Equivoci d'amore

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KATHRYN ROSS

Prima di tutto, un bacio


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Italian Marriage Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2003 Kathryn Ross Traduzione di Cinthia Mondini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony giugno 2004 Questa edizione Harmony Più dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY PIÙ ISSN 1125 - 4890 Periodico bimestrale n. 104A del 22/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 204 dello 05/04/1997 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 «Papà si sposa.» Le tre parole echeggiarono nel caldo umido di quel pomeriggio d'estate con il fragore di un ordigno incendiario. «Come hai detto, scusa?» domandò Gemma, rovesciandosi sul vestitino a fiori e sulla coperta da picnic parte della limonata che stava versando in un bicchiere per suo figlio. «Che cosa hai detto, Liam?» «Hai rovesciato la limonata» osservò il bambino, allungando una mano per prendere una tavoletta di cioccolata dal cestino di vimini. «Sì, lo so.» In circostanze normali Gemma avrebbe detto a suo figlio di non provare neppure a toccare la cioccolata se prima non avesse finito i suoi panini, ma in quel momento era molto turbata. «Che cosa stavi dicendo di papà?» gli domandò di nuovo, cercando di nascondere la sua agitazione. «Ho detto che sta per sposarsi» ripeté Liam cominciando a sbocconcellare la cioccolata e fissandola con due occhi scuri che ricordavano quelli di suo padre in modo quasi snervante. «Questo significa che avrò due mamme, proprio come Annie?» «Be', immagino di sì... cioè...» Gemma non sapeva che cosa dire. Era ancora sconvolta da quella notizia. 5


Strana la vita, rifletté. Un attimo prima sembrava che filasse tutto liscio, regolare come il meccanismo di un orologio svizzero, e un attimo dopo era come se una voragine le si fosse aperta all'improvviso sotto i piedi. E non sapeva nemmeno perché si sentisse così sconvolta... o sorpresa. Marcus Rossini aveva trentotto anni, era incredibilmente bello e ricco. Per anni aveva avuto ai suoi piedi tutte le ragazze che voleva. Ma con l'avvicinarsi dei quarant'anni, probabilmente, pensava che fosse arrivato il momento di lasciarsi alle spalle la carriera di playboy e di mettere, come si suol dire, la testa a posto. Chi poteva essere, la prescelta? si chiese lei. Avrebbe scommesso che era la sua vecchia amica d'infanzia, Sophia Albani. Erano state in molte, a entrare e uscire dalla sua vita in quegli anni, ma Sophia era sempre stata presente, magari sullo sfondo, un po' in disparte... nonostante le decine di chilometri che a volte li separavano, nonostante Marcus avesse avuto un figlio da un'altra donna. Sophia si era adattata a qualunque situazione, aveva superato qualunque difficoltà, e la loro relazione sembrava essere sopravvissuta a tutto, contro ogni aspettativa. Forse era quella la prova da superare per scoprire il vero amore? Per qualche misteriosa ragione, quel pensiero le provocò una fitta al cuore. «Ne sei sicuro, Liam?» domandò al bambino dolcemente. «Come fai a sapere che papà si sposa? Te l'ha detto lui?» Liam scosse la testa e infilò una mano nel cestino alla ricerca di un biscotto. «In realtà io sarei dovuto essere a letto, ma mi ero alzato perché avevo mal di stomaco, e ho sentito che parlava...» «Ieri sera?» Il piccolo annuì. 6


Gemma era divorata dalla curiosità. «Con chi stava parlando?» Liam si strinse un po' nelle spalle. «Credi che stesse parlando con Sophia? Era a casa di papà, ieri sera?» «Stava parlando al telefono» le rispose, prendendo un pacchetto di patatine fritte, e lei si risvegliò da quello stato di confusione. Interrogare un bambino di quattro anni non era la cosa giusta da fare, e la vita privata di Marcus non la riguardava affatto. «Liam, basta con quelle schifezze. Piuttosto mangia un panino, per favore.» «Non mi piacciono» protestò lui arricciando il naso. «Non mi piace quella roba verde tutta umida e molliccia.» «Non è roba molliccia, è cetriolo! E ti è sempre piaciuto moltissimo.» «Lo detesto» insistette il piccolo scuotendo la testa in un gesto di ribellione. «Prendine uno, solo per farmi contenta.» «Papà non mi costringe a mangiare certe cose orribili.» Gemma provò una sensazione di collera improvvisa. Era sempre la stessa storia. Liam idolatrava suo padre, e capitava piuttosto spesso di sentirgli dire frasi simili a quella durante la giornata. Papà non mi manda a letto così presto... Papà mi lascia guardare quel programma in televisione... Papà mi legge le favole se mi sveglio durante la notte... Di solito cercava di non badarci ed evitava qualsiasi commento sarcastico, ma a volte, quando era stanca o di cattivo umore, era molto più di quanto potesse sopportare. A volte, sì, le veniva voglia di... ridimensionare l'immagine del padre agli occhi di suo figlio, di dirgli 7


