CATHERINE MANN
Agli ordini di un milionario
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Millionaire In Command Silhouette Desire © 2009 Catherine Mann Traduzione di Mariangela Latorre Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny marzo 2014 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2059 del 18/03/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Phoebe Slater arrivò al gran galà organizzato per festeggiare il ritorno a casa dell'eroe milionario portando con sé un bebè. Senza dubbio buona parte degli invitati all'evento poteva permettersi di pagare una tata. Molte signore erano in grado di acquistare abiti da sera di alta sartoria e trascinarne lo strascico per il parco dell'esclusivo circolo privato che costeggiava la spiaggia. Phoebe, invece, indossava un vestituccio nero poco costoso che aveva comprato per quei pochi ricevimenti a cui doveva obbligatoriamente partecipare nella sua veste di docente di storia della University of South Carolina. Naturalmente, quella era la prima volta che come accessorio portava sulla spalla un lattante. Si sistemò su un fianco la bimbetta di cinque mesi e le sistemò il vestitino rosa. «Pazienza, tesoro. Ancora qualche minuto prima della pappa.» Mentre le onde si frangevano sulla battigia, un gruppo musicale si esibiva dal vivo, suonando vecchi brani rock che attiravano gli ospiti sulla pista da ballo. Che diavolo! Perfino il preside della South Carolina ballava con la moglie sotto il baldacchino argentato. 5
Spalancando gli occhi per la sorpresa, Phoebe inciampò sull'orlo di un tappeto. Quella festa era fatta apposta per gli arrampicatori sociali, per i politici rampanti, tutta gente che si muoveva con grande agio in quei circoli. Lei, però, non era venuta per socializzare. Era venuta soltanto a trovare il padre della piccola Nina. Oh, se solo avesse avuto un'idea piÚ precisa del suo aspetto! La sua vecchia amica, la madre biologica di Nina, le aveva detto che Kyle Landis era il padre della bambina soltanto un paio di mesi prima, quando le aveva chiesto un aiuto per potere partecipare a un'audizione teatrale in Florida. Bianca era cosÏ eccitata all'idea di tornare a lavorare! Era convinta che fosse la sua grande occasione per garantire alla figlia una vita migliore. Chi avrebbe potuto mai immaginare che Bianca non sarebbe tornata? Phoebe strinse forte Nina, decisa ad assicurarle un'esistenza stabile. Il che significava trovare Kyle Landis, un uomo che non aveva mai conosciuto di persona. Si augurava di riconoscerlo grazie alla divisa dell'aeronautica, ma il salone rigurgitava di bei militari bruni in alta uniforme. Non sarebbe stato facile individuare quello giusto grazie all'unica vecchia foto di cui disponeva. Kyle compariva spesso sui giornali all'epoca in cui il padre era stato senatore, ma alla morte di lui, la madre e il fratello avevano fatto di tutto per tenerlo alla larga dai mass media mentre serviva la patria in svariate zone di guerra. 6
I volti intorno a lei si facevano più numerosi, la folla si infittiva. Per quanto detestasse l'idea di attrarre su di sé l'attenzione, Phoebe si rese conto che prima o poi sarebbe stata costretta a chiedere aiuto per individuare il suo bersaglio. «Posso aiutarla?» Una voce profonda risuonò alle sue spalle come una risposta alle sue preghiere, facendola sussultare con quella nota di baritonale sensualità che le portò subito alla mente l'immagine di una camera da letto. Si guardò alle spalle per chiedere aiuto e il sorriso le morì sulle labbra. Davanti a lei c'era Kyle Landis in carne e ossa. Capelli cortissimi, occhi azzurri che si increspavano in piccole rughe di espressione accentuate dall'abbronzatura acquisita nel deserto mediorientale, fronte larga e mascella volitiva gli conferivano un'aria particolarmente virile. Phoebe avrebbe dovuto immaginare che di persona sarebbe stato uno schianto. Era il fortunato rampollo di un'antica e ricca famiglia del Sud, con una voce profonda e il petto coperto di medaglie. Forse l'unico ad averne più di lui in quel consesso era il patrigno, un generale. