Giochi di potere di Anne O'Brien

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ANNE O'BRIEN

Giochi di potere


Immagine di copertina: Elisabeth Ansley/Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Royal Game HQ An imprint of HarperCollinsPublishers Ltd © 2021 Anne O'Brien Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers Ltd. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special gennaio 2022 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2021 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 316S del 13/01/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Dedica

Con tutto il mio amore, come sempre, a George, che mi ha aiutata a non impazzire in un anno di lacrime e lockdown, durante il quale (fortunatamente) si è lasciato coinvolgere dalla famiglia Paston tanto quanto me.


1 Margaret Mautby Paston Chiesa di St. Bride, Londra, 21 novembre 1444 Nel primo giorno di febbraio dell'anno 1444 la grande guglia della cattedrale di St. Paul venne colpita da un fulmine e ridotta in cenere. «Guardatevi dalla collera divina!» tuonava il nostro prete dal pulpito della chiesa di St. Peter Hungate a Norwich. «Cadete in ginocchio e pentitevi.» Quale cataclisma annunciava quel disastro? A casa nostra se ne parlava molto. Forse un'altra epidemia di peste che avrebbe spazzato il reame, colpendo ricchi e poveri. Forse qualche diverbio diplomatico che avrebbe ostacolato il matrimonio fra il nostro giovane Re Enrico VI e l'illustre Margherita d'Angiò. Nessuno pensò al fatto che potesse trattarsi della morte del giudice William Paston, uomo dai molti talenti, sia meritevoli sia dubbi. In novembre John Paston, l'erede, e io, Margaret, sua moglie, venimmo convocati a Londra, dove il giudice William giaceva malato in un alloggio in affitto vicino alle Inns of Court, le associazioni professionali di giudici e avvocati. John mi lasciò in una stanza cupa che sapeva di muffa e abbandono e forse anche di topi e salì le scale fino 7


alla camera del padre. Aveva lasciato la porta socchiusa e io potevo sentire il mormorio distante della sua voce, seguito dalla risposta secca e risentita di sua madre. Madama Agnes era chiaramente al comando. Quando John tornò pochi minuti dopo capii subito dalla sua faccia quali notizie portava. «È morto» annunciò. La sua voce era irritata, piuttosto che sconvolta, e non certo addolorata. «Mio padre è morto. Siamo arrivati troppo tardi.» «Abbiamo viaggiato più velocemente possibile» replicai. «Nessuno può rimproverarci, checché ne dica Madama Agnes.» Avevamo impiegato cinque giorni a cavallo per coprire la distanza tra Norwich e Londra e io li sentivo tutti nelle ossa. John, stanco e impolverato come me, non si rabbonì. «No, certo. Abbiamo quasi ammazzato i cavalli per arrivare qui. Vorrei solo che mio padre avesse tenuto duro per un'altra ora, o che mia madre ci avesse avvertiti prima.» «Sono addolorata anch'io» risposi. Mio marito era solito incolpare tutti tranne se stesso, anche se in questa occasione aveva ragione. Non avrebbe nemmeno espresso il suo dolore a voce alta, ma io ero decisa a farlo. «Tuo padre verrà rimpianto per il rigore con cui ha difeso la legge.» «Sono molti di più quelli che gioiranno per la sua scomparsa» replicò John. «Pochi lo piangeranno insieme a me.» La casa intorno a noi era immobile, con quello strano senso di vuoto che spesso segue un decesso prima che si riprendano le faccende quotidiane. Dolori e febbre alta avevano afflitto il giudice William per tutta l'estate e ora la morte lo aveva reclamato. Le dita di Madama Agnes avevano chiuso i suoi occhi per l'ultima volta. 8


John mi guardava esausto. Sapevo di essere impolverata e inzaccherata come lui. «Ora che mio padre è morto, Margaret, non avremo una vita facile» dichiarò, come se avessi bisogno di sentire ciò che era ovvio per tutti. «Almeno fino a quando non avrò imparato a usare le strategie legali acquisite a caro prezzo al Peterhouse e a liberarmi delle canaglie che ci perseguitano. Non ho né l'esperienza né la reputazione di mio padre.» Poteva essere giovane, tuttavia, come avevo imparato durante il mio breve matrimonio, John Paston era abbastanza maturo da sapere il fatto suo nelle questioni legali. Inoltre ora aveva un grande potere come capo della famiglia Paston. «No, non sarà facile» concordai. I pensieri si mescolavano tra loro mentre mi rendevo conto dei cambiamenti che incombevano sulla mia vita. Nonostante la malattia degli ultimi mesi, il giudice William aveva mantenuto la sua influenza. «Il successo genera nemici.» Il viso di John era severo, senza traccia di umorismo e tolleranza. Attraversai la stanza e gli strinsi le mani. Lui ricambiò la mia stretta. «So che sarai al mio fianco nei momenti difficili. I Paston sposano donne forti.» La sua presa aumentò, tanto che l'anello simbolo della nostra unione mi affondò nella carne. «Significherà che dovremo spesso vivere separati. Puoi accettarlo?» Che scelta avevo? Sapevo già che non mi sarebbe rimasto accanto, se le sue tenute fossero state usurpate da qualche subdolo proprietario terriero locale. «Sì» risposi. «Sei una donna coraggiosa, Margaret.» «Lo so. Affronteremo questi nemici insieme.» «E ricordati questo. Qualsiasi cosa ci riservi il futuro e 9


