Equazione d'amore

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MAYA RODALE

Equazione d'amore


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Lady Claire Is All That Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2017 Maya Rodale Traduzione di Gabriella Parisi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici febbraio 2018 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2018 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1101 dello 09/02/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo

In cui il nostro eroe e la nostra eroina si incontrano, ma non scocca neanche una scintilla. Londra, 1824. Ballo di Lady Tunbridge C'era solo un uomo in Inghilterra che Lady Claire Cavendish desiderava conoscere. Solo un uomo per cui credeva che valesse la pena attraversare un oceano a occhi chiusi. Un solo uomo che possedeva un cervello come il suo, con un dono per i numeri, e con tutta probabilità anche l'unico uomo che potesse trovare il suo cervello e un talento come il suo attraenti, invece che terrificanti. Quando suo fratello James aveva incredibilmente ereditato un ducato, Claire lo aveva incoraggiato ad accettare il ruolo nella sua totalità, il che aveva reso indispensabile che il clan dei Cavendish – Claire, James, Bridget e Amelia – si recasse in Inghilterra. Era la cosa giusta da fare, opportunità di diventare duca non si presentavano ogni giorno, eccetera, eccetera. Ma Claire poteva aver avuto un secondo fine. Perché i duchi vivevano in Inghilterra. 5


In particolare, il duca che lei desiderava conoscere abitava a Londra. Aveva studiato i trattati matematici del Duca di Ashbrooke e letto i resoconti della Royal Society, di cui lui era un membro influente. Claire aveva una gran voglia di discutere con lui della sua macchina differenziale e di ulteriori possibilità di una macchina analitica. Sapeva che tale interesse la rendeva un po' eccentrica, ma non se ne curava. Claire aveva vissuto in un allevamento di cavalli in Maryland con il fratello e le due sorelle, letteralmente a un oceano di distanza, e senza alcuna speranza di potersi mai recare a Londra per conoscere matematici come lei o per partecipare agli incontri della Royal Society. Tuttavia le stelle si erano allineate, il fato era intervenuto o, per essere più precisi, le persone appropriate erano spirate, facendo di James il settimo Duca di Durham. E dunque eccola lì. A Londra. In una sala da ballo che era probabile fosse piena zeppa fino ai lampadari di conti, marchesi, visconti, baroni, dei loro eredi e via discorrendo. Claire era già stata presentata a ogni Pari d'Inghilterra. A tutti, tranne che a quel duca. «Cercate qualcuno in particolare, Lady Claire?» La Duchessa di Durham fissò gli algidi occhi azzurri sulla maggiore delle sorelle Cavendish. «Perché lo chiedete?» «Ho le mie ragioni» replicò la duchessa. Claire aveva imparato in fretta che Josephine Maria Cavendish, Duchessa di Durham e sua zia, era più che determinata a vedere la famiglia – James, Claire e le loro sorelle Bridget e Amelia – si6


stemata in Inghilterra. Il che significava assicurarsi che le tre nipoti si sposassero, in modo che James rimanesse e accettasse in toto il suo nuovo ruolo. Gli uomini Cavendish, come James e suo padre prima di lui, sembravano gli unici al mondo a essere riluttanti a diventare duchi, preferendo invece una vita tranquilla in America. James, però, era troppo affezionato alle sorelle per lasciarle. Il che però comportava un debutto – quella sera, al ballo di Lady Tunbridge – e un'infinita sequela di presentazioni alla crema della società, in particolar modo a coloro che erano considerati gli scapoli più appetibili. «Be', smettetela di sporgere il capo come se foste in cerca di una preda» continuò la duchessa. «Ma noi siamo in cerca di una preda. O di prede, al plurale» intervenne Amelia in tono cupo. «Avete stilato una lista di gentiluomini a cui presentarci» rincarò Bridget. «È piuttosto lunga.» «Be', una signora non va in cerca di un gentiluomo e di sicuro, se lo fa, cerca di essere più discreta.» «Ma certo» mormorò Claire, lo sguardo che ancora passava al vaglio la sala, cercando il duca, anche se non aveva idea di quale fosse il suo aspetto. Accanto a lei Bridget sembrava voler imparare a memoria le parole della duchessa. La sorella di mezzo si stava impegnando in ogni modo a diventare una perfetta gentildonna. La minore, Amelia... no. «Venite, ci sono altri signori a cui mi piacerebbe presentarvi.» La duchessa aprì il ventaglio con uno scatto, e le tre sorelle Cavendish emisero profondi sospiri e la seguirono con gli abiti pregevoli appena acquistati e le delicate scarpette. Malgrado tutta quell'eleganza, le tre ragazze americane rappresen7


