Grs203s il tempo della passione

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ANNE BARTON

Il tempo della passione


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Scandalous Summer Nights Grand Central Publishing - Forever © 2014 Anne Barton This edition published by arrangement with Grand Central Publishing, New York, New York, USA. All rights reserved. Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2015 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 203 del 18/03/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Autentico: (1) Riferito a reperto antico o manufatto originale, non imitato o contraffatto. (2) Vero e reale, come: I suoi sentimenti per l'affascinante avvocato erano autentici e, purtroppo, non ricambiati. Londra, 1817 Qualunque ragazza con un briciolo di buon senso avrebbe rinunciato da tempo a James Averill. Tuttavia il problema di Olivia Sherbourne non era tanto la mancanza di giudizio, quanto l'eccesso di ostinazione. Si struggeva per James da dieci lunghi anni e non le importava se lui la incoraggiava ben poco. La sua pazienza nasceva da un amore profondo, sincero e duraturo. Inoltre una volta lo aveva visto a torso nudo. Ed era magnifico. Il ricordo l'aveva sostenuta per quasi un intero decennio. Persino in quell'istante, mentre lo spiava dal capo opposto della sfarzosa sala da ballo di Lady Easton, si figurava alla perfezione cosa si nascondeva sotto l'elegante giacca da sera: pelle calda e abbronzata, muscoli possenti e un addome scolpito degno di Apollo. L'immaginazione non le mancava e ne faceva spesso uso. Al momento, mentre lo vedeva conversare con suo fratello Owen, Duca di Huntford, non poteva impedirsi di pensa5


re a quanto le sarebbe piaciuto insinuare le mani sotto i risvolti della giacca, accarezzare il petto robusto, scoprire le straordinarie spalle larghe e intrecciare le dita ai corti riccioli castani. Di norma era più portata per l'azione che per la fantasia. Esprimeva le sue opinioni in piena libertà ‒ fin troppo, a parere del fratello ‒ e agiva come riteneva giusto, anche contro il giudizio della buona società. Senza curarsi delle opinioni altrui, coltivava i propri interessi: un'istruzione che andava oltre la musica e la lingua francese, una parvenza di controllo sul suo avvenire e le amicizie vere, anche se poco convenzionali. Non era timida nel tentare di esaudire i propri desideri. Tranne quando si trattava di James. Perché quello contava più di tutto il resto. Amava in segreto l'amico d'infanzia del fratello da così tanto tempo da rischiare di essere definita, be'... un po' patetica. Tuttavia negli ultimi tempi lui aveva dimostrato di notarla, rivolgendole qualche occhiata distratta e, a volte, incuriosita. Certo, non erano segnali troppo incoraggianti, ma chissà... Magari quella sera l'avrebbe finalmente invitata a ballare un valzer. A una ragazza era concesso sognare. Comunque Olivia era disposta ad aspettare che James cominciasse a ricambiare i suoi sentimenti. Si sarebbe addirittura accontentata di rimanere dove si trovava, ai margini della pista da ballo, e di osservarlo di sottecchi per l'intera serata. Non aveva mai difficoltà a individuarlo in mezzo alla folla e la vista del suo fisico atletico e del suo sorriso aperto le trasformava le gambe in gelatina. Si lasciò sfuggire un sospiro. Un colpetto di tosse la costrinse a distogliere lo sguardo da James per puntarlo sul volto bello ma banale del giovanotto che aveva di fronte. «Scusatemi, Lord Dixon. Mi ero persa in fantasticherie, temo» ammise arrossendo. «Sono io a chiedervi perdono per avervi colta alla sprov6


