Giochi di potere

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Un nuovo appuntamento con la serie

UN MILIONARIO PER MARITO Benvenuti alle nozze più romantiche dell’anno!

Entrare in casa ed essere colpiti alla testa forse non è il modo migliore per fare conoscenza, ma è senza dubbio il più originale… forse è questo l’inizio della grande storia d’amore tra il milionario Reuben Tyler e Lara Callaway?

Dal 6 giugno in edicola e sul nostro store www.harpercollins.it – Seguici su


Il quinto appuntamento con la serie

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Benvenuti nella clinica delle star dove giovani e talentuosi dottori devono dimostrare ogni giorno il loro talento... e la notte dare libero sfogo alle proprie fantasie.

Quando il paramedico Joe Matthews soccorre una donna incinta, entrata in coma in seguito a una rapina, giura che rimarrà con lei fino a quando non si sveglierà. E, quando la sua Bella Addormentata finalmente riapre gli occhi, Joe scopre che Carey Spencer suscita in lui pensieri decisamente più peccaminosi…

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Penny Jordan

Giochi di potere


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Power Games Mills & Boon Single Title © 1995 Penny Jordan Traduzione di Claudia Rey Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 1997 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Nuovi Bestsellers Special luglio 1997 Questa edizione Harmony Romance giugno 2017 Questo volume è stato stampato nel maggio 2017 da CPI, Moravia HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 182 dello 09/06/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo

Il piccolo ufficio era cupo e polveroso, e in quella luce livida la ragazza seduta davanti alla scrivania sembrava ancora più pallida. Oltre la porta socchiusa si sentivano i rumori quotidiani dell'ospedale: le ruote gommate delle lettighe, le voci delle infermiere, l'occasionale vagito di un neonato. La donna osservò la ragazza, poi scambiò un'occhiata con l'uomo in uniforme che stava alle sue spalle. «E siete sicuri che... nessuno verrà mai a sapere la verità?» chiese la ragazza con voce spezzata. Dio, quant'era giovane, pensò a quel punto la donna. Povera creatura... «Nessuno, glielo garantisco.» La donna esitò, poi aggiunse: «Ho comunque il dovere di ricordarle che, una volta firmati i documenti, lei non potrà cambiare idea... ma le assicuro che è davvero la soluzione migliore, l'unica che può garantirle tranquillità e totale sicurezza». Diede un'altra veloce occhiata all'uomo, che fece un cenno di assenso quasi impercettibile con la testa. «Va bene» sospirò la ragazza. «Mi dica dove devo firmare.» La donna le porse un fascio di documenti e la osservò mentre firmava con le dita tremanti. Povera creatura, pensò di nuovo. Ma non c'era altro che lei potesse fare. Né lei né nessun altro. «Vedrà» disse con gentilezza. «Potrà farsi una nuova vita, 5


ricominciare daccapo... dimenticare tutto questo. Adesso è finita. Davvero finita.» «Finita?» ripeté la ragazza con un amaro sorriso. «Oh, no... per me non sarà mai finita. E non potrò mai dimenticare. Mai!»

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«Hai letto il mio rapporto su quell'accordo con i giapponesi?» Bram Soames si scostò dalla finestra e si volse a guardare il figlio. Fisicamente, i due uomini erano molto simili: alti, spalle ampie e fisico asciutto, capelli neri, occhi grigi e un profilo aristocratico ereditato, così sosteneva la nonna di Bram, da un nobile antenato dell'era vittoriana, lo stesso a cui lui doveva i suoi tre altisonanti nomi di battesimo. Brampton Vernon Piers. Gli estranei pensavano sempre che lui e Jay fossero fratelli anziché padre e figlio, e Bram non se ne adontava più di tanto. La differenza di età fra loro era così esigua – quindici anni appena! – che l'equivoco era più che comprensibile. Ma Jay reagiva invariabilmente con irritazione, e finiva per trattare male il malcapitato. Non si poteva certo dire che suo figlio avesse un carattere facile, pensò Bram con un sospiro; e la sua risposta lo avrebbe irritato di sicuro. «Mi dispiace, Jay, ma non sono affatto d'accordo con te» dichiarò con decisione. «Siamo piccoli, ma abbiamo una specializzazione tecnica ben precisa. Associarsi con i giapponesi significherebbe dare la gestione dell'azienda agli avvocati e ai contabili.» «Significherebbe arrivare ai primi posti nel nostro campo» ribatté Jay. «Adesso siamo solo una piccola impresa.» «Non credo proprio. Se non fossimo un'azienda leader, i giapponesi non ci avrebbero contattato.» 7