tavano una stranezza nella raffinata sala da ballo inglese. Claire sperava che almeno uno dei gentiluomini sarebbe stato il duca. Calcolò le possibilità di incontrarlo. Quella sera. Un'ora dopo Fino a quel momento Claire era stata presentata a quattro marchesi, cinque conti, un mucchio di marchese e contesse, e mezza dozzina di visconti e baroni assortiti con le loro mogli. C'erano signori, signore e signorine, e quelli che la duchessa definiva buoni partiti per ciò che possedevano, per quanto avrebbero potuto ereditare, o per le loro parentele. E poi venne introdotta ancora ad altri inglesi. Nessuno dei quali era l'uomo che cercava. Represse un sospiro quando ancora un altro Lord Qualcosa – le sembrava di aver colto il nome Fox – si inchinò davanti a lei. Perlomeno non era un tipo molliccio e panciuto che aveva trascorso più tempo a indulgere in sregolatezze anziché impegnarsi in attività all'aperto, al contrario della maggior parte degli uomini che aveva incontrato al ballo. Quello sprizzava vitalità da tutti i pori, ed era anche attraente. Pelle chiara. Capelli scuri. Brillanti occhi verdi. E anche spalle larghe, un ampio torace, un addome piatto che si affusolava in una vita stretta e in gambe muscolose. Un uomo che irradiava forza ed energia. Claire poteva aver anche dedicato buona parte della propria attività cerebrale alla matematica avanzata, ma non era certo cieca. O morta. Sapeva 8


riconoscere un esemplare maschile di prima qualità quando si inchinava a lei in una sala da ballo affollata. «È un piacere fare la vostra conoscenza» mormorò per quella che sembrò essere la millesima volta nel giro di poche ore. «Il piacere è tutto mio» rispose lui, seguendo un copione non scritto che tutti parevano conoscere. «Vi piace Londra? Dovete trovarla molto più imponente di ciò a cui siete abituata in America.» Claire serrò le labbra, irritata. Era proprio come tutti gli altri, e recitava le stesse battute. Era così anche per lei, però. «È una città imponente» concordò. Era la sua risposta di cortesia. Quindi, poiché era stanca e annoiata, deviò dal copione. C'era qualcosa, in quell'uomo, che la rendeva curiosa di scoprire come sarebbe stato al gioco. «Mi piacerebbe moltissimo visitare la Royal Society» dichiarò quindi. «Non riesco a immaginare nulla di più tedioso.» «Io sì» mormorò Claire. Quel preciso istante, per esempio. Lui la fissò con occhi vivaci, ma il sorriso svanì quando si rese conto che stava conversando con una giovane donna insolita, una che, con tutta probabilità, non gli si sarebbe gettata addosso. «Bene, allora.» Si raddrizzò e si guardò attorno cercando una via di fuga. Gli uomini lo facevano sempre quando lei suggeriva di avere un cervello che non funzionava solo a metà. «È stato un piacere incontrarvi» mentì. «Certo» convenne Claire, fingendo dal canto suo. E quella fu l'ultima volta che si aspettava di vedere Lord Chissà-cosa. 9


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Quest'autrice ha saputo da una fonte attendibile che Miss Arabella Vaughn ha fatto qualcosa di terribilmente scandaloso e del tutto impensabile. Notizie sul bel mondo The London Weekly Londra, 1824 Sala da ballo di Lord e Lady Chesham, una settimana più tardi Era una verità universalmente riconosciuta che Maximilian Frederick DeVere, Lord Fox, era un dono del cielo per le signore di Londra. Era più alto e più robusto dei suoi pari e in possesso di un bell'aspetto scolpito – sia sopra che sotto il collo – che si poteva trovare più di frequente nelle opere d'arte classica. Era affascinante e apprezzato da tutti, sia uomini che donne, anche se per ragioni diverse, naturalmente. Riusciva sempre vittorioso quando si trattava di donne e di sport. Fox attraversò la sala da ballo dei Chesham come se ne fosse il proprietario. Fece cenni del capo ad amici e conoscenti: Carlyle, con cui tirava di 10


