Nicole Locke IL RITORNO DEL MERCENARIO
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Reclaimed by the Knight Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2018 Nicole Locke Traduzione di Giuliano Acunzoli
Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC.
Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.
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© 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2022
Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100%
I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 5410
Periodico settimanale n. 1328 dello 04/11/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA
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Settembre 1295
La bambina scalciò nel ventre e Matilda annaspò.
«Che succede?»
Lei guardò Bess, intenta a spigolare il campo in cerca delle spighe di grano sfuggite ai mietitori. Non offrivano quasi nulla da mangiare, ma anche così si sentiva sempre profondamente soddisfatta quando la sua sacca era piena. Come se fosse a caccia di un tesoro e ora potesse nutrire la sua famiglia e i suoi amici.
«La piccola sta scalciando di nuovo.»
«Quindi anche oggi è una femmina?»
Matilda ripensò all'acuto dolore provato quella mattina quando si era alzata dal letto, al continuo rigirarsi della creatura che portava in grembo, così intenso da poter a malapena deglutire il pane a colazione, e adesso ai profondi colpi che avvertiva, come se avesse dentro un coniglio dei boschi.
«Senza dubbio si tratta di una femmina» affermò, alzandosi da terra e premendo una mano sulle reni.
Non era la prima volta che la sentiva scalciare
quel giorno e sapeva che non sarebbe stata l'ultima. La spigolatura costringeva a restare nella stessa posi zione e la bambina esigeva che si muovesse. Accetta re i calci era un compromesso che faceva volentieri, anche se sapeva che la tregua non sarebbe durata a lungo.
C'era altro lavoro da fare e i campi erano pieni di famiglie intente a riempire i loro sacchi. A poca distanza da lei, Agnes, l'unica figlia del cordaio, procedeva gattoni sul terreno. A differenza degli altri bam bini, però, non cercava le spighe ma gli steli, che accatastava per formare delle costruzioni. Matilda si chiese chi dei suoi fratelli avrebbe distrutto per pri mo le sue creazioni.
Bess si alzò e batté i piedi a terra. «Sicuro. Basta esserne convinta per avere una bambina.»
«Pensi che le mie certezze siano ridicole?»
«Contrariamente a te, io ascolto la nostra guaritri ce, Rohesia, che insiste a dire che la creatura è troppo in basso per essere una femmina. Inoltre, l'unico motivo per cui ti aggrappi a questa certezza è il tuo passato sbarazzino e il temperamento di Roger...» Bess si tappò la bocca.
«Non ti preoccupare» commentò lei.
C'era solo un motivo per l'espressione preoccupata di Bess: la convinzione di averla ferita. E lei lo era, ma non per il commento che l'amica aveva fatto su suo marito, bensì perché lui non c'era più.
«Perdonami.» Bess si portò le mani alle guance. «Continuo a dimenticarmene.»
Matilda studiò il suo volto sgomento e sentì qualcosa montarle nuovamente dentro. Lo conosceva be ne: era il dolore a cui non aveva osato dare sfogo.
«Non c'è nulla da perdonare» rispose. «Sono pas-
sate appena due lune piene dalla sua scomparsa.»
Soffriva di più se nessuno menzionava Roger. Quell'uomo, suo amico d'infanzia e poi suo marito, meritava di essere ricordato. Senza dubbio meritava una moglie migliore di lei, ma ormai era inutile pen sarci.
Bess lasciò uscire il fiato e scosse la testa. «Ho peggiorato le cose.»
Solo per un attimo. Il minimo che poteva fare Matilda era dare a sua figlia il temperamento pacato del padre. Per riuscirci, era determinata a non farle conoscere la pena, inclusa la sua in quanto madre vedova.
Deglutì forte e commentò: «Come sempre. Adesso devo solo aspettare fino a quando mi dirai qualcosa di da vvero penoso».
L'amica piegò le labbra con ironia. «Dammi solo qualche istante.»
Matilda le prese la mano. «Sono felice che ti di mentichi della sua scomparsa. Sarà un po' come farlo rivivere quando nascerà la bambina.»
Lo sguardo di Bess si intenerì mentre lanciava un'occhiata al suo ventre prominente. «Tutto quello che desideri.»
«Bene. Anche se proverò a restare calma, temo che la piccola avrà bisogno di tutta la gentilezza che potrà ottenere. L'aiuterà a ricordarsi del padre.»
Roger era esattamente l'opposto di Matilda, cui da giovane piaceva cacciarsi in imprese rischiose e combinare scherzi di ogni genere. Lui, invece, era servizievole e protettivo. Ma, sebbene fosse sempre pronto a offrire un sorriso e ad aiutare, dimostrandosi in pratica la sua antitesi, la tranquillità che mostrava l'aveva conquistata. E poi... poi lui la voleva.
Ora rischiava di scoppiare in lacrime, ma cercò di
trattenersi, perché Bess si sarebbe convinta di averla addolorata in qualche modo.
