D2095 sei tutto cio che voglio

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EMILY MCKAY

Sei tutto ciò che voglio...


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: All He Really Needs Harlequin Desire © 2013 Emily McKaskle Traduzione di Giada Fattoretto Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny ottobre 2014 Questo volume è stato stampato nel settembre 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2095 del 21/10/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Griffin Cain era un amante eccezionale. Non era la prima volta che questo pensiero sfiorava la mente di Sydney Edwards. Non c'erano parole per descrivere il modo in cui la toccava: peccaminoso, delizioso. D'altronde, lo stesso Griffin era peccaminoso e delizioso. E anche totalmente, diametralmente opposto a lei. Anche adesso, a distanza di quattro mesi dall'inizio della loro relazione clandestina, stentava a credere di avergli concesso ogni cosa. Anzi, a essere onesti l'aveva supplicato di prendersi ogni libertà con il suo corpo. Supplicare. Non era da Sydney Edwards, una donna compassata, prudente e responsabile. Che si trasformava in creta malleabile nelle sue mani. Mani che, in quel preciso momento, le stavano accarezzando le anche nude. «Dovrei andare» mormorò, cercando di sgattaiolare fuori dalle sue braccia. «No.» Griffin pronunciò quell'unica parola con voce bassa, possessiva. Le posò una mano sul bassoventre mentre la attirava nuovamente a sé. «Non ancora.» «Dovrei già essere al lavoro.» Non credeva nemmeno lei a questa scusa. Non mentre Griffin la tormentava nel punto più interno fra le cosce, facendola inarcare per protendersi verso di lui, umida di desiderio. «Allora arriverai in ritardo» mugugnò, mordicchiandole una spalla. Avevano fatto sesso due volte la scorsa notte e una di 5


prima mattina. Solitamente non si fermava a dormire, ma Griffin era appena tornato da un lungo viaggio, e prima di questo ce n'era stato un altro. Per farla breve, ultimamente si erano visti troppo poco per i suoi gusti. Non che avesse bisogno di lui. O che le mancasse. Era solo che non poteva fare a meno delle sue carezze. Sydney riconosceva che il loro rapporto era fuori dagli schemi. Addirittura contrario alla sua natura. Non stavano quasi mai insieme fuori dal letto. Tra le lenzuola Griffin si dedicava con attenzione al suo corpo, tanto che iniziava a temere di poter diventare dipendente dal suo tocco. E poi aveva ventisette anni. Era giovane e in salute. Sarebbe stato strano che non si fosse sentita attratta da un uomo come Griffin. Era certa che non si sarebbe affezionata. Dopotutto era Griffin Cain, affascinante donnaiolo ed erede di un terzo dell'impero Cain. Una storia improbabile. Quindi non la metteva in apprensione il fatto di essersi precipitata da lui appena le aveva inviato un messaggio, di notte, dicendole che era atterrato a Houston. Era tardi, quindi aveva fatto un'eccezione ed era rimasta a dormire a casa sua. «Tu puoi permetterti di fare tardi al lavoro. Sei Griffin Cain. L'azienda appartiene alla tua famiglia. Ti è concesso tutto.» «E sono appena tornato dalla Norvegia.» «Credevo fossi andato in Svezia.» Come se facesse differenza. Era sempre in viaggio da o verso qualche paese straniero. «Non c'è neanche il tuo capo oggi» sussurrò Griffin. Il continuo lavorio delle sue dita la portò a sperimentare l'ennesimo piacere tra fremiti e sussulti. La parte razionale di Sydney tentò una flebile protesta. Avrebbe dovuto resistere, dimostrare un minimo di forza di volontà. Ma era più forte di lei. E poi non c'era nulla di male nel concedersi altro piacere. 6


