Amore nell'ombra

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Inghilterra, 1205

Sarebbero morti.

Robert di Penrith fissò gli altri tre prigionieri. I soldati li avevano incatenati tutti e quattro l'uno all'altro e ora erano diretti a sud. Il telo pesante che rivestiva il carro non permetteva loro di guardare fuori e i battenti spessi della porta erano sprangati dall'esterno.

Un silenzio paralizzante regnava all'interno del veicolo, poiché erano sconvolti. Non sapevano se le loro famiglie erano sopravvissute all'attacco, ma gran parte del castello era andata distrutta. Robert non avrebbe mai dimenticato il fumo acre e il calore intenso che si erano sprigionati quando i soldati del re avevano appiccato il fuoco. Le mura esterne in pietra forse sarebbero rimaste in piedi, ma l'interno era stato incenerito.

Le grida continuavano a riecheggiargli in testa. Molti uomini erano morti, i corpi trafitti dalle spade. Le donne avevano pianto disperate prima di venire falciate al loro fianco. La moglie di suo padre, Clari-

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ne, gli aveva ordinato di nascondersi, affinché restasse vivo. Lo stomaco gli si contorse per la vergogna, giacché le aveva obbedito. Non era un guerriero e in quel momento si maledisse poiché era un codardo. Si sentì pervadere dal disprezzo per se stesso, ma era fuggito e non sapeva che cosa fosse successo a lei e... a tutti gli altri. Tuttavia, Clarine non aveva torto: era suo dovere nei confronti della loro gente sopravvivere e un giorno vendicarsi.

Spogliato delle terre, suo padre Degal, Conte di Penrith, era sicuramente morto. A tale gelida consapevolezza gli annodò la gola e lui chiuse gli occhi.

Non hai il diritto di provare dolore né di avere paura. Devi essere forte e occuparti della tua gente. Respirò profondamente per calmarsi. Non c'era tempo di pensare al destino del padre e la paura non lo avrebbe aiutato a scappare. Doveva studiare il carro in cui erano prigionieri e trovare una via di fuga. Era stato sempre bravo a smontare e rimontare oggetti. Non c'era motivo per cui non dovesse trovare la maniera di uscire da quel veicolo, sempre che riuscisse a ottenere l'aiuto degli altri prigionieri. Non conosceva la ragazza con il fratello minore al suo fianco, poiché aveva trascorso gran parte della vita isolato all'interno del castello. Piers invece lo conosceva bene.

«È tutta colpa tua» sbottò il fratellastro. «Sei tu il motivo per cui ci hanno catturati.» Tese le catene e Robert non dubitò che lo avrebbe strozzato, se avesse potuto. Il suo fratello bastardo aveva sempre brandito la propria rabbia come uno scudo invisibile ed era sempre il primo a sollevare i pugni, anche se di solito aveva la peggio.

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Non che lui fosse migliore a combattere. Era sempre stato un bambino malaticcio e Clarine lo aveva costretto a restare chiuso nella fortezza. Aveva trascorso le ore del giorno circondato dai libri, ad assimilare conoscenza così come gli altri ragazzi si addestravano con le armi. Si ritrovò a rimpiangere di non avere ascoltato Degal e imparato a usare una spada o un pugnale.

«Non ci uccideranno» mentì. «Se avessero voluto farlo, saremmo già morti.» Ma, in verità, non sapeva che cosa sarebbe successo, né perché fossero stati presi prigionieri.

A meno che non fossero gli unici sopravvissuti.

Scacciò il pensiero. Da un punto di vista logico, non c'era motivo di uccidere i domestici o gli abitanti del villaggio. Il re aveva reclamato il loro castello e avrebbe perciò avuto bisogno di decine di servi della gleba che si occupassero delle terre. Ma perché avevano catturato la ragazza e suo fratello? Robert non li aveva mai visti al castello, perciò non sapeva quale valore potessero avere.

La ragazza aveva il volto e le spalle coperti dai lunghi capelli scuri e ondulati, come se li avesse avuti legati in una treccia che si era poi sciolta. Non riuscì a vedere altro di lei, se non che stava tremando e che aveva le braccia incrociate. I suoi abiti erano semplici, una veste di lana non tinta e informe, il che significava che era una dei servi.

Suo fratello era bianco come la cera, quasi si aspettasse di morire da un momento all'altro. Aveva ragione ad avere paura.

