Emancipated

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M. G. REYES

EMANCIPATED L'ALTRA FACCIA DELLA LIBERTÀ traduzione di Francesca Campisi


ISBN 978-8-86905-061-9 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Emancipated Katherine Tegen Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2015 Reynolds Applegate, Inc. Traduzione di Francesca Campisi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins giugno 2016


Dedica

Per Hoku, ricordando con affetto il meraviglioso viaggio in auto attraverso il Malibu Canyon e il pranzo in quel ristorantino sulla spiaggia.

(Tutto per il bene della ricerca, naturalmente)


DAL CODICE DELLA FAMIGLIA DELLA CALIFORNIA. ARTICOLO 7120 EMANCIPAZIONE: (a) Un minore ha la facoltà di presentare un'istanza di emancipazione presso la Corte superiore della contea ove risiede o è temporaneamente domiciliato. (b) L'istanza dovrà attestare nello specifico i requisiti di seguito elencati: (1) il minore ha già compiuto i quattordici anni di età; (2) il minore, per decisione volontaria, vive separatamente e lontano dai genitori o dal tutore che ne fa le veci, con il consenso degli stessi genitori o del tutore; (3) il minore è in grado di amministrare le proprie finanze in autonomia.

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GRACE

San Antonio, sabato 1 novembre

La storia ebbe inizio così: Candace voleva andarsene da casa e Grace trovò la soluzione. Le due sorellastre non ne potevano più dell'atteggiamento della madre di Grace: le liti, le urla, le minacce di divorzio. Da quando aveva compiuto diciassette anni, Candace si confidava spesso con la sorella minore, temendo di essere proprio lei la causa dell'infelicità dei genitori. Le ragazze erano distese sul prato di casa, con i lunghi capelli biondi che serpeggiavano tra i fili d'erba e le gambe nude e abbronzate che spiccavano in mezzo a tutto quel verde. Grace sbirciò la sorella attraverso le dita delle mani. Con i suoi sedici anni era più giovane di Candace, ma spesso aveva l'impressione di essere la maggiore delle due. La sorella acquisita aveva trascorso gran parte del suo tempo fra corsi di ogni genere− canto, teatro, danza, equitazione, scherma − che non le avevano lasciato molto spazio per leggere, pensare, ascoltare e riflettere. O forse Grace era semplicemente più matura per via di qualcosa che le era accaduto da piccola? 9


«Non credo sia colpa tua, Candace. Ma è tipico, no?» Grace rotolò su un fianco. «Anche gli psicologi vanno a parare subito lì, quando seguono ragazzi che arrivano da famiglie problematiche.» «Ah, bene» mormorò Candace. «Quindi sarei un caso da manuale?» «Suppongo di sì, ma che importa?» Scoppiò a ridere, mentre Candace le tirava calci negli stinchi con i piedi nudi. Purtroppo anche Grace, in cuor suo, sospettava che i timori della sorella fossero fondati, che fosse davvero lei la causa. Nonostante la condotta impeccabile, Candace era riuscita a mettere in crisi il matrimonio dei genitori. Da fuori, le due ragazze riuscivano a sentire la furiosa discussione in corso tra le pareti di casa. «Non me ne starò zitta e buona a guardare nostra figlia che manda all'aria la sua carriera solo perché tu non vuoi muoverti da qui» stava dicendo la madre di Grace. «Ma Tina, tesoro, cosa ci verrei a fare io a Los Angeles?» chiese il padre di Candace. «Perfetto, allora resta qua. Ma lasciami portare Candy a Hollywood.» Grace avvertì il patrigno trattenere il fiato, nel tentativo di sorvolare ancora una volta sul nomignolo, senza riuscirci. «Non chiamarla così.» «E va bene, Candace» rispose Tina, sforzandosi a sua volta di mantenere il tono della voce sotto controllo. «Le ho già fissato la prima audizione in tv. È tra un mese. Deve andarci a vivere per forza, porca miseria. Lo dicono tutti gli esperti dell'ambiente. Trasferitevi a Los Angeles.» «Senti, Tina, hai− abbiamo − altri quattro figli da tenere in considerazione.» Grace sapeva bene che l'uso della prima persona plurale era solo un eufemismo. Dal punto di vista biologico erano 10


tutti e quattro soltanto di Tina. L'ossessione della madre per l'unica figlia che il marito aveva portato in quella famiglia allargata era un argomento che nessuno voleva affrontare apertamente. Ma ora Tina aveva deciso di lasciare lui, Grace e i tre fratelli più piccoli a San Antonio per inseguire il suo folle sogno hollywoodiano. Grace notò il senso di frustrazione crescere sul volto di Candace. Rivolse lo sguardo alle lunghe gambe della sorella, che si stendevano snelle e flessuose davanti a lei, sbucando dagli shorts di jeans. La vide ruotare il capo verso destra, quanto bastava per lanciare una rapida occhiata oltre la spalla, verso l'interno della casa. I genitori si erano spostati dal salotto con le finestre alla francese in cucina. Ora le ragazze non riuscivano più a distinguerne le voci con chiarezza. Grace allora si concentrò sulla sensazione che le provocavano sotto le cosce, come centinaia di aculei smussati, gli ispidi fili d'erba che aveva falciato nel pomeriggio. Quando la sorella finalmente risollevò lo sguardo, aveva un sorriso velato di tristezza. Grace sorrise a sua volta. Quelle liti stavano diventando un vero strazio per tutti i componenti della famiglia. Uno strazio prevedibile e ripetitivo. Candace si accigliò. «Che cavolo, Tina sembra davvero convinta che a forza di lagnarsi riuscirà a farlo crollare.» «Lo fa per te» le rammentò Grace con cautela. «Voglio bene a tua madre, Grace, ma sappiamo entrambe che non "lo fa per me" e basta. Hai sentito come parlava di quello spot dei jeans. Io, questa storia... fa tutto parte del suo desiderio di appartenere di riflesso al mondo hollywoodiano.» Grace annuì. «Sì, me ne sono accorta.» C'era un che di strano nelle mamme da palcoscenico: avevano motivazioni molto altruistiche all'apparenza, ma solo in rari casi si confermavano tali di fronte a un'analisi più minuziosa. «Una soluzione ci sarebbe» disse Grace esitante. 11