scherma di tanto in tanto, Fitzwalter, che aveva battuto di santa ragione in un incontro pugilistico la settimana precedente, e Willoughby, che era sempre pronto ad accettare una gara con i calessi. Fece lampeggiare il suo famoso sorriso mentre udiva i consueti commenti delle signore che superava. «Credo abbia appena ammiccato verso di me.» «Sto per svenire.» «Oh, Arabella Vaughn è una donna fortunata.» «Era» la corresse qualcuno. «Avete visto la notizia sul London Weekly questa mattina?» Il sorriso di Fox vacillò. Fu allora che Mr. Rupert Wright e Lord Mowbray lo trovarono. La loro amicizia risaliva ai vecchi tempi dei primi giorni a Eton. «Abbiamo appreso la notizia, Fox» affermò Rupert in tono cupo battendogli una pacca sulla spalla. «Oserei dire che tutti hanno appreso la notizia» ribatté Fox con aria beffarda. Non gli era sfuggito che gli invitati più prossimi si erano zittiti. Era la prima volta che appariva in pubblico da quando la notizia era uscita sul giornale, quella mattina, sebbene Arabella gli avesse gentilmente lasciato un biglietto il giorno precedente. Tutti lo guardavano per vedere come avrebbe reagito, cosa avrebbe detto, se avrebbe pianto. «Chi immaginava che avremmo visto questo giorno?» meditò Mowbray ad alta voce. «Miss Arabella Vaughn, beniamina del ton, che fugge con un attore.» «Solo quello sarebbe scandaloso» osservò Rupert, aggiungendo: «Per non parlare del fatto che ha piantato in asso Fox. Che è considerato un ottimo partito, a quanto pare. Con il suo nobilissimo 11


titolo, le sue ricchezze e il viso niente affatto sgradevole». L'orgoglio maschile di Fox si indignò. Era nervoso, ribolliva e schiumava dal momento in cui aveva appreso che la sua bellissima e popolare fidanzata lo aveva lasciato per fuggire con un attore plebeo. Non un attore qualsiasi, ma Lucien Kemble. Sì, era l'ultimo scalpore nell'alta società, poiché illuminava ogni sera la scena con il suo ruolo di Romeo in Romeo e Giulietta. Il teatro di Covent Garden era tutto esaurito fino al termine della stagione. Le rubriche scandalistiche lo amavano, visto il suo talento per il dramma sia sul palco sia fuori: dalle bizze alle torride storie d'amore, per non parlare dei capricci riguardo alla sua abilità artistica. Le donne lo adoravano. Avevano sospirato ed erano andate in estasi per lui, così come per Fox. A quanto pareva, una in particolare era andata in visibilio più per l'attore. Perdere una donna per qualsiasi altro uomo era insopportabile – e, fino a poco prima, una cosa che non gli era mai accaduta – ma perderla per qualcuno che si guadagnava da vivere saltellando sulla scena in calzamaglia? Intollerabile. «Ma chi crede di essere?» si domandò Fox ad alta voce. «È Arabella Vaughn. Bella. Popolare. Invidiabile. Ogni giovane donna qui aspira a essere lei. Ogni uomo vorrebbe una possibilità con lei» rispose Mowbray. «È come te, ma in gonnella» commentò Rupert ridendo. Era vero. Lui e Arabella erano perfetti insieme. Come molti uomini, si era innamorato a prima vista dopo averla appena scorta attraverso una sala 12


