornata tranquilla.» Rifletté sull'invito. «I Callister mi hanno portato un flauto dal loro viaggio di nozze a Cancun. Potrei farti una serenata stasera.» Jillian arrossì appena. Conosceva bene il collegamento tra flauto e corteggiamento nella cultura degli indiani d'America. «Sarebbe carino.» «Sì?» Ted sfoderò un sorriso da cascamorto. «Non te ne stavi andando?» Non si fidava di quello sguardo. «Infatti. Allora, alle sette?» «D'accordo.» «A dopo.» Lui rimase con la mano bloccata sulla maniglia. «Devo indossare lo smoking?» «È solo una grigliata.» «Non si balla, dopo?» chiese, deluso. «No, a meno che non voglia accendere un falò e danzarci attorno. Ho imparato qualche passo dalle donne Cheyenne, sai?» «Non intendevo quel tipo di danza, ma quella che si pratica nelle sale da ballo.» «Conosci quei balli?» chiese lei, meravigliata. «Certo.» «Valzer, polka...?» «Tango» aggiunse, assumendo la rigida postura del tanguero. «Sai ballare il tango?» «Sì. Un mio amico lo ha imparato durante una missione in Argentina. E me lo ha insegnato.» «Mi immagino che coppia...» «Non ballavamo insieme, sciocca. Danzava con una ragazza.» «Buon per lui.» «Devo andare.» 17
«Lo hai già detto.» «Stavolta, me ne vado sul serio.» E si allontanò. «Alle sette?» gli gridò dietro. Theodore sollevò la mano in un cenno di assenso. Senza voltarsi. Jillian chiuse la porta e vi si appoggiò, sospirando. Era un po' in apprensione ma, dopotutto, doveva pur sposare qualcuno. Conosceva Theodore Graves meglio di chiunque altro uomo e, nonostante si punzecchiassero in continuazione, non si poteva dire che non andassero d'accordo. L'alternativa sarebbe stata permettere a qualche grossa società di costruire un resort a Hollister. Un vero disastro per gli allevatori locali. Strutture di quel tipo portavano ogni genere di svago, in aggiunta ad alberghi, stazioni di servizio e negozi. Sarebbe stato un grosso vantaggio per l'economia del luogo, ma Hollister avrebbe perso il suo fascino rurale. A Jillian non piaceva l'idea, ed era certa che molte altre persone del luogo la pensassero in quel modo. Lei adorava i boschi con i loro pini svettanti, i ruscelli dalle acque cristalline, dove andava a pescare nel tempo libero. Di tanto in tanto arrivava Theodore con la sua canna da pesca con mulinello e le si sedeva accanto. Poi, insieme, squamavano e sfilettavano il pesce e lo friggevano in abbondante olio bollente. Le veniva l'acquolina in bocca solo a pensarci. Si diresse in cucina. Aveva imparato a cucinare da una delle rare fidanzate dello zio e si era subito appassionata. Poteva conciarsi come un maschiaccio, ma aveva le mani d'oro ai fornelli. Nutriva una naturale affinità con la farina, le piaceva sentirla fra le dita, impastarla con l'acqua, e riusciva a preparare del pane 18
soffice in quattro e quattr'otto. Il profumo dei panini appena sfornati era una delizia per i sensi e mangiarli col burro fatto in casa, che acquistava da un'anziana vedova in fondo alla strada, era il massimo del godimento. Il suo pane piaceva anche a Theodore e glielo avrebbe preparato per cena, quella sera. Prese il contenitore della farina e un panetto di lievito. Servivano molte ore per la lievitazione... ma alla fine ne valse la pena. Non aveva indossato nulla di particolarmente carino per la serata, un paio di jeans nuovi e una camicetta rosa. Aveva anche intrecciato un nastro rosa fra i capelli, raccolti in un'alta crocchia. Non era elegante, né particolarmente bella, ma poteva sembrare una ragazza, e non un maschiaccio, se voleva. E lui lo notò non appena ebbe varcato la soglia di casa. Piegò il capo da un lato e la fissò compiaciuto. «Sei una ragazza» asserì, fingendosi sorpreso. Lei lo scrutò risentita. «Sì, sono una donna.» «Non ancora» ribatté Ted, arricciando le labbra. Jillian arrossì. Provò a rispondergli a tono, ma non le venne in mente nulla. Si sentiva stranamente confusa, oltre che un poco amareggiata. Lui non la vedeva come una donna... Perché? «Scusa» disse lui dolcemente, accorgendosi che ci era rimasta male. «Non è stato carino da parte mia parlarti così, soprattutto dopo tutto il fastidio che ti sei presa per prepararmi i tuoi panini speciali» aggiunse, ruotando il capo e annusando l'aria. «Come fai a saperlo?» Si toccò il naso. «Ho un olfatto sopraffino. Ti ho mai raccontato di quella volta che sono riuscito a stanare un ricercato dal suo odore? Il tizio a cui davamo la caccia usava una colonia di infima qualità e io mi 19