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stato lui a trovarla in mezzo a quella folla, anziché il contrario? Ma forse, in qualità di ospite di onore, Kyle si sentiva obbligato ad assicurarsi che tutti si divertissero. «Posso aiutarla?» le chiese di nuovo con quella voce conturbante, un bicchiere di whisky tra le mani. «Non avrebbe potuto aiutarmi meglio, visto che stavo cercando proprio lei.» 7
Una fossetta gli comparve sulla guancia quando sorrise. «Chiedo scusa. Se ci siamo già incontrati, non lo ricordo.» Sarebbe stato facile lasciarsi conquistare da quella fossetta, da quel mezzo sorriso di sghimbescio, se Bianca non l'avesse già messa in guardia al riguardo. «No, non sono qui per me.» Lui si guardò intorno, evidentemente alla ricerca di altri volti conosciuti. «E con quale dei miei compagni è venuta? Non ci capita spesso di conoscere le mogli dei nostri commilitoni.» «Io non sono sposata.» Ma lo era stata. Scacciarsi dalla mente Roger prima che i ricordi si facessero dolorosi non fu facile. Kyle spostò rapidamente lo sguardo su Nina, poi lo distolse. Di certo non ci si poteva aspettare che la riconoscesse come sangue del suo sangue, visto che non sapeva neppure della sua esistenza. Quando aveva scoperto di essere incinta, non essendo ancora certa di volere portare a termine la gravidanza, Bianca aveva deciso di non informare il padre di Nina. Poi si era lasciata prendere dal panico e quando finalmente aveva stabilito di informare Kyle, non era riuscita a trovarlo. Così quella sera era toccato a Phoebe superare la barriera dei controlli e intrufolarsi al ricevimento, spacciandosi per la moglie del responsabile del catering. Una cosa era certa: ora che Kyle era tornato a casa, nulla le avrebbe impedito di portare a termine la sua missione e di costringerlo ad accollarsi le proprie responsabilità. 8
Tanto valeva, dunque, afferrare il toro per le corna. «C'è un posto tranquillo in cui possiamo parlare?» «Mi dispiace molto, ma mia madre mi trascinerebbe indietro per un orecchio, se solo provassi ad abbandonare la mia festa di bentornato.» Kyle le si avvicinò, chinandosi a parlarle all'orecchio. «Magari più tardi?» Un lampo di innegabile interesse gli balenava negli occhi. Era chiaro che fosse interessato a lei. Oh, santo cielo! Ci stava davvero provando? Phoebe si era preparata a qualsiasi possibile reazione da parte sua, tranne che a quella. Arretrò di un passo, sollevando una mano. «Ehi, no, non era quello che intendevo» protestò battendo qualche colpetto sulla schiena di Nina, pregando in cuor suo che la piccina continuasse a dormire. «Ho bisogno di parlarle qualche minuto lontano da orecchie indiscrete. Le assicuro che non la tratterrò molto, potrà tornare immediatamente al ricevimento. Magari potrebbe accompagnarmi alla porta, che ne dice? Così mi toglierò immediatamente dai piedi.» «Perché no?» Kyle appoggiò il drink sul bancone alle sue spalle. «Le serve aiuto con la bambina?» Lei retrocesse di un passo, tanto da strappargli una risatina. «Ehi, non c'è bisogno di allarmarsi. Non intendo mica farla cadere. Non sono mai stato un asso, con i neonati, ma negli ultimi tempi mi sto allenando con mio nipote.» Dunque Nina aveva un cuginetto. Era bello pensare che i due avrebbero potuto giocare insieme. Nina aveva diritto a una vita piena di gente che l'amava. «No, non mi ha allarmata. Grazie per la proposta di aiuto, 9
