Fidanzati a natale

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SUSAN CARLISLE

Fidanzati a Natale


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Doctor's Sleigh Bell Proposal Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2016 Susan Carlisle Traduzione di Daniela De Renzi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE BIANCA ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1769 del 19/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Uno stridore di freni attirò l'attenzione del dottor Chance Freeman. Dovevano essere i tre nuovi colleghi. Ne aveva un disperato bisogno. La squadra precedente era già partita ed era a corto di personale. Allontanò lo sguardo dal bambino honduregno che stava visitando e lo puntò verso l'entrata della tenda che fungeva da ambulatorio. Al di là della lunga fila di pazienti, vide una donna alta, al di sotto dei trent'anni, saltare giù dal camion militare. Indossava una maglietta verde attillata, una bandana di un giallo vivo intorno al collo e pantaloni marrone chiaro, che mettevano in evidenza le sue curve. Alta moda nella giungla. Gli era già capitato di vederlo. Chance strinse le labbra. Anni prima aveva aiutato Alissa a scendere da una Jeep. Si erano appena sposati, ma il matrimonio era durato solo pochi mesi. Anche lei era molto curata nel vestire. Il portamento quasi regale della nuova arrivata lasciava pensare che non avrebbe resistito a lungo nella foresta pluviale dell'America Centrale. In quegli anni Chance aveva imparato a riconoscere chi era in grado di sopportare le dure condizioni di vita e i turni massacranti. Si vedeva che lei proveniva dalla classe agiata ed era abituata alla vita di città. 5


Non l'aveva ancora conosciuta e già la stava giudicando. Da quando in qua era diventato così cinico? Lei si guardò intorno da sotto il cappello a larga tesa e incrociò il suo sguardo. Poi uno dei colleghi le disse qualcosa e si voltò dall'altra parte. Chance tentò di concentrarsi di nuovo sul bambino, ma venne distratto dal rumore di gente che gridava e correva. Che cosa diamine stava succedendo? Due uomini ne portavano un altro, che sanguinava abbondantemente dal viso e dal collo. Chance porse il bambino alla madre e liberò il lettino. «Appoggiatelo qui. Che cos'è successo?» Gli sconosciuti parlavano in fretta e fece fatica a capirli, nonostante sapesse bene lo spagnolo. Sembrava che l'uomo fosse stato attaccato da un giaguaro. «Posso dare una mano?» domandò all'improvviso una voce femminile, mentre per l'aria si diffondeva la fragranza leggera di un profumo. La giovane donna appena scesa dal camion era in piedi accanto a lui. Si era tolta il cappello e la treccia bionda le ricadeva sulla spalla. Con quella carnagione così chiara si sarebbe presto scottata sotto il sole bollente dell'Honduras. «Cominci a tagliargli i vestiti.» Lei si avvicinò al lettino imbrattato di sangue e impallidì, osservando la ferita profonda che avrebbe deturpato per sempre il paziente. «Cerchi di non svenire...» borbottò Chance tra i denti. «Michael, vieni qui!» gridò poi rivolto al collega. «È meglio se lei dà una mano di là. Qui faremo io e Michael.» La ferita richiese parecchi punti e la ripresa sarebbe stata lenta. «Abbiamo bisogno di un aiuto» affermò Michael a voce alta, mentre terminava la sutura. 6


La nuova arrivata si riavvicinò e Chance la osservò attentamente. «Pensavo di averle detto...» Lei lo fissò seria. «Non deve preoccuparsi.» Poi si rivolse a Michael. «Di che cosa ha bisogno?» «Fasci questa mano.» «Certamente» affermò lei decisa, mentre con le dita, che avevano le unghie pitturate di un bel rosa acceso, afferrava soluzione fisiologica e garze e iniziava a ripulire la zona da fasciare. Quelle unghie non potevano durare a lungo in un posto come quello... Chance continuò a tenere d'occhio la nuova arrivata, che aveva applicato la medicazione con un'efficienza che non gli era capitato spesso di vedere. Pareva essersi ripresa dallo smarrimento. Il lavoro in un ambiente così primitivo richiedeva abilità, buon senso e capacità di affrontare gli imprevisti. Lui lavorava lì da molto tempo e aveva visto andare e venire ogni tipo di persona. Era abituato alla gente che lo abbandonava. Sua madre aveva lasciato la famiglia, quando lui aveva soltanto sette anni. Il padre era un famoso chirurgo, che non era quasi mai a casa, e lui da ragazzino aveva cercato di attirare la sua attenzione in tutti i modi, perfino rubando. Per questo era finito in collegio. In quell'ambiente severo si era ritirato in se stesso. Ma il preside si era concesso il tempo di ascoltarlo e Chance aveva fatto di tutto per cambiare, perché quell'uomo fosse orgoglioso di lui. Si era concentrato sugli studi e aveva deciso di dedicare la sua vita ad aiutare gli altri. Anche se bisognava ammettere che, per quanto riguardava le relazioni personali, aveva fallito miseramente più di una volta. Sua moglie Alissa lo aveva abbandonato esattamente come sua madre. Ma rimuginare sul passato non sa7


