Desiderio tra le dune

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Lucy Monroe

Desiderio tra le dune


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Heart of a Desert Warrior Mistress to a Sheikh Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Anthology © 2012 Lucy Monroe © 2007 Lucy Monroe Traduzioni di Cornelia Scotti e Giovanna Cavalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony dicembre 2013 Prima edizione Harmony Pack gennaio 2014 Questa edizione myLit gennaio 2018 MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 53 dello 02/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Il guerriero delle dune



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«Sembra che tu sia sul punto di affrontare il plotone d'esecuzione.» Le parole del suo assistente bloccarono Iris mentre scendeva la maestosa scalinata del palazzo. Soppresse una smorfia al commento azzeccato e si voltò a guardarlo con un sorriso forzato. «Tu invece mi sembri affamato.» «Sul serio, è solo una cena, vero?» «Certo.» Solo una cena. Dove si supponeva che avrebbero incontrato il loro contatto a Kadar: Asad, il secondo cugino dello sceicco Hakim, o qualcosa del genere. Anche lui era sceicco di una tribù di beduini nomadi dal nome complicato, Sha'b Al'najid. Asad era un nome piuttosto comune per uno sceicco. Quindi... non c'era motivo di pensare che fosse il suo Asad. Nessuna ragione se non quell'ansia che la perseguitava sin da quando lo sceicco Hakim aveva fatto il nome del cugino. Da quando aveva accettato l'incarico in Medio Oriente, Iris conviveva con la pesante sensazione che stesse per accadere qualcosa e a nulla era valso ignorare la premonizione. Con il passare delle ore, la sensazione cresceva sempre di più. «Non mi sento affatto rassicurato» dichiarò Russell 7


mentre poggiava il piede sullo scalino. Il suo tono era di finta allegria. «Non è che la parola cena sia sinonimo di rapimento e vendita a trafficanti di schiavi bianchi?» La frase assurda strappò a Iris una risata. «Sei un idiota.» Eppure le gambe rifiutarono di continuare a muoversi. «Però affascinante, devi ammetterlo. Chi non vorrebbe rapire uno come me?» le domandò ammiccando mentre si fermava ad aspettarla. Con quei capelli rossi e la pelle chiara, sarebbe potuto passare per suo fratello. Peccato non lo fosse. Con accanto un compagno, la sua infanzia sarebbe stata certo meno solitaria. I suoi genitori non erano stati crudeli, solo distratti. Loro si completavano a vicenda. Lavoravano insieme, viaggiavano insieme, e lei non rientrava nei loro progetti. Anche se non lo avevano mai detto in modo chiaro, era stata, molto semplicemente, un incidente di percorso. Non riusciva a immaginare cosa avrebbero fatto con un figlio come Russell. Lui non era tipo da confondersi in silenzio con la tappezzeria. Nemmeno lei lo era mai stata. Sì, decisamente Iris e Russell sembravano condividere gli stessi geni. In realtà lui non aveva le lentiggini, che invece coprivano il viso di Iris in abbondanza, e poi aveva gli occhi verdi invece che blu. La loro carnagione era pallida e tutti e due avevano capelli ricci e rossi, come la madre di Iris. Il mento invece era squadrato, come quello del padre della ragazza. Sia lei che Russell erano di altezza media, e tutti e due tendevano a vestirsi da scienziati distratti quali, in effetti, erano. In realtà Iris quella sera aveva indossato un vestito 8


elegante, blu intenso, con una pashmina nera. Invece della solita coda di cavallo, aveva raccolto i capelli in un morbido chignon e si era persino truccata gli occhi e le labbra benché di solito non usasse né mascara né rossetto. Quella sera però avrebbe cenato con uno sceicco e la sua famiglia! Due sceicchi, obiettò una vocina preoccupata dentro di lei. Russell era vestito in quella che lui considerava la sua versione più formale. Con un paio di pantaloni color kaki e una polo invece della solita maglietta. Non erano tipi da grandi toilette! Iris sorrise alla battuta di Russell. «Nessuno con un po' di cervello si prenderebbe la briga di rapire proprio te.» Lui scoppiò a ridere. Non si era offeso, però era decisamente preoccupato. Anche se non voleva che lei se ne accorgesse. Iris era certa che tutto sarebbe andato per il meglio. Qualsiasi cosa l'aspettasse, se la sarebbe cavata. Non era più un'ingenua studentessa, ma una geologa professionista che lavorava per uno studio peritale molto importante. «Allora, perché quell'espressione tesa?» domandò Russell dopo aver sceso un altro scalino. «So che hai tentato di rifiutare questo incarico.» Era vero, poi però si era resa conto di essersi comportata da sciocca. Se voleva assicurarsi un futuro brillante, non poteva respingere commesse in Medio Oriente solo perché una volta aveva amato un uomo che veniva da quella parte del mondo. Senza contare che il suo capo le aveva fatto capire chiaramente che non aveva scelta, a meno di non voler perdere il posto di lavoro. 9