piuttosto, ma non ne ho bisogno. Mi indichi la strada, invece, e io la seguirò.» Con un cenno del capo, le volse le spalle, tolse di mano i bicchieri di champagne a due adolescenti che se n'erano impossessati di straforo, li consegnò a un cameriere che passava accanto a lui, quindi condusse Phoebe in una saletta privata, separata dalla sala principale da ampi vasi di felci disposti su mezze colonne. Phoebe avrebbe preferito di gran lunga un rifugio più discreto, una porta da potersi chiudere alle spalle, ma si rese conto che avrebbe dovuto accontentarsi della saletta. Allontanandosi da lui per sfuggire alla sua imponente presenza, si sfilò la tracolla della borsa dei pannolini dalla spalla e la depose sulla panchina di ferro battuto accanto a lei. «Si ricorda di Bianca Thompson?» gli chiese senza preamboli. L'espressione cordiale di Kyle fu sostituita da un lampo di riservatezza. «Sì. Come mai me lo chiede?» In quel momento due giovani donne alticce si intrufolarono nel salottino, una sigaretta accesa tra le mani. «Oh, chiedo scusa!» esclamò ridacchiando una delle due, quando si accorse della loro presenza. «Nessun problema» sorrise Kyle. «Troverete un altro salottino oltre quella palma in vaso, laggiù.» La donna sfoderò un sorriso invitante. «La ringrazio, Capitano» civettò mostrandogli una lunghissima gamba abbronzata che fuoriusciva dallo spacco eccessivo del vestito da sera, quindi gli volse le spalle e sparì con la sua amica. Phoebe si girò di nuovo verso Kyle. «Dunque non nega di conoscere Bianca?» 10
Lui si massaggiò la nuca. «Questa faccenda incomincia a farsi strana. Come ha detto che si chiama?» «Phoebe» rispose lei sistemandosi meglio in spalla la piccola Nina. Il profumo del suo shampoo le procurò un'improvvisa tenerezza, ricordandole quanto fosse importante per lei l'esito di quell'incontro. «Phoebe Slater, sono una vecchia amica di Bianca. Eravamo nella stessa associazione studentesca all'università, ma siamo rimaste in contatto anche in seguito.» Non quanto le sarebbe piaciuto, almeno non negli ultimi due mesi! Ancora non riusciva a credere che Bianca fosse sparita dalla circolazione senza una parola, che fosse capace di abbandonare così la figlia senza il minimo rimorso. «Lieto di conoscerla, Phoebe» commentò Kyle sollevando un sopracciglio, quasi volesse far intendere che la sua pazienza si stava esaurendo molto in fretta. Non c'era più tempo. Era impossibile sperare di trovare la giusta ambientazione per quel genere di rivelazione. Phoebe resistette alla tentazione di abbracciare più forte Nina. Non era figlia sua, eppure la amava come se lo fosse. Anzi, quasi certamente Nina era per lei l'unica occasione di maternità, per quanto breve, che le sarebbe mai stata concessa. Quando il marito che aveva amato con tutta se stessa era morto, tutte le sue speranze di diventare madre erano morte con lui. Quindi non c'erano occhi azzurri in grado di distoglierla dalla sua missione, né di impedirle di portare a termine il compito che si era assunto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi cosa per garantire un futuro a Nina. 11
Così sollevò la piccola tra le braccia e la girò appena verso di lui. «Le presento Nina, sua figlia.» Dannazione. Un'altra cacciatrice di dote. Dimenticando il frastuono della festa, Kyle dondolò sui talloni. Aveva lavorato per i servizi segreti, nel corso della sua carriera in aeronautica, ma non serviva una mente investigativa come la sua per capire che Phoebe Slater non era una donna comune. Era rimasto affascinato da lei nell'attimo stesso in cui l'aveva vista superare la barriera della sicurezza e ancora adesso non riusciva a staccare gli occhi da quei capelli nerissimi e corti, tirati indietro con grande semplicità, e da quella bocca generosa che non aveva bisogno di collagene, né di rossetto per attirare baci. La piccina che reggeva tra le braccia aveva catturato per qualche istante la sua attenzione, ma non al punto tale da distoglierlo del tutto dalla carica sensuale di quella donna. Forse non era una cacciatrice di dote, dopo