L'erezione di Griffin le solleticò il pube. Era così vicino, e doveva solo ruotare le anche per permettergli di penetrarla da dietro. L'avrebbe fatta sua con un'unica, energica spinta. Toccava a Sydney spostarsi di quel poco per dare a entrambi ciò di cui avevano bisogno. Inarcò la schiena, pronta a lasciarsi sopraffare dal desiderio, ma lui la fece stendere supina, le sollevò le braccia sopra la testa tenendole fermi i polsi con una mano mentre con l'altra continuava a stuzzicarla intimamente. «Apri gli occhi.» Il tono era gentile ma fermo. Lei continuò a tenerli chiusi, desiderando che Griffin muovesse le dita più velocemente per farle raggiungere l'orgasmo. Ma lui si fermò. Sydney sollevò le anche puntellando i talloni sul materasso, spingendosi verso la mano e l'erezione di lui perché la penetrasse. «Apri gli occhi» ripeté, continuando a toccarla ma allo stesso tempo tenendosi a debita distanza. Lei ubbidì, digrignando i denti. Voleva guardarlo con aria di rimprovero per questa costrizione, ma il desiderio sessuale la rendeva languida e inerme. Le proteste vennero soppiantate da un gemito di piacere. Griffin si allungò sopra di lei, con espressione controllata. L'aveva stuzzicata, ma era stato faticoso. Stava torturando anche se stesso e vedere quanto gli fosse costato le suscitò un sorriso. Griffin imprecò a bassa voce, poi affondò dentro di lei. Sydney corrispose a ogni sua spinta, fissandolo per tutto il tempo, finché lo sentì perdere il controllo e lo vide chiudere gli occhi. Solo allora anche lei si abbandonò all'estasi. Dopo, le si stese accanto, e quando la attirò fra le sue braccia non oppose resistenza. Aveva ragione: il suo capo, Dalton Cain, non sarebbe stato in ufficio. Non aveva riunioni programmate, né appuntamenti da gestire. Non avrebbe sentito la mancanza della sua assistente. Anche se era in ritardo e doveva ancora lavarsi e fare colazione si addormentò. In parte perché era esausta e soddi7


sfatta come non mai e in parte perché quel pensiero le instillò una sorta di pace. Griffin avrebbe dovuto sentirsi spossato, ma non era così. E non avrebbe dovuto avere le forze per desiderare ancora Sydney, ma gli accadeva l'esatto opposto. Nonostante la stanchezza non riusciva a dormire. Risentiva ancora del fuso orario norvegese. O svedese? Ultimamente aveva viaggiato così tanto che non sapeva più nemmeno dov'era stato. Tentò di conciliare il sonno con un metodo che aveva già sperimentato con successo: accese la TV e si preparò una scodella di cereali. Li stava inzuppando nel latte quando suonò il campanello e, quando aprì la porta, si trovò di fronte il fratello, Dalton. Lui, che solitamente era impeccabile, quel giorno indossava una camicia sdrucita e un paio di jeans. Jeans, Cristo santo. Fino a quel momento non aveva nemmeno saputo che possedesse dei jeans. Eppure eccolo lì. E sembrava distrutto. Incerto su come accoglierlo lo salutò con un: «Ehi, ti sei alzato presto». Dalton spostò lo sguardo dapprima sui piedi scalzi del fratello, poi sui calzoni del pigiama che aveva indossato solo cinque minuti prima e infine sulla scodella di cereali. «Non mi sono alzato presto» ripose Dalton seccamente. «È quasi mezzogiorno.» Quasi mezzogiorno. Maledizione, aveva trattenuto Sydney più a lungo del dovuto. A quel pensiero, guardò di scatto Dalton. Era il capo di Sydney, e non era al corrente della loro storia. Griffin era sicuro che al fratello non sarebbe importato, ma c'era sempre un margine di dubbio. Mostrandosi tranquillo, Griffin si sporse per dare un'occhiata all'ora, poi rise. «Sono le undici. Non è quasi mezzogiorno. E stanotte sono tornato dal Medio Oriente.» O dalla Norvegia? O Svezia? Sperava solo che nemmeno Dalton si ricordasse la meta 8