anche se dovessi dimenticarmi di dirtelo, il mio amore ti apparterrà sempre.» Quella dichiarazione inattesa mi sorprese, ma non per molto. «E tu non dimenticare che possiedi il mio cuore, oltre alle mie considerevoli terre come ereditiera dei Mautby. Mi aspetto che le protegga quanto le tue.» John scoppiò a ridere e baciò le mie nocche sbiancate e poi le mie labbra. «Prima di morire imprimerò il nome dei Paston su tutto il Norfolk» dichiarò. Non dubitavo della sua determinazione. L'autocritica non era una delle sue caratteristiche. Nei quattro anni del nostro matrimonio avevo imparato a rispettare la sua volontà di ferro. La terra era ricchezza. La terra era influenza. La terra era potere. La terra era posizione sociale. E a essere sincera anche quando John mi abbandonava per qualche disputa su un lontano maniero, sui diritti di raccolto o sul possesso dei cavalli per arare, la mia mente seguiva gli stessi percorsi. Prima di sposarlo ero un'ereditiera e anch'io ero ben decisa a lottare per quello che mi apparteneva. Non avremmo permesso che i nostri nemici vincessero. Per un attimo mi soffermai sull'inveterata capacità di John di farsi dei nemici, più che degli amici, ma in quel momento non valeva la pena di preoccuparsene. C'erano abbastanza minacce in agguato nell'ombra per tenermi sveglia la notte. Il successo genera nemici, aveva detto John in previsione del conflitto con i vicini che ci detestavano per tutte le proprietà di cui si era impossessato il giudice William. Quando ci incontrammo per assistere alla lettura del suo 10


testamento non immaginavamo certo che sarebbe scoppiata una guerra intestina. «Avrei dovuto saperlo» commentò John quando le acque si furono un po' calmate. «Chi meglio di un avvocato capisce che un testamento può spaccare una famiglia?» Eravamo riuniti in una stanza: Madama Agnes, la vedova in lutto, John e io, Messer John Damme, un amico di famiglia e uno degli esecutori testamentari insieme a mio marito e a Madama Agnes. Erano presenti anche gli altri figli Paston, disposti secondo l'età e l'altezza: la sorella di John, Elizabeth, e i suoi fratelli, Edmund e William. C'era anche l'ultimo nato, Clement, troppo piccolo per essere rilevante, ma presente su richiesta della madre, la mano stretta in quella di Elizabeth. I miei figli erano rimasti al sicuro nella nostra casa nel villaggio di Paston. «Voglio conoscere il contenuto del testamento di mio padre» dichiarò John con fermezza, dopo aver recitato le preghiere per l'anima del defunto. «Non c'è tempo da perdere. I nostri nemici si stanno radunando come avvoltoi, pronti a lanciarsi su qualsiasi proprietà di valore.» Madama Agnes si avvicinò a un baule sotto la finestra, prese una chiave dal mazzo legato in vita, lo aprì, ne estrasse un documento e lo porse a Messer Damme perché lo leggesse a voce alta. Era tutto chiaro e prevedibile. Il giudice William aveva provveduto alla vedova e ai cinque figli; il grosso dell'eredità passava naturalmente a John, in modo da mantenerla intatta. Agnes riceveva la tenuta di Oxnead con il suo appannaggio vedovile e varie, sostanziose proprietà che avevano costituito la sua dote e riflettevano la sua condizione di ereditiera quando aveva sposato il giudice William. A John toccava il grosso delle proprietà non assegnate ad altri, ol11


tre al maniero di Gresham, che il padre aveva comprato e che costituiva il mio appannaggio vedovile. Alla morte di Agnes, Oxnead sarebbe passato a mio marito. Un certo numero di piccole tenute era destinato a Edmund, William e Clement, per mantenerli e finanziare la loro educazione fino a quando non avessero raggiunto la maggiore età. Elizabeth avrebbe ricevuto duecento sterline per il suo matrimonio, a condizione che si sposasse seguendo il consiglio di Madama Agnes e degli esecutori testamentari del padre. Il suo futuro marito doveva avere un'età simile alla sua, una condizione sociale adeguata e un solido lignaggio, oltre a disporre di una proprietà che rendesse almeno quaranta sterline all'anno. John annuì. Il giudice William era stato giusto e imparziale, ma si era preoccupato di mantenere la maggior parte delle proprietà di famiglia nelle mani del suo erede. Non aveva dimostrato una generosità eccessiva, però John poteva contare anche sulle mie proprietà. Con due figli ancora piccoli, l'eredità era essenziale per il nostro futuro, se volevamo lasciare il nostro segno nel mondo. «È più o meno come mi aspettavo. Non dovrebbero esserci difficoltà a esaudire i desideri di mio padre.» John prese a camminare avanti e indietro per la stanza, riflettendo su ciò che aveva sentito e sorridendo ai fratelli. Era giusto che i più giovani ricevessero del denaro per completare la loro educazione. In quanto a me, ero contenta di poter mantenere la proprietà di Gresham. Tutto andava come doveva andare. John tese la mano per prendere il testamento e rileggerlo, esaminando nei particolari le tenute dei Paston. «Questi non sono i desideri di tuo padre.» Queste parole fatidiche, chiare e inequivocabili, vennero pronunciate da Madama Agnes. 12


«Che cosa?» chiese John distratto, già intento nella lettura. «Non desiderava distribuire le sue terre in questo modo.» John sollevò lo sguardo. «È tutto scritto qui, nel suo testamento.» Madama Agnes tenne duro. «Tuo padre ha cambiato idea. Ha deciso che non era giusto nei confronti dei figli minori.» Sentii John irrigidirsi mentre si fermava accanto a me, stringendo i bordi del documento. Messer Damme rimase in silenzio nelle nuvole temporalesche che cominciavano ad addensarsi tra madre e figlio. Io posai la mano sul braccio di John per ricordargli di tenere a bada la collera. «Allora perché non ha scritto un altro testamento?» chiese con una certa gentilezza. «Avrebbe dovuto farlo, lo so, ma quando ha sentito avvicinarsi la morte mi ha parlato delle sue preoccupazioni. È stato allora che ha cambiato la distribuzione delle proprietà.» «A favore di chi?» John lanciò uno sguardo a Messer Damme, che scosse la testa. «Mio» rispose Madama Agnes. «Dov'è scritto?» «Non c'è un documento scritto. Mi ha detto quello che voleva.» John lanciò un altro sguardo a Messer Damme in cerca di chiarimenti. «È molto irregolare.» «Ma non sconosciuto.» «È legale?» chiese John. Poi si rese conto delle possibili ripercussioni. «Cosa voleva? Che modifiche ha introdotto nel testamento?» Madama Agnes era calma come se stesse spiegando una 13


