Fra le braccia del guerriero

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1040 - A spasso con un libertino - E. Leigh 1041 - La missione della novizia - M. Moore 1042 - Passato, scandali e fiori d'arancio - C. Linden 1043 - Per il cuore di un'attrice - E. Redgold 1044 - Un dono inaspettato - A. Burrows 1045 - La maschera del libertino - E. Leigh 1046 - Un campione per Miss Jenna - B. Scott 1047 - Inciso nel cuore - E. Hobbes 1048 - L'errore di Caroline - A. Everett 1049 - Cuori sotto assedio - N. Locke 1050 - Il vicario e la scrittrice - E. Leigh 1051 - Incontri proibiti con il visconte - J. Justiss 1052 - Una debuttante da sposare - V. Lorret 1053 - Per coraggio e per amore - M. Fuller 1054 - Pericolo a corte - J. Landon 1055 - Un bacio sconveniente - C. Kimberly 1056 - Una naufraga per lo sceicco - M. Kaye 1057 - Manuale per zitelle impenitenti - J. McQuiston 1058 - Il rapimento di Lady Fia - T. Brisbin 1059 - Il coraggio di Lily - J. MacLean 1060 - Storie di una lady - M. Rodale 1061 - Un cuore ferito - C. Kelly 1062 - Fra le braccia del guerriero - M. Styles 1063 - Lezioni di francese - B. Scott


MICHELLE STYLES

Fra le braccia del guerriero


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Saved by the Viking Warrior Harlequin Historical © 2014 Michelle Styles Traduzione di Maria Chiara Balocco Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici aprile 2017 Questo volume è stato stampato nel marzo 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1062 del 19/04/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Primavera dell'anno 876 – Nei pressi del confine tra la Northumbria occupata dai vichinghi e il regno anglosassone di Bernicia «Ci siamo fermati di nuovo! Com'è possibile che le ruote continuino a restare bloccate nel fango? Forse avremmo dovuto attendere che le piogge primaverili cessassero del tutto.» Lady Cwenneth di Lingwold si sporse a guardare fuori dal singolo finestrino del carro coperto. «Con tutte le soste che gli uomini di Hagal ci impongono, finiremo coll'impiegarci il doppio del tempo per giungere ad Acumwick. Stiamo accumulando ritardi su ritardi: è mia intenzione prevenire le ostilità, non certo offrire nuovi pretesti di scontro!» Agatha, la sua nuova ancella, sollevò lo sguardo verso di lei. «Siete così ansiosa di sposare Hagal il Rosso? Solo poche sere fa dicevate che vostro fratello ha dovuto minacciarvi per convincervi alle nozze con un uomo della sua reputazione.» Cwenneth strinse le labbra mentre il profumo dolciastro delle erbe che Agatha aveva sparso nel carro per dissipare l'odore di chiuso le solleticava le narici. 5


La sera precedente, la solitudine l'aveva portata a spingersi troppo in là con le confidenze. «Parlavo a vanvera, Agatha. Non è il caso di ricordarmelo.» «Dicevo così per dire...» borbottò l'altra, smuovendo le erbe e facendone sprigionare di nuovo il potente effluvio. «Certa gente...» Cwenneth prese a lisciare il collo di pelliccia del suo mantello, concentrandosi su quel gesto per evitare di riprendere la donna con asprezza. Le discussioni creavano inimicizia e lei aveva più che mai bisogno di amici e alleati, ora che stava recandosi a vivere in una terra straniera, in mezzo a un popolo reputato barbaro e crudele. Il suo matrimonio con il nuovo jaarl norreno di Acumwick avrebbe finalmente garantito a suo fratello e agli abitanti di Lingwold la pace, dopo anni di guerra. Fra le condizioni del contratto, Hagal il Rosso si era impegnato a fornire protezione, in particolare contro Thrand il Distruttore, il guerriero-belva che uccideva per il puro gusto di uccidere ed esigeva dalle genti di Lingwold un tributo molto più elevato di quanto gli spettasse. Hagal aveva giurato di portare a Lingwold la testa di Thrand e ciò aveva convinto il fratello di Cwenneth ad apporre la propria firma sulla pergamena del contratto nuziale. «Avete un aspetto così serio, mia signora. Siete infelice?» Cwenneth si affrettò a ricomporre i propri lineamenti in un'espressione più gioiosa. «Niente affatto. Sono ansiosa di cominciare una nuova vita, lasciandomi alle spalle l'infelicità di questi ultimi anni.» Era l'unica ragione positiva che potesse condividere con Agatha. Quando Cwenneth aveva cercato di 6