del viaggio. Prima era andato in Svezia – o in Norvegia – per incontrare Bergen Petro, poi nello Yemen per una riunione. Infine aveva trascorso il weekend in Ruanda. Nessuno alla Cain sapeva del Ruanda, ma per Griffin era stata la parte più importante del viaggio. Era volontario per conto di un'associazione umanitaria chiamata Hope2O e aveva fatto scalo in Africa per aiutare ad avviare opere idriche. Nessuno in azienda sapeva che aiutava la Hope2O. La Cain faceva donazioni a organizzazioni umanitarie, ma la sua famiglia raramente entrava in contatto con la vera povertà. Il lavoro sporco non faceva per loro. Per i Cain la benevolenza equivaleva a debolezza e Griffin non voleva che qualcuno dei suoi familiari venisse a sapere quanto fosse debole. Si diresse verso il divano. «Vuoi qualcosa da mangiare?» «No, grazie.» Dalton chiuse la porta e lo seguì. «Caffè?» «Sì, grazie.» Griffin si accinse a prepararlo. Nonostante l'appartamento fosse dotato di una cucina all'ultimo grido non la utilizzava quasi mai. La domestica la riforniva dell'essenziale: caffè, cereali, latte fresco, salumi e pane. Premette alcuni tasti sulla macchina del caffè e lasciò che compisse la magia. Faceva un caffè buonissimo, ma era dannatamente lenta. Dando uno sguardo al salotto vide che Dalton si era seduto con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa fra le mani. Sembrava abbattuto, ed era molto strano. Dalton aveva trascorso una vita intera agli ordini del padre, e fino a quel giorno Griffin avrebbe giurato che la cosa gli andasse bene. Cooper era l'opposto. Era il figlio illegittimo di Hollister e sembrava non aver molto da spartire con la famiglia. Griffin si era piegato al volere di Hollister solo nell'accettare un posto alla Cain. Era un ruolo semplice, creato appositamente da Hollister per indurre il figlio a lavorare 9


per lui, perché adorava avere il controllo sui familiari. E a Griffin piaceva viaggiare e avere un buono stipendio. Non aveva mai invidiato la posizione di Dalton in qualità di erede della ditta di famiglia. Dalton dirigeva la Cain, Cooper se ne stava defilato mentre Griffin accontentava – più o meno – le basse aspettative di tutti, e nessuno si era mai lamentato. Poco più di una settimana prima, Hollister – a cui rimaneva poco da vivere – aveva convocato tutti al suo capezzale. A quanto sembrava si era sparsa la notizia della sua morte imminente. Una delle amanti che aveva abbandonato in passato gli aveva inviato una lettera anonima al vetriolo per informarlo che aveva una figlia. La donna voleva che Hollister morisse senza avere la possibilità di conoscerla. Il patriarca aveva raccolto la sfida e l'aveva rilanciata ai figli: chi di loro avesse ritrovato l'erede avrebbe ricevuto di diritto l'intera fortuna dei Cain. Altrimenti tutti i beni sarebbero stati ceduti allo Stato. Certo, a Griffin aveva dato fastidio che il padre cercasse di manipolarli a quel modo, ma non se n'era preoccupato più di tanto. Per come la vedeva, Dalton era il più motivato a trovare l'erede, visto che era quello che aveva più da perdere. A vederlo così abbattuto si sarebbe detto che la ricerca non stava dando i frutti sperati. Per quanto ne sapeva il fratello aveva trascorso l'ultima settimana sulle tracce della sorellastra. Per questo aveva inviato un messaggio a Sydney per avvertirla che quel giorno non sarebbe andato al lavoro. Pensò a come avrebbe reagito Sydney se avesse trovato lì il suo capo. Aveva insistito per mantenere nascosta la loro relazione, soprattutto a Dalton. E invece lui gli stava offrendo pure il caffè. Quasi gli avesse letto nel pensiero la macchina emise dei beep per annunciare che era finalmente pronto. Griffin uscì dalla cucina e mise la tazza sul tavolino di fronte al fratello. «Allora» disse battendo le mani per na10


scondere il nervosismo. «Come mai il mio fratellone è venuto a trovarmi a quest'ora?» Cristo. Fratellone? Perché l'aveva chiamato così? Si sentiva un cretino. Per fortuna Dalton sembrava non essersene accorto. L'altro prese in mano la tazza. «Credo che la domanda giusta sia perché non sei al lavoro a quest'ora.» «Ehi, il fuso orario mi sballa.» Si rese conto che finché Sydney non usciva dal bagno non aveva motivo di agitarsi. Si profuse in un sorriso malizioso per far capire al fratello che non era solo. Neanche a farlo apposta in quel momento si sentì il rumore dell'acqua provenire dal bagno. «Oh» commentò Dalton, mettendo finalmente insieme i pezzi del puzzle. Griffin spostò lo sguardo verso la porta della camera da letto. Era il momento della verità. Sydney faceva docce brevi. Cinque minuti al massimo. Altri due per vestirsi. Quindi più o meno in sette minuti sarebbe uscita dal bagno con i capelli bagnati e con addosso vestiti spiegazzati. Poi, o Dalton non avrebbe dato importanza alla faccenda, oppure Sydney sarebbe andata fuori di testa. E questo avrebbe stroncato il loro rapporto. Niente più entusiastiche accoglienze al rientro da un viaggio. Niente più corpo caldo accanto a lui nel letto. Niente più sesso sfrenato. Non era disposto a rinunciare a tutto questo. Quando si accorse che Dalton lo stava guardando si sforzò di sorridere. «Mi dai un minuto?» L'altro annuì. «Fai con calma.» Griffin attraversò la stanza, andò a vestirsi e afferrò le chiavi prima di andare in bagno. La doccia era immersa nel vapore prodotto dall'acqua calda. Attraverso il vetro riusciva a intravedere le curve mozzafiato di quel corpo normalmente castigato in vestiti sobri. Non era il tipo che amava mettere in risalto il proprio fisico, ma mostrarsi nuda non le creava problemi. Lo faceva impazzire guardarla mentre si 11