ricetta per il cervo brasato con timo e alloro. «Tuo padre voleva dare una maggiore sicurezza ai tuoi fratelli, trasferendo a William e Clement specifiche proprietà. Per salvaguardare il loro futuro, visto che sono ancora giovani.» «E queste proprietà verranno sottratte alla mia eredità?» chiese John con calma glaciale. Sapevamo già la risposta. «Sì.» «I miei fratelli dovrebbero trarre beneficio dall'impoverimento dell'erede?» «Non diventerai povero.» «Quasi.» Madama Agnes non aveva finito. «Tuo padre voleva anche che venissero celebrate delle messe in suo nome e dunque desiderava concedere delle terre alla chiesa.» «Non lo biasimo per le messe, ma per quanti anni?» A questo punto Madama Agnes esitò. «Per sempre.» «Dunque perderò una tenuta che mio padre ha ottenuto con fatica perché vengano pronunciate per sempre delle preghiere per la sua anima. Quante tenute perderò in tutto?» Madama Agnes trasse un respiro. «East Beckham...» «Abbiamo appena combattuto e vinto una difficile battaglia per ottenerla...» «East Beckham e Sporle dovrebbero andare a William e Clement, Swainsthorp alla chiesa in cambio della promessa delle messe.» Vidi John lottare invano per scegliere le parole giuste. «Sangue di Dio!» esplose. «Lo avete convinto voi a fare questo, madre?» «Ho parlato con lui. Era questo il suo volere.» «Non lo accetto.» 14


Una rabbia intensa aveva sostituito la tensione nella stanza, ma Madama Agnes non si lasciò intimidire. «È quello che desiderava tuo padre.» «A mio svantaggio.» Cadde un silenzio rotto solo dallo scalpiccio di Clement che si mise a piagnucolare, così lo presi in braccio. Non aveva idea della ricchezza appena ricevuta e del conflitto che sarebbe inevitabilmente scoppiato. Appoggiò la testa alla mia spalla e si addormentò come fanno i bambini piccoli. John riprese a camminare avanti e indietro per la stanza. «Ha valore legale?» chiese a Messer Damme. «È possibile, se siete disposto ad accettarlo.» «Accettarlo?» La rabbia esplose fiammeggiante, come il fulmine che aveva distrutto la guglia di St. Paul. «Dove sono le prove legali? Non c'è un testamento scritto, ma solo una supposta conversazione tra mia madre e il marito morente. No, non lo accetterò.» Si girò ad affrontare Madama Agnes, agitando il documento tra di loro. «Le tenute che a quanto dite mio padre voleva assegnare ai miei fratelli e alla chiesa resteranno mie. Come avrebbe potuto prendere una decisione con l'unico effetto di indebolirmi? Non sono forse l'erede dei Paston, rimasto a combattere per mantenere la nostra posizione nel Norfolk e nel Suffolk? Dovrò affrontare molti nemici, senza avere i contatti, la reputazione e l'esperienza di mio padre in campo legale. E ora voi dite che mi ha derubato di alcune delle terre di maggior valore della mia eredità. Mi ha legato le mani dietro alla schiena in vista della battaglia imminente. Non crederò mai che abbia preso una decisione così sconsiderata! Mio padre l'avrebbe ritenuta una sciocchezza.» Madama Agnes si irrigidì. «Mi stai forse accusando di mentire, John?» 15


«Vi accuso di non dire tutta la verità, madre. Vi accuso di interferire seguendo i vostri interessi. Se mio padre avesse voluto ridistribuire le proprietà lo avrebbe messo per iscritto perfino con il suo ultimo respiro. Non avrebbe mai affidato le sue volontà a delle semplici parole, qualsiasi cosa diciate adesso.» John scosse un'altra volta il documento. «Questo è l'unico testamento valido. Quello scritto, non una supposta conversazione tra voi e un uomo morente.» «Sei pronto a negare le ultime volontà di tuo padre?» insistette lei. «Vergognati, figlio mio.» «Io non ho niente di cui vergognarmi! Queste sono le sue ultime volontà!» replicò John scuotendo ancora una volta il documento. Madama Agnes si diresse verso la porta, poi si girò a guardarlo. «Non ti permetterò di sventare i piani di tuo padre. Se necessario ti combatterò in tribunale.» I suoi passi veloci risuonarono sulle assi del pavimento e poi sulle piastrelle del corridoio. Messer Damme la seguì con un'alzata di spalle e una smorfia, forse nell'intento di placarla. Feci cenno a Elizabeth di portar via i più piccoli e le passai Clement ancora addormentato, restando sola con John. Ci guardammo per un lungo momento. «Cosa intendi fare?» chiesi, visto che lui non accennava a rompere il silenzio. «Puoi impedire a tua madre di imporre la validità di un testamento fatto a voce?» «Farò del mio meglio. Non ci sono prove che mio padre abbia cambiato idea, se non le sue parole.» Spostò lo sguardo sullo scrigno che Madama Agnes aveva lasciato aperto. Sentii svanire la sua collera, intanto che la sua mente legale si metteva in moto. «Posso leggere i tuoi pensieri» dissi. 16


«Lo immagino. Vieni qui.» Sollevò il coperchio dello scrigno. «Tieni questi.» Frugando in profondità cominciò a tirar fuori e a impilare nelle mie braccia rotoli e documenti ripiegati. Alcuni erano nuovi, altri polverosi, altri ancora avevano i sigilli rotti o erano stati scritti da poco. La firma del giudice William era ancora chiara. «Terrò al sicuro questi atti di proprietà. Se li lasciassi a mia madre, chissà che cosa ne farebbe. Potrebbero perfino scomparire.» «Sono tutti atti di proprietà?» chiesi, tentando invano di leggere qualche parola, mentre i documenti si susseguivano. Alcuni caddero sul pavimento. «Non ne ho idea. Li leggerò più tardi. Trattali con cura, Meg» si raccomandò John. «Se dovrò combattere in tribunale, potrebbero essere l'unica barriera tra noi e la povertà.» John raccolse quelli che avevo lasciato cadere, si diresse alla porta e l'aprì, facendomi cenno di seguirlo. «Cosa ne farai?» gli chiesi. «Li chiuderò a chiave nel mio forziere» ringhiò. «A tua madre non piacerà.» «E a me non piace quello che sta facendo a mie spese.» Prevedevo solo guai, se Madama Agnes e l'erede si fossero scontrati. «La prima cosa è ottenere l'omologazione del testamento. Poi vedremo, ma ti dico una cosa, Meg: non permetterò a nessuno di indebolire la mia posizione di capofamiglia.» Portammo i documenti nella nostra stanza, dove John li infilò nelle borse da sella in previsione del viaggio di ritorno alla casa che stavamo usando a Paston. Poi si versò un boccale di birra e lo scolò come un assetato nel deserto. «Posso chiederti una cosa?» domandai. 17


