D2091 il segreto del milionario

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CATHERINE MANN

Il segreto del milionario


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: All or Nothing Harlequin Desire © 2013 Catherine Mann Traduzione di Giuseppe Biemmi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny settembre 2014 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2091 del 23/09/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Monte Carlo, Casino de la Méditerranée Non capitava tutti i giorni che una donna scommettesse il suo anello di fidanzamento con tanto di diamante giallo da cinque carati a un tavolo della roulette. Ma a Jayne Hughes non era venuto in mente un modo migliore per fare uscire il suo cocciutissimo marito dalla posizione di stallo in cui si era rinchiuso. Aveva lasciato ripetuti messaggi a Conrad, dicendogli di mettersi in contatto con il suo legale, e lui li aveva ignorati. In seguito, il suo avvocato aveva chiamato quello di Conrad, senza alcun risultato. Così le carte dovevano ancora essere firmate. Mentre Jayne si apriva un varco nella calca degli scommettitori per raggiungere il tavolo della roulette, il pugno le si richiuse attorno all'anello di fidanzamento che Conrad le aveva regalato sette anni prima. Dato che era il proprietario del Casino de la Méditerranée, se Jayne fosse stata sfortunata nella sua puntata azzardata, l'anello sarebbe tornato in suo possesso. Tutto o niente. Era conscia che doveva perdere per vincere. Per dare un taglio netto a questa storia e non sentirsi più il cuore infranto. Jayne puntò l'anello sul settore di velluto corrispondente al 12 rosso. L'anniversario della loro rottura cadeva proprio il 12 di gennaio, ovvero di lì a una settimana. Avevano passato separati tre dei sette anni trascorsi dal matrimo5


nio. A questo punto, Conrad doveva essere riuscito per forza ad accettare il fatto che tra loro fosse finita, in modo che potessero procedere ciascuno per la propria strada. Dei suoni familiari riecheggiavano sotto il soffitto a cupola, grida e risate di gioia mescolate a esclamazioni più o meno sconfortate. Jayne aveva considerato quelle pareti ricoperte di affreschi come la sua casa per i quattro anni in cui avevano vissuto insieme come marito e moglie. Per questo si muoveva a suo agio in quel luogo, anche se era cresciuta in una dimora assai più modesta a Miami. L'attività odontoiatrica di suo padre aveva consentito loro un tenore di vita se non proprio privilegiato, sicuramente più che decoroso. Naturalmente, sarebbero stati molto meglio se suo padre non avesse nascosto loro di avere una seconda famiglia. In ogni caso, le finanze dei suoi genitori erano lontane anni luce dall'opulenza che si respirava in questo regno della mondanità. Tornando al suo anello, era una creazione unica di Van Cleef & Arpels che l'aveva abbagliata quando ancora credeva alle favole. Ma Cenerentola ormai aveva lasciato il palazzo. La scarpetta di vetro di Jayne era finita in frantumi insieme al suo cuore. Il Principe Azzurro non esisteva. Avrebbe dovuto pensarci lei a plasmare il proprio destino e a prendersi cura della sua vita. Facendo un cenno al croupier incaricato di far girare la ruota, spinse avanti l'anello, mettendolo esattamente al centro del settore del 12 rosso. Il dipendente del casinò si sistemò il papillon e corrugò la fronte, guardando alle spalle di Jayne e concedendole solo un secondo per tornare sui suoi passi prima di... Conrad. Senza nemmeno doversi voltare, lei avvertì la sua presenza alle proprie spalle. E questo non era affatto giusto. Perfino dopo tre anni di separazione, senza aver più posato gli occhi su di lui una sola volta, il suo corpo lo ricono6