opporsi a quelle nozze, suo fratello l'aveva messa di fronte a una drastica scelta: il matrimonio con Hagal il Rosso oppure la reclusione in un convento, priva di dote e senza altre prospettive che non fossero le quattro pareti di una nuda cella e un'esistenza di duro lavoro fino alla fine dei suoi giorni. «E questo accadrà, se riuscirete a compiacere il vostro nuovo signore e padrone, mia signora. Non è difficile: basta sapere come.» Agatha esibì il sorriso di chi la sapeva lunga e inarcò leggermente il dorso sporgendo in avanti il petto generoso. «Gli uomini sono creature talmente semplici. È facile accontentarli, se capite ciò che intendo.» Cwenneth abbassò lo sguardo sulle curve appena accennate del proprio corpo, che le apparve, al confronto, assai poco femminile. Poteva solo augurarsi che a Hagal il Rosso piacessero le donne esili. «Il nostro viaggio sarebbe dovuto durare una settimana, ma per colpa di questa pioggia incessante ne sono già trascorse due» mormorò con aria preoccupata. Con la bella stagione, una volta cessata la pioggia e non appena il fango si fosse asciugato, sarebbero iniziate le scorrerie. E se per quel tempo il matrimonio non fosse ancora stato celebrato, chi poteva essere certo che Hagal il Rosso avrebbe onorato la propria promessa, fornendo la sua protezione? Che avrebbe messo fine alla minaccia di Thrand il Distruttore? «Hagal potrebbe considerare questo ritardo alla stregua di un insulto.» «La pioggia non manca di certo, nelle terre del nord. Non ho dubbi che il vostro promesso sposo capirà.» Agatha fece una risata di gola e tornò a smuovere le erbe. «Apprezzano le donne, lassù, sapete? Di certo l'attesa renderà Hagal ancora più impaziente di 7


ritrovarvi. Dicono sia molto vigoroso, a letto.» L'odore penetrante delle erbe le invase le narici e la bocca, e Cwenneth sentì la gola inaridirsi mentre la testa prendeva a dolerle. «Detesto viaggiare sui carri. Mi fanno venire la nausea tutti questi sobbalzi e sbandamenti» dichiarò, decisa a cambiare argomento. Non aveva alcuna intenzione di discutere faccende di letto. Conosceva le voci che circolavano su Agatha, a tale riguardo, e sapeva che sua cognata l'aveva sorpresa ad amoreggiare con il marito. Allungò il collo cercando di vedere oltre il riquadro della finestrella, ma non scorse nulla, se non alberi spogli che tendevano i loro rami verso il cielo. «Mio fratello mi avrebbe concesso di camminare, ma gli uomini di Hagal non vogliono neppure sentirne parlare. Quando sarò diventata ufficialmente sua moglie, le cose cambieranno.» «Non ne dubito» replicò Agatha con il tono apertamente familiare che aveva adottato di recente. Cwenneth strinse i denti. Doveva ristabilire la propria autorità nei confronti di quella donna. «C'è aria di cambiamento. Per tutti quanti. Chissà, forse non sarete più maledetta.» Maledetta. Quella parola le trafiggeva il cuore. Ma in quale altro modo definire una donna incapace di salvare dalla febbre il proprio marito e il proprio bambino? Cacciata di casa da un figliastro che la odiava ritenendola responsabile della morte di colei che gli aveva fatto da madre? «Non è corretto diffondere dicerie» ribatté un po' troppo bruscamente. «Vostro marito è morto e vostro figlio pure, dopo che quella vecchia megera ha reso l'anima sulla soglia di casa vostra. Se questa non è una maledizione...» 8


«È sfortuna, e non ha niente a che vedere con il mio prossimo matrimonio. Non ne parleremo più.» Suo malgrado, Cwenneth continuava a essere sopraffatta dal rimorso per quanto era accaduto. Dopo che l'anziana nutrice del suo figliastro era stata sorpresa a rubare in chiesa, Cwenneth aveva dovuto farla allontanare dal maniero. Il prete aveva minacciato di privare della comunione tutta la sua gente, se lei avesse continuato a ospitarla sotto il loro tetto. La donna se n'era andata borbottando anatemi e predicendole sventure: avrebbe perso ogni cosa che le fosse cara e il suo ventre sarebbe rimasto per sempre sterile. Cwenneth non si era curata delle parole farneticanti di una miserabile vecchia, ma tre settimane più tardi la malasorte aveva iniziato a colpire. Aefirth era tornato a casa ferito e nel giro di pochi giorni era morto. Sei settimane dopo, Cwenneth aveva perso anche il suo bambino, insieme con ogni speranza di poterne mai avere altri, ed era tornata nella sua dimora ancestrale, incapace di sopportare le accuse del figliastro. Da allora, avevano preso a circolare sul serio le voci che la volevano maledetta. Ripensarci le faceva ancora venire i sudori freddi. Cosa le sarebbe ancora toccato perdere prima che la maledizione esaurisse il suo potere? Agatha rimase in silenzio e Cwenneth adottò un'espressione innocente osservando: «C'è da stupirsi, allora, che tu sia disposta a servire una donna come me». L'altra abbassò lo sguardo sui fasci di erbe aromatiche. «Non c'erano prospettive per me a Lingwold. Me lo hanno fatto capire chiaramente. E non intendo mendicare, io. Ho delle ambizioni.» 9