«Lo so» replicò Candace. «Ho già detto che mi va bene aspettare la fine delle superiori.» «Non intendevo quello.» Poi Grace aggiunse con dolcezza: «E sai meglio di me che non puoi aspettare. Il tuo momento è arrivato, Candace. È adesso». Rimasero un attimo in silenzio. L'ineluttabile verità era il fulcro del dilemma familiare. Candace era un frutto al culmine della maturazione. I lunghi capelli castano dorati, con i riflessi fragola, le ricadevano sulle spalle fluidi come miele appena versato. La pelle, senza il minimo ricorso a una stremante routine di diete e trattamenti purificanti, era liscia e rosata come una pesca. Aveva gli occhi nocciola e le labbra morbide e piene, di una perfetta tonalità color lampone. I suoi movimenti ricordavano quelli di una ballerina classica che si scioglie dalla stretta di un abbraccio. La stessa Candace sembrava stupirsene. Grace l'aveva notato in qualche occasione, aveva visto come la sorella si soffermava davanti alla propria immagine riflessa nello specchio. Non per rimirarsi ma come sorpresa davanti a una figura estranea. Talvolta Grace si chiedeva chi fosse la persona con la quale divideva la stanza. Candace non era più la ragazzina allampanata degli ultimi anni trascorsi insieme, durante i quali avevano forgiato quel solido legame tra sorelle. Era diventata un'altra, una giovane donna che emanava grazia e sensualità con discrezione. Se si atteggiava appena e arricciava anche solo un po' le labbra, era una teenager provocante a ricambiare il suo sguardo nello specchio. Trasformazione totale. Come se le bastasse un piccolo click nel cervello, una minima variazione nel comportamento, per diventare qualunque cosa gli altri volessero vedere. Fra tutti gli abitanti del pianeta, a ricevere quell'immeritato dono di un viso e un corpo da dea camaleontica era stata proprio la prima persona che Grace vedeva aprendo gli occhi al mattino. 12


Non le sembrava affatto giusto, ma le cose stavano così. «Se rimani a San Antonio» continuò Grace, «sprecherai i tuoi anni migliori.» «Ma avrò un diploma.» «Dicono che anche a Los Angeles ci siano le scuole. Di questi tempi...» «Era ora.» «Già» rispose Grace con un sorrisetto. «Quelle teste vuote. Non penseranno di tirare avanti per sempre solo grazie alle loro belle facce. Non sarebbe giusto!» «Marmocchi viziati e lagnosi» replicò Candace. «Filate subito a scuola, fighetti di Beverly Hills.» Le ragazze scoppiarono a ridere. Candace fissò gli occhi della sorella minore per un secondo. «Non posso andarmene. E tu, più di tutti, dovresti sapere perché.» «Sì, lo so, senza di me saresti morta» rispose Grace ironica. «E se venissi con te?» «Non. Succederà. Mai. Tina alla fine si arrenderà e papà mi farà compilare la domanda di ammissione all'università. Fine della storia.» «Potresti tornare da tua madre.» Candace si rabbuiò. «La Strega Cattiva di Malibù? Se a malapena sopporta di vedermi per una settimana, quando è costretta a venire a trovarmi qui!» «Ma è piena di soldi, no?» «Per essere precisi, quello ricco è il Fattone.» «Un appellativo non proprio rispettoso nei confronti del tuo patrigno.» «Non nominarlo nemmeno» replicò Candace. «Peccato che non voglia farmi strada nel mondo dell'arte. In quel caso, almeno, il Fattone mi tornerebbe utile.» «Però, se spostassi di nuovo la residenza ufficiale a casa di tua madre, ci sarebbe un'altra opzione.» «Dico sul serio, Grace, non voglio tornare a vivere con loro.» 13


«E se, tecnicamente, non fosse necessario?» «Okay» si arrese Candace. «Non ti seguo. Come faccio a vivere con mia madre senza vivere con lei?» Grace sfoderò un sorriso rivelatore. «La soluzione sta in una parola, cara la mia disfattista. Emancipazione.» «Eh?» «Se risiedi in California, una volta compiuti i quattordici anni puoi chiedere l'affrancamento legale dalla patria potestà dei genitori. Con quello che guadagni te ne vai a vivere per conto tuo. E siccome tua madre abita in California, anche tu puoi avere la residenza lì.» «Così Tina non si prenderebbe i miei soldi?» disse Candace, con un ghigno repentino e malizioso. «Wow, fico. Non lo dici solo perché vuoi la camera tutta per te?» Il sorriso di Grace si fece più ampio. «Fammi finire. In Texas devi avere sedici anni. E, guarda caso, io li ho già compiuti.» «Quindi stai parlando di tutte e due?» chiese Candace. «Io e te, minorenni emancipate?» Grace annuì. «Centro, sorellona.»

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