faceva la doccia. Sfortunatamente, questa volta l'epilogo non li avrebbe visti tornare a letto. Eppure non riuscì a resistere e si appoggiò al vetro della doccia, godendosi la piena sensualità di quelle movenze femminili. Sydney diede un'ultima sciacquata ai capelli, poi abbassò il miscelatore e si allungò per prendere un asciugamano. Quando si accorse della presenza di Griffin gli sorrise. «Smettila. Sai che devo andare in ufficio.» «Lo so.» Lei si avvolse nell'asciugamano e ne prese un altro prima di andare verso il lavandino. Anche se sembrava rilassata c'era qualcosa di strano nella sua espressione. Ma forse doveva aspettarselo. Era stata chiara fin dall'inizio sulla natura puramente sessuale di quel rapporto. Il che andava bene anche a lui. Ma uscire di casa prima ancora che Sydney si fosse vestita era un po' troppo rude, anche per uno come Griffin. Lei si piegò per avvolgere i lunghi capelli castani in uno di quei turbanti che solo le donne sembrano in grado di fare con gli asciugamani, poi si raddrizzò, accigliata. «Che succede?» Griffin prese le chiavi di casa dalla tasca e le appoggiò sul lavandino. «Devo andare. Chiuderesti prima di uscire?» Lei sembrò ancora più contrariata. «Aspetta. Non voglio... voglio dire, perché...» La baciò fugacemente sulle labbra per impedirle di protestare. «Non preoccuparti. Me le restituirai la prossima volta che ci vediamo. Fai pure con calma. Ci sono dei muffin, oppure prendi qualcosa dal frigo.» «Ma...» si lamentò nuovamente. «Mandami un messaggio più tardi e fammi sapere cosa fai stasera.» Lo fermò posandogli una mano sul braccio, lo sguardo risoluto. «Cosa sta succedendo?» Si arrese. C'era qualcosa in quegli occhi marroni che gli impedivano di mentirle. «Dalton è qui. Andiamo a pranzo.» 12


«Dalton? Il mio capo?» Le sorrise, in parte sperando di acquietarla e in parte perché vederla così scossa era divertente. «Conosci altri Dalton?» «Credi che sappia di noi?» «No» la rassicurò. «Penso sia passato perché è nella merda fino al collo con la storia di papà.» La baciò un'altra volta sulla bocca. «Tranquilla, non scoprirà nulla. Ci penso io.» Poi, dato che non riusciva a farne a meno, le pizzicò il sedere prima di uscire dal bagno. Aveva un gran bel sedere. Sperava di poterlo rivedere ancora, sempre che la visita di Dalton non l'avesse turbata troppo. Avrebbe voluto ucciderlo. Cosa voleva dire Ci penso io? Sydney rimase accanto allo stipite della porta per diversi minuti, ad ascoltare le voci provenienti dall'altra stanza. Non riusciva a distinguere le parole. Ma ci provò, perché sembrava di vitale importanza riuscire a cogliere ogni sfumatura di quella conversazione. Il che era ridicolo, perché probabilmente non stavano parlando di lei. Dalton aveva parecchia carne al fuoco al momento, e Sydney lo sapeva più di chiunque altro. Era una delle poche con cui poteva parlare dell'erede. La settimana prima le aveva chiesto di passare i suoi compiti a qualcun altro per aiutarlo a investigare. Sydney e Griffin non avevano mai parlato della figlia segreta, ma era normale che anche lui fosse preoccupato. Ne andava del suo posto alla Cain. Anzi, l'intera azienda era a rischio. Anche lei avrebbe potuto perdere il lavoro, ora che ci pensava. Quindi era naturale che Dalton avesse bisogno di parlare con il fratello. Era del tutto logico. Eppure se ne stette con l'orecchio pigiato alla porta finché non li sentì uscire. Poi si vestì in fretta, senza premurarsi di asciugare i capelli e passandosi a malapena un filo di mascara. Stava per prendere le chiavi che Griffin aveva 13