«Certo.» «Temi davvero che i nemici di tuo padre siano pronti ad attaccare ora che è morto?» «Oh, sì. Mi salteranno addosso come una volpe con un agnello. Il fatto che le nostre tenute siano così distanti fra loro è uno svantaggio. Sarò più generoso possibile con i miei fratelli e farò perfino dire una messa per l'anima di mio padre, ma non permetterò che la famiglia si indebolisca al punto da tornare alla condizione di contadini da cui è partita. Mio padre e mio nonno mi condannerebbero per questo.» «Ma tua madre...» «Mia madre possiede una quantità sostanziosa delle terre dei Paston. Non è nella posizione di cavillare.» La mia ansia doveva essere evidente, perché il tono di John si ammorbidì e la collera nei suoi occhi si attenuò. Si avvicinò e mi cinse con le braccia. «Non agitarti. Ne verremo fuori, vedrai.» Avrei pregato per avere un momento di tregua prima che cominciassero gli attacchi. Temevo che Madama Agnes avrebbe nutrito risentimento e rabbia nei confronti di suo figlio per il resto della vita. Non era una donna facile al perdono. Le cose non promettevano bene. «E se mia madre vuole che vengano celebrate messe in perpetuo per l'anima di mio padre, che le paghi lei» annunciò John con una stoccata finale. Quando morì suo padre mio marito John aveva ventitré anni. Io avevo la stessa età e una certa esperienza come moglie, avendo appena dato alla luce il mio secondo figlio. Chi ero prima di diventare Madama Margaret Paston? Com'era possibile per un'ereditiera come me sposare un 18


uomo come John Paston, discendente di un contadino? Ero Margaret Mautby, unica figlia ed erede di John Mautby di Mautby, una considerevole proprietà nel Norfolk, e dunque una sposa di grande valore per un futuro marito. Mio padre era morto quando avevo dieci anni e io ero vissuta con mia madre e il mio patrigno a Geldeston, nel sudest del Norfolk, dove avevo suscitato l'avido interesse dei Paston. Mia madre non aveva dato figli al secondo marito, cosicché alla sua morte avrei ereditato anche le sue proprietà. Per caso o per scelta, il giudice William era uno degli amministratori fiduciari delle tenute dei Mautby. Chi meglio di lui poteva sapere che avrei ereditato una somma considerevole? Mi vedeva come una prugna matura, pronta a cadere dall'albero nella sua mano, la sposa perfetta per il figlio maggiore ed erede. Mia madre vedeva con favore quell'unione? Avrebbe potuto trovare di meglio per me? Non lo sapevo e non toccava a me avanzare obiezioni. In seguito sospettai che il giudice William avesse dipinto a colori fin troppo brillanti le prospettive della sua famiglia. Inoltre le nostre terre erano confinanti. Nessuno poteva negare che i Paston fossero destinati ad acquisire una reputazione come avvocati e proprietari terrieri. John e io ci incontrammo per la prima volta nell'aprile del 1440, quattro anni prima della morte di suo padre, anche se gli accordi legali erano stati discussi per un certo tempo fra i miei amministratori fiduciari. Il giudice William prese comunque la decisione dopo aver consultato sua moglie. Capii presto che se Madama Agnes mi avesse rifiutato, il matrimonio non sarebbe mai avvenuto. Venne organizzata una mia visita per conoscerla nella tenuta di Oxnead, ad alcune miglia a nord di Norwich. Scortata da un servo e senza la compagnia di mia ma19


dre, come richiesto da Madama Paston, entrai nel cortile di Oxnead e rimasi impressionata dagli edifici disposti su tre lati e dall'assenza di erbacce e rifiuti delle scuderie. Una colombaia piena di uccelli che agitavano le ali bianche attirò la mia attenzione. Tutto dimostrava una buona gestione. Entrando in salotto ebbi la stessa impressione. I mobili, per quanto scarsi, erano lucidi, le canne sul pavimento fresche e profumate. Non avrei rifiutato un marito che un giorno avrebbe posseduto quella tenuta. Madama Agnes mi attendeva sullo sfondo della ricchezza di famiglia; magra, angolosa e secca come una spiga di segale, teneva le chiavi della proprietà appese a una catena d'argento che le cingeva la vita. Portava uno scialbo vestito di lana a collo alto e una semplice cuffia le nascondeva i capelli, ma la qualità della stoffa era inconfondibile. Le rivolsi una riverenza tenendo gli occhi bassi. Ero là per venire valutata come sposa; se non le fossi piaciuta, mi avrebbe rimandata a casa, ereditiera o no. Sapevo comunque di apparire al meglio. Senza una parola Madama Agnes sollevò il mento e mi squadrò, come se fossi una pecora di razza al mercato. Io ricambiai il suo sguardo. «Madama Mautby.» La sua voce aveva un timbro aspro e non esprimeva certo un caldo benvenuto. Gli occhi duri come agate erano severi. «Immagino che vostra madre vi abbia spiegato la ragione di questa visita.» «Sì, Madama Paston.» Consapevole del mio valore, mantenni uno sguardo fermo. Qualsiasi famiglia locale sarebbe stata fortunata ad accogliermi come sposa. «So che mi state prendendo in considerazione come possibile moglie del vostro primogenito.» Lei non rispose a quella dichiarazione. «Mi sembrate una ragazza sensata» commentò invece. Esaminò i miei 20