«Appunto per questo motivo dobbiamo ingrandirci ed entrare nel mercato americano» insistette Jay. «Il futuro è nella commercializzazione di massa, non capisci? La nostra specializzazione va benissimo, tuttavia il vero mercato non è questo...» Bram lo interruppe. «C'è un mercato ben definito per i nostri prodotti. E noi ci siamo costruiti una reputazione su quello che sappiamo fare meglio.» «Su quello che tu sai fare meglio» rispose Jay. «Ed è proprio questo il punto! Sei dispostissimo ad assegnarmi un ufficio privato, un incarico, qualche responsabilità... ma, quando si tratta di concedermi un reale potere decisionale, le cose cambiano, vero?» Bram sospirò di nuovo. Il potere, il controllo assoluto, il riconoscimento dei propri diritti avevano sempre contato moltissimo per Jay. Troppo. Il bambino difficile e possessivo che aveva manipolato i sensi di colpa del padre si era trasformato in un adulto egualmente possessivo e difficile. Ma sarebbe stato inutile spiegare a Jay che la sua fame di potere nasceva da un'infanzia traumatica. Sarebbe stato come gettare olio sul fuoco. Bram capiva tutto questo, provava compassione e affetto immutato per il figlio, però questa volta non avrebbe ceduto. «Ti sei inventato una specie di lavoro per me, ma in realtà in azienda io sono soltanto un numero» lo accusò Jay, torvo. «Tu vuoi tenermi in una posizione subordinata!» «Sai bene che non è vero» protestò Bram. A volte, in momenti come quello, arrivava ad augurarsi che Jay avesse scelto una carriera diversa dalla sua, ma doveva ammettere che la somiglianza tra loro due non si fermava all'aspetto. Suo figlio aveva ereditato da lui le capacità tecniche e l'inventiva, grazie alle quali era diventato uno dei più apprezzati creatori di programmi computerizzati della sua generazione; a Jay, però, questo non bastava. Voleva di più, sempre di più. Voleva il controllo assoluto non solo dell'azienda, ma anche della vita di Bram... 8


«Mi dispiace, figliolo, ma la mia decisione è presa» concluse lui in tono deciso. «Ti dispiace!» sbuffò Jay sprezzante. «Ho lavorato a questo progetto per settimane. Stasera devo partire per New York, nei prossimi giorni devo incontrarmi con i giapponesi e con i loro rappresentanti americani, e tu dici che ti dispiace! Che figura farò quando dovrò spiegare che non siamo interessati?» Ecco il nocciolo della questione, pensò Bram. Ne andava di mezzo l'orgoglio di Jay. Lo aveva immaginato. «Se fossi in te, non mi preoccuperei» osservò con calma. Spesso, le persone poco attente scambiavano quella calma per debolezza, ma in Bram Soames non c'era nulla di debole. La sua era la tranquilla sicurezza di chi sa di essere nel giusto. «Molto probabilmente penseranno che si tratta di una sottile manovra politica, ed essendo una delle cose in cui sono più abili non potranno che ammirarti.» Jay aggrottò la fronte. Forse suo padre aveva ragione, rifletté. Il che gli offriva una scappatoia e una speranza per il futuro. Lui non aveva alcuna intenzione di rinunciare al suo progetto e forse, guadagnando tempo, sarebbe ancora riuscito ad averla vinta. La sua irritazione si placò. Sì, forse c'era ancora una speranza. Da bambino, la precarietà della sua posizione nel cuore del padre lo aveva reso insicuro, aggressivo e ostile verso chiunque cercasse di interferire. Adesso era un adulto di ventisette anni, tuttavia gran parte di quella insicurezza era rimasta. Jay non manifestava più apertamente la paura di perdere l'affetto di Bram, ma era tuttora tormentato e infelice, anche se non lo ammetteva nemmeno con se stesso. Come non avrebbe ammesso che il suo desiderio di potere nasceva dalle stesse radici. Certo, non poteva sostenere che suo padre, a quarantadue anni, stesse perdendo grinta, e che quindi lui doveva assumere il controllo della compagnia per il bene di tutti! Ma l'industria informatica era notoriamente affamata di idee giovani, audaci e innovative. Il futuro dell'a9