rebbe servito. Osservò ancora la nuova collega. Sembrava aver recuperato il controllo. In quel momento Marco, un abitante del posto che li aiutava in qualità d'impiegato, traduttore e fattorino, entrò nella tenda con espressione preoccupata. Si avvicinò alla nuova dottoressa, parlando con il suo forte accento straniero. «Non deve andarsene senza avvertire. Qui molti pericoli. Non può allontanarsi.» Lei lo fissò seria. «Mi spiace. Ho visto l'emergenza e ho pensato che avrei potuto dare una mano.» «Non c'è problema, Marco. Glielo spiegherò io. Occupati degli altri due» affermò Chance con decisione. «Sì, dottor Chance» annuì l'uomo, uscendo dalla tenda. Lui lanciò un'occhiata penetrante alla collega. «Non deve mai lasciare l'area senza dirlo.» Lei abbassò il mento e annuì. «Sì, capisco. A proposito, sono la dottoressa Cox. Ellen Cox. Come Bond. James Bond» replicò con un sorriso divertito. Era una giovane donna un po' troppo sicura di sé e Chance non era sicuro di apprezzare il suo atteggiamento. Finì di medicare il ferito e lo inviò con un camion all'ospedale di La Ceiba. Mise in ordine e passò al paziente successivo, una donna anziana con una puntura d'insetto infetta, che andava pulita e medicata. In quel momento fu raggiunto di nuovo da Ellen. Chance lasciò che si occupasse della donna, mentre lui rimaneva a osservarla. «Avremo bisogno di un kit di sutura, una scatola di garze e bende. Le scorte sono nel furgone» le spiegò, indicando il veicolo parcheggiato in modo che il retro sporgesse nella tenda e fungesse da magazzino. Lei andò a recuperare il necessario e appoggiò tutto 8


sul letto, insieme a un flacone di soluzione fisiologica. Diede un colpetto sulla spalla alla donna, per confortarla, e aprì il kit di sutura, appoggiandolo in modo che fosse a portata di mano. Infine sistemò i teli sterili sulla gamba, lasciando scoperta solo la zona da medicare. Chance le porse il bisturi e lei lo prese senza fare domande. «Scusa, Chance, puoi dare un'occhiata un secondo?» lo chiamò Michael in quel momento. «Vada pure, se vuole. Ce la faccio da sola» lo sollecitò Ellen con sicurezza. Chance esitò un momento. Preferiva supervisionare i nuovi arrivati, ma pensò che Ellen doveva essere in grado di occuparsi di un caso così semplice. Quando si allontanò, la paziente apparve spaventata, ma Ellen cominciò a parlarle in un misto tra inglese e spagnolo, riuscendo a distrarla e a farla rilassare. Chance di tanto in tanto le lanciava un'occhiata, per controllare se andasse tutto bene. Quando ritornò, la donna era stata bendata ed era già pronta per andarsene. Ellen aveva fatto un ottimo lavoro. Lui si dedicò al paziente successivo e lei continuò ad aiutarlo. Stavano terminando, quando Marco arrivò con i due nuovi colleghi. Presentò l'uomo come Peter Ortiz e la donna come Karen Johnson. Erano entrambi infermieri. Ellen passò ad aiutare Michael e visto che Pete parlava correntemente lo spagnolo Chance gli chiese di cominciare a stabilire le priorità tra i pazienti con l'aiuto di Karen. Lavorava in Honduras ormai da otto anni e aveva visto crescere le necessità della popolazione. Ci sarebbe stato bisogno di veri ospedali con personale dedicato. Adorava quel Paese. Durante il tempo libero si de9