«Sto bene, solo un po' fuori fase per il cambio di fuso orario.» Si costrinse a rimettersi in movimento, e riprese a scendere la scala. Russell a quel punto l'affiancò e le porse il braccio, che lei accettò. Non stava rimuginando sulla possibilità che lo sceicco Asad fosse il suo Asad. Niente affatto. Dopo tutto, quante probabilità c'erano che fosse lo stesso uomo che era riuscito a spezzarle il cuore sei anni prima, tanto che non era più uscita con un ragazzo fin dopo la fine della scuola? Che fosse proprio l'uomo col quale aveva sperato di vivere per il resto della vita e che invece non aveva mai più visto? Pochissime, anzi, praticamente nessuna. Vero? Vero! Il suo Asad faceva parte di una tribù di beduini e, come aveva scoperto alla fine della loro relazione, era destinato a diventare sceicco un giorno. Non poteva essere lo stesso uomo. Non doveva. Lei pregava con tutta se stessa che non lo fosse. Se per caso era il suo Asad, o meglio quell'Asad, dato che non le era mai davvero appartenuto... Oh insomma, doveva smettere di pensare a lui in quel modo! Insomma, se era davvero quell'Asad, non sapeva cosa avrebbe fatto. Non avrebbe potuto rifiutare l'incarico adducendo motivi personali altrimenti avrebbe messo a repentaglio la sua carriera presso lo studio peritale Coal, Carrington & Boughton. Come avrebbe potuto giustificare il costo per il viaggio fin laggiù? Non voleva commettere un suicidio professionale. Asad le aveva già portato via tanto. La sua fiducia nell'amore. Il sogno della vita felice e serena a cui aveva sempre aspirato. Non le avrebbe portato via anche la carriera. 10


«Cosa bevi? chiese il diamante alla vena di rame?» La voce giovane di Russell la trasse da quei pensieri poco allegri mentre continuavano il loro cammino lungo la scalinata. Lei lo fissò con ironia. «È una battuta vecchia come me. La risposta è... niente. I minerali non bevono!» esclamò, ma poi, di fronte alla risata contagiosa del compagno, non riuscì a trattenere un sorriso. «Sono felice di vedere che hai ancora il senso dell'umorismo.» La profonda voce maschile che arrivava dall'atrio sotto di loro non suonava affatto divertita. Anzi, era decisamente infastidita. Un particolare al quale Iris non badò affatto, occupata come era a tenere a sotto controllo l'ondata di emozioni che quelle note ricche e sensuali stavano avendo su di lei. Si bloccò a metà della scalinata e restò a guardare l'uomo che aveva creduto di non incontrare mai più. Asad ricambiò il suo sguardo, con tanta intensità che le si mozzò il respiro. Era cambiato. Certo, era ancora bellissimo. I suoi capelli erano sempre castano scuro, quasi neri e senza la minima traccia di argento. Non li portava più corti come quando andava all'università, bensì lunghi fino alle spalle. Il diverso stile avrebbe dovuto dargli un'aria più abbordabile, ma non era così. Nonostante l'ambiente civilizzato che li circondava e l'abito dal taglio europeo che Asad indossava, aveva l'aspetto di un guerriero del deserto. Capace. Sicuro. Pericoloso. I suoi occhi continuavano a fissarla. Seri e inquisitori. La luce allegra che lei ricordava era sparita dal suo sguardo. 11


La barba tagliata corta e molto curata, accentuava il suo fascino. Non che ne avesse bisogno. Il suo corpo si era fatto più solido dai giorni dell'università, più muscoloso. Con quel fisico alto e imponente, aveva decisamente l'aspetto di un uomo di potere. Di uno sceicco medio orientale. Per l'ennesima volta, Iris desiderò riuscire a ignorarne la presenza. Con determinazione si costrinse a chinare la testa in un segno di saluto. «Sceicco Asad.» «Questo è il nostro contatto?» domandò Russell con voce incerta, ricordandole la sua presenza. Eppure non riuscì a distrarla. Non poteva competere con la potente marea di sentimenti che stava crescendo come una tempesta dentro di lei. Senza prestare la minima attenzione a Russell, Asad porse la mano a Iris. «Ti accompagnerò dagli altri.» Iris, che sentiva il corpo stretto in una morsa di ghiaccio, faticò a scendere gli ultimi gradini. Quando gli arrivò vicino, evitò la sua mano e continuò a camminare diretta dove, poche ore prima, aveva incontrato lo sceicco Hakim con la moglie e il loro adorabile bambino. Se era fortunata, la sala da pranzo era nella stessa ala del palazzo. «Sai dove stai andando?» domandò Russell dietro di lei, con voce confusa. Asad emise un suono che sembrava di divertimento. «Non credo Iris si sia mai lasciata sviare dalla mancanza di punti di riferimento, nel suo andare verso la meta.» Lei si voltò di scatto e lo fronteggiò. Era stupita per prima della carica di rabbia che la stava attraversando. «Persino i migliori scienziati possono interpretare male l'evidenza.» Ricacciò indietro il dolore che si mischiava alla collera e ritrovò una parvenza di compostezza. 12