zienda era nella novità. Invece, Bram si era gettato nell'impresa di creare programmi ausiliari destinati ai disabili. E quando Jay aveva protestato che questo comportava una spesa consistente oltreché inutile, lui aveva sostenuto che alla lunga quei brevetti avrebbero fruttato parecchio. «Non vorrai farmi credere che hai messo in piedi tutto questo pensando ai futuri profitti» aveva esclamato Jay con sarcasmo. «Lo fai perché sei troppo buono, e gli altri se ne approfittano. Come il tuo amico Anthony, per esempio. Lui non ti ha sicuramente cercato per proporti un affare vantaggioso... lo ha fatto perché sapeva che non saresti stato capace di rifiutare. E così adesso saremo costretti a inventarci dei costosissimi programmi personalizzati, e poi darli via per niente!» «Ma questi programmi daranno la possibilità di comunicare a persone che altrimenti non potrebbero farlo in alcun modo. Pensa che cosa significa, Jay!» «Lo so bene, che cosa significa. Una perdita di tempo e di denaro.» Ma erano comunque tempo e denaro di suo padre. E Dio solo sapeva quanto ne aveva già speso, anche per lui... Jay tornò al presente per rispondere alla domanda di Bram, che gli chiedeva a che ora fosse il suo aereo per New York. «Alle sei e mezzo... perché?» «Perché alle quattro ho un appuntamento con Anthony. Mi ha trovato del materiale che potrebbe essermi utile, e mi domandavo se volessi venire a parlargli anche tu.» «E a che pro?» replicò Jay seccamente. «Come hai detto l'altro giorno, sono il tuo tempo e il tuo denaro a essere in ballo. Io non c'entro per niente.» E gli volse le spalle per andarsene. Bram fece per richiamarlo, ma poi lasciò perdere. Conosceva suo figlio, e la rigidità del suo atteggiamento non era cambiata dagli anni dell'infanzia. Sarebbe stato inutile insistere. «Ti sta manipolando, e lo sai anche tu» gli aveva detto Helena più di una volta. Si arrogava il diritto di parlargli senza 10


reticenze perché erano amici da anni, e per di più Bram sapeva che aveva ragione. Ma come si poteva convincere un bambino infelice, terrorizzato e solo, che non aveva più nulla da temere? Come si poteva dargli la sicurezza di essere amato e protetto, se ancora due anni dopo la morte dei nonni e della madre gridava e piangeva nel sonno? Bram aveva cercato di manifestargli tutto il suo amore paterno, anche materialmente, ma Jay rifiutava ogni tentativo di vicinanza fisica, benché fosse ovvio che moriva dalla voglia di essere abbracciato, coccolato, rassicurato. E a volte Bram si sentiva così frustrato che aveva voglia di piangere... «Non devi sentirti in colpa» gli ripeteva Helena. «Invece sì. Dopotutto, è per causa mia che è venuto al mondo.» «Ma avevi solo quindici anni. Eri un bambino tu stesso!» «Sì, ma questo non mi giustifica, e non cambia il fatto che Jay non ha avuto un vero padre. Nessuno gli ha potuto dare protezione e sicurezza quando ne aveva più bisogno!» «Gliele hai date adesso, no? Gli hai dato una casa sicura, hai abbandonato la tua vita di prima, hai addirittura cambiato i tuoi progetti per adattarli alle sue esigenze. Tuo figlio dovrebbe esserti grato, invece di rovinarti l'esistenza!» «Sì, lo so, Jay può essere un po' difficile, ma...» «Difficile? È impossibile!» aveva esclamato Helena. «Dovresti metterlo in un collegio, per il bene suo e di chi gli sta intorno!» Naturalmente Bram non le aveva dato retta, però, ancora adesso, a tanti anni di distanza, poteva scorgere nel figlio le tracce di quell'antica paura infantile. Jay era tuttora insicuro e tormentato, e lui, Bram, non riusciva a perdonarsi di essere il responsabile di tanta infelicità. Nonostante il passare degli anni, Jay non aveva smesso di sorvegliare gelosamente il suo rapporto con il padre, e di combattere con ferocia ogni tentativo di intromissione da parte degli estranei. E con la stessa ferocia difendeva la propria vita privata. Dai pettegolezzi che correvano in ufficio, Bram 11