dicava alle immersioni. Gli piaceva anche camminare nella foresta e lasciarsi sorprendere da particolari inaspettati. Ma soprattutto adorava i sorrisi aperti e generosi della gente. In Honduras aveva trovato la sua casa. Michael e la nuova collega sembravano andare d'accordo. Era quello che Chance aveva pensato quando aveva visto sua moglie trascorrere tanto tempo con Jim, il collega che collaborava con loro a quel tempo. Erano così affiatati che alla fine erano tornati insieme negli Stati Uniti. Quando visitò l'ultimo paziente, il sole toccava già le cime degli alberi. Dovevano ancora smontare le attrezzature, caricare i camion e farsi una bella doccia. Si appoggiò a un lettino, per appuntare qualcosa su una cartella clinica. «Mi scusi, dottore, dovrei piegare questo lettino» dichiarò Ellen, lasciandogli capire che doveva sbrigarsi. Aveva l'aspetto di una ragazzina, anche se doveva avere almeno ventott'anni. Ma smontare le attrezzature era compito di Marco. «Se ne occuperanno Marco e i suoi uomini.» «Posso farlo io...» Lui abbassò il tono di voce. «Ne sono convinto, ma prendono il loro ruolo molto seriamente. Non voglio che si offendano.» «Oh. Non me n'ero resa conto» mormorò lei, interrompendo subito quello che stava facendo. «Deve muoversi con cautela, dottoressa Cox. Ci sono aspetti culturali e regole di sicurezza delle quali dev'essere consapevole, prima di compiere qualche sciocchezza. Non sia imprudente. Qui non siamo a Los Angeles, New York o qualsiasi altra città da cui lei provenga.» 10


Lo sguardo di Ellen fu attraversato da un lampo. Ma fu questione di un attimo. «New York» precisò molto seria. Lui la fissò un secondo. «Non solo ci sono animali nella giungla che potrebbero aggredirla, ma anche grossi problemi con i narcotrafficanti. Non si allontani mai da sola. Nei villaggi o all'interno del nostro ambulatorio si assicuri di restare sempre con qualcuno.» «Sta cercando di spaventarmi?» Pensava che quello fosse un luogo di vacanza? «No. Sto cercando di tenerla lontano dai pericoli» affermò Chance, guardandola negli occhi. «Se non segue le regole, non resterà qui a lungo.» Serrando le labbra, lei guardò gli uomini intenti a smontare le attrezzature. «Mi dispiace di aver fatto preoccupare Marco. Avevo visto quante persone c'erano in fila ad aspettare e volevo collaborare.» «Non sarà in grado di aiutarli, se finisce per mettersi nei guai.» «Sì, ho capito.» Una mezz'ora più tardi la tenda era stata smontata e le attrezzature caricate sui veicoli. Stavano viaggiando lungo una stretta strada sterrata in direzione della costa. Chance viaggiava sul furgone con le scorte, insieme a uno degli uomini locali, mentre Michael era alla guida del camion. Gli altri erano stati sistemati nel retro. Il percorso di un'ora fino al resort dov'erano alloggiati poteva rivelarsi la parte più pesante di tutta la giornata. In linea d'aria la distanza non era molta, ma le strade erano così mal messe e piene di curve che il viaggio rischiava di sembrare eterno. Di solito Chance cercava di dormire. I suoi pensieri andarono alla giovane dottoressa, che viaggiava nel camion dietro a loro. Aveva lavora11


to con impegno, facendo la sua parte e qualcosa di più. Se si fosse lamentata del viaggio, le avrebbe detto che faceva parte del lavoro e che avrebbe dovuto accettare i disagi. Ellen sbatté la testa contro una delle sbarre che correvano lungo il perimetro del camion. Sonnecchiare era impossibile. Tirò fuori una giacca dalla borsa, la ripiegò e la infilò tra la testa e il supporto di metallo. Attraverso le stecche del camion, cominciò ad ammirare il paesaggio circostante. La vegetazione cresceva rigogliosa. Alcune foglie avevano la dimensione di un ombrello aperto. Ed erano così verdi... Anche i colori dei fiori erano vividi. Quella mattina, mentre l'aereo planava, aveva osservato la costa. La sabbia immacolata contro il verde azzurro dell'acqua aveva accresciuto il suo desiderio di quell'esperienza. Era un Paese magnifico e se n'era già innamorata. Molto diverso da una città come New York, costituita principalmente di edifici e luci. Lì Ellen aveva lavorato in una clinica del centro, dove visitava adolescenti incinte e bambini piccoli con il raffreddore. Niente in confronto al tipo di pazienti con i quali aveva avuto a che fare quel giorno. Lo aveva trovato esaltante. Tranne all'inizio, quando quell'uomo ferito le aveva ricordato la morte della madre rimasta intrappolata nell'auto, quando lei era bambina. Quell'incidente aveva obbligato anche lei a rimanere ricoverata in ospedale per mesi. Ma il personale sanitario l'aveva sostenuta e le era stato vicino. Così aveva deciso di fare per gli altri quello che loro avevano fatto per lei. Figlia unica di un padre iperprotettivo, aveva dovuto faticare non poco, quando aveva dichiarato di voler 12