sceva ancora. Lo voleva. Sotto all'abito di seta beige, le venne la pelle d'oca, e la mente le tornò a quando avevano passato un intero weekend a fare l'amore con la brezza del Mediterraneo che si intrufolava dalla portafinestra del balcone. Quando le parlò, l'alito di Conrad le accarezzò l'orecchio. «Se vuoi delle fiches per giocare, le trovi alla tua sinistra, mon amour.» Amore mio? Difficile. Più probabile che la considerasse una sua proprietà. «Invece, tu gli incartamenti relativi al divorzio li trovi dal mio avvocato.» Era infermiera geriatrica. Non una principessa con mille grilli per la testa. «Perché mai dovrei separarmi da te visto che sei ancora così attraente da poter sciogliere il sangue nelle vene di un uomo?» Un leggero spostamento fece sì che le si avvicinasse fino a quando il suo calore le risultò tangibile almeno quanto il desiderio... e la rabbia, che le stavano montando dentro. Jayne girò su se stessa per porglisi di fronte, preparandosi a sostenere l'impatto del suo incontestabile fascino. Il solo guardarlo le rimescolò lo stomaco. La indispettiva il modo in cui il suo corpo gli reagiva. Perché mai mente e ormoni non riuscivano a essere in sintonia? I capelli corvini brillavano sotto gli imponenti lampadari di cristallo e lei ne ricordava benissimo la consistenza, sorprendentemente soffice e goduriosa al tatto. Aveva passato parecchie notti a osservarlo dormire e ad accarezzargli la chioma. Conrad non dormiva molto, soffriva d'insonnia, come se non potesse allentare il controllo che esercitava sul mondo circostante nemmeno per riposare un po'. Così lei aveva tenuto in gran conto quei rari momenti in cui aveva potuto guardarlo senza essere soggiogata da quei suoi occhi di un incredibile castano dorato. Le donne lo fissavano e sussurravano tra loro ogni volta che Conrad Hughes passava loro accanto. Perfino ades7


so non cercavano nemmeno di nascondere le occhiate manifeste di apprezzamento. Era più che bello nel suo smoking, così come lo era in jeans e T-shirt, con quel suo stile spavaldo e tenebroso. Sebbene fosse newyorkese purosangue, aveva l'aspetto vagamente esotico di un aristocratico italiano uscito da un altro secolo. Ed era anche di un'indicibile arroganza. Conrad raccolse il diamante da cinque carati dal velluto del tappeto da gioco, e lei ebbe solo il tempo di esalare un respiro strozzato prima che lui glielo spingesse nel palmo, facendole richiudere le dita attorno all'anello. «Conrad» sbottò lei, cercando di ritrarre il braccio. «Jayne» la schernì lui di rimando, continuando a stringerle la mano fino a farle affondare il diamante nella pelle. Quindi si guardò attorno. «Questo non è il posto adatto per un ricongiungimento.» Conrad si incamminò e, dato che continuava a tenerle la mano, lei non ebbe altra scelta che quella di seguirlo in mezzo al brusio che regnava nella sala. Delle facce familiari si stagliarono nella massa dei vacanzieri, ma lei non poté soffermarsi a conversare amabilmente, come era solita fare in passato. I casinò di suo marito costituivano un punto di incontro per l'élite, reali compresi. Secondo le ultime stime, Conrad ne possedeva una mezza dozzina sparsi in giro per il mondo, ma il Casino de la Méditerranée era sempre stato il suo preferito. Vi si respirava un'atmosfera d'altri tempi grazie a macchine e tavoli da gioco dall'aria vintage, i cui meccanismi interni però erano aggiornati al più avanzato stato dell'arte. La gente veniva al Casino per restar fedele alla tradizione e frequentare le sale da gioco indossando smoking firmati Savile Row e abiti da sera di Christian Dior. Diamanti e ogni altro genere di gioielli brillavano un po' ovunque, senza dubbio provenienti dagli atelier di Cartier, Bulgari o da oreficerie artigiane di alto livello. Il suo anello con diamante da cinque carati era senza dubbio notevo8