sapeva che il figlio veniva considerato un uomo estremamente sexy, ed era molto ricercato dalle donne... finché non scoprivano che, appunto, il sesso era l'unica cosa che avrebbero mai ottenuto da lui. Tempo addietro, durante un ricevimento, Bram aveva ascoltato involontariamente un brano di conversazione tra due ragazze. «Chi, Jay Soames?» aveva detto una delle due. «Fisicamente è il miglior amante che abbia mai avuto. Sa come prenderti, fa tutte le mosse giuste. Però, dopo un po', ti accorgi che è come se lo facesse al computer. Come se avesse creato un programma apposito, capisci? Una cosa fredda, quasi clinica. Se penso che un giorno o l'altro si sposerà, compatisco quella poveretta. Si sceglierà una ragazza di buona famiglia, la relegherà in campagna appena avrà avuto il primo figlio e poi tornerà a dedicarsi all'unica cosa che lo interessa veramente...» «E cioè?» aveva domandato l'amica. «Non il sesso, poco ma sicuro. No, l'unica ossessione di Jay è il suo rapporto con il padre, e il suo unico interesse è tenere lontana da loro qualsiasi interferenza.» «Ma perché? Ha paura di perdere il suo posto nell'azienda?» «Oh, non credo che sia solo per quello. Una volta Jay doveva portarmi fuori a cena, e al telefono mi era capitato di accennargli che mia cugina Beth passava il weekend in campagna con Bram e altri amici. Era appena divorziata, e aveva bisogno di un po' di distrazione. Be', Jay ha annullato il nostro appuntamento senza uno straccio di spiegazione, e ho poi saputo da Beth che era spuntato in casa dei loro amici con la scusa di una questione di lavoro urgente. Per impedire che lei e suo padre stessero insieme, capisci?» «Certo, se suo padre si risposasse, Jay passerebbe in secondo piano rispetto agli eventuali figli» aveva replicato l'altra ragazza. «Ma non potrà mica tenerlo segregato in eterno, ti pare? Anche perché Bram Soames è un uomo molto, molto sexy...» 12


«Molto» aveva annuito l'altra. Bram si era allontanato senza ascoltare oltre, più rattristato che lusingato. In quegli anni, le sue relazioni erano state assai poche, e per giunta vissute con una circospezione e una segretezza che forse potevano anche essere eccitanti, ma alla lunga diventavano deprimenti. Le rare volte che Bram era uscito allo scoperto, Jay aveva sabotato la relazione con ogni mezzo e, ovviamente, la donna si era affrettata a fare marcia indietro. «Bram, io ti amo moltissimo» aveva detto una di loro. «Sei tutto quello che ho sempre desiderato in un uomo, e vivere con te sarebbe come stare in paradiso... ma avere anche Jay ci farebbe precipitare in men che non si dica all'inferno. Perché non lo metti in collegio... o in un istituto correzionale?» Bram non se l'era presa, la capiva, ma sapeva bene che punire Jay allontanandolo di nuovo non sarebbe stata una soluzione. Invece, aveva tentato con tutte le sue forze di rassicurare il figlio, di fargli capire che il suo amore per lui non sarebbe diminuito anche se avesse amato qualcun altro. Alla fine, però, si era arreso. Jay non gli avrebbe mai creduto. Non voleva credergli, perché non voleva rinunciare al potere che credeva di avere su di lui. Forse, se Bram si fosse follemente innamorato di qualcuna, le cose sarebbero state diverse. Ma ormai aveva imparato a tenere a freno le proprie emozioni, e a poco a poco lo sforzo si era trasformato in abitudine. E poi, in fondo, non credeva più di poter trovare una donna davvero meritevole del suo interesse. Non era un uomo cinico, ma capiva bene che spesso le donne gli davano la caccia non soltanto per il suo fascino. Il fatto che fosse ricchissimo non era un segreto. La sua impresa prosperava, nonostante lo scetticismo iniziale dei suoi compagni di università. Bram si era messo in proprio appena laureato, mentre molti suoi compagni avevano preferito lo stipendio sicuro e senza rischi di una delle tante multinazionali che si occupavano di informatica. Ma lui non aveva potuto aspettare di essere ri13