frequentare Medicina. Voleva fare qualcosa di più che presiedere comitati e progettare eventi per raccogliere fondi. «Ti comporti proprio come tua madre. Agiva sempre, prima di pensare» le aveva detto il padre più di una volta, quand'era ragazzina. Ma Ellen non desiderava fare un'altra scelta. Era andata a sentire una conferenza tenuta a New York dal dottor Freeman, che aveva parlato con grande passione del proprio lavoro in Honduras, riuscendo a entusiasmarla. Così aveva fatto immediatamente domanda per unirsi alla squadra. Da allora erano trascorsi sei mesi, ma alla fine era riuscita a partire. Aveva pensato di non parlarne con il padre, ma gli voleva troppo bene per andarsene senza dire niente. Così lo aveva informato, senza specificare dove sarebbe andata esattamente. Di nuovo lui l'aveva accusata di non riflettere abbastanza. Ma per una volta Ellen desiderava poter decidere da sola, libera dall'influenza paterna. Il camion si fermò di colpo. Lei guardò fuori e vide un'area estremamente ben curata e sistemata. Sembrava il parcheggio di un villaggio turistico. Un paio d'inservienti honduregni presero la sua valigia, insieme a quelle di Pete e Karen. Ellen non aveva incontrato i colleghi fino al momento di salire sull'aereo che li aveva condotti in Honduras. Pete era una persona simpatica, che stava cercando di dare una svolta alla propria vita, dopo un matrimonio naufragato. Karen era una donna di mezza età, che voleva vedere un Paese diverso. A Ellen erano piaciuti immediatamente entrambi. Le piaceva anche lavorare con Michael. Sembrava un tipo divertente e rilassato. Non si poteva dire la 13


stessa cosa del dottor Freeman. Ellen sapeva che era un ottimo medico, ma non appariva molto cordiale. Non si era nemmeno presentato. Dal punto di vista fisico era decisamente attraente. Con capelli folti, mossi e scuri e qualche filo bianco sulle tempie, che gli conferiva un'aria autorevole, aveva attirato subito la sua attenzione. «Accompagno Ellen al cottage» affermò Michael in quel momento. «No. È alloggiata vicino a me» replicò Chance. «Tu accompagna pure Pete e...» Guardò l'infermiera. «Il suo nome è Karen, vero?» «Esatto» affermò lei, afferrando la borsa. «Bene. La cena viene servita alle sette nella saletta privata alle spalle del salone più grande» affermò Freeman, incamminandosi lungo un sentiero. Insegne di legno indicavano la direzione da prendere per le diverse zone del villaggio. «Viene con me, dottoressa Cox? Devo chiamare gli Stati Uniti prima che diventi troppo tardi.» Non si era offerto di portarle la valigia. Ellen afferrò la borsa e la mise a tracolla, affrettandosi dietro di lui. Quell'uomo si comportava da egoista. Lo seguì attraverso la vegetazione ben curata, sotto alberi sui quali cinguettavano pappagalli gialli e blu. Quel posto era incredibilmente bello. «Dottoressa Cox!» Il tono esasperato nella voce di Chance le ricordava quello di un padre che si rivolge a una figlia distratta. E non le piaceva per niente. «Mi chiami pure Ellen.» «Si sbrighi, Ellen. Stasera ho ancora del lavoro da sbrigare» affermò lui, procedendo a lunghi passi. Aveva lavorato tutto il giorno. Che cosa poteva avere ancora da fare di sera? «Arrivo, signore.» 14