vestiti, scelti con cura per quella visita. La mia tenuta modesta era adatta a un primo approccio, ma era impreziosita da una cintura ricamata e il tessuto verde chiaro era tra i migliori prodotti a Norwich. «Vedo che i vostri indumenti hanno richiesto tempo e denaro, Madama Mautby. Qui non c'è posto per le stravaganze.» Si aspettava forse che mi vestissi in modo scialbo come lei? I polsini e la scollatura del suo abito non mostravano ricami, una semplicità che non si accordava alle mie ambizioni giovanili. «Avete imparato a gestire una casa?» chiese. «Sì, madama. Mia madre mi ha fornito un'eccellente educazione.» Lei inarcò le sopracciglia color topo. «Siete in grado di mandare avanti una casa come questa? Preferisco sapere subito se siete o no una ragazza capace.» «Certamente» risposi senza lasciarmi intimidire. «La casa del mio patrigno a Geldeston, dove attualmente abito, è molto grande.» Avevo diciotto anni ed ero sicura di me. «Conosco bene quello che c'è da fare. Potrei occuparmene da sola, ma avrei comunque bisogno di un castaldo affidabile.» «In casa mia sono io a sceglierlo, dunque è per forza affidabile. Ogni mancanza nella gestione domestica dipenderà da voi.» Le sopracciglia di Madama Agnes ora erano unite. «Non sappiamo ancora se siete fertile, ma pregheremo per questo. Abbiamo bisogno di eredi Paston per il futuro, Madama Mautby.» «Sì, Madama Paston. Anch'io pregherò ogni giorno la Beata Vergine.» «I vostri genitori hanno avuto una sola figlia» osservò. «Allora dovrò fare meglio di loro, madama.» 21


Continuò a fissarmi senza rivelare i suoi pensieri. Avrei passato l'esame? Madama Agnes annuì brusca. «Credo che mio figlio debba incontrarvi.» Venni congedata e rimandata a casa. Pareva che mi avesse apprezzato abbastanza da continuare i negoziati e farmi conoscere l'erede. Dopo l'incontro con sua madre, dubitavo che mi sarebbe piaciuto. Incontrai per la prima volta John Paston nella tenuta di mia madre a Reedham, sotto l'egida delle rispettive genitrici. Mi ero premurata di scoprire più cose possibili su di lui ed ero rimasta piuttosto colpita. Dopo avere studiato legge al Trinity Hall, aveva prestato servizio per alcuni mesi nelle scuderie reali. Era dunque un giovane istruito e con una certa esperienza a corte, anche se le due cose non apparvero subito evidenti al mio sguardo critico. I capelli scuri erano tagliati male sulla nuca, aveva una figura robusta e un viso liscio e solenne; pareva però promettere un certo umorismo, probabilmente quando non era in compagnia della madre. «Buongiorno, Madama Margaret.» «Buongiorno a voi, Messer John.» Lui si inchinò e io feci una riverenza. Quando mi sorrise provai l'immediato impulso di ricambiarlo. Mi condusse fino a un sedile sotto una finestra che dava sul giardino privato di mia madre e mi incoraggiò a sedermi. Lanciai uno sguardo a mia madre, che annuì. Madama Agnes non ebbe reazioni. Erano ancora a portata d'orecchio, dunque dovevamo essere guardinghi. John si sedette accanto a me, mantenendo una distanza adeguata tra di noi. «Sembra che ci sposeremo.» 22


«Se vostra madre darà la sua approvazione.» «Mio padre l'ha già data.» Lanciai uno sguardo al suo viso austero. «Naturalmente. Ed entrambi sappiamo perché.» La sua espressione solenne fu rischiarata da una luce di apprezzamento. «Quando si tratta di acquisire ricchezza e terra per la nostra famiglia mio padre tiene sempre occhi e orecchie aperti. Ma detto fra noi, vi piacerebbe, Madama Margaret?» Mi sarebbe piaciuto sposare quell'uomo? Potevo passare il resto della vita con lui? Niente amore. Niente batticuori. Avevo letto qualche storia di cavalieri e dame, dove tutti erano travolti dall'amore, ma lui mi piaceva a sufficienza, così come il suo stile di vita a Oxnead. Inoltre quella non era la sua unica proprietà. Poteva andarmi peggio. «Penso di sì.» Madama Agnes aveva l'udito acuto e ci raggiunse in un attimo. «È deciso. Di sicuro nessuno di voi ha qualcosa di cui lamentarsi.» Messer John Paston prese la mia mano e si rivolse direttamente a me. «Visto che siete disponibile, penso che siate una moglie più che accettabile, Madama Margaret.» Tenevo d'occhio Madama Agnes, ma sapevo anche come rispondere. «Se siete anche solo la metà dell'uomo che è vostro padre, il giudice William, signore, allora sarete un marito più che accettabile per me» dichiarai. Il viso di Madama Agnes si rilassò in quello che avrebbe potuto essere un sorriso, se lo avesse permesso. John mi diede un bacio sulla guancia e lei mi promise un abito di un bell'azzurro. Mia madre offrì una pregiata pelliccia con cui decorarlo. E così venne deciso, perché le mie proprietà terriere valevano centocinquanta sterline all'anno, avevo buone maniere e non ero troppo brutta. Inol23


tre era probabile che Madama Agnes non mi considerasse una nuora ribelle. Quella notte stessa viaggiai con loro da Reedham a Paston, la nuova moglie destinata a sposare l'erede. John mi piacque fin dall'inizio e lo stesso valeva per lui. Assennati e pragmatici, non eravamo inclini alle stravaganze sentimentali, ma non potevamo nemmeno negare il calore che ci aveva avvolti quel giorno a Reedham. Se non altro eravamo affini. Diedi alla luce il mio primo figlio quando erano passati poco più di due anni dalle nozze. E questo nonostante John fosse tornato a Cambridge per continuare gli studi al Peterhouse, per poi stabilirsi a Londra per prendere confidenza con gli affari di famiglia insieme al padre. John non era con noi a Oxnead quando annunciai a Madama Agnes che aspettavo un bambino, magari il futuro erede dei Paston. Non posso dire che la sua espressione si fosse addolcita, ma fece comunque un passo avanti per stringermi in un breve abbraccio. Quando cercava di apparire amichevole suscitava la mia diffidenza. «Dobbiamo dirlo a mio figlio.» «Vorrei che vostro figlio fosse qui con noi.» Mi sentivo trascurata. «Devi accettare che la sua vita sarà sempre determinata dai suoi affari» replicò subito lei. Aveva abbandonato da tempo il tono formale del nostro primo incontro. «Preferirei che ogni tanto venisse determinata dalla mia esistenza.» Madama Agnes non rispose e io uscii dalla stanza. Come poteva farlo, visto che anche lei era stata spesso trascurata dal marito in nome delle ambizioni dei Paston? Mi recai nella stanza del castaldo e gli dettai una lettera. 24