qualcosa che... qualcosa che facesse capire a Liam che il suo meraviglioso papà non era un uomo di cui ci si poteva fidare. Ma naturalmente non sarebbe mai, mai, caduta così in basso. Perché la verità era che, per quanto Marcus Rossini l'avesse fatta soffrire molto in passato, per quanto avrebbe voluto dimenticare persino di averlo conosciuto, per il bambino era un padre fantastico, e quella, alla fine, era l'unica cosa che contava. «Per favore non discutere, Liam. Mangia quel panino, punto e basta. Altrimenti dovrò dire a papà che sei stato disubbidiente quando verrà a prenderti, stasera.» Funzionava sempre, si disse osservando il piccolo che, dopo un attimo di esitazione, obbediva in silenzio. Anche se, in realtà, le sue conversazioni con Marcus erano ridotte al minimo indispensabile. Con lui discuteva soltanto degli orari in cui sarebbe stato insieme a Liam. In effetti erano mesi che non l'incontrava perché, appena la sua automobile compariva all'esterno, lei gli spediva Liam con lo zainetto già pronto, evitando che lui potesse entrare in casa. E quando tornava, mandava sua madre ad aprire la porta. Così le sembrava tutto più semplice. Non le era facile parlare con un uomo che era stato tanto importante nella sua vita... non senza riaprire molte vecchie ferite. Grazie al cielo, Liam era ancora troppo piccolo per rendersi conto della situazione, ma sarebbe venuto un giorno in cui la minaccia di dirlo a papà non avrebbe più funzionato. Possibile che Marcus stesse davvero per sposarsi? si domandò. Sentiva qualcosa che le faceva male dentro. La cosa, comunque, non la riguardava, si disse con fermezza. E poi si era rassegnata da tempo al fatto che il caro signor Rossini non fosse l'uomo per lei. L'unica 8


cosa che la preoccupava erano le conseguenze che avrebbe potuto subire il bambino nato dalla loro relazione. «Posso andare sull'altalena, adesso?» le domandò Liam quand'ebbe finito il panino. «Ma certo, tesoro, se vuoi.» Osservò per un attimo quel fagottino che correva verso l'altalena con l'energia di un piccolo tornado. A metà strada si fermò e corse di nuovo da lei, l'abbracciò e la baciò su una guancia. «Ti voglio bene, mamma!» le gridò felice. «Anch'io te ne voglio» gli rispose Gemma, abbracciandolo. «Lo sai che io so andare veramente molto in alto sull'altalena? Vuoi vedere?» le domandò con gli occhi che brillavano di eccitazione. «Ma certo, tesoro.» E mentre il piccolo si allontanava di nuovo, lei si perse nelle sue riflessioni. Si domandò che cosa stesse facendo il suo ex in quel sabato pomeriggio così pieno di sole. Di solito passava a prendere Liam al mattino e trascorreva il fine settimana con lui, ma c'era stato un cambio di programma all'ultimo minuto. Marcus aveva tenuto il figlio la sera prima, ma l'aveva riportato a casa dalla madre al mattino, spiegando che aveva qualcosa da fare nella giornata e che l'avrebbe preso di nuovo alle quattro e mezzo. Forse doveva vedere Sophia... O forse sarebbe andato con lei a comprare l'anello di fidanzamento... Ripose la scatola con i panini nella cesta e si sedette di nuovo sulla coperta per continuare a guardare da lontano i giochi di suo figlio. Per quello che gliene importava, si disse convinta, Marcus poteva organizzarsi un harem. Non erano affari suoi! Il ronzio delle api che si posavano sui fiori dell'aiuola 9