tutto. Forse era soltanto una povera pazza. Si afferrò le mani dietro la schiena, lieto di averla condotta in una saletta dove la privacy non era completa. «Signora, sono certo di non averla mai conosciuta prima d'ora, e sono ancora più sicuro di non essere mai stato a letto con lei.» Si schiarì la voce. «Per quanto bella sia sua figlia, posso assicurarle che non è mia.» Phoebe Slater si irritò visibilmente, i suoi occhi color cioccolato si adombrarono. «Non è mia figlia. Mi sto solo occupando di lei mentre sua madre, Bianca Thompson, è in Florida. Bianca e io abbiamo studiato 12
insieme prima che lei intraprendesse la carriera di attrice e io diventassi professoressa di storia. Ma non è questo il punto.» Deglutì e riprese fiato. «Io sono qui perché Nina ha bisogno di un padre. Ha già cinque mesi, sa?» Kyle si sentì rizzare i capelli sulla nuca. Con Bianca Thompson sì, che era andato a letto, ma aveva usato delle precauzioni. Come sempre, del resto. Non si conoscevano bene, era stata soltanto un'avventura prima che lui partisse per una missione di un anno in Afghanistan. I conti tornavano. Guardò di nuovo la bambina, che in quel momento socchiudeva assonnata gli occhioni azzurri tanto simili ai suoi, a quelli di sua madre, dei suoi fratelli... Maledizione! Erano in tanti, ad avere gli occhi azzurri. E in tanti sapevano delle eccezionali ricchezze della famiglia Landis. Che diavolo! Suo fratello minore aveva dovuto affrontare addirittura un'azione legale, per ricusare una falsa paternità che gli era stata attribuita da una donna a cui voleva davvero bene. Kyle represse un'imprecazione. Doveva troncare immediatamente quella conversazione, raccogliere informazioni su quella donna e poi riparlarne in un luogo in cui non ci fosse mezzo stato della Carolina del Sud ad ascoltare. «Signora...» «Slater. Phoebe Slater» ripeté lei ondeggiando avanti e indietro nel tentativo di fare riaddormentare la piccina. «Signora Slater, devo chiederle di rimandare questa conversazione a un altro momento, in un luogo più tranquillo dove si possa parlare senza dovere urlare 13
più forte della musica e senza il rischio di essere interrotti da un momento all'altro.» «Questa è Nina.» Phoebe si spostò in modo da fargli guardare dritto in faccia la bambina. Era carina, ma il fatto era irrilevante. «Non credo che...» «Sua madre è Bianca Thompson.» Glielo aveva già detto, ma quella precisazione lo costrinse a guardare meglio la piccola. Non aveva i capelli rossi di Bianca, ma neri come i suoi. «Dov'è Bianca? E come mai non è qui al suo posto a parlare con me?» I suoi sospetti crescevano di secondo in secondo. Non voleva fare scoppiare una scenata, voleva evitare a tutti i costi uno scandalo. La madre aveva fatto salti mortali per organizzare quel ricevimento, che oltre al suo ritorno a casa, segnava anche la fine della sua carriera militare. In capo a due settimane, Kyle avrebbe assunto il posto di capo della sezione internazionale della Landis Foundation e non voleva fare niente che desse un dispiacere alla madre. La famiglia, per lui, veniva prima di ogni altra cosa. La famiglia era tutto. Riprese a guardare la bambina, che era davvero troppo graziosa, con quel vestitino rosa indosso. «Avrei dovuto occuparmi di Nina per pochi giorni, finché Bianca non avesse ottenuto un nuovo posto nella Florida del Sud. Poi i giorni sono diventati settimane, le settimane mesi. Quando Bianca ha smesso di telefonare, mi sono preoccupata e ho denunciato la sua scomparsa. Ed è stato a quel punto che sono subentrati gli assistenti sociali. E se adesso non trovo al più pre14