Lui si fermò e la squadrò dall'alto in basso. «Non c'è bisogno che mi chiami signore.» «Visto che parla come un generale, ho pensato che avrei dovuto trattarla nello stesso modo.» «Scoprirà che non sono noto per il mio sense of humour, Ellen» affermò lui, continuando a camminare, come se non gli importasse se lei lo seguiva. «Ne sono sicura» mormorò lei a bassa voce. Si sistemò meglio la cinghia sulla spalla e continuò a procedere. Arrivarono a una radura, dove sorgevano due cottage, separati da una pianta di banano. Avevano il tetto di paglia e un portico di legno con poltrone dotate di cuscini a fiori. Il posto giusto per una vacanza romantica. «È incredibile. Pensavo di dormire in una tenda e dover utilizzare un bagno in comune.» «Avrà a disposizione un bagno di lusso. Lavoriamo duro e il comitato di gestione ritiene di poterci concedere un posto accogliente dove riposare. Questo villaggio offre parecchio» dichiarò il dottor Freeman, indicando la costruzione a sinistra. «Quello è il suo cottage. Per raggiungere la sala dove si mangia, segua le indicazioni. E se ha bisogno di qualsiasi cosa, può digitare lo zero sul telefono.» Con quelle parole raggiunse il cottage che sorgeva di fronte. Non si poteva certo considerare il vicino perfetto. Ellen salì i gradini che portavano all'entrata. Sotto il portico era appesa un'amaca. Spalancò la porta ed entrò all'interno, da cui rimase piacevolmente sorpresa. Per quanto dure fossero le condizioni di lavoro, gli alloggi erano a dir poco lussuosi. C'era una camera, con una zona salotto da una parte e un letto di mogano con il baldacchino dall'altra. Il soffitto era alto e dotato di pale, che muovevano piacevolmente l'aria. Il pavimento, di legno tirato a luci15


do, nella parte occupata dal salotto era ricoperto da un tappeto a colori vivaci. Se Ellen avesse dovuto trascorrere la luna di miele, avrebbe scelto un posto come quello. Un paio di volte era stata sul punto di sposarsi, ma ogni volta suo padre si era intromesso, facendole cambiare idea. Era come se non si fidasse della sua capacità di giudizio. La doccia all'aria aperta, protetta da un riparo di legno, fu un'esperienza decisamente nuova. All'inizio Ellen provò un leggero imbarazzo, ma appena l'acqua calda le toccò le spalle, cominciò a godersi incantata il cinguettio degli uccelli. Un'ora e mezza più tardi, dopo aver riposato, riprese il sentiero alla ricerca della sala dove veniva servita la cena. Dietro una curva scoprì una piscina dall'acqua cristallina, circondata di felci. Quel posto era pieno di piacevoli sorprese. Il dottor Freeman se ne stava sdraiato su un lettino e parlava al telefono. Indossava una maglietta, pantaloncini e sandali di cuoio. Appariva rilassato, ma il tono della voce diceva il contrario. Ellen aveva l'impressione che non si lasciasse andare molto spesso. «Senta, abbiamo bisogno di quelle forniture.» Fece una pausa. «Non posso essere contemporaneamente in due posti diversi. Deve pensarci lei. E riguardo alle persone che mi manda, mi servono collaboratori che rimangano più di sei settimane. La gente qui ha bisogno di strutture permanenti.» Girò lo sguardo e la vide. Ellen proseguì verso un edificio alto, sperando fosse il posto che cercava. Sentì dei passi che la seguivano. «Ascoltava la mia conversazione, dottoressa Cox?» Lei si voltò a guardarlo. «Direi proprio di no. Stavo andando a cena. E le ho già detto di chiamarmi Ellen. 16


Quando mi chiama dottoressa Cox ha un tono talmente altezzoso...» «Mi dispiace... Ellen.» La voce di Chance le trasmise un brivido lungo la schiena, ma cercò di non farci troppo caso. «Sono affamata» affermò con un sorriso. «La sala è da questa parte» replicò lui, iniziando a salire i gradini che portavano all'ingresso della costruzione. Lei lo seguì senza parlare. Entrarono in un ampio open space, coperto da un tetto di paglia. Al di là di una porta si apriva una sala con tavoli coperti da tovaglie. La luce era bassa. Il dottor Freeman proseguì fino a una seconda porta e l'aprì. «La richiuda dietro di sé» le ordinò con decisione. Si trovavano in una sala più piccola con un lungo tavolo al centro e un'area buffet lungo la parete. Gli altri membri della squadra stavano chiacchierando. Quando lei e Freeman si avvicinarono, interruppero la conversazione. «Pensavo aveste già iniziato.» «Non senza di te, capo» dichiarò Michael con un sorriso divertito. «Be', allora comincio io» affermò il dottor Freeman, prendendo un piatto dal tavolo del buffet. Gli altri seguirono il suo esempio. Incerta su come comportarsi, Ellen si sistemò in fondo alla fila. Pochi minuti più tardi, con il piatto pieno di pollo e frutta tropicale, andò a cercarsi un posto. «Siediti qui vicino a me» esclamò Michael. Lei accettò l'invito. Poi lanciò uno sguardo a Chance, che la stava guardando assorto. Con Michael chiacchierarono del più e del meno. «Ellen, che cosa ti porta in questa piccola parte di 17