Le parole mi uscirono di bocca di slancio. Mio onorabile marito, mi fa piacere informarti che porto in grembo tuo figlio. Prego la Beata Vergine che sia un maschio. Come pegno della tua soddisfazione e del tuo rispetto ti ricordo il vestito di lana grigia che avevi promesso di comprarmi. Non ho niente da mettermi quest'inverno, se non gli abiti neri e verdi che trovo troppo pesanti, se non quando fa molto freddo. Avrai notato che le donne incinte non restano a lungo snelle, dunque ho bisogno di una cintura che si possa legare sul davanti. Ti mando un anello perché ti ricordi di me, con l'immagine di Santa Margaret protettrice delle donne gravide. Mi hai dato un ricordo di te che mi tiene sveglia giorno e notte, dunque confido che porterai l'anello e penserai a me. Forse potresti dirmi che nome vorresti dare a nostro figlio, se non riuscirai a tornare a casa prima della sua nascita. Tua, MP La mia lettera spinse John a compiere una breve visita a Oxnead. Diedi alla luce un maschio rumoroso e irrequieto, che chiamammo John. Ci pareva un bel nome e da brava moglie perdonai mio marito per la sua assenza. Restai nel Norfolk, vivendo a volte con mia madre e più spesso con Madama Agnes e imparai a sopportare la sua lingua tagliente e a farmi valere nella casa dei Paston. Non era sempre facile rimanere cortese quando non avevo vicino un marito che mi aiutasse con la sua autorità e non sempre vincevo. Quando il mio figlioletto John espresse il desiderio di tenere in casa un terrier dal muso aguzzo nato da 25


una cucciolata nelle scuderie, Madama Agnes si impuntò. «I cani devono stare all'aperto. Non voglio in casa animali pieni di pulci che rovistano tra i rifiuti.» Con disgusto della nonna il piccolo John venne consolato con una cialda dolce. Devo ammettere che non mi impegnai molto a sostenerlo: a casa c'era abbastanza da fare senza dover rincorrere un cagnolino. Mentre le buie notti invernali si allungavano, dopo aver cenato e bevuto un boccale di birra Agnes prese l'abitudine di sedersi accanto al fuoco parlando dei vecchi tempi e sprecando candele e legna da ardere. Mia madre non l'avrebbe mai permesso. Io non sopportavo né i ricordi ripetuti né lo spreco. Incapace di tollerare l'ennesimo racconto delle lotte del giudice William con la legge, feci un brusco movimento in direzione della porta. «Ora andiamo tutti a letto. A dormire» annunciai. «Non siamo forse stanchi dopo una giornata di lavoro? Ci sveglieremo e faremo colazione presto, in modo da utilizzare al massimo le ore del mattino. Restare qui seduti a chiacchierare non serve né a Dio né agli uomini.» Dopo una settimana notai che le candele venivano spente poco dopo la mia uscita dalla stanza, senza che ne venissero accese di nuove, e il fuoco veniva tenuto basso. Era una piccola battaglia, ma ero decisa a vincerne altre. Scoprii presto che vivere separata da John non era facile. Eravamo sposati da tre anni quando ebbe un grave attacco di febbri; la notizia ci raggiunse a Oxnead da Londra scritta con la grafia precisa di un medico. Cosa potevamo fare? Terrorizzate per la sua salute, Madama Agnes e io ci consumammo le ginocchia a furia di preghiere. Spinta dalla paura, Madama Agnes arrivò a promettere un'effigie di cera per il santuario della Beata Vergine a Walsingham se John fosse guarito. 26


«Io farò un pellegrinaggio di ringraziamento là, se le sue condizioni non migliorano» promisi. Nel frattempo scrissi a John per incoraggiarlo a mangiare e a bere per controbilanciare gli effetti della febbre, o meglio, ordinai al nostro castaldo di farlo. Sapevo leggere, ma la mia grafia non era granché. Tieni i piedi asciutti, perché i piedi bagnati aggraverebbero di certo i tuoi sintomi, gli raccomandai. Preferirei che fossi a casa con me, molto più di un nuovo abito in regalo, anche se scarlatto, aggiunsi d'impulso. Non sopportavo l'idea di restare vedova quando ero appena diventata moglie e avevo scoperto un profondo affetto per lui. Nostro figlio John sta bene, sia lodato Iddio, aggiunsi perché se ne ricordasse una volta rimessosi dalla febbre, come pregavo che avvenisse. Non fu necessario andare in pellegrinaggio. I miei consigli e le offerte di Madama Agnes alla Beata Vergine ottennero il risultato sperato: John sopravvisse alla febbre e recuperò le forze. Io ebbi la prova che aveva letto le mie lettere quando ricevetti un pacco: era un abito scarlatto. Madama Agnes lo considerò uno spreco di denaro, ma io lo amai subito, per quanto aderente fosse. Lo avrei indossato non appena la nascita del nostro secondo figlio me lo avesse consentito. Carezzai la stoffa morbida, godendo del modo in cui scivolava sotto le dita. «Sei una brava figlia per me.» Madama Agnes mi concesse un raro apprezzamento. «Molto più di Eliza.» Sapevo già dei problemi di mia cognata con la madre, ma Elizabeth non era incline alle confidenze e non spettava a me lasciarmi coinvolgere. Il nostro secondo figlio, un altro maschio, nacque nella primavera del 1444 a Geldeston, dove ero andata a stare 27