vista.» Il marchese le rivolse un sorriso rassicurante. «Vi confesso che la vostra capacità di sognare a occhi aperti in mezzo alla confusione di una festa mi colpisce. Per non dire che la trovo affascinante» aggiunse con uno scintillio negli occhi azzurri. «Siete molto gentile.» Lord Dixon era il tipo di gentiluomo che, secondo Owen, Olivia avrebbe dovuto sposare: rispettato, nobile, ricco e sempre impeccabile. Lei stessa gli attribuiva un solo difetto: non era James. Lui si lisciò il panciotto con una mano e tossicchiò ancora. «Lady Olivia, gradireste...» «Ah, eccoti.» Rose, la sorella minore, si avvicinò quasi di corsa, senza fiato e agitata in maniera insolita. «Buonasera, Lord Dixon» lo salutò con una rapida riverenza. «Spero di non disturbare.» «Niente affatto. Stavamo solo per...» «Potremmo scambiare due parole, Olivia?» Lanciò un'occhiata di scuse al marchese. «In privato.» Il suo volto, di solito sereno, era corrucciato. Un brivido percorse la schiena di Olivia. La sorellina non l'avrebbe mai trascinata via in modo così scortese se non ci fosse stato un problema grave e urgente. «Ma certo.» Lord Dixon rivolse loro un gentile inchino. «Non voglio trattenervi. Riprenderemo la conversazione in seguito, se vi farà piacere.» «Ne sarò lieta» confermò Olivia. «Grazie per la comprensione.» «Sì, grazie» fece eco Rose, mentre la strattonava per un braccio. La condusse in un angolino appartato, in mezzo a due palme in vaso, e cominciò a torcersi le dita. «Mi spaventi, Rose. Che cos'è successo?» «Ho appena appreso una notizia e te la volevo comunicare subito. Ti sconvolgerà, temo...» Olivia sentì le dita intorpidirsi. «Qualcuno è malato? La 7


madre di Anabelle? Oppure la bambina?» «No, no, stanno bene. Non è niente del genere.» «Cosa, allora?» Gli occhi della giovane brillavano di compassione. «Riguarda Mr. Averill.» «James?» Sentendo tremare le ginocchia, Olivia si aggrappò al bordo di un vaso per sostenersi. «Si è forse...» Nel nome del cielo, faticava persino a pronunciare la parola. «... fidanzato?» Le mancò la voce. La sorella scosse il capo con enfasi. «No.» Lei tirò il fiato e annuì. «Bene.» Se James non stava per sposarsi ed era vivo, la notizia non poteva essere devastante, giusto? «Ha appena fatto un annuncio. A quanto pare, è in partenza per l'Egitto.» Il salone s'inclinò da un lato. «L'Egitto?» «Sì. Parteciperà a una spedizione archeologica, per due anni.» Olivia batté le palpebre. «Due anni, hai detto?» «Purtroppo sì.» Deglutì nel tentativo di alleviare un doloroso groppo in gola. «Quando? Quando dovrebbe partire?» «Alla fine dell'estate. Mi dispiace tanto, Olivia.» «Non c'è problema» mentì. «Come ovvio, conosco la sua passione per l'antichità. Solo che non m'immaginavo...» Un futuro senza James. «Preferisci andare via? Potrei avvisare Owen che hai mal di testa e accompagnarti a casa.» «No. Non voglio rovinarti la serata.» «Non m'importa...» «Lo so.» Olivia si portò un ricciolo dietro l'orecchio, tentando di recuperare la calma. «Alla fine dell'estate... Quanto manca? Soltanto otto settimane?» «Sì» confermò Rose, sgomenta quasi quanto la sorella. «Allora non ho molto tempo a disposizione.» 8


«Per cosa?» «Per farlo innamorare di me.» Certo, innanzi tutto avrebbe dovuto convincere James a notarla, smettendo di considerarla una parte dell'arredamento. Rose aggrottò la fronte. «Dubito che sia possibile far innamorare qualcuno.» Al solito, incarnava la voce della logica e del buon senso. Tuttavia esisteva anche il momento della passione. E Olivia decise che era giunto. «Hai ragione, come sempre. Eppure voglio tentare.» «In che modo?» «Mi piacerebbe tanto saperlo.» Aveva già provato con gli abiti arditi, le storte alle caviglie e le poesie toccanti. «Nessuna delle mie tattiche sottili è servita a catturare la sua attenzione.» «Ti devi ricordare» azzardò con dolcezza Rose, «che Mr. Averill è un caro amico di Owen. A volte nostro fratello incute timore.» Olivia apprezzò il tentativo di persuaderla che James la ignorava a causa di Owen, però sapeva che non era così. «James non teme nostro fratello né nessun altro.» Benché si presentasse come un perfetto gentiluomo, era forse il miglior pugile di Londra. «È vero. Tuttavia ha uno spiccato senso dell'onore e quindi rispetta la volontà di Owen per quel che riguarda il tuo futuro. Un conto sono gli incontri sul ring e un altro le sorelle degli amici.» «Non voglio che Owen interferisca in questo aspetto della mia vita. E, considerata quest'ultima notizia, penso che ricorrerò a misure drastiche.» La sorella impallidì. «Ho sempre ammirato il tuo carattere impulsivo...» esordì. «Ma...?» «Devi riflettere su cosa dirai a Mr. Averill questa sera. Le tue azioni potrebbero avere conseguenze gravi e durature... per tutti e due.» 9