vicino a lei riempiva l'aria. Per un momento il caldo e la tranquillità le riportarono alla memoria un pomeriggio lontano, quando lei si trovava stretta fra le braccia di Marcus sulla riva di un fiume. Le sue mani l'avevano accarezzata con un gesto che racchiudeva in sé un misto di sicurezza, di tenerezza e di possesso, slacciando senza esitazione i bottoni della camicetta, sfiorandole la pelle calda e nuda. «Voglio far l'amore con te, Gemma... ti voglio subito.» Quel ricordo la turbò, risvegliando in lei un desiderio che credeva addormentato per sempre. Per un attimo arrivò quasi a odiarsi. Erano passati anni da quando aveva... dormito con Marcus, e quei sentimenti erano morti, si rimproverò. Morti e sepolti, gettati definitivamente, dolorosamente, dietro alle spalle. «Ciao, Gemma!» Quella voce maschile che giungeva così improvvisa proprio mentre lei era persa nei ricordi la fece sussultare. Si voltò di scatto. Era come se l'avesse in qualche modo evocato dal passato, come se fosse uscito dai suoi sogni ed entrato nella realtà. «Che ci fai tu qui?» gli domandò sorpresa. «Sono venuto a trovarti.» Si sedette sulla coperta accanto a lei, tranquillo e ottimista come se quell'incontro ai giardini nel pomeriggio di sabato fosse un'abitudine. «Liam mi aveva detto che oggi venivate qui per un picnic.» «Ah, sì?» Era talmente bello e attraente che Gemma non riusciva a concentrarsi. Marcus era per metà italiano, lo si intuiva facilmente dai suoi splendidi lineamenti, tipici dei popoli latini. Pelle olivastra e capelli corvini che nel sole avevano riflessi blu. Un paio di pantaloni di cotone blu e una sbiadita camicia di jeans mettevano in risalto le sue spalle larghe, il suo corpo alto e slanciato. 10


Tutte le volte che Gemma lo vedeva, restava colpita come il primo giorno dal suo aspetto. Era semplicemente bellissimo. E aveva anche un fascino particolare che non dipendeva soltanto dall'armonia del suo corpo muscoloso. Aveva la mascella quadrata, un profilo perfetto e una luce particolare negli occhi di velluto scuro. E mentre quegli occhi fissavano in fondo ai suoi, Gemma sentì come un brivido, una strana sensazione. «Hai un bell'aspetto» commentò lui con garbo. «Grazie.» «Sembra passato un secolo, dall'ultima volta che ti ho visto» continuò lasciando scorrere lo sguardo sui suoi capelli biondi e sul suo corpo snello. Uno sguardo che era come una carezza, come una mano che la sfiorava risvegliando in lei un'onda di desiderio. E all'improvviso capì perché evitava con tanta cura qualsiasi contatto con il bellissimo signor Rossini. C'era qualcosa in quell'uomo che riusciva a turbare i suoi sensi con un semplice sguardo. «Si può sapere che cosa vuoi, Marcus?» disse con un tono più aspro di quel che avrebbe voluto, e che lui apparentemente non notò. «C'è qualcosa che voglio discutere con te» le rispose con calma. Gemma rimase in silenziosa attesa. Da un momento all'altro le avrebbe detto che si risposava. Si meravigliò che si fosse disturbato a venire a comunicarglielo di persona. Era gentile da parte sua. Dopotutto, entrambi avevano il dovere verso Liam di gestire la cosa da adulti. Peccato che lei non si sentisse così educata. Tirò un respiro profondo e cercò di prepararsi a reagire nel modo migliore. Gli avrebbe fatto gli auguri più affettuosi, cercando di apparire sincera. «Ho deciso di lasciare Londra, Gemma» annunciò se11