le, ma non era certo niente di straordinario per il Casino de la Méditerranée. I suoi tacchi a spillo produssero un ticchettio sempre più rapido sul pavimento di marmo mentre la borsetta nera le scivolava fino al gomito per la fretta. «Fermati immediatamente!» «Non ho bisogno di riprendere fiato, grazie.» Più ostinato che mai, lui si arrestò solo quando furono davanti all'ascensore dorato, che gli consentiva l'accesso ai suoi alloggi personali. A questo punto, pigiò il tasto di chiamata. «Dio mio, sei sempre il solito sarcastico, arrogante pallone gonfiato» lo accusò lei, sbuffando. «Be', accidenti.» Lui le passò un braccio attorno alle spalle. «Questo non me l'avevi mai detto. Grazie per avermi onorato della grande considerazione che hai per me.» Jayne si liberò del suo braccio con una scrollata di spalle e puntò i tacchi. «Non intendo salire nella tua suite.» «Vorrai dire il nostro appartamento al piano attico.» Lui le sfilò l'anello di mano e glielo lasciò cadere nella borsetta che le pendeva da una spalla. «La nostra casa.» Casa? Aveva una bella faccia tosta a definirla così. Ma si rifiutò di mettersi a discutere con lui nell'atrio, dove chiunque poteva sentirli. «Va bene. Ho bisogno di parlarti. Da soli.» Le porte scorrevoli si spalancarono. Lui congedò con un gesto della mano l'addetto all'ascensore e la condusse all'interno della cabina dalle pareti ricoperte di specchi in cui si ritrovarono ben presto sigillati. «Se vuoi darmi i documenti, sappi che non li firmerò.» Già, se l'era aspettato. «Ti faccio notare che viviamo separati da tre anni. Non è possibile che tu voglia restare sposato con me.» «Forse volevo solo che, invece di mandarmi l'ennesimo emissario, tu avessi il fegato di venire...» agli angoli degli occhi di un castano intenso gli si formarono delle piccole 9


rughe, «... a dirmi in faccia che sei disposta a trascorrere il resto della tua vita senza tornare a condividere lo stesso letto con me». Tornare a condividere un letto con lui? Neanche per sogno. Non poteva fidarsi di lui, tanto più dopo quello che era accaduto con suo padre. Si rifiutava di permettere a qualsiasi uomo di prenderla in giro e di farsi spezzare il cuore come era accaduto a sua madre. «Intendi dire condividere lo stesso letto ogni volta che ti trovi a passare in città prima di scomparire per settimane e settimane? Vedi, abbiamo discusso questa faccenda milioni di volte. Non posso dormire con un uomo che custodisce una montagna di segreti.» Conrad fermò l'ascensore con un diretto ben assestato alla pulsantiera e le si pose di fronte, il sorriso vagamente offuscato da una certa contrarietà. «Non ti ho mai mentito.» «No. Tu svicoli sempre quando non vuoi rispondere a una domanda.» Era un uomo scafato. Fin troppo scafato. Giocava con le parole con la stessa destrezza con cui lo faceva con il denaro. A soli quindici anni, aveva manipolato il mercato azionario con il suo vasto fondo fiduciario. Aveva rovinato più di uno sfruttatore – o squalo che dir si voglia – e aveva rischiato di finire in un centro di detenzione minorile. Grazie all'influenza della famiglia, però, aveva evitato il carcere, anche se era stato condannato da un giudice a frequentare una scuola militare che equivaleva in tutto e per tutto a un riformatorio, dove aveva imparato a incanalare le sue capacità per farsi strada legalmente nella vita. Oh, che Dio la aiutasse, non gli era ancora immune, si rese conto Jayne, guardandolo. Era per questo che aveva mantenuto le distanze e aveva cercato di ottenere il divorzio da oltreoceano. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso nella loro relazione si era materializzata quando si era presa un grosso spavento per via di una mammografia 10