da ballo affollata. Era stupenda in ogni modo possibile: una figura alta e snella con seni pieni, una bocca fatta per baciare – e per altre cose che i gentiluomini non menzionavano in presenza di persone educate – occhi azzurri incorniciati da ciglia scure, capelli biondi come il miele che ricadevano in onde e una carnagione che implorava un confronto con panna, latte e il chiaro di luna. Fox le aveva scoccato un'occhiata e aveva pensato: È mia. Erano una coppia perfetta per bellezza, ricchezza, posizione sociale e tutto il resto. A entrambi piaceva essere i più acclamati del ton. Fox ricordava l'orgoglio che provava nell'attraversare una sala da ballo con lei al braccio, e la sensazione degli occhi di tutti su di loro mentre danzavano il valzer in modo elegante. Erano fantastici insieme. Erano fatti l'uno per l'altra. Fox ricordava anche i momenti più privati, i tanti baci rubati, il gesto intimo dello scostarle dal volto una ciocca ribelle di capelli dorati, le promesse per il futuro da marito e moglie. Avrebbero avuto dei figli perfetti e intrattenuto il meglio della società e, in generale, avrebbero vissuto una vita piena di ricchezza, piacere e perfezione insieme. Rammentò il cuore che batteva forte per l'emozione quando le aveva fatto la proposta, perché quella splendida giovane, che adorava, sarebbe stata sua. E poi lei era fuggita. Con un attore! Bruciava. Da quando aveva appreso la notizia, si era aggirato come una furia piena di indignazione. Non era abituato a perdere. «Toglietele quegli abiti lusinghieri e il belletto dal viso, ed è proprio come tutte le altre donne che 13


si trovano qui» dichiarò, desiderando che fosse vero per non sentire la perdita con tanta intensità. «Guardate lei, per esempio.» Rupert e Mowbray si girarono entrambi a fissare la donna indicata da Fox: una giovane bassa e trasandata che sorseggiava nervosa una limonata. Ne lasciò cadere un po' sul davanti del corpetto quando si accorse che i tre uomini la osservavano. «Se qualcuno le offrisse un consiglio sulla biancheria intima di sostegno e sull'ultima moda, e le trovasse una cameriera che le acconciasse i capelli in modo elegante, be', potrebbe diventare la regina dell'alta società» commentò Fox. Entrambi gli uomini lo fissarono a bocca aperta. «Non sei mai stato l'uomo più sveglio del mondo, Fox, ma adesso credo proprio che tu sia ammattito» dichiarò Mowbray. «Non puoi semplicemente far indossare un nuovo abito a una ragazza e renderla popolare.» «Be', Mowbray, forse non puoi farlo tu, ma io sì.» «Signori...» li interruppe Rupert. «Non mi interessa la direzione in cui sta andando questa conversazione.» «Credi davvero di poterlo fare?» riprese Mowbray sbalordito. Fox si girò a guardare l'amico e si erse in tutta la propria statura, una cosa che faceva quando voleva apparire imponente. Il suo Orgoglio Maschile era stato ferito, e il suo spirito competitivo – abituato a vincere sempre – non vedeva l'ora di avere un'opportunità di trionfare. «So di poterlo fare» decretò con la sicurezza di un uomo che vinceva quasi in ogni attività in cui si impegnava, sia che concernesse lo sport sia che riguardasse le donne. Arabella era stata la sua prima 14


– l'unica – sconfitta. Un caso fortuito, di sicuro. «Be', vogliamo scommettere?» propose allora Mowbray. I due amici si fissarono negli occhi, la tensione altissima. Rupert gemette. «Quali sono le tue condizioni?» chiese Fox. «La ragazza la scelgo io.» «Va bene.» «È una pessima idea» obiettò Rupert. Era probabile che avesse ragione, ma fu ignorato del tutto. «Vediamo... chi posso scegliere?» Mowbray si esibì in una drammatica ricerca per la sala da ballo, guardando le signore che li circondavano. C'erano parecchi esemplari, che andavano dal grazioso al senza speranza. Fu allora che l'attenzione di Mowbray si fissò su una donna in particolare. Fox seguì il suo sguardo, e quando vide chi aveva in mente il suo amico, sentì che lo stomaco precipitava. «No.» «Sì» ribatté Mowbray con un sorriso impertinente che gli distese i lineamenti. «Ragazze che scelgono un abbigliamento sfortunato posso gestirle. Signorine inglesi timide e balbuzienti che a malapena conoscono le regole della buona società? Nessun problema, ma... una delle americane?» Fox lasciò la domanda in sospeso. La famiglia Cavendish si era fatta una particolare reputazione nell'attimo in cui si era appresa la notizia che il nuovo Duca di Durham altro non era che un modesto allevatore di cavalli proveniente dalle ex colonie. Lui e le sue sorelle erano stati considerati scandalosi ancor prima che mettessero piede a Londra. Fin dal loro debutto in società, oltretutto, non erano riusciti a conquistare il ton, per dirla con un eufemismo. 15