renamente, restando seduto accanto a lei sulla coperta. «Torno in Italia, e voglio Liam con me.» Lei gli rivolse uno sguardo inespressivo, profondamente turbata e impaurita. Non era quella, la notizia che aspettava. «Lo so che per te è un brutto colpo, ma quando ci penserai con calma ti renderai conto che è una decisione sensata. Per Liam è la cosa migliore. È mezzo italiano, ed è giusto che capisca che cosa significa, che impari a conoscere la sua cultura, la vita del suo paese d'origine. Troverà ad attenderlo una grande famiglia: cugini, zii, zie, per non parlare del nonno, che lo adora.» Non sapeva neanche lei perché mai gli permettesse di continuare quel discorso. Era un discorso stupido, ma non riusciva a trovare la voce per fermarlo. «Il posto di Liam è in Italia.» «No, il posto di Liam è qui con me.» Quando riuscì finalmente a parlare, aveva una voce così distorta dalla rabbia che non sembrava neanche la sua. «Capisco che questo sarà un dolore per te.» Con un'acuta sensazione di panico, Gemma notò che lui parlava della cosa come di un fatto compiuto. «E so quanto vuoi bene a Liam. È per questo che penso che tu e io dobbiamo parlarne e trovare un compromesso che vada bene per tutti.» «Non sarà un dolore, non ti preoccupare. Perché tanto non succederà mai» lo interruppe con tono deciso, e cominciò a metter via bicchieri e limonata, cercando di uscire da quella situazione il più presto possibile. «Stammi a sentire, per favore» riprese lui, osservando tutti i suoi movimenti con un freddo distacco. «Penso che sarebbe meglio lasciare da parte i nostri sentimenti e concentrarci su ciò che è meglio per nostro figlio.» Come poteva essere così arrogante, pensò sconvolta, 12


sollevando su di lui uno sguardo di sfida. «Io mi sono sempre concentrata su ciò che è meglio per Liam» disse con rabbia. «Come osi pensare...?» «Gemma, sto soltanto dicendo che...» «Ho sentito benissimo che cosa stai dicendo, e sono solo sciocchezze. Tu ti presenti qui nei giorni di festa e pensi di essere il migliore dei padri. Lascia che ti dica che non lo sei. Non hai la minima idea di ciò che significhi essere un genitore tutti i giorni. Per te è solo una vaga idea, è il capriccio di un momento... come d'altronde tutto il resto, nella tua vita.» Non poté resistere alla tentazione di aggiungere una nota sarcastica. «E se tu avessi Liam sempre con te, non resisteresti due minuti.» «Be', credo proprio che in questo caso tu ti sbagli. Io sarei più che capace di tenere Liam sempre con me.» La voce di Marcus, notò lei, aveva perso tutto il suo distacco e anzi, ad ascoltare con attenzione, vi si percepiva una sottile sfumatura di rabbia. Molto bene, pensò infuriata. Come osava lui venire a dirle che voleva portarle via suo figlio come se fosse stata la cosa più normale del mondo? «In questo paese nessun giudice toglierebbe un figlio a una madre senza una giusta causa» aggiunse senza tanti giri di parole. «Perciò puoi andartene, Marcus. Torna al mondo dei tuoi sogni e non seccarmi più!» «Non è un bambino piccolo, Gemma. A settembre comincerà ad andare a scuola.» Lei ignorò il commento e continuò a togliere le carte della cioccolata dalla coperta ancora stesa sul prato. Mentre allungava la mano per mettere il coperchio sulla cesta, Marcus le afferrò il polso. Bastò quel contatto a farle provare una sensazione acuta, come se una scossa elettrica le avesse attraversato tutto il corpo. «C'è 13


qualcosa su cui converrà mettersi d'accordo: se la faccenda finisse in tribunale potresti pentirtene, sta' attenta.» Le parole furono pronunciate in tono pacato, ma il significato era chiaro. Nessuno aveva mai avuto la meglio con la famiglia Rossini. Avevano soldi e conoscenze, ottenevano sempre ciò che volevano. Gemma sollevò lo sguardo su di lui, cercando di nascondere la paura che stava provando. «Adesso non sei in Italia, Marcus» gli rammentò. «Qui si gioca sul mio campo, e un tribunale non ti permetterà mai di togliermi Liam.» «Non voglio mettermi contro di te, lo giuro» ribatté lui calmo. «Ma se insisti, userò tutti i mezzi possibili per essere sicuro di vincere. Se giochi col fuoco, devi sapere che puoi scottarti...» «Papà!» la voce di Liam risuonò all'improvviso nell'atmosfera tesa. Marcus si voltò mentre il bambino si avvicinava attraversando il prato di corsa e si gettava fra le sue braccia, stringendosi a lui più forte che poteva. «Papà, mi spingi sull'altalena? Posso andare veramente in alto, quasi fino al cielo e...» «Vacci piano, amico» lo interruppe il padre, divertito. «Dammi il tempo di riprendere fiato.» «Dobbiamo andare, Liam» osservò Gemma, cercando di uscire al più presto da quella situazione. I suoi nervi non le permettevano di restare un momento di più vicino a Marcus. «Oh, mamma, ti prego!" piagnucolò Liam. «Papà è appena arrivato! Non può spingermi sull'altalena, per favore?» «Lo vedrai più tardi» rispose lei alzandosi e fingendo di essere occupata ad aggiustarsi la gonna. «Stasera rimani a casa da papà, dormi con lui. Potrai andare sull'altalena del suo giardino quanto vorrai.» 14