«Ci tortureranno» affermò Piers, allungando il più possibile le sue catene. «E poi ci useranno per co-

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stringere nostro padre a obbedire al re» sbottò.

Robert rimase sorpreso nel constatare che il fratello era convinto che il loro padre fosse ancora vivo. Dopo l'attacco brutale a Penrith, dubitava infatti che Degal fosse stato preso prigioniero. In ogni caso, Piers aveva ragione. Una cosa era opporsi al re, tutt'altra continuare a ribellarsi quando qualcuno di caro veniva torturato. Il pensiero gli annodò le budella, attizzando nuovamente la paura.

«Basta» supplicò quindi la ragazza. «State spaventando Brian.»

Ma era la sua voce a essere velata di paura. Robert notò come stesse curva in avanti, quasi a proteggersi. Colse una nota di dolore nella sua voce, tanto che si chiese se non fosse stata ferita durante l'attacco. Desiderò chiederle se stesse bene, ma si trattenne. Gli ricordava infatti un animale selvatico ferito, che avrebbe morso chiunque avesse cercato di aiutarlo.

«Forse Brian dovrebbe avere paura» ribatté Piers. «E anche tu, Morwenna.»

«Basta» intervenne Robert. «Non è litigando che scapperemo da qui.»

Dopodiché il fratello si zittì, ma il pesante silenzio non fece che aumentare il terrore. Dovevano scendere dal carro e trovare un rifugio in cui nascondersi. Era la loro unica possibilità di sopravvivere.

Robert si costrinse a restare calmo. Erano in viaggio da circa un'ora, il che significava che non dovevano essere lontani da Colford Abbey, l'abbazia di cui suo zio Oswald era abate. Fuori si gelava e gli parve di sentire il leggero picchiettio della neve che cadeva sul telo del carro.

Iniziò a concepire un piano, senza soffermarsi sui

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dettagli. Era troppo buio all'interno, ma cercò di immaginare come fosse costruita la porta. Di certo i battenti erano stati sprangati dall'esterno. Poteva raggiungerne i cardini? Il telo era appoggiato sopra una struttura formata da assi di legno. Se avesse allungato il braccio tra le assi, forse sarebbe riuscito ad allentare il cardine, sempre che avesse trovato la maniera di far saltare il perno.

«Dobbiamo scardinare i battenti della porta prima che i soldati si fermino per la notte» informò gli altri. «Dopodiché potremo nasconderci nella foresta e cercare rifugio all'abbazia.» Avrebbero avuto maggiore possibilità di sopravvivere se avessero agito mentre il carro era in movimento.

«E intendi usare la magia per riuscirci?» lo derise Piers. «La porta è sprangata.»

«Cercherò di forzare i cardini. Quantomeno uno.» Tentò di parlare con sicurezza, anche se in realtà non sapeva come riuscirci senza attrezzi. «Potrei allentare il battente sulla destra.» A dire il vero, non aveva idea se avrebbe funzionato.

«E le guardie?» A Brian si incrinò la voce. «Non abbiamo armi.»

«E invece sì.» Morwenna sollevò le catene. Con voce gelida aggiunse: «Se qualcuno oserà attaccarci, lo strangolerò». La durezza nella sua voce dimostrò quanto fosse piena di odio.

Non sembrava abbastanza forte da potersi battere contro un soldato, però era risoluta. Se non altro, avrebbe creato un diversivo.

«Speriamo che non si arrivi a tanto» affermò Robert. «Ma se non usciremo da qui, saremo alla loro mercé.» Non diede voce al suo timore più profondo

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che sarebbero stati uccisi o torturati, come aveva suggerito Piers.

Cambiò posto con Brian e iniziò a esaminare i cardini. Ce n'erano solo due su quel lato e ritenne che sarebbe riuscito a rimuoverne il perno se solo avesse trovato qualcosa di abbastanza stretto da conficcarci sotto.

Nella mente si figurò il cardine, riflettendo su come raggiungerne il fermo centrale. Si guardò attorno e notò che un angolo del carro era scheggiato. Lo afferrò e lo piegò. Gli si spezzò in mano, tagliandolo, ma riuscì quantomeno a prenderne un pezzo. Allungò quindi una mano all'esterno sopra il telo e infilò la scheggia di legno sotto il cardine. La brezza gelida gli sferzò la mano e fiocchi di neve gli bagnarono la pelle.