poggiato sul lavandino, ma qualcosa la bloccò. Era un gesto troppo... intimo. «Smettila di fare la fifona. Sono solo delle chiavi» si rimproverò, prima di afferrarle e di avviarsi verso l'uscita, chiudendo la porta. Poi le ripose nella borsa, evitando accuratamente di appenderle al suo portachiavi. Lei e Griffin non stavano insieme, andavano solo a letto insieme. Un rapporto che non prevedeva lo scambio di chiavi. Premette il pulsante dell'ascensore con foga. Lui si stava solo comportando da persona responsabile. Come quando avevano iniziato a vedersi e le aveva mostrato le recenti analisi cliniche che attestavano fosse esente da malattie. Dapprima si era sentita in imbarazzo, come se non fosse corretto richiedere informazioni tanto private a una persona che si conosceva appena, anche se ci si andava a letto. Certo, aveva fatto le analisi per andare sul sicuro, ma c'era anche dell'altro. Adesso Sydney conosceva il suo livello di colesterolo e sapeva che aveva fatto l'ultima antitetanica nel 2010, cioè da quando si era ferito con un amo da pesca, come le aveva raccontato in seguito. Ma lei non voleva sapere del vaccino, così come non voleva le chiavi del suo appartamento. Ecco perché, quando salì in macchina, se ne stette seduta parecchi minuti a respirare cercando di ricomporsi. Cosa stava facendo? Quando avrebbe smesso di prendersi in giro? Fare sesso con Griffin era una pessima idea. Quando avevano iniziato a vedersi non le era sembrato così male. Era semplicemente successo, quasi per caso. La stessa cosa le era capitata quando aveva adottato Gromit, il suo gatto. Aveva trovato quella povera bestiola rannicchiata nell'androne di casa per cercare riparo dalla pioggia. Non poteva lasciarlo lì, quindi l'aveva fatto entrare e l'aveva curato, anche se era brutto e antipatico. Si era lasciata trascinare dalla situazione, e lo stesso aveva fatto con Griffin. Era trascorso quasi un anno dalla loro prima notte. Lei era appena stata lasciata da Brady, il suo ragazzo, pochi 14


mesi prima delle nozze. Lui si era profuso in mille scuse, ma le aveva confessato di essersi innamorato di un'altra donna. Per essere precisi, si trattava della sua ex che lo aveva ricontattato tramite Facebook per fare quattro chiacchiere. Sydney si era sentita umiliata, e la sua rabbia era aumentata quando aveva scoperto che quel verme aveva lasciato il lavoro e si era trasferito dall'altra parte del continente per stare con la sua nuova compagna. Avrebbe voluto picchiarlo. Fu la prima e ultima volta che sentì l'impulso di fare del male a qualcuno. Invece aveva svuotato con calma l'unico cassetto che le aveva concesso a casa sua e aveva fatto altrettanto con le cose di Brady che si trovavano da lei. L'operazione aveva richiesto l'impiego di solo due scatoloni. Non aveva nemmeno dovuto prendersi un giorno di permesso. Si era convinta di stare bene, finché non si era imbattuta nell'annuncio di matrimonio di Brady su Facebook. Così, tutto d'un tratto, aveva avvertito qualcosa che si spezzava dentro di lei. Meno di trentasei ore dopo che Brady aveva sposato un'altra aveva fatto l'impensabile. Aveva incontrato Griffin Cain in un bar poco distante dall'azienda e gli aveva inviato il suo numero tramite sms. Aveva flirtato con lei fin da quando era entrato nell'azienda di famiglia, così come era solito fare con tutte le donne. Sydney non aveva mai pensato che sarebbe diventata una delle sue conquiste. Griffin era bello e affascinante. I capelli biondo cenere arruffati e gli occhi azzurri gli conferivano più un'aria da surfista che da uomo d'affari. Tutte le impiegate in ufficio andavano in estasi di fronte al suo sorriso sbilenco con annesse fossette sexy. Eppure era sicura che sarebbe riuscita a resistergli nonostante tutti i segnali che le aveva lanciato, perché detestava le persone che si adagiavano sugli allori e che facevano strada perché appartenevano a una famiglia potente, e Griffin incarnava tutte queste caratteristiche. Era improbabile che si innamorasse di un uomo così, ma le sembrava perfetto per curare il proprio ego ferito. Quella 15