Cwenneth si sporse in avanti. Non era difficile indovinare chi le avesse fatto quell'offerta. La stessa persona che aveva imposto a lei un ultimatum quando aveva tentato di rimandare le nozze: suo fratello. «Dai miei servitori mi aspetto che siano leali, Agatha, non che vadano in giro a ripetere vecchie dicerie. E mi aspetto anche che mi rivolgano la parola rispettosamente. Ricordatelo, o non resterai a lungo la mia ancella.» Le guance di Agatha si imporporarono a quel rimprovero. «Vi chiedo perdono. E vi auguro un futuro radioso. Forse troverete la felicità...» Felicità? All'epoca del suo primo matrimonio Cwenneth non si era aspettata di innamorarsi di Aefirth, un uomo molto più anziano di lei. Eppure era accaduto, benché il loro fosse stato un matrimonio imposto dal dovere e un'unione di convenienza tra due proprietà. Cwenneth ricordava ancora chiaramente l'istante in cui se n'era resa conto, quando Aefirth le aveva posato una mano sul ventre dopo che lei gli aveva annunciato di aver sentito scalciare il loro bambino. Il lampo di gioia nei suoi occhi l'aveva lasciata senza fiato e Cwenneth aveva compreso di amarlo. Aefirth sosteneva che lei lo aveva fatto ritornare giovane. Poi, nello spazio di pochi giorni, Cwenneth aveva perso tutto, per colpa di quella maledizione. L'atmosfera del carro, pervasa dai potenti effluvi delle erbe aromatiche, le parve ancora più soffocante mentre tornava con il pensiero all'ineluttabilità di tale sua perdita. «Scendo a respirare un po' d'aria fresca» annunciò. «Non è il caso che mi accompagni. Tornerò prima che tu senta la mia mancanza.» 10


«Fareste meglio a rimanere qui. L'ultima volta che avete tentato di scendere le cose non sono andate molto bene!» Cwenneth strinse le labbra. Ricordava perfettamente quanto era accaduto: Narfi, il luogotenente di Hagal, un uomo dallo sguardo sfuggente, le aveva gridato dietro ogni sorta d'insulto e, piuttosto di mettersi a discutere come una pescivendola, Cwenneth aveva preferito tornare indietro. Ma con le nozze ormai incombenti, poter respirare appieno le ultime boccate d'aria libera era una prospettiva in grado di compensare qualunque insulto. Tanto più che Cwenneth non sapeva se le sarebbe stato mai più consentito di uscire dalla sua nuova residenza. Sarebbe potuta essere l'ultima volta che vedeva i fiori nel bosco. «Prestami il tuo mantello» ordinò all'ancella. «Nasconderà le mie forme e da lontano, con i capelli raccolti nel cappuccio, nessuno si accorgerà della differenza.» «Sì, ma...» «Gli uomini di Hagal hanno proibito a me di uscire, non a te. Mi assumo ogni responsabilità se dovessero scoprirmi. Non verrai punita, non lo permetterò» dichiarò Cwenneth stringendo la mano fredda della donna. «Quando saremo ad Acumwick parlerò con Hagal e gli spiegherò, con calma, che non mi piace essere trattata in malo modo e che si alzi la voce in mia presenza. Se quel Narfi, non è capace di rivolgersi a me in modo civile, dovrà andarsene. Hagal il Rosso ha voluto questo matrimonio, dovrà rispettare i miei desideri.» Agatha tenne lo sguardo basso e parve riflettere un attimo, picchiettandosi le labbra con un dito. «Nessuno ha alzato la voce con me» considerò. «Ditemi che 11