«Non funzionerà» borbottò Piers.

Robert lo ignorò e usò il ceppo di ferro che gli serrava il polso per martellare il perno. No, forse non avrebbe funzionato, ma non aveva un altro piano. Inclinò diversamente il pezzo di legno e provò di nuovo, continuando a colpire. Nulla da fare. Le mani gli si stavano gelando, ma stinse i denti e, pian piano, il perno iniziò a muoversi. Miracolosamente si allentò, finché non riuscì a sfilarlo del tutto. Stava per mettersi all'opera sul secondo cardine quando il carro si fermò e i battenti vennero spalancati.

Si avvicinarono due soldati, uno dei quali brandiva un pugnale. Robert indietreggiò, nascondendo il perno.

«Smettetela con questo baccano!» ordinò l'uomo armato. Salì quindi con loro e disse all'altro: «Ci penso io a farli stare zitti».

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Al buio, Robert non riusciva a vedere bene il volto dell'uomo, ma la tensione che provava aumentò. L'altro soldato richiuse i battenti, ma non si udì il rumore metallico della spranga. Per un istante, rimasero tutti in silenzio, quindi i cavalli vennero spronati e il carro si rimise in moto.

«Ma come sei carina» disse quindi il soldato rivolto a Morwenna. Lei tenne il capo chino senza rispondere. L'uomo allora glielo reclinò all'indietro afferrandola per i capelli, strappandole un grido di dolore.

Robert strinse forte il pezzo di legno che aveva in mano. Il soldato gli era vicino, ma non sapeva in che modo proteggerla. Il rischio era enorme, poiché l'uomo era armato di pugnale.

La ragione gli intimava di non intromettersi. In caso contrario, il soldato si sarebbe potuto infuriare e la fanciulla rischiava di rimetterci ancora di più. Tuttavia, non poteva nemmeno restarsene a guardare senza fare nulla.

Si avvicinò di un passo, cercando di capire quale fosse la maniera migliore di aiutarla. Valutò ogni possibilità, prendendo in considerazione un'idea dopo l'altra. Notò quindi le catene strette fra le mani di Morwenna. Era pronta al peggio, ma non poteva dire se sarebbe riuscita nel suo intento.

Era sul punto di avvicinarsi ancora, quando una mano lo fermò. Piers gli indicò la porta, che nel mentre si era allentata per via dei sobbalzi del carro. Era quasi aperta, perciò dovevano cogliere subito l'occasione di fuggire.

Ma erano tutti incatenati insieme. Non c'era modo di scendere dal carro, a meno che non si fossero

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mossi in contemporanea. Se uno di loro fosse caduto, avrebbe rallentato la fuga degli altri.

«Dammi un bel bacio» disse il soldato, allungando le mani verso Morwenna. «Non vorrai certo che ti sfregi quel bel faccino, vero?»

«Non toccarmi» bisbigliò lei.

Il soldato la schiaffeggiò con un manrovescio, strappandole un grido.

Robert si disprezzò. Se fosse stato un vero uomo, avrebbe aggredito la guardia e avrebbe salvato la fanciulla, ma non aveva mai dovuto battersi con nessuno prima di allora e non aveva idea di come comportarsi.

Strinse nel pugno la scheggia di legno. Forse avrebbe potuto usarla come arma. Udì quindi il tintinnio delle catene di Morwenna e si chiese se non stesse recitando una parte, attirando l'aggressore più vicino a sé.

«Ti toccherò eccome» grugnì il soldato.

Non appena lui le si avvicinò, Morwenna gli strinse la catena al collo, ma non era abbastanza forte da strangolarlo, perciò lui si liberò con facilità.

«Stupida sgualdrina!» esclamò. «Ora ti ammazzo.»

Robert non poteva più restarsene in disparte, anche se temeva che la faccenda sarebbe finita male. Quel soldato era addestrato a uccidere, mentre lui si era sempre limitato a osservare da lontano i guerrieri. Soppesò vari metodi, non riuscendo tuttavia a decidere cosa fare. Silenziosamente, si avvicinò.

«No» supplicò Morwenna quando il soldato le afferrò la veste e gliela squarciò.