cercato dai cosiddetti cacciatori di teste: lui aveva bisogno di guadagnare subito per mantenere se stesso e il figlio, e di un lavoro autonomo che gli permettesse di stare vicino a Jay. Ed era stata Helena, sua amica dai tempi dell'università, a suggerirgli di metter su una piccola azienda. Helena aveva un grande fiuto per gli affari, al contrario del suo primo marito. Strano tipo, quel Flyte. Con quella testa rossa da scozzese e quel temperamento artistico che avevano conquistato la fredda, razionale Helena in meno di un mese... Flyte MacDonald era ormai uno scultore affermato, ma le sue bizzarrie non si erano affatto calmate, semmai erano aumentate di pari passo con la sua fama. E una delle prime, innocue stranezze era stato il nomignolo affibbiato alla figlia. Helena l'aveva voluta chiamare Victoria, come sua nonna: ma appena vista la bimba, con i suoi occhioni sgranati e il morbido faccino tondo, Flyte l'aveva chiamata Plum, Prugna. E quel nome le era rimasto. In effetti, c'era qualcosa di dolce e succoso nella figura e nel viso sensuale della sua figlioccia, pensò Bram. Qualcosa che si adattava alla perfezione alla sua natura perfino troppo disinvolta e sessualmente disinibita. Helena e Flyte avevano divorziato quando Plum aveva tre anni, e in seguito Helena si era risposata con James, da cui aveva avuto altre due bambine. Bionde, fredde, controllate, come la madre. E lontane mille miglia dalla vulcanica sorellastra. La quale, allo scadere dei sedici anni, aveva dichiarato che avrebbe lasciato la scuola e sarebbe andata a vivere con suo padre. Mentre raccontava la cosa a Bram, la proverbiale calma di Helena era andata a quel paese. «È tutta colpa di Flyte... è lui che la incoraggia a fare questa pazzia! Ovviamente James è furibondo. Dopo tutto quello che ha fatto per lei! Ma te lo immagini che cosa dirà la gente quando saprà che è andata a vivere con suo padre? Sanno tutti la vita che conduce quell'uomo... e la sua reputazione è spaventosa!» 14