che aveva destato dei sospetti. Aveva avuto disperatamente bisogno del sostegno di Conrad, però non era riuscita a rintracciarlo per quasi una settimana. I sette giorni più lunghi di tutta la sua esistenza. I problemi di salute si erano rivelati di natura benigna, ma i timori per il suo matrimonio? Al cento per cento maligni. Per rispetto a ciò che avevano condiviso, aveva atteso che Conrad tornasse a casa. Gli aveva concesso un'ultima chance di essere onesto nei suoi confronti. Conrad, però, le aveva propinato la solita, trita storia degli affari da curare e di come dovesse avere fiducia in lui. Quella sera stessa se ne era andata, portando con sé un'unica valigia. Se solo avesse pensato a lasciarsi alle spalle anche gli anelli... Stando in piedi nei ristretti confini dell'ascensore, con l'impianto stereo che diffondeva della musica classica come sottofondo, non poté impedirsi di ripensare alla volta in cui lui l'aveva premuta contro una delle pareti a specchio e aveva fatto l'amore con lei fino a coinvolgerla in qualcosa di talmente travolgente da farle dimenticare di chiedergli dov'era stato nelle ultime due settimane. «Be', Conrad? Non dici niente?» «Il vero problema qui non sono io. Sei tu, che non sai fidarti.» Lui passò un dito sotto la tracolla di metallo della sua borsetta nera e gliela risistemò sulla spalla. «Io non sono tuo padre.» Le sue parole trasformarono la passione residua in rabbia... e dolore. «Questo è un colpo basso.» «Mi sbaglio?» Lui le era così vicino che avrebbero potuto perdersi in un bacio invece che lanciarsi in quella sofferta introspezione. Jayne se ne rese conto e, anche se sapeva che non avrebbe dovuto, gli si avvicinò, desiderosa di sentire quelle labbra sulle sue. L'attrazione fu così intensa che dovette far ricorso a tutta la sua forza di volontà per tirarsi indietro. «Se ci tieni tanto ad avere la mia fiducia, allora perché 11


non dimostri che tu non sei come tuo padre?» Quando Conrad era stato arrestato in età adolescenziale, i giornali avevano riportato titoloni del tipo Tale padre, tale figlio. Il suo paparino malversatore era sfuggito a sua volta alla galera per i suoi crimini da colletto bianco grazie allo stesso costosissimo avvocato. In cuor suo, lei sapeva che suo marito non era affatto come il suocero. Conrad aveva gettato lo scompiglio in tutte quelle società quotate a Wall Street per mettere alla berlina suo padre e altri della sua risma. Ne era ben conscia, ma la continua evasività, le barriere tra di loro... No, non poteva vivere in quel modo. Infilò una mano nella sua capiente borsa da sera e ne estrasse un plico di carte. «Ecco qui. Ti risparmio il viaggio dall'avvocato.» Jayne spinse l'incartamento contro il petto di Conrad e pigiò il tasto dell'ascensore per raggiungere il piano al quale si trovava la camera che aveva prenotato sotto falso nome, dato che non sopportava l'idea di tornare a soggiornare nel loro vecchio appartamento, che un tempo aveva arredato con il cuore pieno di speranza e amore. «Conrad, considerala una notifica ufficiale. E non preoccuparti dell'anello. Lo venderò e darò il ricavato in beneficenza. Da te non mi serve altro che una firma.» Le porte dell'ascensore si spalancarono al suo piano. Testa alta e schiena dritta, lasciò con passo deciso la cabina e si incamminò sulla moquette del corridoio. Allontanandosi, poté a malapena ignorare il fatto che, qualunque cosa facesse per tutelarsi, Conrad riusciva ancora a spezzarle il cuore. A trentadue anni, Conrad aveva già guadagnato e dilapidato svariate fortune. Ma quella sera, finalmente, aveva fatto il colpo più grosso della sua esistenza. Aveva l'opportunità di chiudere con Jayne in modo che quella donna non avrebbe più ossessionato i suoi sogni ogni notte per il resto della sua vita. 12