«Lo so.» Deglutì, calmandosi. «Non mi auguri buona fortuna?» L'abbracciò. «Certo, lo sai bene. Soltanto... sii prudente. Non voglio che tu soffra.» «Nemmeno io» le rispose con un debole sorriso. Tuttavia si rendeva conto che rischiava di spezzarsi il cuore. Il suo amore non ricambiato doveva apparire assurdo agli amici e ai parenti. Lei stessa s'interrogava ogni giorno sul proprio buon senso. La sua non era però un'infatuazione passeggera. Olivia aveva un legame profondo con James, lo sapeva comprendere. Era affascinata da come muoveva le labbra quando rifletteva − quasi dibattendo tra sé sul modo migli ore di affrontare un problema. Amava come s'illuminava in viso nel descrivere le ultime acquisizioni del British Museum. Adorava persino la sua tendenza a distrarsi se notava una pianta rara mentre lei tentava di mostrargli un paio di scarpette nuove. Comunque Olivia non si sarebbe mai abbassata a tendergli una trappola per costringerlo a sposarla. Non lo voleva certo ingannare per diventare a tutti i costi sua moglie! Sperava invece− lo sognava ogni notte da dieci anni − nel suo amore incondizionato. Voleva svegliarsi accanto a lui e chiacchierare a tu per tu a colazione. Desiderava cavalcare al suo fianco per l'intero pomeriggio e poi trovare un punto in ombra dove gustare pollo freddo, pane croccante e fragole. Voleva che lui raccogliesse per lei fiori selvatici, gliene infilasse uno dietro l'orecchio e la guardasse come se non avesse creduto all'immensa fortuna di averla trovata. Anche se, a dire il vero, era stata lei a trovare lui. Però l'amava troppo per sottilizzare su simili inezie. E proprio per quello l'idea di confessargli i propri sentimenti la spaventava da morire. Dopo quella sera non sarebbe più riuscita a ingannarsi con banalità quali: Non si rende conto che lo stimi tanto, 10


oppure Teme che le sue attenzioni non vengano gradite. Doveva invece affrontare la possibilità reale e terrificante che James non ricambiasse i suoi sentimenti. SentÏ un brivido gelato sulla schiena, ma decise di ignorarlo. Dieci anni di sogni e due Stagioni e mezzo di attesa non potevano andare sprecati. Il loro idillio sarebbe iniziato quella sera stessa. Si rifiutava di credere altrimenti. James Averill andava perdonato se si presentava un po' brillo al ballo di Lady Easton. Stava festeggiando, dannazione. Un paio di mesi e sarebbe stato a bordo di una nave diretta alla terra delle meraviglie archeologiche. Erano occorsi anni di meticolosa preparazione, ma alla fine stava realizzando il suo sogno. Aveva messo da parte abbastanza soldi per garantire l'agiatezza alla madre e al fratello e si era procurato un socio per non piantare in asso i clienti. Presto si sarebbe lasciato alle spalle lo studio legale, con le sue pile di noiosissimi contratti e soporiferi trattati di giurisprudenza, e si sarebbe lanciato nella grande avventura della sua vita. Il che richiedeva un altro brindisi. Perlustrò con lo sguardo il salone affollato. Huntford e Foxburn superavano di una testa gli altri ospiti e quindi erano facili da individuare. Sorrise e, rivolgendo un cortese cenno di saluto a un visconte e a un gruppetto di attempate matrone, si fece strada nella calca per raggiungere gli amici. Grazie alla giacca elegante e ai modi impeccabili, s'inseriva piuttosto bene in quel mondo privilegiato. Come alcune specie di lucertole del deserto, si mimetizzava col paesaggio. Tuttavia, in momenti come quello, si rendeva conto piÚ che mai che le sale da ballo non erano il suo ambiente naturale. Era un avvocato e lavorava per mantenersi. Huntford e 11