«Ma è pur sempre suo padre, Helena. Non puoi impedire a Plum di vederlo.» In cuor suo, Bram era convinto che Plum si sarebbe stancata ben presto degli eccessi del padre. La casa di Chelsea, comprata da Flyte quando i prezzi erano bassissimi e la zona piuttosto bohémien, era rimasta un porto di mare anche se nel frattempo il quartiere si era modificato ed era diventato elegante e borghese. I vicini di MacDonald si lamentavano spesso per i furibondi litigi o i rumorosi festini che si svolgevano nello studio, frequentato da una serie eterogenea di amanti e modelle. L'agente di cambio che abitava nella villetta accanto, dopo aver protestato più volte perché i visitatori scambiavano spesso casa sua per quella di MacDonald, si era visto offrire a mo' di risarcimento una statua che riproduceva due amanti avvinghiati in una esplicita posa erotica e i cui volti ritraevano con allarmante somiglianza l'agente stesso e sua moglie. La cosa era stata ripresa dai giornali, e il commento del malcapitato, il quale aveva dichiarato sdegnosamente che non solo non aveva posato per la statua, ma che non aveva mai fatto niente di simile con la moglie, aveva suscitato non pochi articoli divertiti. Comunque, come Bram aveva previsto, Plum si era stufata assai presto di vivere con il padre, anche perché lui non le aveva permesso di lasciare la scuola, ed era tornata a vivere con sua madre e con James. «Cioè, quando si degna di rientrare» aveva commentato Helena qualche giorno prima. «Non so più che fare. James sostiene che il suo comportamento è di cattivo esempio per le sorelle, e non posso dargli torto. Se vedono che accettiamo una cosa del genere da lei, potrebbero desiderare di imitarla appena crescono... Che devo fare, Bram? Non so come farmi ascoltare, capisci? È proprio come suo padre, così sfrenata, così priva di controllo, così...» Così sensuale, aveva pensato Bram. Ma non lo aveva espresso. In fondo, provava pietà per quella ragazza così apertamente promiscua, per i suoi exploit di tipo sessuale e per 15


l'aperta sfida alla figura materna che si intravedeva al di là del suo comportamento scandaloso. Bram si riscosse e guardò l'orologio. Doveva sbrigarsi se voleva arrivare in tempo al suo appuntamento con Anthony. Con Sir Anthony, ormai, dopo la recente nomina a baronetto. Benché le loro carriere avessero preso strade diverse, la loro amicizia non era mai venuta meno. Anthony aveva lavorato per anni come volontario nei paesi del Terzo Mondo e, al suo rientro in patria, aveva cominciato a occuparsi di beneficenza. Attualmente dirigeva un famoso ente assistenziale, ed era stato proprio lui a cercare Bram qualche mese prima. «Ho una proposta da farti... diciamo che è piuttosto una sfida» aveva esordito. E in effetti, dopo aver sentito di che si trattava, Bram si era detto d'accordo. Era una sfida, e anche parecchio stimolante. «Dammi qualche tempo per pensarci» aveva replicato. Aveva elaborato una serie di progetti, e adesso stava per passare alla fase operativa. Non vedeva l'ora di mettere in pratica certe sue idee. Bram uscì in corridoio ed entrò nell'ufficio di suo figlio. «Jay, mi sono ricordato di qualcosa...» «Sì?» fece l'altro in tono ostile. «Devi cercare un regalo per la festa dei diciotto anni di Plum. Non dimenticartene.» Jay lo guardò sprezzante. Plum non gli piaceva affatto, e non ne aveva mai fatto mistero. «Secondo te, che cosa potrei regalarle? Io avrei pensato a una cintura di castità, o magari a una copia del Kama Sutra... ma immagino che sarebbe inutile, visto che a quanto si dice ha già sperimentato tutte le posizioni possibili. Quanto alla cintura, sarebbe un po' come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Comunque, è una soddisfazione sapere che anche l'infallibile Helena non è la madre perfetta che vorrebbe farci credere di essere.» Bram sospirò. Se possibile, Jay detestava Helena persino più di sua figlia. «Plum è molto giovane» disse, cercando di difendere la figlioccia. «Il suo atteggiamento cambierà con il 16