Lei cercò di ritrarsi e fu in quell'istante che una

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calma gelida si impossessò di Robert. Smise di pensare... e agì.

In un attimo sollevò la scheggia di legno e la conficcò nella gola dell'aggressore. Sentì un fiotto caldo di sangue sulle dita, al che la guardia si girò, sgomenta.

Piers afferrò quindi il pugnale dell'uomo e lo trafisse di nuovo, ma al cuore. Il soldato cadde in ginocchio e Robert fu grato per la prontezza di spirito del fratellastro. La guardia era morta, e il suo sangue colava sul pavimento di legno del carro.

Per un istante rimase di sasso, basito da ciò che era accaduto. Poi si ricordò della fanciulla e si girò verso di lei. «Stai bene?»

Morwenna annuì stringendo i lembi della veste. «Dobbiamo uscire da qui.»

Sebbene fosse ancora scosso dalla morte del soldato, doveva concentrarsi sul da farsi. La loro sopravvivenza dipendeva da quella fuga. Il battente della porta era mezzo aperto. Fuori era buio e non si vedeva niente, ma si avvicinò comunque al bordo del carro. Avevano poco tempo a disposizione.

«Dobbiamo saltare tutti insieme» li avvertì con voce grave, «quindi raggiungeremo di corsa la foresta.»

«E se ci cattureranno?» domandò Brian. La sua voce si ridusse a un sussurro mentre lo raggiungeva sul bordo del carro.

Piers pulì la lama sulla tunica del morto e poi la nascose. «Non possiamo essere catturati o moriremo.»

Morwenna stringeva il corpetto squarciato della veste e Robert si incupì. Appena lei li raggiunse, pal-

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lida in volto, si sfilò il mantello e le coprì le spalle. «Grazie» gli bisbigliò.

Allora Robert ordinò: «Al tre, saltiamo. Uno, due, tre...».

Saltarono dal carro in movimento, cadendo sulla neve mista a fango. Si misero a correre verso il bosco, i polmoni in fiamme, nel disperato tentativo di fuggire dai propri aguzzini.

Mentre sparivano nelle tenebre della notte, Robert giurò tra sé e sé che non sarebbe mai più stato incapace di combattere, né vittima. Aveva solo diciott'anni, ma quella sera era cambiato tutto. Si sarebbe addestrato, notte e giorno, per poter voltare le spalle al codardo che era stato.

E un giorno si sarebbe vendicato e avrebbe reclamato le terre del padre.

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Due anni più tardi

«Secondo te chi vincerà?»

Morwenna, intenta a osservare il fratello che combatteva contro Piers, si girò nell'udire la voce maschile e vide Robert di Penrith avvicinarsi. Indossava la cotta di maglia come una seconda pelle e al fianco gli pendeva la spada.

Negli ultimi due anni, aveva trascorso ogni ora del giorno a combattere. Era diventato muscoloso, perciò invece di essere agile e snello come un tempo aveva braccia così robuste che lei non sarebbe riuscita a circondarle con due mani. Riusciva tranquillamente a sollevare uno spadone pesante con una mano sola. Era affascinata dalla sua trasformazione. Aveva capelli di un castano chiaro screziato d'oro e occhi marroni carichi di un calore e di una gentilezza che le annodavano lo stomaco per i tanti se solo.

Sfortunatamente, lui sembrava del tutto ignaro di ciò che provava nei suoi confronti. O, in caso contrario, era abbastanza cortese da non dirle che non era affatto interessato.

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«Vincerà Piers» predisse, scacciando tale pensiero. «Ma Brian sta migliorando.»

I due continuavano a combattere. Piers colpì con un duro fendente lo scudo di Brian, che vacillò per un istante, per poi contrattaccare.

«È diventato più forte, vero. E più grande.» Robert le si fermò di fianco.

Non volendo, con la spalla gli sfiorò il braccio. Arrossì e non seppe più che cosa dire. Era fin troppo consapevole della sua vicinanza.

Non pensarci, si ammonì. Ti vede come un'amica, niente più.

Nel corso di quei due anni, Robert non l'aveva mai trattata come una donna che aveva suscitato il suo interesse. Meglio, perciò, seppellire quei sentimenti non corrisposti e comportarsi come se ciò non importasse.