«Saresti così gentile da farci strada?» gli domandò glaciale. Di nuovo le offrì il braccio e lei, ancora, lo ignorò. Restò ad aspettare in silenzio che mostrasse loro la direzione verso cui muoversi. «Sei testarda come sempre.» La tentazione di colpirlo la colse di sorpresa. Non era una persona violenta. Non lo era mai stata. Nemmeno quando lui l'aveva ferita mortalmente, aveva desiderato vederlo soffrire. «Ecco la nostra Iris! Solida come una roccia.» Questa volta, Asad non ignorò Russell e gli rivolse uno sguardo da far rabbrividire. Il giovane ricercatore non sembrò intimorito e porse la mano. «Sono Russell Green, intrepido assistente geologo con un brillante futuro da libero professionista.» Asad strinse la mano del ragazzo e inclinò la testa. «Sceicco Asad bin Hanif Al'najid. Vi guiderò e proteggerò durante la vostra permanenza a Kadar.» «Personalmente?» domandò Iris, che non riuscì a nascondere la propria ansia. «Non ci credo, sei uno sceicco...» aggiunse poi. «È un favore che faccio a mio cugino. Lo offenderei, se anche solo pensassi di affidare ad altri questo incarico.» «Ma non è necessario.» Non sarebbe sopravvissuta nemmeno un'ora, se avesse dovuto passarla in sua compagnia! Erano trascorsi sei anni dall'ultima volta che lo aveva visto, eppure il dolore e il senso di tradimento che le aveva inflitto erano ancora vivi in lei. Si diceva che il tempo guarisce tutte le ferite, eppure le sue stavano ancora sanguinando. La notte lo sognava, anche se considerava quei sogni veri e propri incubi. 13


Lo aveva amato e si era fidata di lui con ogni fibra del suo essere. Con lui aveva finalmente creduto di avere trovato una famiglia e si era illusa di potersi lasciare alle spalle la solitudine dell'infanzia. Ma lui aveva tradito le sue emozioni e le sue speranze in modo totale e irrevocabile. «Non hai voce in capitolo.» Iris scosse la testa. «Io... non...» «Iris, stai bene?» domandò Russell. Doveva stare bene. Quello era il suo lavoro. La sua carriera. Erano le uniche cose che contavano nella sua vita, le sue uniche certezze. Le uniche che Asad le aveva lasciato, dopo il suo tradimento. «Sto bene, grazie. Dobbiamo andare a incontrare lo sceicco Hakim.» Una luce brillò in fondo agli occhi scuri di Asad. Un lampo quasi di preoccupazione. Eppure Iris non ci cascò. Non si sarebbe fatta prendere per il naso. Niente affatto. Asad non le offrì più il braccio, ma si voltò e iniziò a camminare nella direzione verso cui era diretta poco prima. A quanto pareva aveva indovinato. Peccato che non fosse altrettanto intuitiva quando si trattava di capire le persone. «Asad ci ha detto che frequentavate la stessa università.» Catherine sorrise senza malizia. I suoi occhi avevano un'espressione di sincero interesse. Purtroppo le sue parole riportarono alla mente di Iris un'ondata di ricordi poco felici. «Già» rispose senza entusiasmo. «Dove vi siete incontrati?» «Ero andato a cercare un amico, una mattina» spiegò Asad. «All'associazione studentesca.» 14


Asad le si era avvicinato davanti alla palazzina dell'associazione. Aveva flirtato con lei, l'aveva affascinata e poi le aveva chiesto di uscire. Lei non aveva nemmeno preso in considerazione la possibilità di rifiutare. Iris aveva pensato fosse stato il destino a farli incontrare. Credeva nel destino, allora. Sin dall'inizio aveva pensato a lui come una sorta di benedizione. Dopo diciannove anni passati a non sentirsi vicina a un altro essere umano, finalmente si era sentita una cosa sola con Asad. E si era convinta che lui provasse gli stessi sentimenti. Si era sbagliata di grosso. Lui non la voleva, non per sempre, almeno. Nemmeno per i pochi mesi che erano rimasti insieme. Non era affatto suo, in nessun senso. «Bella cosa, l'associazione studentesca» dichiarò Russell con entusiasmo. «Non ha mai ammesso discriminazioni. Né di età né di classe sociale» precisò con un sorriso allegro. «A una riunione dell'associazione studentesca dell'università dove ho studiato, ho incontrato la figlia di un milionario.» Iris aveva incontrato uno sceicco. Non che lo sapesse, allora. Ai tempi lui si era presentato semplicemente come Asad Hanif. Era solo uno studente straniero che si avvaleva dell'istruzione di un'università americana. «Era molto dolce» continuò Russell, «solo che non sapeva distinguere una roccia sedimentaria da una ignea.» «A quanto pare era un'amicizia destinata a finire ancor prima di iniziare» scherzò lo sceicco Hakim. «La nostra amicizia andò meglio» commentò Asad mentre rivolgeva a Iris un'occhiata di intesa che lei non ricambiò. «Anche se io non capivo nulla di geologia e a Iris non interessava affatto il management aziendale.» «La nostra amicizia non durò» precisò lei. «Il che 15