con mia madre. Lo partorii con un po' di dolore e disagio, ma senza grandi difficoltà e dopo la cerimonia di purificazione diedi il benvenuto a mio marito John. Appariva spettinato e in disordine, ma pieno di energia. Non lo vedevo da due mesi. Fu piacevole ritrovarsi nell'intimità di un salottino con le pareti ricoperte di pannelli di legno e un fuoco acceso che scaldava l'aria con l'odore delle pigne. «Come vuoi chiamare tuo figlio?» gli chiesi, dopo che si fu chinato sulla culla per esaminarlo. Lui lo guardò con la placidità che mancava al nostro piccolo John. Non c'erano state domande del genere sul primogenito, ma questo secondo figlio sembrava richiedere una certa riflessione a mio marito. Non c'erano in famiglia abbastanza nomi tra cui scegliere? «Dipende tutto, cara Margaret, dalla persona a cui vogliamo chiedere di fargli da padrino.» «C'è qualche problema?» «Potrebbe esserci, se invitiamo il tuo potente cugino Sir John Fastolf.» Il problema era chiaro: un padrino poteva aspettarsi che al bambino venisse dato il suo nome, causando una complicazione permanente per il futuro. Mi sembrava una sciocchezza crearci una simile difficoltà, quando potevamo compiere altre scelte. «Non potresti prendere in considerazione l'idea di chiamarlo William, come tuo fratello? O anche Edmund» suggerii. «Sarebbero tutti e due felici di fargli da padrino.» A volte riuscivo a convincerlo senza prenderlo di petto, ma non in questa occasione. «No» dichiarò mio marito irremovibile. «Il padrino sarà Sir John Fastolf e il bambino si chiamerà John.» E così ci ritrovammo con John il Vecchio e John il Giovane, per non parlare di mio marito John. Mi preparai a un 28


futuro di attente spiegazioni al momento di rivolgermi ai membri della mia famiglia. A volte gli uomini sono intrattabili. Paston, dicembre 1444 I nostri avversari non persero tempo ad affilare le armi. Il corpo del giudice William era stato appena portato a casa a Norwich, per riposare nella Cappella Mariana della cattedrale, come aveva richiesto, quando gli avvoltoi cominciarono a radunarsi sulle siepi e le recinzioni delle terre dei Paston. Gli uomini parlavano della ricchezza e del potere del giudice William bevendo birra e anche della sua mancanza di principi quando erano coinvolti i suoi interessi. Sapeva essere duro e manipolatorio. Si era elevato dai suoi umili inizi come figlio di un semplice contadino, calpestando chiunque lo intralciasse, per studiare legge in una delle Inns of Court di Londra. Era poi diventato castaldo del vescovo di Norwich e giudice del tribunale delle cause civili, ma cosa sarebbe successo ora che era morto? I nemici emergevano dalle fessure dei mobili come perniciosi scarafaggi. Il testamento scritto venne omologato e nonostante le invettive di Madama Agnes riuscimmo a mantenere tutte le tenute, ma poi cominciarono i fastidi. All'inizio erano su scala minore, ma avrebbero dovuto avvisarci che il peggio stava per arrivare. Cominciò tutto una mattina a Paston, mentre riflettevo su quanto detestassi vivere in quella casa. Era fredda e con pochi mobili, visto che Madama Agnes si era portata i pezzi migliori a Oxnead. I sentieri e il piccolo cortile si infangavano con facilità e spesso vi si formavano profonde pozzanghere di acqua salmastra. Fra ottobre e marzo ero 29


costretta a proteggermi le scarpe con sostegni di legno. Niente poteva però proteggermi dall'odore di marcio. Un'ora dopo l'alba vidi John in pastrano e cappuccio che montava a cavallo. «Scappi da tua madre?» indagai. «L'idea mi tenta» ridacchiò. «Sarà un piacere quando tornerà a Oxnead. Non intendo cedere; prima lo accetterà, meglio sarà.» Quel momento di umorismo sparì in fretta. «Dove stai andando?» insistetti. «A parlare con il nostro parroco, prima che le sue azioni avvelenino l'intero villaggio di Paston, mettendolo contro di noi.» Mi guardò meditabondo e io sollevai il mento. «Vieni con me» disse. «Forse risponderà a una gentile voce femminile. Mia madre lo spinge a reagire con insulti e sfide e temo che non mi ascolterà se non per educazione.» Rimasi immobile. «Non potevi darmi un maggiore preavviso?» John ebbe la buona grazia di apparire imbarazzato. «Ci ho pensato solo adesso.» «Dubito di fare una grande impressione.» «Possiamo almeno provarci.» Nel giro di un quarto d'ora cavalcavo accanto a lui con mantello e cappuccio, i capelli intrecciati in fretta e trattenuti da una semplice cuffia di cotone. John indicò i buchi che un tempo contenevano le pietre di confine lungo la strada, ora rimosse. «Non ha perso tempo» ringhiò. «Tra un'Ave Maria e un'altra, direi.» Negli ultimi giorni ne avevamo parlato a tavola. Questa rappresentava la prima sfida personale all'autorità di John al di fuori di un tribunale. Mi chiesi come l'avrebbe affrontata, dato che veniva da un uomo di chiesa. Venimmo ammessi nella canonica e poi in una saletta do30