Tornato nell'atrio, si diresse verso il casinò. Quando era stato avvisato della presenza di Jayne, si era congedato da un ospite che compariva nella lista Fortune 500 e da un erede al trono il cui padre era nel frattempo stato deposto. Aveva ripensato alla lucentezza dei capelli biondi della moglie che, raccolti in un elegante chignon, le lasciavano scoperta la curva familiare del collo pallido. Parlare con Jayne era stata di colpo la sua massima priorità. Sorprenderla mentre puntava il suo anello sul 12 rosso non era stato il momento clou della sua vita, ma il modo in cui lo aveva guardato, il lampo di consapevolezza che le era balenato negli occhi azzurri? No, non era finita, a dispetto delle carte del divorzio che gli aveva sbattuto contro il petto. E, comunque, per quella notte era di nuovo sotto il suo tetto. Ripiegato l'incartamento, se lo infilò nella tasca interna della giacca dello smoking. Mentre passava davanti al bar, il barista gli indicò con un cenno del capo l'ultimo sgabello in fondo al bancone a cui sedeva un avventore dall'aria dannatamente familiare. Conrad imprecò a bassa voce. Non gli ci voleva proprio in quel momento. Ma non c'era modo di dribblare il Colonnello John Salvatore, suo ex preside ai tempi della scuola militare e attuale contatto per il suo lavoro di freelance con l'Interpol, lavoro che lo aveva allontanato spesso da Jayne, lavoro del quale aveva preferito che lei non sapesse niente per il suo stesso bene. Il tenore di vita agiato e la posizione sociale di Conrad gli consentivano di accedere con facilità alla cerchia dei potenti. Quando aveva bisogno di un infiltrato, l'Interpol si rivolgeva a un gruppo selezionato di operativi sotto contratto al comando di John Salvatore, risparmiandosi così mesi e mesi di lavoro e di ricerca per cercare di intrufolare un agente regolare sotto copertura. Di solito Salvatore faceva ricorso ai suoi servizi una volta o due all'anno. Se lo avesse usato troppo spesso, Conrad avrebbe rischiato di essere scoperto. 13


Era questa la ragione delle settimane di irreperibilità che tanto avevano irritato Jayne. Una parte di lui comprendeva che avrebbe dovuto raccontarle della sua seconda carriera. In fondo era autorizzato a condividere certe informazioni basilari con la sua sposa, evitando di scendere nei particolari. Ma un'altra parte voleva che lei si fidasse, che credesse in lui invece di supporre che fosse un criminale come suo padre o un impostore fedifrago come il suocero. Vedendolo, il colonnello sollevò il suo scotch in un accenno di brindisi. «Ci sei dentro daccapo, eh?» Conrad prese posto sullo sgabello accanto a quello del colonnello, ignorando la frecciatina. «Jayne avrebbe potuto vederla.» Se il colonnello era lì, significava che c'era del lavoro in vista. Negli ultimi tre anni in particolare, Conrad aveva abbracciato con entusiasmo le sporadiche missioni affidategli dall'Interpol per riempire la sua vita vuota, ma non ora. «Se mi avesse visto, avrebbe pensato che il tuo vecchio preside fosse passato a salutarti, dato che sono già venuto a vedere il concerto di un altro ex alunno in Costa Azzurra.» Salvatore indossava l'abituale completo grigio con tanto di cravatta rossa e la consueta calma zen come fossero una specie di uniforme. «Questo non è un buon momento.» La comparsa non preannunciata di Jayne aveva sconvolto il suo mondo. «No, guarda, devo solo consegnarti dei documenti...» Salvatore gli passò un dischetto, senza dubbio protetto, «... relativi alla nostra ultima fatica.» Si riferiva chiaramente al caso Zhutov, un sinistro personaggio senza scrupoli a capo di un grosso giro di falsari che avevano catturato il mese prima. Fosse stato in grado di pensare con la testa invece che con tutt'altra parte anatomica del suo essere, Conrad si sarebbe reso conto che il colonnello non si sarebbe mai azzardato a coinvolgerlo in un'altra operazione così presto. 14