«Be', non sono tutti così male» osservò Rupert. «Lady Bridget mi piace proprio...» Tuttavia Fox era ancora sconvolto, e Mowbray si stava divertendo troppo per prestare attenzione alla difesa degli americani da parte di Rupert. «L'intellettuale?» Ecco qual era il problema: Mowbray non aveva scelto una qualunque delle americane, ma proprio quella che aveva la reputazione di essere insopportabile per la sua intelligenza, senza alcuna eleganza o attrattiva che potesse renderla gradita ai gentiluomini del ton. Era nota per aver annoiato fino alle lacrime parecchi signori, e non discutendo del tempo, di nastri per capelli o di chiacchiere su conoscenze comuni, ma di matematica. Lady Claire Cavendish sembrava destinata a essere una zitella senza speranza e un'emarginata sociale. Persino la leggendaria Duchessa di Durham, zia del nuovo duca e delle sue sorelle, non era stata capace di lanciarli con successo in società, e aveva già avuto settimane per prepararli! Sembrava folle che Fox potesse riuscire laddove la duchessa aveva fallito. Solo che Fox e il suo Orgoglio Maschile non si erano mai, neanche una volta, tirati indietro davanti a una sfida. Fox sapeva due verità su se stesso: vinceva negli sport e vinceva con le donne. Era un vincente. E non era dell'umore per un esame di coscienza o per crearsi una nuova identità, quando la vecchia gli andava benissimo. Dopo quell'assurdità con Arabella, doveva redimersi agli occhi del ton, per non parlare di se stesso. Era un'impresa impossibile, ma una che avrebbe solo dovuto vincere. «La sua famiglia darà un ballo tra due settima16


ne» lo informò Mowbray. «Mi aspetto che tu sia lì, con Lady Claire al braccio come la donna più desiderabile e popolare di Londra.» Poco più in là nella sala da ballo Lady Claire Cavendish era coinvolta in una discussione molto animata con un gentiluomo di sua recente conoscenza. Per essere chiari: lei era animata, mentre lui sembrava considerare l'idea di infilarsi un ferro caldo in un occhio, solo per poter avere una scusa per abbandonare quella conversazione. «E dei numeri così complessi possono essere rappresentati su diagrammi geometrici e manipolati con l'utilizzo di trigonometria e vettori» continuò Claire. Osservò che il gentiluomo a cui l'aveva presentata la duchessa – non si era curata di ricordarne il nome – sembrava annoiato. Bene. Niente suggeriva che corresse il rischio di un'imminente proposta di matrimonio. Ancora meglio. Claire amava la matematica ed era davvero appassionata di tutte le formule con cui si poteva rispondere alle domande e risolvere dei problemi. I numeri le parlavano. Li capiva. Giocavano seguendo le regole, sempre. Metteva altrettanto ardore nella determinazione a non sposarsi. Non ancora, comunque. Le sue sorelle più giovani non avevano ancora ricevuto una proposta e James si trovava scombussolato per il nuovo ruolo. Aveva fatto una promessa alla madre morente: si sarebbe sempre assicurata che fossero felici. E Claire non avrebbe potuto farlo se avesse vissuto lontano da loro, con un marito e una casa da mandare avanti. 17