Fissò le rovine di Stansbury, la fortezza che un tempo era appartenuta a Lord Penrith. Era un luogo dimenticato nel quale erano fuggiti dopo avere lasciato l'abbazia. Dopo alcuni mesi, lo zio di Robert aveva offerto ai maschi la possibilità di restare tra i monaci, ma non a lei.

Piuttosto che spedirla in un convento, Robert aveva pensato di trovare rifugio lì per addestrarsi. Aveva ottenuto armature, armi e provviste con l'aiuto dello zio. Piers e Brian avevano gradito l'idea di tale libertà e lei aveva imparato a combattere con loro. In qualche modo, avevano creato una strana famiglia, che restava unita per sopravvivere.

Riportò la propria attenzione sul fratello e su Piers. Brian ostentava una determinazione incrollabile, come se non intendesse mai più guardarsi indietro, verso il passato. Invece, quando combatteva, Piers mostrava

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una intensità che andava al di là della ragione. Sfogava la propria rabbia e la frustrazione duellando, finché non stava più in piedi.

Non come Robert. Quando combatteva, lui non rivelava alcuna emozione. Si trattava piuttosto di una dimostrazione di forza silenziosa e concentrata. Sembrava pensare a ogni mossa ancora prima di metterla in atto.

Lei aveva imparato a difendersi, ma non poteva certo competere con la loro forza. Appoggiò la mano sul pugnale che aveva al fianco. Un tempo era appartenuto a Robert, che glielo aveva regalato affinché potesse proteggersi. C'era qualcosa nello stringere una lama che le trasmetteva una sensazione di potere. Non perché desiderasse combattere... piuttosto perché le dava sicurezza.

Una morsa le serrò il petto quando fu assalita da ricordi tetri. Non avrebbe mai più permesso a un uomo di aggredirla. Sebbene fosse riuscita perlopiù ad allontanare certi ricordi, a volte si svegliava nel cuore della notte in preda all'incubo del soldato che le squarciava l'abito per palpeggiarla.

Strinse l'elsa del pugnale, scacciando l'immagine sgradita. Osservò invece Robert e notò la sua tensione. Sebbene non avesse detto nulla, percepì che c'era qualcosa che non andava. «È successo qualcosa?»

Le labbra serrate, lui fissava un punto in lontananza. «Ho ricevuto notizie su Penrith da parte di mio zio.»

A giudicare dalla sua voce, non erano buone.

«E sarebbero?» Sapeva che Robert si era addestrato nella speranza di reclamare un giorno le sue terre a Penrith. Re Giovanni vi aveva messo al comando un nuovo conte, che aveva con sé tanti guerrieri. Era im-

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possibile per loro quattro combattere un esercito di tale grandezza.

«Ho trovato la maniera di reclamare il castello» affermò. «Senza spargimento di sangue.»

Morwenna non seppe che cosa pensare, soprattutto perché Robert non sembrava contento della soluzione. «In che modo?»

«Il conte terrà una festa di mezza estate. Ha invitato nobili da tutto il Nord affinché competano in una serie di gare. Il vincitore sposerà sua figlia... Sempre che ottenga il consenso della giovane.»

Il cuore le si fermò. «E tu... speri di sposarla?»

Ti prego, rispondi di no.

Ma sfortunatamente lui annuì. «Se otterrò il suo favore e la sua mano, i nostri figli saranno eredi di Penrith.» La guardò negli occhi e lei sentì il proprio cuore infrangersi nel cogliervi tanta risolutezza. «È la maniera migliore, Morwenna. Riotterrei ciò che ho perso.»

Sapeva che lui aveva ragione, ma non avrebbe mai potuto immaginare il dolore invisibile che le squarciò il petto. Cercò di comportarsi come se appoggiasse la sua decisione, ma era doloroso poiché era a un passo dal perderlo.

Non che si fosse mai illusa di poter diventare la consorte di un nobile come Robert. Nient'affatto. Ma vivere al suo fianco le aveva permesso di sognare. Intendeva perciò godere della sua presenza finché poteva.

«Vieni un attimo con me?» le domandò lui. «C'è una cosa che vorrei darti prima di partire.»

Il cuore le si riempì di trepidazione. «Certo. Che cos'è?» domandò.

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«Be', non è proprio un regalo» spiegò lui. «Piuttosto qualcosa che potrebbe tornarti utile.» Non la stava più guardando negli occhi e l'imbarazzo aleggiò ingombrante tra loro.