indica che le nostre diversità erano molto più importanti di quanto ci sembrava all'inizio.» Anche se non si era mai considerata una grande attrice, Iris riuscì a non lasciar trapelare la propria amarezza. Asad posò la forchetta sul piatto vuoto. «Spesso i giovani mancano di saggezza.» «Avevi cinque anni più di me.» Ed eri molto più esperto del mondo, aggiunse in silenzio. Lui scrollò le spalle. Era un movimento che Iris conosceva bene. Era il modo che aveva Asad di rispondere ogniqualvolta l'argomento gli sfuggiva di mano. «Giusto per la cronaca, non vorrei farvi pensare che io sia interessata a rinnovare una vecchia amicizia.» Le vennero i brividi al solo pensiero. «Non è così. Sono qui per lavorare.» Fu il suo turno di scrollare le spalle, anche se con scarsa convinzione. Non era mai stata capace di mostrarsi distaccata, quando si trattava di Asad. In ogni caso era lì per lavorare e così avrebbe fatto. Alla fine del suo incarico se ne sarebbe tornata a casa, con grande sollievo anche di Asad, ne era certa. «Sarebbe un peccato fare un viaggio così lontano da casa e non trovare nemmeno un po' di tempo per conoscere la cultura locale.» Lo sguardo di Asad sembrava volerla passare da parte a parte. Era uno sguardo familiare, e a Iris si strinse il cuore notandolo, dopo tutto ciò che c'era stato tra loro e dopo che le loro vite avevano preso strade tanto diverse. «Sono certo che vivere con la tua tribù darà sia a Iris che a Russell l'opportunità perfetta per sperimentare di persona la nostra cultura» osservò Catherine, con un sorriso diretto prima ad Asad, e poi a Iris. «Io adoro stare con i Beduini. È un modo di vivere molto diverso. L'unico problema è che i bambini si ficcano sempre in 16


qualche guaio» aggiunse, ammiccando in direzione del marito. Fu solo a quel punto che Iris comprese appieno il significato della conversazione. «Staremo con la tribù dello sceicco Asad?» domandò scioccata. «Non sarà questa la nostra base?» Il bel palazzo orientale che, nonostante le sue dimensioni e il lusso, riusciva comunque ad avere l'aria di una vera casa. «La mia tribù è accampata vicino alla regione montagnosa dove dovrete fare le rilevazioni» spiegò Asad, con un'inspiegabile nota di soddisfazione nella voce.

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Le dune del desiderio

Romanzo



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Jade chiuse di scatto il cellulare. «Era Therese.» Khalil alzò lo sguardo dalla rassegna stampa che leggeva attentamente ogni mattina, durante la colazione, increspando appena un angolo delle labbra sensuali. «L'avevo intuito dal tuo gridolino di gioia e da come hai trillato il suo nome quando hai risposto al telefono.» Gli intensi occhi blu, benché al momento lampeggiassero di divertimento, la infiammarono con l'intensità che sapevano sprigionare. Era sempre così con lui... Khalil aveva un modo particolare di fissare l'interlocutore, che lo faceva sentire come se fosse l'unico altro essere al mondo, a parte lui. Una dote che lo rendeva un diplomatico molto abile. Poche persone dubitavano della sua sincerità o della genuinità dell'interesse che dimostrava per loro e per le istanze del paese che rappresentavano. Anche Jade, come tutti, era stata conquistata facilmente dal suo modo di fare. All'inizio aveva pensato di essere incredibilmente speciale per Khalil. Adesso aveva capito che quell'uomo possedeva un talento straordinario nel farlo credere a chiunque. Ma non tutti potevano essere davvero speciali. E se non lo erano gli altri... forse, a conti fatti, non lo era nemmeno lei. 171


«È successo qualcosa?» le chiese ora lui, con l'espressione del viso che, in un battito di cuore, era passata dall'indulgenza ironica alla preoccupazione. Jade scosse la testa, determinata a non crogiolarsi in pensieri così deprimenti. Che diamine, lei viveva con Khalil. E questo, se non altro, la rendeva unica. E quindi in qualche modo anche speciale. Sì, certo, se ne sei convinta tu... Soffocando un sospiro, guardò fuori dal terrazzo del lussuoso appartamento da cui si riusciva a vedere tutta Atene. Il panorama era incredibile, con in primo piano i palazzi più eleganti della città e l'Acropoli in lontananza. Troppo favoloso per poterlo descrivere a parole. Jade lo adorava. Amava vivere in Grecia, e sapeva che Khalil aveva scelto di fare base ad Atene proprio per lei. Era più facile spostarsi dall'aeroporto moderno di Eleftherios Venizelos che da quello, molto più piccolo, di Zohra. Lì, inoltre, sia gli amici più stretti che i semplici conoscenti accettavano senza problemi la sua presenza nella vita di Khalil. Non come la sua famiglia. Rasserenata dalla vista incantevole, che aveva sempre un effetto calmante sulla sua anima, Jade riportò lo sguardo sull'uomo seduto di fronte a lei e sorrise. «Sì, ma si tratta di una notizia bellissima: Therese ha avuto il bambino. Anzi i bambini.» «Bambini?» chiese lui sollevando un folto sopracciglio scuro con tono beffardo, ma ancora con un filo di preoccupazione a velare il blu degli occhi. Lei ignorò il sottile sarcasmo, come ormai ignorava molti suoi atteggiamenti. Era l'unico modo per sopravvivere. «Sì. Hanno avuto tre gemelli.» «Tre gemelli?» 172