ve il prete aveva di fronte a sé un boccale di birra e un piatto di pane e carne. Teneva i piedi appoggiati a uno sgabello davanti a un fuoco basso e un libro in mano, con le dita che segnavano la pagina a cui era arrivato. La stanza non mostrava alcuna traccia di santa povertà. La collezione di libri di quell'uomo era impressionante. Mi parve che il sacerdote avesse un'aria cupa quando si alzò in piedi, anche se date le circostanze la nostra visita non era certo una sorpresa. Serio in viso, John tirò fuori dalla borsa alla cintura un documento firmato e sigillato e lo posò con un gesto formale e un cenno cortese della testa sul tavolo davanti al religioso. «Ho qui un accordo scritto fra voi e il mio defunto padre, il giudice William Paston, secondo cui la strada per il villaggio di Paston doveva essere deviata nelle vicinanze della tenuta di mio padre. Vedo che nel poco tempo passato dalla sua morte siete stato molto occupato, signore. Avete rinnegato l'accordo e rimosso le pietre che segnavano il percorso della nuova strada.» La risposta del prete arrivò in fretta, diversa da quella che John avrebbe voluto. «È vero, Messer Paston. Il cambiamento non era accettabile per gli abitanti del villaggio.» «Eppure voi lo avete accettato.» John indicò il documento che il prete non aveva toccato. «Quella non è la vostra firma? Non è forse legalmente vincolante?» Sapevamo che offrire una maggiore intimità alla tenuta a spese delle comodità degli abitanti del villaggio avrebbe suscitato delle controversie, ma il prete aveva accettato la deviazione della strada in cambio di una generosa donazione alla chiesa di St. Margaret. «È davvero legalmente vincolante, signore» aggiunsi in sostegno a John, indicando le due firme e il sigillo, mentre 31


il prete alzava le spalle. «È saggio infrangere la legge?» «Mi porterete davanti alla giustizia per una questione così insignificante?» Il religioso mi ignorò, lo sguardo fisso su John. «Non possiamo arrivare a un accordo?» suggerii, cercando di calmare le acque tempestose. John ne aveva abbastanza. «Mio padre non avrebbe esitato davanti a una causa e non lo farò neanch'io.» La risposta del prete fu aggressiva. «Allora sarà meglio che vi muoviate in fretta, Messer Paston, prima che io faccia scavare un canale di scolo attraverso il percorso della vostra nuova strada. Il drenaggio è sempre un problema in questo terreno pianeggiante, come gli abitanti del villaggio possono attestare. Un canale andrebbe a loro vantaggio.» Era una sfida aperta al nuovo erede dei Paston. John si irrigidì. «Mi dispiace che mostriate così poca coscienza cristiana, signore. Mi farò sentire presto.» «Vi consiglio di non dire altro, Messer Paston. Costruire un muro sulla vecchia strada ha suscitato un tumulto fra gli abitanti del villaggio che non cesserà a meno di demolirlo. Il muro ha bloccato il percorso della processione intorno alla chiesa, una cerimonia che è molto amata.» «Non c'erano difficoltà con quel muro quando avete firmato l'accordo!» «Be', ora ci sono. Gli abitanti del villaggio sono arrabbiati.» Prima che John potesse dire altro lo trascinai verso la porta. Ce ne andammo con un secco inchino. John fece una smorfia mentre montavamo a cavallo e ci dirigevamo verso la tenuta e la strada contestata. «Possiamo comprare quel terreno?» chiesi. «Dubito che sia disponibile.» 32


Giochi di potere ANNE O'BRIEN Inghilterra, 1444 - Il potere di Re Enrico VI è ormai appeso a un filo, mentre la Guerra delle Rose devasta il Paese, costringendo tutti a scegliere da che parte stare fra York e Lancaster. Ma dalle ceneri di questo conflitto una famiglia di umili origini contadine, guidata da tre donne visionarie capaci di sfidare il corso della storia, inizia a costruire il suo potere affidandosi all'astuzia, all'ambizione e alla fortuna. Superando la prigionia, la violenza e il tradimento, i Paston riescono ad assicurarsi il possesso di un castello e di numerose tenute e infine un posto di rilievo nella politica e negli intrighi della corte degli York. Ma il successo genera gelosie e pericolosi nemici...

Il segreto della dama JENNI FLETCHER Francia-Inghilterra, 1325 - Non c'è nulla che Isabella di Francia, Regina d'Inghilterra, non tenterebbe per riconquistare il posto che le spetta e deporre il tirannico marito, Edoardo II. Persino marciare su suolo inglese con un piccolo esercito e guidare un colpo di Stato. Chiunque sia al suo servizio o cada nelle sue trame di potere si trova quindi in acque turbolente. Tra costoro c'è la giovane Mathilde Gosselin, dama di compagnia a lei fedele, almeno sino a quando non si innamora della spia Henry Wright. La fiducia è un bene prezioso alla corte della sovrana, ed entrambi hanno troppo da perdere, comprese le loro vite, per correre dei rischi, tuttavia il destino continua a incrociare le loro strade... e resistere all'amore diventa sempre più difficile.


I fantasmi di Lord Darlington ANNA BRADLEY Inghilterra, 1795 - Indagare sotto le mentite spoglie di una cameriera è un'esperienza del tutto nuova per Cecilia Gilchrist, che tuttavia è intenzionata a portare a temine la missione che le è stata assegnata. Ma una volta che si stabilisce al Castello di Darlington, scoprire se il misterioso marchese ha davvero assassinato la moglie si dimostra più complicato di quanto avesse immaginato. Per quanto sia evidente, infatti, che lui nasconde più di un segreto, come credere che dietro ai suoi bellissimi e sconvolgenti occhi azzurri si celi un gelido assassino? Seguire ogni sua mossa, poi, non fa altro che avvicinarla sempre di più a lui, e se il cuore la ingannasse, Cecilia potrebbe pagare quell'errore con la vita...

La duchessa perfetta LORRAINE HEATH Londra, 1874 - Hugh Brinsley-Norton, il Duca di Kingsland, deve trovare con urgenza una duchessa. Tuttavia, riportare al suo antico splendore il ducato, ormai in rovina, è un'impresa che richiede tutto il suo impegno e che di certo gli lascia poco tempo per occuparsi di sentimenti. Decide così di pubblicare un annuncio invitando le giovani donne del ton a scrivergli, spiegando perché dovrebbero essere le prescelte, e affida a Penelope, la sua segretaria, il compito di selezionare la futura sposa. Ma quando tra le risposte compare un messaggio minatorio, Hugh si rende conto con stupore di essere disposto a rischiare tutto, compreso il cuore, per tenere al sicuro tra le sue braccia proprio la coraggiosa e bellissima Penelope.

Dall'11 marzo


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