mattina, quando si erano incontrati e le aveva rivolto il classico sorriso alla Griffin, aveva deciso che sarebbe stato suo. Aveva deciso di concedersi una sola notte con lui, che poi era diventata un week end. E poi un mese. E poi quattro. La breve avventura non era piĂš cosĂŹ breve. Era riuscita a mantenere il tutto su un piano sessuale, ma erano subentrate delle complicazioni. Bastava una telefonata per farla precipitare da lui nel bel mezzo della notte. Si era fermata a dormire. Aveva fatto la doccia nel suo bagno. Fatto tardi al lavoro. E adesso si ritrovava in mano le sue stramaledette chiavi. Doveva smetterla di prendersi in giro. Non si limitava a fare sesso con Griffin. Si stava comportando come una drogata. Era arrivato il momento di disintossicarsi.

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2093 - Un'ereditiera da sedurre di Robyn Grady Per Daniel Warren, architetto di successo, la progettazione della nuova sede del TCC è una sfida eccitante. Ma mai quanto conquistare il corpo e il cuore di Elizabeth, ereditiera e socialite della città di Royal. Entrambi sanno che potranno avere solo poche notti, ma... IL CLUB DEI MILIONARI 2094 - Ancora nel suo letto di Sarah M. Anderson Bobby Bolton è sempre stato considerato un ribelle e un incapace. L'unica volta che sentiva di essere riuscito a conquistare qualcosa era stato costretto a rinunciare. Lui, però, non ha mai dimenticato Stella, la donna che lo apprezzava per quello che era. I FRATELLI BOLTON 2095 - Sei tutto ciò che voglio... di Emily McKay Il milionario Griffin Cain è in grado di compiere magie a letto. Al punto che persino Sydney Edwards, compassata segretaria della Cain Enterprises, cede dinanzi alle sue lusinghe, trasformandosi in una donna sensuale e sfrenata. La loro passione, però, deve restare segreta. 2096 - La musica dei sensi di Catherine Mann Ti desidero da sempre. E sono riuscito a sedurti, con parole dolci e falsità, e a incantarti con la mia musica. Per poi abbandonarti, perché il mio essere ti avrebbe distrutta. Oggi come allora, ogni nota del mio pianoforte è una parola d'amore per te. I PADRONI DEL SUCCESSO


dal 25 novembre 2097 - Volontà e tentazione di Brenda Jackson Per Zeke Travers, esperto di sicurezza affascinante come il peccato, letto e lavoro sono un connubio pericoloso. L'amore, poi, non è nei suoi programmi. Fino a quando non incontra Sheila: la dolcezza di lei riesce a scalfire il suo cuore di ghiaccio, e una note... IL CLUB DEI MILIONARI 2098 - Il re della vendetta di Maureen Child Lei lo ha sposato. Lo ha usato. E, infine, lo ha lasciato. Per cinque anni Rico King ha meditato vendetta e ora finalmente la ruota del destino gira a suo favore. Teresa, ladra di professione e seduttrice seriale, è in pericolo e solo lui può salvarla. In cambio, dovrà... I SIGNORI DELLA CALIFORNIA 2099 - L'erede illegittimo di Emily McKay Cooper Larson è abituato a essere trattato con sufficienza. Lui è il figlio illegittimo di Hollister Cain, uomo crudele e vendicativo, e nelle sue vene scorre lo stesso maledetto sangue. Forse è per questo che la prospettiva di sedurre la bella e algida Portia è così intrigante. 2100 - Scontro appassionato di Catherine Mann Il Natale non ha alcuna attrattiva per Rowan Boothe, milionario e primario di un ospedale in Africa. Come se non bastasse, la sua routine viene sconvolta dall'invasione di Mariama Madara, principessa in fuga dalla stampa e in cerca della sua protezione. I Padroni del Successo


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