La condusse verso le stalle, senza aggiungere altro. Mentre si avvicinavano, lei pensò a varie possibilità. Forse le aveva trovato un cagnolino o un gattino... una creaturina da amare in sua assenza. La trepidazione crebbe mentre si avvicinavano agli stalli interni.

«Ho pensato... che potesse piacerti» continuò lui.

«Che cos'è?»

«Eccolo» affermò, aprendo l'ultima porta. Lei vi entrò e si accigliò confusa. Non c'erano né nastri, né gattini. Solo uno scudo di legno malconcio.

«Per proteggerti» le spiegò con un sorriso titubante.

Per un istante, Morwenna stentò a credere a ciò che vedeva. Era un regalo che un fratello maggiore avrebbe potuto offrire a uno minore. Di certo non a una donna. Come diavolo avrebbe dovuto rispondergli?

«È... molto gentile da parte tua.»

«Provalo» la spronò.

Sollevò lo scudo e glielo porse così che lei potesse infilare il braccio tra le cinghie di cuoio. Il legno era pesante, ma non quanto il macigno della delusione che le riempì il cuore.

Si sforzò di sorridere e annuì. «Grazie.»

Lui la ricambiò. «Ho pensato che ti sarebbe stato utile... per quando combatti.»

Riappoggiò lo scudo a terra e lo guardò in faccia. Credeva davvero che amasse combattere? «Robert, non scenderò mai in battaglia.»

«Lo so, ma ti diverti a addestrarti con noi.»

Chiuse gli occhi per un istante, sentendosi sciocca.

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L'unica persona con cui si divertiva a combattere era lui e anche in quel caso solo come scusa per interagire con l'uomo che le piaceva. Non aveva alcuna intenzione di diventare un guerriero, perciò lo scudo era del tutto inutile. In ogni caso, non voleva sembrare ingrata. «Grazie.»

Lui annuì, ma quando lo osservò meglio, notò la tensione nei suoi occhi. Sembrava covare incertezza all'idea del viaggio.

«Quando intendi partire per Penrith?» gli domandò.

Lui appoggiò il braccio sopra il recinto. «Domattina. Voglio vedere come stanno le cose al castello. E magari incontrare la figlia del conte.»

La lama della gelosia la trafisse. «Così presto?» Ancora più doloroso fu rendersi conto che non poteva fermarlo. Robert l'avrebbe lasciata e probabilmente non lo avrebbe mai più rivisto.

La sua mente si immaginò gli scenari peggiori. La gente di Penrith avrebbe potuto riconoscerlo come l'erede legittimo e il nuovo conte avrebbe voluto perciò sbarazzarsi di lui. O se anche avesse vinto i tornei, la figlia del signore del castello non avrebbe voluto sposarlo.

A essere sincera, sperava che la donna non fosse interessata, il che era ridicolo. Robert era diventato incredibilmente bello. Coraggioso e forte, adorava vederlo combattere. Qualsiasi donna sana di mente si sarebbe innamorata di lui, così com'era capitato a lei.

La sua unica speranza era restargli al fianco, finché poteva. Ma il pensiero della sua partenza mandava in fumo i sogni assurdi che custodiva nel cuore.

«Riconquisterò le mie terre» insistette lui. «Lo devo alla gente di mio padre.»

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Senza pensare, gli strinse le mani. Le proprie le parvero di ghiaccio, strette in quelle calde di Robert.

C'era una certa solennità nell'espressione di Robert, quasi fosse consapevole delle difficoltà che lo attendevano. Le ricordò un soldato in procinto di scendere in battaglia... un soldato che rischiava di non tornare. Il cuore le si contrasse al pensiero, ma cercò di non mostrare le proprie emozioni.

Avrebbe dovuto saperlo che quel giorno sarebbe arrivato. Nel corso dei due anni precedenti, Robert non si era solo addestrato. Aveva parlato regolarmente con lo zio, cercando di scoprire quanto più possibile riguardo a ciò che accadeva nelle terre del padre. E lei aveva sempre saputo che intendeva riconquistarle.

«Non voglio che tu vada» mormorò. Una volta partito, sarebbe stato circondato da altri uomini in competizione per il diritto di reclamare Penrith e la figlia del nobile. La situazione era pericolosa.