Il ruolo di moglie e padrona di casa si sarebbe sempre frapposto tra lei e la sua vera passione. Dentro di sé Claire sapeva di essere troppo intelligente per limitarsi a gestire i conti di una famiglia. Voleva qualcosa di più. La duchessa, comunque, aveva altre idee. O meglio, un'altra idea. Se avesse fatto sposare le sorelle Cavendish – a gentiluomini residenti in Inghilterra – allora James sarebbe rimasto e avrebbe assunto il titolo e tutte le responsabilità. Lui non era impaziente di essere un duca, anzi, l'idea di tornare in America era stata menzionata più di una volta, con grande sgomento e orrore della duchessa. E così, Lady Durham spingeva in continuazione gentiluomini adatti davanti alle ragazze e faceva susseguire le presentazioni, sperando che scoccasse una scintilla e si organizzassero i matrimoni. Bridget stava compiendo uno sforzo coraggioso per essere accettata dalla società; aveva anche un corteggiatore che le piaceva. Amelia, al contrario, si comportava male, facendo discorsi scandalosi, o agiva in modo ridicolo, evitando tutte le lezioni di etichetta, ballo o qualunque cosa potesse fare di lei una signora a modo. La strategia di Claire era parlare di matematica. Gli occhi delle persone diventavano vitrei quando lo faceva. La maggior parte degli uomini trovava disdicevole che una donna possedesse un cervello e che lo usasse per scopi diversi dal rendersi attraente. Discorrere di matematica teneva lontani i possibili corteggiatori, lasciandola libera di concentrarsi sulla felicità dei suoi fratelli e sulle proprie occupazioni intellettuali, il tutto senza dare alla duchessa motivo di pensare che stesse cercando di proposito di evitare il matrimonio. Inoltre, se mai avesse dovuto sposarsi – una vol18


ta visti i suoi fratelli sistemati – di sicuro non sarebbe stato con un uomo dalla mente ristretta che pensava che una donna non dovesse usare il proprio cervello. Comunque, preferiva di gran lunga discorrere di matematica che del tempo, anche se si trattava di parlare solo con se stessa. «Mi piace lo studio dei diagrammi di Argand» dichiarò. «Affascinante» commentò il gentiluomo, anche se si ragionava di qualcosa che quasi nessuno conosceva, tranne lei. Ogni scambio era così prevedibile. Subito dopo lei avrebbe chiesto: «Quali argomenti di studio trovate interessanti?». E allora il gentiluomo avrebbe borbottato: «Perdonatemi, ma credo di aver promesso questo ballo a qualcuno». E Claire avrebbe replicato: «È stato un piacere parlare con voi», come se lo pensasse davvero. E un po' era proprio così. Lui avrebbe risposto: «Certo», e sarebbe andato via, lasciandola libera di restare ai limiti della sala con un blando sorriso incollato sul volto mentre meditava sui numeri e su tutte le cose che si potevano fare con essi. Quella sera, però, fu diverso. Perché venne interrotta. Un uomo l'avvicinò, apparentemente di sua spontanea volontà, senza che la duchessa se lo trascinasse dietro. Era una cosa che i gentiluomini di buonsenso non facevano più. Pertanto, non doveva trattarsi di un gentiluomo di buonsenso. «Buonasera, Lady Claire» mormorò nell'inchinarsi. Era bello, doveva ammetterlo. Alto, muscoloso, capelli scuri e quello che poteva essere definito decisamente uno sguardo ardente. 19


«Buonasera. Non credo che siamo stati presentati» replicò Claire. Se non erano stati presentati, non avrebbero potuto parlare, e non poteva dire che l'idea le spezzasse il cuore. Uomini belli come quello erano per forza insulsi, vanitosi e innamorati di se stessi. Erano alla ricerca di donne che facessero loro da specchio. Lei non era quel genere di donna, quindi non c'era motivo di far perdere tempo a nessuno dei due. «Mi ferite, Lady Claire. Non rammentate?» Lei batté le palpebre una volta, poi una seconda, nel tentativo di ricordarlo. «Vi chiedo perdono. Ho incontrato così tanti gentiluomini e sono tutti...» «Scegliete con attenzione le parole» l'ammonì lui con un ampio sorriso. «Ci sono dei cuori in gioco.» «Britannici, ecco. Sono tutti molto britannici.» «Perché lo fate sembrare un insulto?» «Deve essere una naturale conseguenza del mio accento americano» replicò Claire. «È stata la duchessa a mandarvi a parlare con me?» «Sono venuto di mia spontanea volontà.» «Mmh, strano.» «Dovrete spiegarmelo. Spesso sono lento a sommare due più due.» Le rivolse un sorriso malandrino. E le strizzò l'occhio. Insopportabile, pensò Claire sorridendogli senza convinzione. Aveva subito individuato e confermato la categoria in cui rientrava: quella degli uomini belli in modo basilare, primordiale. Affascinanti in modo semplice. Abituati ad avere le donne che andavano in estasi per le loro attenzioni. E, per sua stessa ammissione, che non riuscivano a sommare due più due, mentre lei sapeva fare con due più due cose che gli avrebbero fuso il cervello. Quell'uomo, chiunque fosse, non era per lei. 20