cosa volete e andrò io a prendervelo, signora.» Cwenneth si accigliò. Il modo di fare della donna pareva farsi tanto più insolente quanto più si approssimavano ad Acumwick. «Ho bisogno di uscire da qui e di sgranchirmi le gambe» ribatté adottando un tono altezzoso e fissandola con durezza. Agatha distolse subito lo sguardo. «La responsabilità è vostra allora» borbottò slacciandosi il mantello. «Non prendetevela poi con me. Ho cercato di avvertirvi. Fate quel che dovete e tornate in fretta.» Le due donne si scambiarono rapidamente i mantelli. Agatha accarezzò con malcelata invidia il collo di pelliccia di quello di Cwenneth. «Ti ringrazio. Tornerò prima che chiunque se ne accorga.» «Lo faccio solo perché insistete» rispose la donna sospirando. Cwenneth sollevò il cappuccio di lana grezza ricoprendosi i capelli color oro e scese rapidamente prima che Agatha trovasse un nuovo pretesto per trattenerla. Dopo la penombra soffocante del carro, la luce viva di quella giornata primaverile l'abbagliò, costringendola a serrare le palpebre, e Cwenneth rimase per qualche istante ferma con il viso rivolto al sole per concedere agli occhi il tempo di abituarsi a tanto fulgore. Tutte le ansie e le preoccupazioni parvero scivolarle di dosso mentre respirava a pieni polmoni l'aria fresca e fragrante. La sensazione di ottundimento procurata dai pesanti effluvi delle erbe svanì e la sua mente ritornò del tutto lucida. Senza guardarsi attorno per vedere dove fossero e cosa stessero facendo gli uomini della scorta, Cwenneth avanzò a passi rapidi verso un avvallamento in 12


cui facevano capolino alcune campanule. Il loro soave profumo le riempì le narici, riportandole alla memoria il ricordo del boschetto dietro la dimora del suo defunto marito. Aefirth aveva amato quei fiori perché avevano lo stesso azzurro dei suoi occhi. Le aveva persino chiesto di ricamare delle campanule sulla propria biancheria, dichiarando che gli avrebbero portato fortuna. Come sempre quando pensava ad Aefirth, Cwenneth si sentì stringere il cuore. Aveva disperatamente cercato di salvarlo quando era tornato a casa con quella ferita alla gamba, ma l'infezione si era propagata e lui era morto. Accadeva assai spesso che anziani guerrieri morissero a causa di una ferita infetta. Ma per quanto Cwenneth si sforzasse di ricordarlo, non riusciva a impedirsi di ripensare alla maledizione della vecchia. Aefirth si era ripreso da ferite ben peggiori, in passato. Perché proprio quella volta si era sviluppata un'infezione? D'impulso, Cwenneth si chinò a raccogliere una campanula e la strinse nella mano. Il profumo che emanava la fece sentire più forte e padrona della situazione, proprio ciò che le era mancato nel carro chiuso dove l'odore dolciastro delle erbe la intontiva. Raccolse un mazzolino di quei fiori e si fermò a inalarne profondamente l'aroma un'ultima volta, prima di tornare al proprio dovere. «Sarò coraggiosa. Tratterò Agatha con gentilezza e farò di lei un'alleata anziché una nemica. Ma non dimenticherò la mia posizione» mormorò tra sé. «Farò in modo che la mia unione con Hagal il Rosso sia prospera, per il bene di tutti. E per me sarà un nuovo come inizio, l'opportunità di lasciarmi per sempre alle spalle gli errori del passato. È questo che mi avrebbe 13


consigliato Aefirth, ne sono più che certa.» In quell'attimo, un grido inumano riverberò nell'aria, seguito dal clamore sordo delle armi che cozzavano tra loro. Cwenneth si immobilizzò. Razziatori! E lei si era allontanata troppo per poter tornare al sicuro. I suoi uomini si sarebbero stretti attorno al carro, credendo di proteggerla. Nessuno avrebbe pensato di cercarla dove si trovava. Sarebbe dovuta rimanere al proprio posto. Gli uomini di suo fratello avrebbero difeso il convoglio sino all'ultimo respiro. Cwenneth avrebbe preferito che Edward le avesse concesso di portarne con sé qualcuno in più, ma lui si era piegato ai desideri di Hagal inviando una scorta simbolica di appena sei uomini. Agatha non avrebbe corso pericoli finché fosse rimasta all'interno del carro e non fosse uscita a cercarla. «Resta dove sei, Agatha» bisbigliò. «Pensa a salvarti. So badare a me stessa. Dico sul serio.» Che fare, ora? Non poteva certo rimanere lì tra le campanule, immobile come un coniglio spaventato, ad aspettare che le si gettassero addosso. Nasconditi! E rimani in silenzio sino a quando non avrai la certezza che il pericolo è passato. Era ciò che le aveva sempre consigliato di fare Aefirth nell'eventualità di un attacco di razziatori vichinghi. Quei consigli valevano certamente anche in caso di imboscate lungo la via. Trovati un nascondiglio sicuro e rimani lì sino al termine dei combattimenti. Era troppo delicata, lei, per maneggiare una spada o un pugnale. Cwenneth si addossò al tronco di un albero e scivolò nell'ombra. Stringendosi al petto il mazzolino di campanule cercò di concentrarsi sui ricordi felici dei 14