«Proprio così, non è incredibile?» «Sono sicuro che il principe Claudio sarà molto felice.» «Lo è, infatti. E pure Therese è al settimo cielo, anche se non se lo aspettava. Inoltre la primogenita è una femmina, dunque sarà lei l'erede al trono. A quanto pare quella dell'Isola dei Re è una monarchia moderna, che rispetta le pari opportunità. Non lo sapeva nemmeno Therese.» Jade rise ripensando a quanto era rimasta scioccata la sua amica. La figlia dell'ambasciatore che era diventata principessa non aveva mai preso in considerazione la possibilità che il futuro sovrano del piccolo regno sarebbe stata una sovrana. Khalil scrollò le spalle, con un movimento fluido che rivelava però la potenza del corpo imponente e muscoloso. Alto per la sua gente, aveva ereditato sia la statura che gli occhi blu dalla nonna olandese. Ma tutto il resto in lui rispettava il prototipo del moderno sceicco. I capelli nerissimi e tagliati corti, quasi a spazzola, la fossetta sul mento ben rasato, la bocca sensuale e a tratti crudele. Era vestito all'occidentale, con un gessato grigio piombo confezionato su misura a Londra, naturalmente nella più prestigiosa sartoria di Savile Row. Ai polsi della camicia bianca spiccavano due preziosi gemelli di platino e diamanti. Khalil era così bello e altero e sexy che metteva quasi soggezione. Stavano insieme da quasi due anni, eppure Jade provava ancora i brividi anche solo a guardarlo. «Non c'è niente di strano, la loro è una monarchia occidentale» aggiunse lui. Il sorriso di Jade si affievolì quando ripensò alle differenze profondissime tra i loro due mondi. Khalil 173


discendeva da una antica dinastia di sceicchi e la mentalità conservatrice della sua famiglia si adattava meglio al secolo passato che a quello attuale. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori o i suoi fratelli perché era la sua amante, la sua convivente, non sua moglie. Dunque impresentabile. Per la famiglia di Khalil, era come se Jade non esistesse. E lui non aveva fatto nulla per cambiare questa loro percezione. Quando erano andati a vivere insieme, lei aveva insistito perché almeno facesse un tentativo. Ma Khalil le aveva ribadito di non avere scelta. Non poteva cambiare delle convinzioni radicate nei secoli, per quanto lo desiderasse. Ma era davvero così? Jade non ne era più tanto sicura. Se lei era così importante per Khalil, perché allora era ancora soltanto la sua amante e non la sua fidanzata ufficiale con un solitario di diamanti all'anulare? «Therese ci ha invitato entrambi alla cerimonia di battesimo» disse. La sua enfasi sulla parola entrambi non sfuggì a nessuno dei due. Khalil si accigliò visibilmente. Jade strinse i denti, risoluta. Non intendeva scusarsi e non lo avrebbe fatto. Pur sapendo che la sua osservazione lo aveva infastidito. E che era stata superflua. Lui poteva dare per scontato il fatto di essere stato incluso nell'invito di Therese. Lei no. Gli unici membri della famiglia di Khalil che aveva conosciuto finora – suo cugino Hakim e sua moglie Catherine – si stavano preparando anche loro a cele174


brare la nascita di un figlio, il terzo. Ma siccome alla festa per il lieto evento, nell'emirato di Kadar, sarebbe andata anche tutta la famiglia di Khalil, Jade non avrebbe potuto partecipare. Catherine aveva cercato di rimediare invitando lei e Khalil a palazzo per una cena privata, due sere dopo, ma Jade ci era rimasta male per quella ennesima esclusione. «Sai benissimo perché non puoi presenziare ai festeggiamenti ufficiali» osservò lui, dimostrando di sapere esattamente che cosa stava pensando in quel momento. Fu lei stavolta a scrollare le spalle. Avevano affrontato quella discussione già tante volte. Abbastanza per sapere che non l'avrebbe mai spuntata. Perciò non vedeva il motivo di provocare una lite. «Riuscirai a trovare il tempo per un viaggio all'Isola dei Re tra i tuoi tanti impegni ufficiali?» «Per quando è previsto?» Jade glielo disse. Khalil consultò l'agenda elettronica sul cellulare. «Mmh... quella stessa sera ho una cena di lavoro a Washington.» Lei si alzò di scatto, prima che lui aggiungesse altro. «Come immaginavo. Richiamerò subito Therese per avvisarla che ci andrò soltanto io.» «In altre circostanze avrei chiesto a Hakim di sostituirmi, visto che ci andrò in rappresentanza sia di Zohra che di Jawhar...» «Ma non vuoi sottrarlo alle gioie della sua terza paternità...» «Catherine ha bisogno di lui.» «Lo so.» Jade si voltò e fece per allontanarsi. «Non fa niente.» 175