«Ma non posso starci anche adesso, con papà?» Quelle parole le provocarono un senso di angoscia. «No, non puoi.» Sollevò gli occhi e incontrò quelli di Marcus. Pensò di vedervi un'espressione di trionfo, uno sguardo che diceva: lo vedi che ho ragione. Mio figlio vuole stare con me, non con te. «Per piacere, scendi dalla coperta, la devo arrotolare» gli chiese con tutto il distacco che riuscì a trovare. Sembrava che Liam volesse protestare ancora, ma il padre soffocò sul nascere qualsiasi discussione. «Fa' come dice la mamma, Liam» lo rimbrottò alzandosi e sollevandolo fra le braccia in modo che Gemma potesse metter via il tappeto. «Grazie» borbottò lei con voce acida. «Credo che dovremo parlare ancora, noi due» aggiunse poi tranquillo. «Non c'è niente da discutere. La mia risposta te l'ho già data.» «Per me non è abbastanza. Anzi, diciamo che non mi soddisfa.» «Perché? Forse non è la risposta che vuoi tu?» lo provocò scrollando appena le spalle. «Be', mi dispiace per te, Marcus! So che sei abituato ad averla sempre vinta, ma questa volta no.» «Staremo a vedere» l'avvertì lui, con un lampo di collera negli occhi. «Tutto questo è ridicolo, Marcus, farai meglio a scordartelo.» Alzò un po' la voce, suo malgrado, attirando l'attenzione di Liam. «Non state litigando, voi due, vero?» «No, tesoro, stiamo solo parlando.» Gemma gli tese la mano. «Vieni, dobbiamo tornare a casa. Lo zio Richard ha detto che forse passava da noi.» A Marcus quella frase non piacque neanche un po'. 15


Lo zio Richard aveva cominciato a frequentare quella casa troppo spesso, per i suoi gusti. «Ne riparleremo in settimana» l'avvertì mentre posava il bambino a terra lentamente. «Te l'ho già detto, non c'è niente di cui parlare.» «Al contrario, ce n'è, eccome!» ribatté con voce gelida. «Che ne dici di cenare con me venerdì sera? Tua mamma può occuparsi del bambino...» «Cenare?» ripeté Gemma, incredula, guardandolo come si guarda un matto. «Ma nemmeno per sogno. Mia madre è impegnata, ha molto da fare.» «Benissimo, allora vengo io da te.» «No, scusa, non mi sembra il caso.» «Ti telefonerò in settimana per confermare» insistette lui deciso. Gemma stava per dirgli di non perdere tempo, ma Liam li stava guardando e ascoltando molto attentamente. Perciò prese il bambino per mano, senza esplodere in una scenata. «Ciao, Marcus» lo salutò con tutta la freddezza di cui era capace. Marcus la guardò allontanarsi sul prato, con i capelli che le ondeggiavano sulle spalle, mossi appena dalla brezza pomeridiana, le spalle aperte e la schiena dritta. Liam le trotterellava accanto, voltandosi ogni tanto a salutare il suo papà con la manina, ma Gemma non guardò indietro. Non che avesse molta importanza, rifletté Marcus con espressione cupa. Alla fine Gemma avrebbe fatto quello che voleva lui. Sarebbe tornata a cercarlo, l'avrebbe supplicato di arrivare a un compromesso, e l'avrebbe avuta esattamente dove la voleva: di nuovo nella sua vita.

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