momenti vissuti insieme al marito e al figlio. Prima di quella maledizione. In silenzio, pregò affinché l'attacco fosse rapidamente e agevolmente respinto. D'un tratto, un disperato grido di donna lacerò l'aria. Agatha! Cwenneth prese a sudare freddo. Era segno che i banditi avevano sopraffatto la scorta che difendeva il carro. Com'era stato possibile? Hagal si era solennemente impegnato con suo fratello a inviare dei guerrieri esperti e capaci. Grida supplichevoli si trasformarono in urla disperate: dopodiché, piombò il silenzio. Cwenneth si morse le nocche e pregò con tutto il suo fervore. Agatha doveva essere viva. Perché avrebbero voluto uccidere una donna inerme? Nemmeno i fuorilegge potevano essere così depravati. Il silenzio attorno a lei si era fatto totale. Prima dell'attacco il bosco era stato animato da leggeri rumori e fruscii, ma adesso non si muoveva niente. Cwenneth si sfilò gli anelli e li nascose nell'orlo dell'abito, poi, raccogliendo attorno a sé i lembi della sottana, si lasciò scivolare giù lungo la conca ai piedi dell'albero, senza smettere di pregare. Le ombre andavano addensandosi in fretta quando due guerrieri norreni penetrarono in quell'angolo di bosco. Cwenneth fece per alzarsi dal suo nascondiglio, ma un impulso istintivo la trattenne. Decise di attendere e di palesarsi una volta avuta la certezza che fossero uomini di Hagal, venuti per salvarla, e non invece razziatori al seguito di Thrand il Distruttore. Costui aveva ottime ragioni per voler impedire le sue nozze. Dovevano essere stati i suoi uomini a condurre 15


l'attacco, consapevoli del pericolo che quell'alleanza avrebbe rappresentato. Il cuore prese a batterle talmente forte da farle temere che lo si potesse udire anche a distanza. «L'ancella è morta. Aveva solo un compito da svolgere, trattenere sul carro quella smorfiosa viziata della sua padrona: neanche quello è riuscita a fare. E non ha neppure saputo dirci dov'era. Ora ci tocca trovarla da soli, la gran signora, se vogliamo farla fuori.» «Intanto una ce la siamo tolta di mezzo» ribatté Narfi. «Stava diventando un problema, quella donna, sapeva troppo. E dopo aver chiesto tutto quel denaro, le sono venuti degli scrupoli. Non voleva saperne di essere coinvolta in un assassinio, non aveva abbastanza fegato.» La punta del suo stivale calò sul terreno a pochi palmi dal naso di Cwenneth, che fece il possibile per appiattirsi sul fondo della conca e raddoppiò di fervore nelle sue preghiere, sperando di passare inosservata. La sua mente era piombata in una vertigine d'angoscia. Agatha era morta! Non solo, ma la donna aveva accettato di tradirla e consegnarla agli assassini! «Ora si fa circolare la voce che è stato Thrand il Distruttore a colpire? Astuto il nostro capo!» «Non possiamo, Thrand Ammundson è a Jorvik presso il re. Halfdan se lo tiene stretto, adesso che ha paura di morire. Peccato!» sghignazzò Narfi. «La gente di Northumbria lo teme più di chiunque altro. Non riesco proprio a capirli: non è poi un così gran guerriero. Questa cosa non mi va proprio giù, e nemmeno a Hagal. A Thrand, l'oro glielo gettano ai piedi senza che debba nemmeno sollevare la spada e solo perché le sue prodezze sul campo di battaglia sono 16