Lui le strinse le mani prima di lasciargliele. «Ho aspettato fin troppo. Mi sono comportato come un codardo la sera in cui gli uomini del re ci attaccarono. Ho saputo che la gente di Penrith soffre alla mercé del nuovo conte. Devo scoprire che cosa succede e capire come posso sistemare le cose.»

Nella sua voce, Morwenna colse il desiderio di comportarsi in maniera onorevole. Robert aspirava a reclamare Penrith, e lei lo comprendeva bene. Tuttavia, non voleva che sacrificasse tutto.

«Ci hanno già catturati una volta» gli ricordò. «Se tornerai a Penrith, che cosa impedirà al conte di prenderti di nuovo prigioniero?»

Lui le stava di fronte, la mano appoggiata sul recinto del cavallo. «Lui non ebbe nulla a che vedere con

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l'attacco al castello. E poi non posso restare nascosto per sempre, Morwenna. Non voglio essere quel tipo d'uomo.»

Lei gli si avvicinò. «Ci siamo nascosti perché non avevamo altra scelta.» Anche una volta lasciata l'abbazia e trovato rifugio nella fortezza in rovina, avevano vissuto nella paura costante di essere scoperti dai soldati del re. Continuavano a non sapere perché fossero stati presi prigionieri. Forse non importava più, ma per oltre un anno avevano dormito in una fortezza gelida con un tetto che perdeva. L'unica consolazione era stata che nessuno aveva dato loro la caccia... e, per lei, avere Robert al proprio fianco.

«Ora posso scegliere» spiegò lui. «È per questo che mi sono addestrato tanto. Se sconfiggerò gli altri pretendenti, otterrò la mano della giovane e Penrith sarà di nuovo mia.»

Morwenna non seppe che cosa dire, ma la determinazione di Robert era palese. Vedeva quel matrimonio come un premio da vincere e il mezzo con cui reclamare Penrith.

Sapevi che sarebbe successo, le ricordò la ragione. E il momento che aveva tanto temuto era arrivato.

«E noi?» domandò. «Veniamo con te?» Il pensiero di vederlo corteggiare un'altra donna fu come un pugnale conficcato nel cuore.

«No. Credo sia meglio che vada da solo, Morwenna. Non voglio attirare troppa attenzione su di me.»

Non seppe come rispondergli. «Perciò ti aspettiamo qui?»

Lui scosse il capo. «Dovreste partire anche voi e vivere la vostra vita.»

Era quasi impossibile da immaginare, sebbene a-

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vesse sempre saputo che non potevano restare lì in eterno. Robert aveva sempre sognato di tornare a Penrith e, per un po', lei si era aggrappata alla fragile speranza di restare con lui, finché avesse continuato a addestrarsi. Ma ormai quel periodo era giunto al termine. Il pensiero del futuro la spaventò a morte.

«Che cosa c'è là fuori per me, Robert?» azzardò.

«Magari troverai qualcuno da sposare.»

Percepito lo sguardo di Robert su di sé, si vergognò per le braghe che indossava e la tunica che aveva preso in prestito dal fratello. Era una ragazzina magra che aveva tagliato con un coltello i capelli castani, che ora le arrivavano alle spalle. Aveva la faccia sporca e la pelle sudata. «Nessuno mi vorrebbe» pronunciò. Men che meno l'uomo che desiderava. Lui sembrò sul punto di contraddirla, ma lo interruppe. «E poi non credo che dovresti andare a Penrith da solo. Potrebbe essere pericoloso. Se ancora ti stessero cercando?»

Ma il vero motivo era che non voleva che Robert si sposasse.

«Starò bene, Morwenna, anche senza di te che mi guardi le spalle.» Le accarezzò lievemente il mento, ma lei percepì compassione nella sua voce. Arrossì d'imbarazzo per quel lieve contatto, poiché sapeva che per lui non significava nulla. Per una volta, rimpianse di non indossare una veste o perlomeno di avere un nastro tra i capelli. Qualcosa che gli facesse vedere la donna che desiderava essere, invece della ragazzina impacciata che era.

«Potrei accompagnarti» propose a bassa voce. «Nascondermi tra le dame di compagnia della giovane.»

Il sorriso di Robert vacillò. «Forse è meglio se ci separiamo, Morwenna. Tu hai la tua vita da vivere.»

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