Evidentemente, Jayne cominciava già a incidere sulla sua lucidità, e non era tornata nella sua vita che da meno di un'ora. «Oggi pare che tutti quanti vogliano darmi dei documenti.» Conrad si batté un paio di colpetti sulla giacca dello smoking e i fogli che teneva nella tasca interna produssero un rumore di carta piegata, a ricordargli che il suo matrimonio era ad appena una firma dalla parola fine. «Sarà perché sei estremamente popolare.» «Più che popolare, pare che sia sarcastico e arrogante.» Almeno, stando a Jayne, e Jayne era una donna sveglia. «Be', un po' pieno di te lo sei sempre stato.» Il Colonnello Salvatore terminò il suo drink, continuando a scrutare il locale con sguardo acuto. «Anche ai tempi della scuola. La maggior parte dei ragazzi arrivava smarrita e insicura. Tu sei sempre stato conscio dei tuoi mezzi, fin dall'inizio.» Pensare agli anni dell'adolescenza metteva a disagio Conrad, perché gli ricordavano il periodo più difficile della sua vita, quando suo padre era caduto di colpo dal piedistallo su cui lo aveva posto. «Stiamo rimembrando i tempi andati per il piacere di farlo, colonnello, oppure c'è un motivo preciso per tutto questo?» «Ma se eri conscio dei tuoi mezzi, ancora non conoscevi i tuoi punti deboli.» Salvatore spinse da parte il bicchiere di cristallo e si alzò. «Jayne è il tuo tallone d'Achille, e sarà meglio che tu lo riconosca o finirai per autodistruggerti.» «Terrò conto della sua attenta considerazione.» L'amara ironia della faccenda del tallone d'Achille gli bruciava non poco, dato che aveva detto più o meno la stessa cosa a Troy quando il suo amico si era innamorato perdutamente. «Testardo come sei, qualche dubbio ce l'avrei.» Salvatore gli diede una pacca sulla spalla. «Sarò in città per il weekend. Ci vediamo a pranzo dopodomani, per chiudere la pratica Zhutov. Buonanotte, Conrad.» Il colonnello lasciò la mancia sul bancone del bar e si 15


mescolò alla folla, sparendo di vista prima ancora che Conrad avesse terminato di elaborare quello che gli aveva appena detto. Salvatore si sbagliava raramente, e aveva ragione sull'effetto che Jayne aveva su di lui. Ma riguardo all'augurargli una buona notte? Quella che aveva di fronte difficilmente sarebbe stata una buona notte. Ma nutriva qualche speranza. Anche perché mancava ancora parecchio prima che la giornata potesse considerarsi conclusa... come doveva aver appreso nel frattempo Jayne, una volta raggiunta la sua suite e scoperto che il suo bagaglio era stato spostato nel loro appartamento all'ultimo piano. Ragione di più perché affidasse il casinò al suo vice e si affrettasse a raggiungere l'attico. Jayne doveva già essere furibonda. Una scena che non si sarebbe perso per nulla al mondo. Ribollendo di rabbia per l'ultima arrogante mossa di Conrad, Jayne prese l'ascensore per l'ultimo piano dove si trovava la sua vecchia casa. Il personale alla reception le aveva dato la chiave elettronica senza esitazioni. Indubbiamente Conrad aveva lasciato detto che sarebbe passata di lì, dato che aveva trasferito i suoi effetti personali dalla camera che si era scelta. Maledizione a lui. Venire lì era già stato abbastanza difficile e, non a caso, si era imposta di mantenere un minimo di distanza soggiornando in una suite diversa. Conrad, però, pareva pensarla diversamente. Storcendo la bocca, Jayne cercò di allentare la tensione e di concentrarsi sulla prossima priorità. Rintracciare Conrad. E i suoi vestiti. Le porte scorrevoli si aprirono su un atrio particolarmente spoglio. Si era aspettata la vista familiare delle applique a muro e delle poltrone Luigi XVI che aveva scelto personalmente e invece... Conrad aveva cambiato l'intero arredamento. Non pre16