diventate leggendarie. Ma io sarei in grado di affrontarlo con una mano legata dietro la schiena.» «Perché Hagal vuole la morte della signora di Lingwold? È per via della maledizione?» «Per vendetta. Tre anni fa suo marito gli ha ucciso un parente prossimo e lui ha giurato sul campo di battaglia che gliel'avrebbe fatta pagare. Hagal non lascia mai conti in sospeso.» Sotto il colpo di quella rivelazione Cwenneth si sentì venir meno. Dunque il motivo dell'attacco non era stata la volontà di impadronirsi dell'oro della sua dote e non si era nemmeno trattato di un incontro accidentale con una banda di fuorilegge, bensì di un deliberato atto di vendetta da parte di Hagal il Rosso. Lei sarebbe dovuta morire quel giorno. Anziché un matrimonio, destinato a unire due popoli, Hagal intendeva celebrare un funerale. Il suo. Tutte le trattative per il contratto nuziale non erano state altro che una macabra farsa. Cwenneth si sentì sollevare lo stomaco ed ebbe un conato di vomito, ma si impose di tenere la bocca serrata. La sua unica speranza di sopravvivere era nella capacità di mantenere un silenzio assoluto. Strinse convulsamente il mazzetto di fiori e si sforzò di respirare con calma. Perché Edward non aveva indagato a fondo nelle motivazioni di Hagal il Rosso? Forse l'occasione di liberarsi della minaccia costituita da Thrand Ammundson gli era parsa talmente allettante da indurlo a non farsi tante domande? Comunque fosse andata, era troppo tardi ormai per simili recriminazioni. Ora Cwenneth doveva rimanere zitta e immobile, e confidare in un miracolo. Doveva sopravvivere per far ritorno a Lingwold e avvertire suo fratello. C'era qualcosa di strano nel fat17


to che Hagal avesse ricorso a tutta quella messinscena soltanto per liberarsi di lei. Bisognava smascherarlo e rivelare a tutti di che mostro si trattasse, prima che potesse accadere qualcosa di molto peggio. «Per gli dei del Valhalla! Vorrei che quell'altra avesse tenuto fede alla sua promessa sgozzando la vedovella al segnale convenuto. Non vedevo l'ora di rientrare al maniero. Ora dobbiamo perlustrare tutto il bosco e ammazzarcela da noi.» Così dicendo, il secondo uomo sputò a pochi palmi dall'orlo della sua veste. Cwenneth lottò per imporre ai suoi muscoli un'assoluta immobilità e non cedere a un moto d'istintiva revulsione. «Non sopravvivrebbe comunque, da queste parti. È una pappamolle, quella donna. Troppo viziata e abituata a farsi servire. Non può andar lontano.» «Hai soltanto la parola dell'ancella che Lady Cwenneth non portava armi.» «Anche se ne avesse, non farebbe alcuna differenza. Quella donna non sa distinguere la punta di un coltello dall'impugnatura. Immaginatela un po' alle prese con una bestia selvatica! Come l'affronterebbe? Cercando di annoiarla a morte con tutte le sue lamentele sul cibo o su quanto fosse lento il convoglio?» I due scoppiarono a ridere e si addentrarono nel sottobosco sulla destra dell'avvallamento. Senza far rumore, Cwenneth si guardò attentamente attorno alla ricerca di qualcosa di tagliente che le consentisse di difendersi nel caso la scoprissero. Perché lei era capace di servirsi di un coltello. Bisognava conficcarlo profondamente e mirare alla gola. Le sue dita si strinsero attorno a un sasso appuntito. In quell'istante, un singolo ululato risuonò attraverso la radura. Cwenneth sentì il proprio sangue gelare 18


nelle vene. Lupi! Tuttavia non avrebbe saputo dire cosa fosse peggio, se le belve a quattro zampe in agguato tra gli alberi o quelle a due gambe che si trovavano a pochi passi da lei. Narfi diede una pacca sulla schiena del compagno. «Non preoccuparti. I morti tacciono. Per quando saremo rientrati ad Acumwick, i lupi avranno fatto il lavoro per noi. Tra un paio di giorni torneremo qui e troveremo il suo cadavere e Hagal non lo verrà mai a sapere. Torniamocene a palazzo, ora. Ho fame: uccidere mi mette sempre appetito.» Scherzando su quel che sarebbe accaduto durante l'incontro tra Lady Cwenneth e il lupo e facendo congetture su come la donna sarebbe morta, i due si allontanarono dalla radura. Cwenneth rimase accoccolata con le ginocchia strette al petto, osando a malapena respirare. Era viva, ma in un luogo lontano molte miglia da Lingwold e nel bel mezzo di un territorio ostile e selvaggio. Strinse forte le palpebre. Ce l'avrebbe fatta. Avrebbe dimostrato che quei due si sbagliavano. Non aveva alcuna intenzione di morire, non certo per favorire i piani di quei ladri e assassini. Intendeva sconfiggere Hagal e provare a tutti che non era affatto maledetta. La calma che regna dopo un massacro possiede un'immobilità particolare, diversa dal silenzio che segue una battaglia, quando le Valchirie si aggirano per il campo raccogliendo i guerrieri che hanno trovato una morte onorevole. Dopo un massacro, pare che anche l'aria rimanga sospesa per rispetto verso i morti. Nell'istante stesso in cui svoltò oltre la curva nella strada Thrand Ammundson comprese cos'era accadu19