sono limitato a seguire la scia. Era tutto il giorno che cercava di coprire le sue tracce ed è rimasto così sbalordito, quando gli sono capitato davanti, che si è arreso quasi senza reagire.» «Glielo hai detto che era stata la sua colonia a tradirlo?» «No, non volevo che la voce iniziasse a circolare in certi ambienti, per non dare delle dritte a qualche criminale.» «Si sa, gli indiani d'America sono degli ottimi segugi.» «È tutta una questione di allenamento. La discendenza non c'entra.» «Ehi, non credevo che fossi così permaloso.» Theodore strabuzzò gli occhi, poi si fece pensieroso. «Banes ne ha combinata un'altra delle sue.» «Dovresti metterlo in punizione, magari assegnandolo alla stradale e affidandogli l'incrocio davanti alla scuola. Ne morirebbe.» «E invece no. Si è fidanzato con una vedova che ha un bambino che va alle elementari, ed è già diventato il suo eroe. Ora come ora, dirigere il traffico davanti alla scuola per lui è una benedizione.» «Potresti trovargli una mansione che detesta. Non avevi detto, una volta, che non sopportava di svolgere il servizio di ronda allo stadio durante le partite di football?» Il viso di Ted si illuminò. «È vero.» «Vedi? La soluzione si trova sempre.» Jillian corrugò la fronte. «Perché lo vorresti punire, stavolta? Che cosa ha combinato?» «Si è presentato con un nuovo libro sulla battaglia di Little Bighorn in cui c'è scritto che Cavallo Pazzo non vi ha preso parte.» 20
«Dai... Che stupidaggine!» «Ogni tanto salta fuori uno scrittore che, pur non avendo mai visto un indiano d'America in vita sua, sulla base di qualche pettegolezzo o fonte poco affidabile, pubblica un libro, sostenendo di essere a conoscenza della vera storia di qualche battaglia famosa. Il tizio in questione dichiara, inoltre, che Custer era uno spostato e un corrotto, coinvolto nello scandalo delle terre in cui vennero truffati i Sioux e i Cheyenne.» «Chi è ben informato su Custer non crederebbe mai a questa versione. Se non mi sbaglio, il generale si presentò in tribunale per testimoniare contro il fratello del presidente Grant. Perché avrebbe dovuto correre un rischio così grande? Avrebbero potuto smascherarlo, se davvero faceva il doppio gioco.» «La penso esattamente come te e l'ho detto a Banes.» «E lui?» «Ha tirato in ballo l'estesa conoscenza dell'autore della storia militare. Dice che è un esperto di guerre napoleoniche.» «Fantastico! E questo che c'entra con la battaglia di Little Bighorn?» «Un bel niente. Si può essere brillanti nel proprio ambito di studi, ma non pretendere di compiere delle ricerche partendo da dei pregiudizi e arrivare alle conclusioni sbagliate. Banes dice che quel tipo si è servito di giornali e riviste locali per una parte della sua ricerca.» «Non mi risulta che i Cheyenne abbiano scritto qualcosa a riguardo» ragionò Jillian. «Infatti. Tutto quello che si sa rispecchia il punto di vista della cavalleria americana o dei politici. Non è una novità che siano i vincitori a scrivere la storia.» 21
«Giusto.» Lui sorrise. «Uno di questi giorni ti porto a fare una passeggiata a Little Bighorn Battlefield.» «Sarebbe bellissimo. C'è anche un grazioso emporio da quelle parti.» «Sì, dove vendono dei bei prodotti di artigianato locale.» «Frutto del talento di artigiani del luogo» concordò lei. Poi emise un sospiro. «Sono stufa di oggetti fatti in Cina spacciati per manufatti indiani. Non ho nulla contro i cinesi, sia ben chiaro, ma se si vuole vendere prodotti realizzati dalle tribù del luogo, perché importarli?» «Non so darti una risposta.» «Come? Un commissario di polizia che non è informato su quello che accade sotto il suo naso?» ironizzò lei, critica. «Grazie per la frecciata.» Jillian reagì con una smorfia soddisfatta. Theodore increspò la fronte. «Ce l'hai un vestito?» «Certo. Nell'armadio. È quello che ho indossato al ballo del diploma.» «Dai!» «Potrei sempre comprarne uno nuovo» propose lei, mortificata. «Sarebbe il caso. Devo corteggiarti, e non è il caso di farci vedere in giro entrambi in pantaloni. Dovresti indossare una gonna.» Jillian sollevò spalle e sopracciglia con atteggiamento di disapprovazione. «Non ne vedo la necessità.» «Vuoi per caso sposarti in jeans?» «Per l'ultima volta, io non ti sposo.» Theodore si tolse il cappello dalle larghe falde e lo 22
appoggiò sulla consolle nell'ingresso. «Ne discuteremo dopo. Per il momento, andiamo a mangiare quel buon pane caldo, prima che si raffreddi e diventi difficile spalmarci sopra il burro. Che ne dici?» ghignò. Lei rise. «Dico che è un'ottima idea.»