Sbatté gli occhi un paio di volte e vide una figura familiare in lontananza. «Louve sta venendo qui.»
La sua amica si voltò. «Ma è troppo presto perché gli uomini si prendano una pausa dal raccolto.»
«Apparentemente no» commentò Matilda, osser vando Louve avanzare sotto il sole.
«Allora deve essere successo qualcosa.»
Provando lo stesso senso di urgenza, Matilda si posò una mano sul ventre e piantò i piedi a terra. No, non gli sarebbe andata incontro di corsa. «Se fosse così, sarebbe arrivato con qualcun altro» osservò.
Anche dopo tutto quel tempo, restare ferma andava contro i suoi istinti, ma quando Roger era morto aveva giurato, per il bene della bambina, di fare uno sforzo e comportarsi come lui. Di offrirle un esempio che le sarebbe servito per non diventare come lei. Avventata. Con il cuore spezzato. E soprattutto sola, ormai per ben due volte.
Bess si alzò le gonne. Nonostante fosse in carne, era in grado di correre se si fosse presentata una vera emergenza. «Forse non si poteva fare a meno di nessuno.»
«E si poteva fare a meno di Louve?» ribatté lei. «A quest'ora del giorno, voleva probabilmente discutere i soliti problemi. Qualche disputa o uno dei ba stoni con le tacche che manca dal conteggio.»
«Ti stai affaticando troppo» disse Bess, studiandola. «E dato che adesso siete rimasti solo in due a mandare avanti le cose, la situazione non è più sostenibile.»
Fino alla scomparsa di Roger, erano in tre ad amministrare le operazioni alla tenuta. Ma adesso erano
rimasti in due, lei e Louve, che era sia il fattore sia il sovrintendente della Corona per il raccolto. I suoi compiti riguardavano invece la gestione del maniero di Mei Solis e la risoluzione delle dispute, anche se fin da quando suo marito era morto...
No. Era nei campi da tutto il giorno e pensava troppo all'uomo che aveva perduto.
Si arrese e mosse verso Louve, sperando di dargli un'impressione di serenità nonostante il fango che le imbrattava le gonne. «È successo qualcosa?» gli chiese.
Louve indicò un punto dietro di lei. «Sono venuto ad avvertirvi. Un temporale si sta avvicinando al di là delle colline.»
Matilda scrutò i campi, dove gli uomini falciavano il grano. Se davvero stava arrivando un temporale, le colline lo avrebbero nascosto. Sopra di loro il cielo restava sereno, ma, anche se Louve avesse avuto ra gione, non era necessario tornare indietro per avvisarle.
Il loro accordo era insolito, ma funzionava. Quando Nicholas, Lord di Mei Solis, era partito in cerca della fortuna di cui la tenuta aveva un disperato biso gno, gli era sembrato ragionevole lasciare che i suoi amici e lei, che ai tempi era la sua promessa sposa, mandassero avanti le cose. Dopotutto, pensava di tornare entro un paio d'anni.
Purtroppo, di anni ne erano passati sei. Nel frat tempo Nicholas aveva rotto il loro fidanzamento. Ciononostante avevano continuato a tenere fede al l'accordo, perché il maniero prosperava e con esso i mezzadri e le loro famiglie. Poi lei aveva sposato Roger e, benché la sua reputazione fosse chiacchiera ta, la sua autorità nel dirimere le dispute e assicurarsi
che Louve e Roger andassero d'accordo non era mai stata messa in dubbio.
«Spiegami il vero motivo per cui sei qui» gli disse.
Forse Bess aveva ragione ed era davvero successo qualcosa. In un giorno così, serviva ogni uomo per falciare un intero campo. Ogni mietitore era necessario, ma Louve era uno dei più robusti e dei più rapidi.
«Non vedo alcun temporale e, anche se fosse vero, sarebbe bastato mandarci un ragazzo per avvisare.»
Louve scrollò le spalle. «I ragazzi si stanno ancora togliendo le spine dalle vesciche. Io, però, ho molte ragioni per trattare bene le mie mani.»
«Per le orde di donne che ti fanno gli occhi dolci, nessun dubbio» chiosò Bess.
Matilda quasi sbuffò.
«Esattamente. Sarei inutile per tutte loro se avessi le mani fasciate» replicò lui, le labbra piegate in un sorriso.
Tutto in Louve tendeva a essere irriverente, persi no nelle circostanze più terribili. Faceva parte del suo frustrante fascino che, insieme ai suoi ecceziona li occhi azzurri e ai folti capelli neri, lo rendeva l'uo mo più ambito che Matilda avesse mai conosciuto. Anche se ultimamente la sua attenzione sembrava andare solo a Mary la vedova.
«So esattamente cosa le donne penserebbero della tua inutilità» scherzò Bess. «Sarebbero felicissime di non venir seccate da gente come te.»
«Ah, Bess, sempre a struggerti per me. Quando la finirai?»