to: degli innocenti erano stati uccisi a tradimento. «Per gli dei! Che ecatombe» osservò volgendo lo sguardo sulla scena che gli si presentò in tutto il proprio orrore. Accanto alla carcassa rovesciata e mezzo carbonizzata di un carro da viaggio giacevano sei corpi massacrati e fatti a pezzi. L'odore nauseabondo del sangue fresco si mescolava nell'aria a quello del fumo e delle ceneri. «Dopo dieci anni di guerra la gente dovrebbe avere imparato a non andare in giro così poco armata» osservò uno dei suoi guerrieri. «Halfdan mantiene la pace, ma in Northumbria ci sono dei banditi. E gli uomini che non hanno nulla da perdere compiono azioni dissennate.» «Sorpresi a tradimento. Si credevano al sicuro» osservò distrattamente Thrand chinandosi a esaminare il primo cadavere. «È sempre uno sbaglio.» Chiuse delicatamente gli occhi dell'anziano guerriero e si sforzò di concentrarsi sui particolari della scena. I cadaveri erano ormai freddi, ma non erano stati spogliati dei loro averi. E il fuoco non aveva del tutto consumato il carro. Non era stata una rapina finita male, bensì un deliberato assassinio. E Thrand sapeva a chi appartenessero le terre su cui si trovavano. A Hagal il Rosso. Il quale era di sicuro coinvolto in quella faccenda, ma come sempre si sarebbe mantenuto dietro le quinte. Come un grosso ragno in attesa che la sua preda cadesse incautamente in trappola. Thrand strinse le labbra. Tutto in quella scena proclamava ad alta voce che il massacro era opera di Hagal, ma Thrand aveva bisogno di ulteriori prove per essere certo di ottenere giustizia una volta per tutte. Prove solide e concrete. Hagal era coinvolto nell'assassinio della famiglia di Thrand, accaduto molti anni 20


prima quando ancora si trovavano entrambi in Norvegia. Ne era intimamente convinto, ma nessuno gli aveva dato retta, e Hagal, da viscida serpe qual era, era riuscito a sgusciare via. «Come sai che li hanno assaliti a tradimento?» chiese Helgi, uno dei suoi compagni d'arme più anziani e fedeli. «Guardagli la gola: è tagliata di netto», spiegò l'altro indicando i due cadaveri più vicini. «Questo ragazzo e quell'uomo laggiù hanno ancora la spada nel fodero. Chiunque li abbia uccisi è stato fulmineo nel colpire e altrettanto rapido nel fuggire.» «Una sporca faccenda. Chi può aver osato tanto? Fuorilegge di Northumbria?» «Mi sono fatto un'idea di chi sia il nostro nemico. Ma non ce l'ha con noi, purtroppo.» Thrand si inginocchiò accanto al cadavere del più giovane, appena un ragazzo. Gli assalitori non avevano impiegato frecce e i tagli delle ferite erano così netti da rendere impossibile determinare il tipo di lama che le aveva inferte. Thrand considerò le possibilità. La barbarie di quell'attacco lo disgustava, ma, conoscendo i metodi di Hagal, non lo sorprendeva affatto. Non c'era alcun bisogno di mutilare i cadaveri. Un uomo morto non poteva accoltellarti alla schiena. Thrand aveva scoperto che Hagal era anch'egli al servizio di Halfdan soltanto dopo aver pronunciato il giuramento di fedeltà che lo impegnava a non attaccare, sotto pena di morte, un compagno di felag. L'ora di Hagal, comunque, sarebbe giunta. Non appena scaduti i termini del giuramento Thrand avrebbe fatto in modo che non gli sfuggisse. Al momento, però, si rifiutava di aggiungere l'ignominia di spergiuro alla lista dei suoi epiteti. Senza il proprio codice d'o21