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1929 - Tra destino e passione
di Day Leclaire Nella famiglia Dante basta un tocco per conoscere il proprio destino. Se la persona è quella giusta, si scatena l'Inferno e niente potrà placarlo. Gianna lo sa bene eppure, quando la bruciante magia la avvolge insieme a Costantine Romano... LE GRANDI FAMIGLIE: I DANTE.
1930 - Profumo di vischio
di Heidi Betts Trevor Jarrod non ha mai ricevuto un regalo così impegnativo in tutta la sua vita. Un bambino? Per di più suo figlio? Eppure Haylie, la splendida donna che siede nel suo ufficio, non ha dubbi: il nipote è l'erede di Trevor. Ma cosa ne sa lui di paternità? LA DINASTIA DEI JARROD.
1931 - Volontà ribelle
di Diana Palmer Quando Theodore si trova a dover sottostare a una clausola di matrimonio per entrare in possesso della proprietà una volta in mano alla sua famiglia, è disposto al grande passo. Non ha fatto i conti con la promessa sposa, però: Jillian è testarda, volitiva e decisa a intralciarlo.
1932 - Invito di piacere
di Katherine Garbera Cam è sicuro che sia il momento giusto per far compiere il salto di qualità al suo locale, il Luna Azul. Ma per i suoi progetti di espansione ha bisogno di un architetto d'interni assolutamente straordinario. E Cam ha un solo nome in mente: la sua vecchia fiamma Rebecca. MIAMI NIGHTS.
1933 - Segreto senza prezzo
di Day Leclaire Chase Larson è tornato a Vista del Mar, California, per concludere l'affare della vita ai danni dell'odiata famiglia rivale dei Worth. A quanto pare, però, la fredda vendetta dovrà attendere. Emma Worth infatti, ereditiera mozzafiato ed ex amante, ha qualcosa da dirgli. LA SCALATA.
1934 - Promesse indimenticabili
di Robyn Grady L'ultima donna che Samuel Bishop si aspetta di trovarsi tra le braccia è... sua moglie! Eppure Laura, a causa di un'amnesia transitoria, non ricorda niente del loro divorzio. Nella sua mente tutto è fermo ai primi tempi, eccitanti e sensuali, del loro matrimonio.
1935 - La strategia del milionario
di Kate Carlisle Trish James ha un piano preciso: diventare l'assistente di Aidan, carpire qualche segreto compromettente del suo capo e screditarlo, prendendosi la rivincita per un torto subito in passato. Peccato che l'uomo di cui vorrebbe vendicarsi sembra deciso a sedurla. I FRATELLI DUKE.
1936 - Un erede in agenda
di Michelle Celmer Il ricco magnate dell'industria del petrolio Adam Blair non può evitare di pensare al proprio futuro. A chi lascerà la fortuna che sta accumulando? A un erede, ovvio. E dato che il matrimonio non è più fra i suoi obiettivi, dovrà trovare una donna disposta a... I SIGNORI DELL'ORO NERO.
DAL 24 GENNAIO
Tre amiche per la pelle, tre donne molto diverse, ognuna alle prese con l’altra metà del cielo. E una vacanza in Messico che potrebbe trasformarsi in un’occasione per realizzare i loro sogni erotici e d’amore…
Isabella ha una fervida immaginazione, che può liberare solo tra le pagine del suo diario. Ma quando lord Black inizia a dedicarle la sua attenzione, resistere all’enigmatico e fascinoso conte potrebbe rivelarsi impossibile. L’ormai amatissima Charlotte Featherstone firma un nuovo imperdibile romanzo, raffinato e sensuale, che vi condurrà nelle torbide atmosfere dell’Inghilterra vittoriana.
Dal 24 novembre
Leggi le trame su www.eHarmony.it
Se ti senti romantica e sognatrice, segui il fiore e scegli il ROSA di
Benvenuti a Cedar Cove, un luogo adorabile. Qualcuno a volte lo lascia, ma nessuno riesce a dimenticarlo… Un nuovo romanzo ambientato nell’incantevole cittadina di Cedar Cove: DEBBIE MACOMBER firma una storia corale e romantica, dove passato e presente si intrecciano in due dolcissime storie d’amore.
Ava credeva di essersi lasciata Cade alle spalle per sempre. Ma ora che il lavoro li fa rincontrare, lei decide che è il momento di dimostrargli che non è più un’ingenua ragazzina. E infatti Cade non è indifferente al suo fascino. Che sia l’inizio di una nuova storia d’amore? Una “commedia romantica” irresistibile, una favola moderna che non potrete più smettere di leggere, nata dalla brillante penna di SUSAN ANDERSEN.
dal 2 dicembre
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