«Jade.» La voce calda e profonda di Khalil risuonò alle sue spalle. Lei si fermò senza nemmeno voltarsi. «Sì?» «Sei arrabbiata per qualcosa?» Il suo corpo si tese. Doveva raccontargli la verità e provare a spiegargli un'altra volta che quella situazione per lei era diventata insostenibile? Decise di tentare, anche se la speranza era schiacciata dal peso delle passate esperienze. Si girò e prese coraggio. «Quando conoscerò i tuoi genitori?» gli chiese a bruciapelo. Khalil sospirò. «Te l'ho già detto che non è possibile, al momento. I miei non potrebbero capire il fatto che viviamo insieme. Nel loro mondo ci sono due tipi di donne.» «Le puttane e le vergini.» La bella bocca di lui prese un'espressione severa. «È un modo piuttosto crudo di porre la questione.» «Ma preciso. Direi che rende esattamente il concetto.» Khalil sospirò di nuovo. «Io sono molto felice di stare con te. E tu lo sei di stare con me. Il resto non conta. Mio padre e mia madre non hanno niente a che fare con questo.» «Ma loro sono parte della tua vita... una parte in cui non mi è permesso entrare.» «Non posso farci niente.» «Così sostieni.» «Perché è la verità. Dobbiamo ricominciare la solita discussione, per l'ennesima volta?» «No. Per quanto mi riguarda possiamo anche non parlarne mai più.» «Ne sei sicura?» «Abbastanza sicura.» 176


«Bene.» Jade annuì e fece per andarsene. «Non dimenticare che abbiamo una cena ufficiale all'ambasciata americana, stasera. Magari ritroverai qualche vecchio amico.» Questo, nelle intenzioni di Khalil, era una sorta di ramoscello d'ulivo, immaginò Jade. Un modo per ricordarle che, quando gli era possibile, era contento di coinvolgerla nella sua vita. «Non preoccuparti, non me ne dimenticherò» lo rassicurò lei. La aspettava una giornata piena di impegni, ma si era ripromessa di tornare a casa con un largo anticipo per prepararsi alla serata mondana. Non lo sentì muoversi. Di colpo però la mano forte e calda di Khalil si posò sulla sua spalla. «Aspetta.» Alzò gli occhi verso di lui. «Cosa?» «Questo.» Stava per baciarla. Ma non lo fece subito. Passò diversi secondi a fissarla negli occhi, lo sguardo che le scrutava nell'anima e allo stesso tempo rivendicava il suo possesso. «Tu sei la mia donna, Jade.» Lei non disse nulla. Non c'era niente da dire. Non poteva negare le sue parole. Però, essere la sua donna non le bastava più. Voleva essere parte della sua famiglia. Voleva avere dei figli da lui. Invidiava la felicità di Catherine e Therese – in senso buono, naturalmente – e si vergognava di questo sentimento. Ma la verità era che da Khalil voleva di più di una passione travolgente. Voleva sentirsi importante per lui... voleva appartenergli davvero. Essere sua in ogni senso, non soltanto sessualmente. E voleva che anche Khalil fosse soltanto suo. E per sempre. 177


Questa consapevolezza doveva essere rimasta nascosta nel suo inconscio per molto, molto tempo. Adesso era come se una coltre di nebbia avesse abbandonato il suo cuore. Finora non era mai riuscita a definire compiutamente l'inquietudine e lo struggimento che si agitavano dentro di lei. Le era bastato amarlo. E pregare che un giorno anche Khalil avrebbe imparato ad amare lei. Forse era solo quando aveva cominciato a sospettare che questo non sarebbe mai accaduto che Jade aveva compreso tutte le altre cose che voleva e che non avrebbe mai avuto da quest'uomo. «Sei molto importante per me, aziz.» Aziz significava amata. Ma era una bugia. Khalil non l'amava affatto. Fino a quel momento si era illusa che il fatto che lui usasse quel vezzeggiativo significava che comunque provava dei sentimenti per lei. Solo che per carattere era restio a esprimerli a parole. Ora, invece, le era tutto più chiaro. Era come quando sua madre la chiamava tesoro. Lei non era affatto il suo tesoro. Era semplicemente sua figlia. Purtroppo, come aveva imparato sulla sua pelle, le due cose non sempre coincidevano. E così, essere l'amante di un uomo non significava essere anche la sua amata. Khalil era felice con lei, adesso, su questo Jade non aveva dubbi. E di certo la desiderava ancora. Ma quanto sarebbe durato tutto questo se gli avesse rivelato che voleva di più? Forse cinque secondi. Magari nemmeno così tanto. Quella consapevolezza tagliò gli ormeggi del suo cuore, che si perse nei flutti del dolore. Jade non sa178