Bess e Louve si schernivano in quel modo da anni. L'amica, più vecchia di entrambi, era già sposata e con un figlio grande.
«Non saprei. Aspetto ancora di vederti sfoggiare un po' di buonsenso, ma a quanto pare continuerò ad attendere.»
«Ebbene, in caso di dubbi sai dove trovarmi.» Bess annuì. «A poltrire, visto che sei qui a parlare con noi invece di falciare il grano come tutti gli altri.»
Louve nel frattempo aveva raccolto la sacca di Matilda e aveva iniziato a infilarvi parecchie spighe. Fu allora che le sue intenzioni divennero chiare in un modo irritante.
«Sei qui per me?» gli chiese lei.
Lui sorrise. «No, sono qui per salvare il grano. Sta arrivando un temporale.»
Ma in realtà stava facendo il lavoro che spettava a lei. Il cielo restava azzurro: del temporale, nessuna traccia.
«Non trattarmi così.»
Un mesto sorriso gli piegò le labbra. «Ti stai affaticando troppo.»
«E la bambina scalcia» aggiunse Bess.
«Adesso stai dalla sua parte?» protestò Matilda. «Sono qui perché c'è del lavoro da fare. I raccolti so no più abbondanti quest'anno, per cui ci sono più spighe sparse da cercare.» Una constatazione che spinse tutti e tre a tirare un sospiro di sollievo.
«Questo sacco sta diventando troppo pesante per te.»
Lei guardò il sacco per terra e provò a calmarsi pensando ai cavalli al galoppo. Quando non funzio nò, studiò Louve con occhi socchiusi. «Lascia che te lo spieghi in un modo diverso: non voglio che tu fac cia il mio lavoro, chiaro?»
«Roger avrebbe...»
Matilda tese una mano e scosse fermamente la testa.
«Oh, numi del cielo» mormorò Bess.
Ma stavolta lei la ignorò. Ed era decisa a ignorare anche qualunque riferimento a suo marito. Era spira to troppo di recente e, anche se voleva che sua figlia sapesse tutto di lui, per ora non poteva spiegarle nul la. Quindi non voleva che qualcuno le ricordasse la natura protettiva di Roger quando lui non poteva più proteggerla.
«Su ciò che lui voleva potresti avere ragione, ma ci sono solo io adesso e vagare carponi per questo campo è un compito che devo svolgere. Quindi, non aiuterò con le fascine. Resterò qui a spigolare con donne e bambini.»
«Testarda come sempre. Che razza di reputazione mi farò come fattore se non riesco a convincere nep pure una donna incinta? Non finirò più di sentirmi i rimbrotti» affermò Louve.
«Ma tu ti sei rovinato la reputazione quando avevi quattro anni, mio caro, e lo sai» chiosò Bess. «E si direbbe...»
Delle grida risuonarono dietro di loro. Un ragazzo stava correndo giù dalla collina. La sua voce veniva trasportata dalla brezza autunnale.
«Ha detto che sta arrivando qualcuno?» chiese Bess.
Matilda si voltò e cercò di afferrare le parole del ragazzo, ma era ancora troppo lontano. Nessuno, però, faceva visita alla tenuta. Erano sempre stati loro a raggiungere altri villaggi con i mercati per vendere le loro mercanzie. Comunque, se i raccolti restavano così abbondanti, anche questo sarebbe cambiato. Fi no ad allora...
Ansimando, il ragazzo si fermò davanti a loro.
«Abbiamo degli ospiti in arrivo?» Matilda passò le braccia sotto il ventre, sostenendo la bambina che a veva smesso di scalciare adesso che le aveva dato un po' di spazio.
«Un viandante» chiarì il ragazzo. «Che porta due giganteschi cavalli con sé.»
Il mondo, anzi il terreno sotto i piedi di Matilda parve scivolare via.
«Calma» mormorò Bess, stringendole il gomito.
«Quanto è lontano?» chiese Louve.
«Subito dopo i campi incolti.»
Se aveva visto un cavaliere provenire da quella di rezione, significava che veniva da est.
Lo sguardo di Louve passò da Bess a Matilda. «Sono più vicino degli altri. Prenderò un cavallo e andrò ad accoglierlo prima che raggiunga la macchia d'alberi.»
Non c'era nulla da discutere. Era l'unica opzione, dato che tutti gli uomini lavoravano nella direzione opposta e lei non poteva cavalcare.
Matilda puntò lo sguardo su Louve, che camminava a grandi passi verso la scuderia. «Non preoccuparti, starò bene» mormorò a Bess. «Dammi solo un attimo.»
L'amica continuò a stringerle il braccio. «Sapevi che questo giorno sarebbe arrivato.»
Lei posò la mano su quella di Bess. Era vero. Lo aveva sempre saputo. Come un temporale, come i cambi di stagione. Come l'eterno sorgere del sole e il tramontare della luna. Come la certezza del tempo che scorreva. Sapeva che avrebbe rivisto Nicholas. «Sì. Da sempre.»
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