sto una soluzione a questo pasticcio, Nina andrà a finire in un orfanotrofio.» Le tremò la voce, mentre pronunciava quelle parole, e Kyle si ritrovò a pensare che, per quanto folle, quella donna fosse infinitamente più interessante di tutti gli altri invitati che aveva lasciato nel salone della festa. «E così vorrebbe che io mi assumessi la responsabilità di questa bambina, pur senza avere nessuna prova di chi sia in realtà.» «La prego, ascolti tutto ciò che ho da dirle.» Un lampo di panico saettò negli occhi di Phoebe e Kyle ne fu allarmato. Se quella donna era davvero pazza, allora la bambina poteva essere in pericolo. «Perché non me la lascia tenere in braccio per un po', mentre continuiamo a discutere. Lei deve essere davvero stanca.» «Dubita di me, vero? Bene, è un uomo in gamba.» Phoebe si sistemò la testolina di Nina sulla spalla, poi si curvò a frugare alla ricerca di qualcosa nella borsa dei pannolini. Lo sguardo di Kyle cadde sulla morbida curva dei suoi fianchi, sul fondoschiena accattivante e sui capelli raccolti dietro l'orecchio. Davvero era una professoressa universitaria? Come mai lui non aveva mai avuto professoresse così? In quel momento lei smise di frugare nella borsa e si raddrizzò, girandosi di nuovo a guardarlo. «Ecco qui, Capitano Landis. Sapevo che mi avrebbe chiesto delle prove, come è giusto che sia.» Gli tese un incartamento. «Qui dentro c'è il certificato di nascita di Nina, alcune foto e una lettera giurata in cui Bianca afferma che io farò da babysitter a Nina e mi autorizza a 15
occuparmi delle cure mediche al suo posto. C'è anche una copia della mia patente di guida» concluse. Lui accettò il fascicolo, lo spalancò e incominciò a esaminarne il contenuto. Guardò la prima pagina, poi le foto di Bianca che teneva in braccio una bambina con gli occhi azzurri. Gli si rizzarono di nuovo i capelli sulla nuca. E infine guardò il foglio successivo. Era un certificato di nascita. E nella casella destinata al padre c'era scritto il suo nome. Emise un lungo sospiro. Che fosse vero oppure no, gli ci volle qualche secondo per elaborare il significato di quella scritta sul certificato. Non che non gli piacessero i bambini, pensò, improvvisamente sopraffatto. Era solo che avrebbe lasciato volentieri ai fratelli il compito di tramandare il nome dei Landis. Finalmente arrivò alla copia della patente di Phoebe. La foto era terribile, non le rendeva affatto giustizia. E comunque non era quello il punto. Il punto era che nessuno di quei documenti dimostrava la sua paternità. Per quale motivo Bianca non gliene aveva parlato? Aveva tutti i suoi numeri di telefono, e anche se lui era stato sempre all'estero, la sua famiglia era rimasta sempre lì, negli Stati Uniti. No. Più ci pensava, più si rendeva conto che quella storia non aveva senso. Se quella bambina era davvero sua figlia, non avrebbe avuto problemi a farsi carico di lei. I Landis non erano certo tipi da ignorare le proprie responsabilità. Per il bene della bambina stessa, tuttavia, aveva il dovere di indagare ulteriormente su quell'affermazio16
ne, nonché sulla donna che l'aveva fatta. Chiuse l'incartamento e se lo sistemò sotto un braccio. «Mi servirà del tempo per studiare queste carte. Non posso certo portarmi a casa una bambina soltanto perché lei afferma che è mia figlia.» Una risata improvvisa risuonò a quel punto sulle labbra di lei. «Oh, no! Lei ha frainteso. Non voglio affatto che lei la prenda. Bianca è stata molto chiara nel dirmi che lei non ha nessuna intenzione di mettere su famiglia. In tutta onestà, io adoro questa bambina.» Quasi a sottolineare la veridicità delle sue parole, appoggiò la guancia con fare materno sulla testolina della piccola. «Voglio essere io la sua mamma. Se è possibile, voglio adottarla.» Quell'affermazione avrebbe dovuto procurargli sollievo, ma i conti continuavano a non quadrare. «Ma allora per quale motivo è qui?» «Nel tentativo di strappare Nina all'orfanotrofio» rispose lei parlando in fretta, senza riflettere. «Sono venuta qui per chiederle di sposarmi.»
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