tendeva che tutto rimanesse come l'aveva lasciato, ma mai si sarebbe aspettata un cambiamento così radicale. Jayne entrò in quella che si poteva considerare la tana di un uomo figlio dei suoi tempi, piena di poltrone e divani in pelle e con un mostruoso televisore seminascosto dietro un dipinto a olio che scorreva lateralmente. Perfino le tende chiare erano state sostituite alla finestra a tutta parete dalla quale si dominava il Mediterraneo. Adesso al loro posto trovò dei pesanti tendaggi, che al momento erano aperti e permettevano di ammirare le luci degli yacht che punteggiavano l'acqua come tante stelle. C'era ancora un senso di sfarzosa opulenza come nel resto del casinò, ma senza la minima concessione al gusto femminile. A quanto pareva, Conrad aveva voluto liberarsi di tutto ciò che gliela ricordava. Lo aveva fatto per rabbia o perché provava ancora qualcosa per lei? Be', Jayne non era sicura di volerlo sapere. Al momento, le importava solo di poter avere un confronto diretto con quello che presto sarebbe stato il suo ex marito. Non dovette cercarlo troppo. Conrad se ne stava spaparanzato su una poltrona imponente con un bicchiere di cristallo in mano. Una bottiglia del suo Chivas riserva speciale preferito campeggiava sul tavolino di mogano al suo fianco. Un tempo in quel punto c'era stato un elegante divano imbottito sul quale avevano fatto l'amore in più di un'occasione. Pensandoci bene, il fatto che si fosse sbarazzato del vecchio arredamento non le sembrava più un'idea tanto malvagia. Agganciò la tracolla della borsa alla rastrelliera in ferro battuto che alloggiava delle pregiate bottiglie di vino e sentì affondare i piedi nel soffice tappeto marocchino a ogni passo rabbioso che faceva. «Dov'è la mia valigia? Ho bisogno dei miei vestiti.» «Ovviamente, la tua valigia è qui nell'attico.» Lui non batté quasi ciglio... corrugò solo leggermente la fronte. «Dove altro dovrebbe essere?» 17


«Nella mia camera. Come certamente saprai, avevo scelto un alloggio separato, a un altro piano.» «Oh, sono stato informato nel momento stesso in cui hai ritirato la tua chiave.» Conrad trangugiò l'ultimo goccio del suo drink. «Ma hai fatto trasferire comunque le mie cose.» Cosa pensava di ottenere con quei subdoli giochetti? «Sono arrogante, ricordi? Sapevi già cosa sarebbe successo una volta che ti fossi presentata alla reception. Anche sotto una falsa identità, lo staff avrebbe subito riconosciuto mia moglie.» Forse era andata proprio così. «Stupida io a pensare che, proprio perché sono tua moglie, avrebbero esaudito la mia richiesta senza fiatare.» «E stupido io a pensare che non mi avresti mai messo in imbarazzo di fronte al mio staff.» Un moto di pentimento la pervase. Indipendentemente da quello che era accaduto fra loro verso la fine del matrimonio, lo amava profondamente. Era stanca di ferirlo almeno quanto lo era del dolore che provava a sua volta. Sì, era esausta, ma anche desiderosa di portare a termine tutto questo e di poter andare avanti con la propria vita, magari mettendosi con qualcuno meravigliosamente noioso e privo di complicazioni. Con un sospiro, si lasciò ricadere sulla sedia accanto a quella di Conrad. «Scusa. Hai ragione. È stato insensibile da parte mia.» «Perché l'hai fatto?» Lui posò il bicchiere e si sporse in avanti. «Sapevi che qui nell'attico c'era spazio per tutti e due.» Anche se lui non intendeva essere completamente sincero, lei lo sarebbe stata. «Perché avevo paura di rimanere sola con te.» «Dio, Jayne.» Lui allungò la mano e le richiuse le dita callose attorno al polso. «Sarò anche un incorreggibile bastardo per certi versi, ma mai e poi mai ti farei del male.» Era la verità. Lo dimostravano la sua stretta delicata, così come gli anni passati insieme durante i quali era sem18