peva quanto ancora avrebbe potuto sopportare di amare Khalil senza essere ricambiata. Ma non sapeva nemmeno se sarebbe stata in grado di lasciarlo. «Hai intenzione di baciarmi o no?» Lui sorrise, con la sicurezza del predatore. «Vuoi che lo faccia?» «Forse.» Certo che voleva il suo bacio. Perché quando Khalil la baciava, quando la toccava, si sentiva così legata a lui che persino il pensiero che un giorno potessero separarsi sembrava inconcepibile, irreale. Nel profondo del suo cuore Jade sapeva che l'inconcepibile era invece, purtroppo, molto probabile. Inconsapevole dei pensieri cupi che le agitavano la mente, Khalil scoppiò a ridere e le coprì la bocca con la sua. Jade si aspettava un rapido bacio di arrivederci. Non l'attacco totale ai suoi sensi che lui le sferrò senza preavviso. Le mani di Khalil scivolarono lentamente lungo le sue braccia, facendola rabbrividire, e il suo corpo si schiacciò contro quello di lei, avvolgendola in un calore che bruciava più del sole della Grecia. Le stuzzicò le labbra con piccoli morsi delicati, finché Jade, vinta, le schiuse. E lui, con un gemito roco di trionfo, prese possesso della sua bocca. Jade gli avvolse le braccia al collo e ricambiò il bacio con ardore, senza vergognarsi della frenesia erotica che Khalil sapeva suscitare in lei con tanta facilità. Non era soltanto sesso... era amore. Nella sua manifestazione più pura e perfetta. Ogni volta che lui le donava il proprio corpo, travolgendola di piacere, Jade gli offriva il suo cuore. Dalla morte dei nonni, Khalil era l'unica persona al 179


mondo che mostrasse di volerlo, quell'amore. I suoi genitori sostenevano di tenerci, ma soltanto a parole. Khalil invece apprezzava davvero la sua generosità di emozioni e sentimenti. Ma non per questo li ricambiava, rifletté Jade con amarezza. Allontanò di imperio la malinconia che minacciava di rubarle anche quel prezioso interludio di piacere. E lo baciò con ancora più foga, cercando di dimenticare i pensieri tristi. Khalil gemette di frustrazione mentre staccava la bocca dalla sua. «Non avrei dovuto cominciare.» «Devi andare, lo so. E pure io» mormorò Jade a occhi chiusi e leggermente imbronciata. Non aveva nessuna voglia di smettere. «Ti aspettano da Children's Hope?» chiese lui, riferendosi all'associazione umanitaria per l'infanzia con cui Jade collaborava a tempo pieno come volontaria. «Sì. Stiamo organizzando una serata di gala per raccogliere fondi per i bambini vittime di disastri naturali. Sarà un evento molto importante, con ospiti da ogni parte del mondo. Contiamo di raccogliere parecchie donazioni.» «Sai già che puoi contare sul mio sostegno. Sarò il vostro primo sottoscrittore.» La vide sorridere e la tensione si allentò dentro di lui. Jade gli accarezzò il torace, innocente e maliziosa. «Lo so.» Dio, quanto era bella. E piena di passione. Khalil amava la sua natura spontanea ed espansiva. Era cresciuto in una cultura in cui le manifestazioni di affetto non erano affatto rare. Anzi, era costume della sua gente baciarsi sulla guancia quando ci si incontrava e quando ci si diceva 180


arrivederci. Ma tra persone dello stesso sesso, mai tra uomo e donna, sarebbe stato sconveniente. Persino le coppie sposate riservavano quei gesti considerati troppo intimi alla privacy della propria casa, al riparo di una porta chiusa. La sfrontatezza provocante di Jade era un meraviglioso tormento, a volte. Non si poneva alcun problema nel dimostrargli l'attrazione fisica che provava per lui. Non che avesse niente in contrario, anzi. Khalil voleva che la loro relazione restasse così com'era, inviolata. Se l'avesse presentata alla sua famiglia, i suoi avrebbero preteso che lei cambiasse atteggiamento... che fosse più riservata con lui. Più sottomessa. Maledizione. Si trovava in una situazione di stallo, da cui non vedeva via d'uscita. Suo padre e sua madre non avrebbero mai accettato di accogliere in casa la sua amante, né di incontrarla da nessuna altra parte. Ma lui non era disposto a rinunciare alla gioia che gli donava Jade per ottenere la loro approvazione. Se mai questo fosse stato possibile, avrebbe fatto un tentativo in tal senso, ma sapeva che la sua era solo una sciocca speranza. Suo padre e sua madre erano molto conservatori e ai loro occhi severi Jade partiva con due svantaggi: era una straniera, e non apparteneva alla loro gente. E, ovviamente, non era più una vergine. A lui non importava, ma a loro sì. Affondò le dita nei suoi capelli setosi, biondi e lisci, e premette la fronte su quella di lei. «Non ho alcuna voglia di lasciarti.» «So anche questo.» E per sottolineare l'affermazione, Jade roteò i fianchi contro la sua erezione palpitante. Khalil mugolò di nuovo. «Mmh... non vale... Sei una provocatrice.» 181