«Chi ha bisogno di sommare due più due, comunque?» continuò lui. «La matematica è una terribile noia. Vorreste danzare?» «Ho paura che questo ballo mi sia stato richiesto già da un altro gentiluomo» rifiutò Claire. Non aveva supposto che gli potesse importare, invece vide un guizzo di qualcosa nei suoi occhi. Poi lui si erse in tutta la sua altezza nel modo in cui facevano gli uomini quando avevano qualcosa da dimostrare. «È così? Be', allora più tardi.» Perché era tanto determinato a ballare con lei? La maggior parte degli uomini lo chiedevano una sola volta, per cortesia. Lei mentiva e diceva che il suo carnet era pieno, e tutto finiva lì. Aveva fatto pochissime lezioni ed era una pessima ballerina, un altro motivo per fare scappare via i gentiluomini prima che potessero invitarla a danzare il valzer. Inoltre doveva sapere che lei era una di quelle americane, e anche l'intellettuale delle tre. Di sicuro doveva sapere che non c'era alcun motivo per cui un uomo come lui dovesse associarsi a una donna come lei, a meno che non gli interessasse la sua dote, nel qual caso, arrivederci e grazie. «Temo che il mio carnet di ballo sia completo.» «Per l'intera serata?» Per l'eternità. «Sì, per l'intera serata.» «Che peccato. Sono un ottimo ballerino.» «Sono sicura che lo siate davvero.» Ed era proprio così. Si comprendeva dal modo in cui stava in piedi e dall'atteggiamento, tipico di chi appariva del tutto a suo agio con il proprio corpo e sicuro di sé. Era evidente che fosse forte. Ed eccezionalmente muscoloso. E adesso Claire si scopriva a rivolgere pensieri privi di senso proprio ai muscoli di quell'uomo. 21


Che assurdità! La semplice prossimità di quell'individuo sembrava abbassare il livello dei suoi pensieri. «So come far muovere una donna sulla pista da ballo in modo che abbia la sensazione di volare. O di fluttuare su una nuvola. O di fare l'amore» mormorò lui in un modo che sarebbe forse dovuto suonare come incredibilmente appassionato, ma che Claire trovò quasi umiliante. «Non che si presuma che voi lo sappiate.» «E ora si suppone che io vi dica che in realtà il mio carnet non è pieno e che sono una bugiarda? Dovrei essere così sgarbata con il gentiluomo che ha riservato questo ballo, piantandolo per un altro? Ditemi, vi prego, qual è l'esito previsto per la vostra affermazione?» L'uomo parve sconcertato, ma Claire era abituata a sconcertare gli uomini. «Pensavo di farvi sapere cosa state perdendo. Mi piace dare a una giovane qualcosa a cui pensare.» «Vi assicuro che ho moltissime cose a cui pensare» ribatté lei in tono cupo. «Ballate con me» mormorò lui imperterrito. «Questo...» Claire agitò le mani verso di lui, con i suoi muscoli, le sue presunte maniere affascinanti e il suo aspetto ardente. «Il vostro approccio può funzionare con le altre signore, ma non funzionerà con me.» Pochi istanti più tardi Sebbene non paragonabile all'abbandono di Arabella, il rifiuto di Lady Claire segnava la seconda volta nell'arco della settimana – o di tutta la sua vita – in cui Fox era stato, be', sconfitto. 22