pre stato perfettamente controllato, nonostante i loro litigi piuttosto accesi. Ah, quanto avrebbe voluto poter tenere altrettanto saldamente le redini sull'ondata di emozioni che la stava travolgendo, minacciando di sommergerla. Prima ancora che potesse trattenerle, le parole le uscirono dalle labbra. ÂŤNon mi riferivo a te, ma a me. Avevo paura di non poter resistere alla tentazione di venire a letto con te.Âť

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2089 - Seduzione a mezzanotte di Barbara Dunlop Mitch Hayward, presidente del TCC, non riesce a credere ai propri occhi. Jenny Watson, la sua impeccabile e compassata assistente personale, è diventata una donna sensuale e ammaliatrice. E una notte accade l'irreparabile. IL CLUB DEI MILIONARI 2090 - La scelta del playboy di Sarah M. Anderson Billy Bolton, milionario con la fama di cattivo ragazzo, non è adatto a diventare un marito devoto. Lui ama correre in sella alle sue amate moto, e passare da una donna all'altra. Perché Jenny non riesce a resistere all'attrazione che prova per lui? I FRATELLI BOLTON 2091 - Il segreto del milionario di Catherine Mann Jayne sa che Conrad le spezzerà il cuore, eppure non può fare a meno di sposarlo. Lui è uno dei più ricchi proprietari di casinò di Monte Carlo e fingere è la sua specialità. Ovvio che sia riuscito a convincerla della sua buona fede. Ma non accadrà una seconda volta. I PADRONI DEL SUCCESSO 2092 - Il tuo cuore mi cambia di Charlene Sands Lei è la creatura più dolce che Casey abbia mai incontrato. Con le sue mani delicate crea dolci composizioni che inducono in tentazione il più morigerato degli uomini. Lei è Susanna Hart, la sorella del suo migliore amico. Quindi proibita. A meno che... RITORNO A SUNSET RANCH


dal 28 ottobre 2093 - Un'ereditiera da sedurre di Robyn Grady Per Daniel Warren, architetto di successo, la progettazione della nuova sede del TCC è una sfida eccitante. Ma mai quanto conquistare il corpo e il cuore di Elizabeth, ereditiera e socialite della città di Royal. Entrambi sanno che potranno avere solo poche notti, ma... IL CLUB DEI MILIONARI 2094 - Ancora nel suo letto di Sarah M. Anderson Bobby Bolton è sempre stato considerato un ribelle e un incapace. L'unica volta che sentiva di essere riuscito a conquistare qualcosa era stato costretto a rinunciare. Lui, però, non ha mai dimenticato Stella, la donna che lo apprezzava per quello che era. I FRATELLI BOLTON 2095 - Sei tutto ciò che voglio... di Emily McKay Il milionario Griffin Cain è in grado di compiere magie a letto. Al punto che persino Sydney Edwards, compassata segretaria della Cain Enterprises, cede dinanzi alle sue lusinghe, trasformandosi in una donna sensuale e sfrenata. La loro passione, però, deve restare segreta. 2096 - La musica dei sensi di Catherine Mann Ti desidero da sempre. E sono riuscito a sedurti, con parole dolci e falsità, e a incantarti con la mia musica. Per poi abbandonarti, perché il mio essere ti avrebbe distrutta. Oggi come allora, ogni nota del mio pianoforte è una parola d'amore per te. I PADRONI DEL SUCCESSO


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