nore, infatti, un uomo non era nulla, ecco la lezione che suo padre gli aveva impartito. E Thrand intendeva onorare la memoria di suo padre: era tutto quel che gli restava di lui. In passato aveva mostrato scarso rispetto nei suoi confronti e per le severe regole che l'uomo gli aveva imposto durante gli ultimi mesi di vita, e ora lo rimpiangeva amaramente. «Se hanno attaccato costoro, potrebbero attaccare anche noi» commentò qualcuno. «Pensi forse che oserebbero farlo?» tuonò Helgi. «Non hai mai perso un combattimento, Thrand. La tua fama spazza via ogni avversario. Preferiscono gettare oro ai tuoi piedi piuttosto che affrontarti e lottare.» «Solo un uomo morto crede di essere invincibile» dichiarò Thrand fulminando Helgi con lo sguardo. «E io intendo continuare a vivere ancora per un po'.» A un suo cenno di comando, gli altri si misero a rastrellare metodicamente i paraggi alla ricerca di indicazioni, di qualunque dettaglio potesse provare che Hagal era passato di lì e aveva commesso quel crimine. Thrand non faceva molto conto di trovarne, tuttavia. Hagal era famoso per l'abilità dimostrata nel coprire le proprie tracce. «Qui c'è una donna!» gridò qualcuno dall'altro lato del carro. «Non ha più il volto. Che razza di animale può fare una cosa del genere a una donna?» «Non c'è nulla che ci permetta di capire chi possa essere?» «Una nobildonna, a giudicare dal mantello di pelliccia e dalle mani. Probabilmente anglosassone: sono poche le nostre donne quaggiù.» Thrand si premette le mani sugli occhi. Un omicidio insensato. Una donna come quella avrebbe potuto 22


valere il proprio peso in oro se l'avessero rapita per ottenere un riscatto. O fruttare una somma elevata se venduta come schiava nei mercati della Norvegia o della nuova colonia d'Islanda. Perché ucciderla? Perché Hagal, avido e calcolatore com'era, aveva deciso che quella donna valeva di più da morta? «Cercate qui attorno, può darsi che qualcuno sia riuscito a scamparla e sia in grado di spiegarci ciò che è accaduto e perché. E scavate una fossa per i cadaveri. È il minimo che possiamo fare per loro. Poi procederemo verso il Tyne. Dobbiamo far ritorno a Jorvik prima che Halfdan riunisca il prossimo Storting» ordinò Thrand con voce stentorea. «Se i banditi tornassero» obiettò una voce, «si accorgerebbero che qualcun altro è stato qui.» «Molto bene. Voglio proprio che se ne accorgano» ribatté Thrand guardando a turno ciascuno dei suoi uomini. Erano tutti guerrieri avvezzi al combattimento, ma si vedeva che anche loro erano rimasti colpiti dall'inaudita ferocia di quella scena. Thrand, tuttavia, si sarebbe ben guardato dal renderli partecipi dei suoi sospetti. Era consapevole infatti che Hagal disponeva di una rete di spie che già in passato gli aveva consentito di sfuggire alla giustizia. «Queste terre appartengono a Hagal il Rosso. Di certo vorrà essere informato della presenza di fuorilegge nella zona. Ha giurato di mantenere la pace in nome del re» intervenne Knui, cugino di un vecchio compagno d'armi di Thrand. «Non faremo una deviazione per andare da lui?» «Lascia che sia io a occuparmi di Hagal il Rosso» rispose Thrand senza tradire l'esasperazione che gli suscitava una proposta tanto ingenua. Hagal avrebbe liquidato l'accaduto facendo impiccare per quel delit23


to il primo anglosassone che avesse avuto la sventura di incrociare il suo sguardo. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di mettere in discussione le sue decisioni. «Ma lo avvertirai?» insistette Knui. «Noi non abbiamo incontrato nessun fuorilegge. Siamo soltanto capitati sulla scena di uno spiacevole evento» rispose Thrand rivolgendogli uno sguardo minaccioso. L'altro faceva parte della spedizione soltanto perché suo cugino, che era stato timoniere di Thrand, glielo aveva raccomandato sul proprio letto di morte. Sven aveva giurato che Knui non era al servizio di Hagal, ma le parole dell'uomo ora lo rendevano pensieroso. «Non serve fare illazioni. Il nostro primo dovere è quello di esaudire la promessa fatta al mio compagno Sven accertandoci che suo figlio non abbia a mancare di nulla. È un impegno che ci siamo assunti sul suo letto di morte. Prima di tutto, dunque, ci occuperemo del bambino. Poi, forse... Una volta che saremo tornati a Jorvik e lo Storting sarà terminato.» «E di questa, cosa ne facciamo? La lasciamo in pasto alle aquile? O la mettiamo nella fossa insieme agli altri?» chiese uno degli uomini. «Con lei ci sono proprio andati con la mano pesante.» Thrand fissò lo sguardo disgustato sul cadavere mutilato della donna. Gli riportava alla mente Ingrid, colei per la quale aveva tradito la propria famiglia e che era finita anche lei assassinata. Uno spreco insensato di vita. Un altro dei crimini per cui Hagal avrebbe dovuto pagare. «Allineate i corpi accanto alla fossa, prima di seppellirli, mentre io controllo che non ci siano altre vittime qui attorno. Potrebbe esserci sfuggito qualcosa. E voglio essere sicuro che non ci tocchi scavare una seconda fossa.» 24


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