Come primogenito di un ricco aristocratico, era nato con ogni vantaggio in una vita di agi e piaceri. Aveva persone che si occupavano di ciò che a lui non interessava. E quando si trattava delle sue due passioni, le donne e gli sport, gareggiava con i migliori e vinceva sempre. La sua naturale forma fisica stava a significare che trionfare sul campo da gioco gli veniva naturale, e così accadeva con tutti i trofei e i riconoscimenti. Le donne di solito gli si gettavano ai piedi. Fox doveva solo sorridere e mormorare qualche parolina ben scelta a quella che aveva colpito la sua fantasia e lei era subito sua. Quella era la vita di un uomo del suo rango, della sua ricchezza, con il suo viso e il suo corpo. E si era aspettato che la vita continuasse in quel modo. Finché, all'improvviso, il mondo non si era capovolto. E sembrava che tutti dovessero esserne testimoni. Mentre usciva dalla sala da ballo, fu impossibile ignorare le occhiate, i sussurri e il fatto che non fossero del genere adorante ed estasiato a cui era abituato. Fox scoccò a tutte loro uno sguardo omicida. L'argomento di conversazione si spostò in fretta, e le giovani guardarono da un'altra parte. Lady Claire lo aveva mandato in confusione. Be', doveva ammettere che parecchie cose lo facevano. Lei, però, era evidentemente immune al suo fascino e aveva un modo tutto suo di rigirare le cose e dargli da pensare, laddove la maggior parte delle donne gli sorrideva in modo civettuolo o rideva con grazia. Il suo tentativo di chiacchierare scher23


zosamente e di amoreggiare era stato un fiasco. Non si era neppure ricordata di averlo conosciuto! Una cosa mai accaduta. Il problema doveva essere lei, naturalmente. Era un'intellettuale, e tanto cerebrale da essere insensibile e indifferente a qualsiasi uomo. Non era abituata alla società e forse non si rendeva conto di quale ottimo partito fosse. A meno che – aveva una voglia folle di allentarsi il fazzoletto da collo – il problema non fosse lui. No. Impensabile. Si rifiutava persino di prendere in considerazione un'eventualità simile. Ma Fox riusciva a sommare due più due, in realtà: Lady Claire sarebbe stata difficile da conquistare. Vincere quella scommessa non sarebbe stato semplice come aveva immaginato. Tuttavia avrebbe vinto. Vinceva sempre. Inoltre non c'era nulla che gli facesse battere così forte il cuore e scorrere il sangue nelle vene come una sfida e l'eccitazione di una gara. Fox cominciava a sentirla, adesso: il martellio del cuore, il sangue che gli rombava nelle orecchie, l'attenzione che si focalizzava sul premio. Si concentrò sull'inevitabile trionfo che lo attendeva: la ragazza, la gloria, il ritorno al corretto ordine delle cose. Era quello che voleva: il suo mondo ripristinato nel giusto senso, in cui vincere e conquistare le donne gli riusciva facile. Proprio mentre era sul punto di lasciare la sala da ballo, Fox si girò e studiò la stanza, il campo di gioco. Temo che il mio carnet di ballo sia completo... Sì, per l'intera serata. L'orchestra stava suonando. I ballerini vorticavano attorno alla pista, gli uomini in abito da sera 24


scuro e le donne in abito bianco e gioielli che luccicavano alle fiamme delle candele. Lady Claire non era tra loro. Perlustrò tutta la sala alla sua ricerca e la vide in piedi con le sorelle vicino al tavolo delle limonate. Era evidente che non stava danzando. Graziose, aveva pensato nel conoscerle. Graziosa era il meno. Lady Claire era qualcos'altro.

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Una moglie rispettabile JENNI FLETCHER

INGHILTERRA, 1865 - Ianthe riceve una proposta di matrimonio su un treno... e da parte di uno sconosciuto! Forse però Robert Felstone rappresenta per lei l'unica possibilità di...


Un'intrepida dama GAYLE CALLEN INGHILTERRA, 1486 - Diana Winslow uccide un visconte per conto dell'Ordine della Spada. Anni dopo, rapisce l'unico uomo che potrebbe identificarla. Tuttavia il bel prigioniero...

Lady V LORRAINE HEATH LONDRA, 1878 - Una notte in un club il Duca di Ashebury conosce la misteriosa Lady V. Quando la incontra in società senza la maschera, scopre sorpreso che si tratta nientemeno di...

Il principe dei purosangue MARGUERITE KAYE ARABIA, 1815 - Per gli amati purosangue il Principe di Bharym chiama dall'Inghilterra un rinomato veterinario. Peccato che in sua vece si presenti l'affascinante figlia dell'uomo.

La speranza della duchessa ANN LETHBRIDGE INGHILTERRA, 1818 - Julia è costretta a vendersi per saldare un debito. E a "vincerla" è Alistair, il Duca di Dunstan, che dopo una notte di passione le chiede inspiegabilmente di sposarlo. Dal 2 marzo


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