«Forse. Ma una provocatrice poi non arriva mai al sodo. Io invece ne ho tutte le intenzioni. Solo che devo rimandarlo a dopo...» Le immagini in anteprima di quel che sarebbe accaduto dopo – e che la sua mente gli propose in rapida successione – gli fecero quasi tremare le ginocchia. Jade era perfetta per lui. Da ogni punto di vista. Alta circa un metro e settanta, più della media, certo più della gran parte delle ragazze nel suo paese, ma comunque meno di lui, che sfiorava il metro e novanta. Eppure combaciavano perfettamente, sia a letto che fuori, come adesso. I suoi occhi castani da gatta erano vellutati e misteriosi e le sue labbra piene e irresistibili, impossibile non baciarle fino allo sfinimento. Aveva curve femminili ben proporzionate, il seno turgido e pieno, i fianchi snelli. E una sensualità innata che, combinata con la sua, creava un'alchimia straordinaria, un'attrazione fisica violenta, che a volte lo lasciava senza fiato. «E se io volessi anticipare questo dopo a... diciamo subito, in questo istante?» «E saresti disposto a perdere la tua quotidiana riunione del mattino?» chiese lei scettica, ma non fece alcun gesto di allontanarsi. Anzi, inarcò ancora una volta la schiena, strofinando il bacino contro la sua virilità e strappandogli un lamento roco. Lo guardò con aria compiaciuta, perfidamente innocente. Khalil serrò i denti ma si impose di lasciarla andare. Le baciò la fronte e poi la tempia, ma non si arrischiò a sfiorarle di nuovo le labbra. Fece un passo indietro. «No, infatti, non posso.» Jade sorrise malinconica. «Non posso nemmeno io, anche se Dio solo sa quanto vorrei.» 182


«Non dirlo a me.» Lei rientrò in casa ma continuò a guardarlo. Khalil conosceva quello sguardo. Jade detestava lasciarlo, proprio come lui odiava lasciare andare via lei. «Abbiamo bisogno di una vacanza. Di passare del tempo da soli.» Ora che suo cugino Hakim era bloccato per via della terza gravidanza di Catherine, era da parecchio tempo, troppo, che loro due non riuscivano a passare una giornata intera insieme, senza essere interrotti dai suoi doveri diplomatici. «Da soli? Vuoi dire separati?» chiese lei, improvvisamente pallida. Era turbata, non lo stava provocando. Da dove veniva tutta quella improvvisa insicurezza? Non era da lei. «No, aziz. Insieme.» «Oh.» Jade sorrise con dolcezza. «Mi sembra fantastico.» «Sì, lo è. Che ne dici di partire subito dopo il battesimo? Potrei raggiungerti all'Isola dei Re e potremmo restare lì a rilassarci per qualche giorno... a sdraiarci al sole e a fare l'amore fino a essere completamente sazi.» Una leggera ombra passò sul bel viso di lei. «Sarebbe meraviglioso, ma temo che dovremo accontentarci del sole della Grecia per ora, perché devo tornare qui il giorno dopo il battesimo.» «Perché mai?» Khalil era visibilmente contrariato. «Perché c'è il gala, te l'ho detto.» «Pensavo che il fatto di prestare servizio come volontaria, piuttosto che lavorare per l'ambasciata americana, come un tempo, ti lasciasse almeno il vantaggio di poterti assentare senza troppi problemi. Invece adesso scopro che non puoi accompagnarmi da nessuna parte.» «Non è proprio così e lo sai. Io sono libera di viag183


giare con te, se si tratta di accompagnarti in una trasferta diplomatica. Ma in questo caso stai parlando di una vacanza. E non posso concedermene una in questo momento. Specialmente subito dopo il viaggio in Kadar e quello per il battesimo, uno così ravvicinato all'altro.» «Trova qualcuno che ti sostituisca.» «Non è possibile.» «Se lavorassi per me, questo non sarebbe un problema.» «Ma io non voglio lavorare per te.» «Perché no, dannazione?» Khalil serrò i denti. Imprecava di rado e detestava inveire contro di lei. Jade non meritava la sua rabbia, ma questo era uno dei pochi motivi di contrasto tra loro. E su cui non intendeva dargliela vinta. «Ho bisogno di sentirmi indipendente.» «Ma non lo sei. Dipendi comunque da me. Il tuo lavoro da volontaria per Children's Hope non cambia la situazione.» «Non voglio ottenere un posto di lavoro soltanto perché sono la tua amante. Voglio guadagnarmi una mia posizione, anche se non sono retribuita.» «Eri molto brava quando ci siamo conosciuti e tu lavoravi come assistente dell'ambasciatore americano. Il tuo ex datore di lavoro è stato molto dispiaciuto di vederti andare via, tant'è che ha fatto di tutto per trattenerti. E io non ho dubbi che mi saresti di grande aiuto, se accettassi finalmente di entrare a fare parte del mio staff.» «Questo lo pensi tu. Ma gli altri non la vedrebbero così. Sarebbero convinti che sono stata assunta perché sono la tua amante.» «E chi se ne importa!» 184


Questo mese Notte dopo notte, tra le dune del deserto, si consumano le passioni irrefrenabili di Asad e Khalil descritte da Lucy Monroe. Ogni ragazza può trasformarsi da Cenerentola in principessa, basta solo un pizzico di magia, come nei romanzi di Raye Morgan.

La prossima uscita il 16 marzo Preparati, affascinanti e abituati ad avere schiere di donne ai propri piedi, sono Mark e Seb, i medici protagonisti dei due libri di Sarah Morgan. Una piacevole vacanza, l'incontro con uno sconosciuto e la vita di Giselle e Leola si trasforma in una favola, raccontata dall'inconfondibile Robyn Donald.


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Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI Moravia Books


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