tempo, ne sono sicuro. Per ora è solo...» «Per ora è solo una puttana» tagliò corto Jay brutalmente. Mezz'ora dopo, mentre ripassava davanti all'ufficio di Jay per andare al suo appuntamento, Bram ripensò al loro colloquio. Sapeva che il figlio non avrebbe rinunciato ai suoi tentativi di espansione, ma lui non intendeva cedere. Non per togliergli potere, come Jay lo aveva accusato di voler fare, bensì perché credeva che fosse un rischio per la loro azienda. La centralinista gli domandò se doveva avvisare il suo autista, ma lui scosse la testa con un sorriso. C'era il sole, e aveva voglia di fare quattro passi. Tuttavia, appena annusò l'aria della strada, si pentì della sua decisione. Londra era troppo caotica, troppo sporca e inquinata. La sua nostalgia per l'atmosfera tranquilla di Cambridge si acuì. Si era trasferito a Londra per una serie di ottime ragioni: la necessità di maggiori contatti con la sua rete di clienti, il desiderio di offrire a Jay un ambiente più stimolante. Ma, in cuor suo, non aveva mai smesso di rimpiangere la campagna. L'ente assistenziale aveva sede in un magnifico edificio georgiano, che Anthony era riuscito ad affittare per un prezzo irrisorio. I locali comprendevano uno splendido salone da ballo, dove i membri dell'alta società si riunivano di tanto in tanto, pagando una piccola fortuna, ufficialmente per motivi caritatevoli, ma soprattutto per essere poi nominati sulla cronaca mondana del Times. «Inutile essere umili» ripeteva Anthony. «Se vogliono farsi vedere, che paghino. Così, almeno, la loro spocchia può essere utile ai miei assistiti.» Bram non sapeva ancora se sarebbe stato in grado di fornire all'amico l'aiuto di cui aveva bisogno. Ma gli sarebbe piaciuto molto poterlo fare. Ricordava un video che Anthony gli aveva mostrato, in cui un giovane disabile che fino a qualche tempo prima era incapace di comunicare parlava con gli amici attraverso uno speciale computer. Se fosse riuscito a creare dei programmi speciali per aiutare le persone come quel giovane, avrebbe finalmente fatto 17


qualcosa di buono. Comunicare con gli altri è una parte essenziale della vita, e lui sperava davvero di poter ridare quel dono a chi ne era stato privato. Sorrise. Come lo avrebbe deriso Jay se avesse potuto leggere nei suoi pensieri! La giovane centralinista di Sir Anthony notò quel sorrisetto e fu percorsa da un delizioso brivido. Quell'uomo era una meraviglia, pensò. Così maturo e sofisticato, e con quel sorriso... «Sono Brampton Soames» si presentò la meraviglia. «Sir Anthony mi aspetta.» «Sir Anthony è... è dovuto uscire...» balbettò lei. «Grazie, Jane, ci penso io» intervenne la segretaria di Anthony. E si impadronì del visitatore portandoselo via, sotto lo sguardo deluso della ragazza. «Sir Anthony mi ha pregata di farle le sue scuse, ma è dovuto uscire per un imprevisto» disse la donna. «Dovevo solo ritirare certi documenti» rispose Bram. «Forse può pensarci lei...» «Sir Anthony ha preso accordi con la responsabile del nostro servizio di informazioni. Sarà lei a fornirle il materiale che le serve. È una persona molto capace, che lavora con Sir Anthony da anni. Si chiama Taylor Fielding. Venga, l'accompagno nel suo ufficio.» «Taylor... un nome insolito per una donna. È per caso americana?» «Non credo, ma non saprei dirle granché di lei. È una persona molto riservata, e anche se lavoro qui da quasi otto anni, la conosco assai poco.» Bram avvertì una certa reticenza nel tono della donna e non insistette. Era piuttosto strano che due donne che lavoravano nello stesso ufficio non fossero amiche, a meno che tra loro non vi fosse della rivalità o una specifica antipatia... ma questo non sembrava il caso della misteriosa signorina Fielding. Chissà che aspetto aveva?, si domandò, seguendo la segretaria lungo i corridoi dell'edificio. Probabilmente era piccola, 18


quieta, con i capelli color topo raccolti in una crocchia e spessi occhiali da miope. Una versione in carne e ossa dei personaggi disegnati da Beatrix Potter nei suoi libri per bambini. Quel pensiero disegnò sul volto di Bram lo stesso sorrisetto divertito che la centralinista aveva trovato tanto affascinante. E fu cosÏ che Taylor lo vide aprendo la porta.

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La vita che desidero di Robyn Carr Dopo il suicidio del marito, la vita newyorkese di Emma Shay si frantuma in mille pezzi. Il patrimonio miliardario dell'uomo si fondava infatti sulla truffa e, benché Emma non ne sapesse nulla, deve sopportarne le conseguenze. Solo un amico le rimane accanto, un amico che conosce dai tempi del liceo: Adam Kerrigan.

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