mondo?» le domandò il collega in tono allegro. Lei diede un'alzata di spalle. «Volevo lavorare in un posto dove poter fare la differenza.» «E non era in grado farlo dove lavorava prima?» domandò asciutto il dottor Freeman. Non si era accorta che li stesse ascoltando. «Sì, certamente. Ma queste persone hanno davvero bisogno. Desideravo tanto venire qui.» «E come hai saputo di noi?» domandò Michael con interesse. «Ho sentito parlare il dottor Freeman e ho capito che era il posto che faceva per me.» «Be', Chance, hai raccolto proseliti.» Freeman andò avanti a mangiare con un'alzata di spalle. «E come ti è sembrato oggi il lavoro?» domandò ancora Michael. «Diverso da quello a cui ero abituata, ma sicuramente interessante» rispose lei, lanciando un'occhiata verso l'estremità dove sedeva Freeman. «Potrebbe pensarla diversamente, dopo qualche interminabile giornata di lavoro» borbottò lui, continuando a mangiare. «Oh, avanti, Chance. Non spaventarla» esclamò Michael, sorridendo a Ellen. «Il grande Chance Freeman ha visto così tante persone andare e venire, che è diventato un po' cinico. Alcuni non riescono a resistere per tutto il periodo. E lui comincia a essere un po' stufo.» «Adesso basta, Michael.» Quel rimprovero non sembrò turbare Michael, che si limitò a sorridere. Ellen si rivolse a Freeman. «Non ho intenzione di andarmene prima del tempo, dottore.» 18


«Dottore?» ridacchiò Michael. «Siamo un gruppo informale. Ci chiamiamo per nome. Soprattutto al di fuori delle ore di lavoro. Non è vero, Chance?» Lui si lasciò andare contro lo schienale della sedia. «Sicuro.» Michael rivolse l'attenzione a Pete e Karen, chiedendo qualcosa di loro. Ellen preferì concentrarsi sulla cena e fu contenta che anche il dottor Freeman... Chance apparisse distratto. E quando tutti ebbero smesso di ridere per una storia che aveva raccontato Michael, lui batté sul tavolo con il manico della forchetta per attirare l'attenzione. «Domani saremo nell'area di Tooca, vicino al fiume. È la prima volta che ci andiamo e dovremo prestare attenzione. Partiremo alle quattro del mattino. Quindi sarà meglio andiate a letto presto e vi prepariate a una lunga giornata.» Ellen lasciò la sala insieme al resto del gruppo. Karen non era alloggiata molto distante da lei e fecero la strada insieme. Dopo aver salutato la collega, lei continuò lungo il sentiero, illuminato da luci sparse tra le piante. Si era appena infilata sotto le coperte, quando il cottage di Chance s'illuminò e la sua silhouette apparve dietro la finestra. Perché l'aveva accolta così freddamente?

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1767 - In vacanza col dottore di A. Andrews L'infermiera Felicity sta finalmente facendo il viaggio che sogna da una vita. Il dottor Callum sta fuggendo da un presente difficile da accettare. Nessuno dei due è alla ricerca di un'avventura, eppure la passione irrompe nel vagone del treno di lusso su cui stanno viaggiando. LO SCAMBIO DI NATALE 1768 - Intrigo in corsia di C. Marinelli Una notte fra le sue braccia e Holly non ha alcun dubbio: il dottor Daniel è l'uomo della sua vita. Peccato che lui non la pensi allo stesso modo. Daniel è infatti un playboy convinto, innamorato della propria libertà. Per convincerlo a concederle una chance, Holly ha bisogno di un piano. 1769 - Fidanzati a Natale di S. Carlisle La dottoressa Ellen Cox è volata in Honduras per liberarsi dalle catene di una vita noiosa e troppo prevedibile, ma non avrebbe mai immaginato di sostituirle con quelle ben più pericolose del desiderio per il suo nuovo, misterioso capo, il dottor Chance Freeman. 1770 - Il dono più bello di E. Forbes Jess: Sette anni dopo aver perso la testa per un ragazzo australiano e aver concepito la nostra bambina, sono tornata al Moose Ridge Ski Resort, dove tutto è cominciato. Lucas: Non ho mai dimenticato Jess e rincontrarla nei luoghi che hanno visto nascere il nostro amore, mi destabilizza.


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