Foxburn non glielo rinfacciavano di certo, anche perché sapevano che li avrebbe presi a calci nel sedere da Londra e Edimburgo e ritorno. «Buonasera, gentiluomini.» James doveva ammettere che la vita coniugale giovava ai due amici. Il Duca di Huntford aveva la solita espressione imbronciata, ma a suo parere era soltanto una posa. Il Conte di Foxburn, invece, sorrideva con una frequenza sorprendente. «Averill» rispose Huntford con un'amichevole pacca sulla spalla, mentre Foxburn faceva segno a un cameriere di passaggio. James dedusse che il desiderato bicchiere era in arrivo. Il duca protese il busto possente verso di lui e abbassò la voce. «Devo discutere con te di una certa faccenda.» «D'affari?» L'avvocato si augurò che non si trattasse di una questione complessa, poiché al momento non si sentiva molto lucido. Il duca aggrottò la fronte. «In un certo senso. Ci possiamo incontrare domani nel tuo studio?» «Certo» confermò l'amico inarcando un sopracciglio. «Molto bene. Ne discuteremo allora.» Si pizzicò il dorso del naso e scosse il capo, come per liberare la mente da pensieri fastidiosi. Foxburn batté con calma la punta del bastone da passeggio sul parquet. «A quanto pare, bisogna congratularsi con te, Averill.» «Sì. Ormai sono pronto. Partirò per la spedizione alla fine dell'estate.» «Egitto.» Il conte rifletté per qualche istante mentre beveva una lunga sorsata. «Abbandoni tutto questo...» Tracciò un arco con la canna per indicare il salone scintillante. «... per cavalcare cammelli?» «E togliere le bende alle mummie» rincarò Huntford. «E dormire in una tenda.» Foxburn si stava divertendo. «Stai attento a non riempirti di sabbia le mutande.» 12


I tre amici fecero una smorfia al pensiero. «Varrà la pena di sopportare i disagi» dichiarò quindi James, «se scoprirò anche un solo manufatto antico, un indizio per comprendere meglio le civiltà che ci hanno preceduto.» «Cosa mai potrebbe essere?» domandò scettico Huntford. «Un frammento di vasellame? Quella che forse un tempo era una punta di lancia, ma che somiglia a una pietra qualunque?» «Ebbene, sì.» In realtà si augurava di scovare un oggetto con scritte o dipinti, un pezzo unico mai rinvenuto prima, però spiegarlo a quei due sarebbe stato uno spreco di fiato. «Se troverò qualche vaso o qualche pietra antica, sarò più che soddisfatto del viaggio.» Huntford e Foxburn lo fissarono a occhi sbarrati, come se fosse stato destinato al manicomio di Bedlam. James stava per mandarli al diavolo, quando si avvicinò il cameriere con un calice di vino. Dopo una lunga sorsata il suo umore migliorò notevolmente. Appena le note di un valzer risuonarono nell'aria, il duca e il conte allungarono il collo in cerca delle rispettive consorti, che erano sorelle e, benché non si somigliassero, erano molto belle, ognuna a modo suo. «Vi conviene correre dalle vostre mogli» suggerì James. «Di sicuro c'è già mezza dozzina di bellimbusti pronti a invitarle a ballare.» «Anabelle e Daphne sono capaci di difendersi dagli importuni» ringhiò Huntford. «Vero, Foxburn?» Il conte sbuffò. «Mi dispiace per quei poveri bastardi.» James non aveva motivo di dubitare delle loro parole, tuttavia notò che si facevano quasi largo a spintoni per raggiungere le due attraenti signore. Sorridendo tra sé, si guardò attorno in cerca di un angolo tranquillo dove finire di bere e individuare un paio di ragazze carine da invitare poi. 13


Era un buon piano e la serata si prospettava piacevole. Almeno finché Olivia Sherbourne non lo colse al varco. Anzi, questa era un'espressione troppo benevola, poiché in realtà Olivia gli dava una caccia spietata. Spuntare fuori dal nulla era una sua sgradevole abitudine. Un istante prima James era rilassato e intento a cercare con lo sguardo possibili dame per un ballo, e un attimo dopo si ritrovava di fronte una forza della natura dai capelli castani e dagli occhi da cerbiatta. Un uragano in grazioso abito azzurro. «Eccovi!» esclamò. «Venite con me.» Niente saluti né convenevoli, soltanto venite con me. Doveva davvero andare? In realtà James era ben felice di restare dov'era a sorseggiare vino. Ma Olivia si stava già dirigendo a grandi passi alla portafinestra in fondo alla sala, convinta che lui la seguisse come un cagnolino bene addestrato. Era la sorella di Huntford, nel nome del cielo! Lui non poteva accontentarla. Maledizione all'inferno! Lei scomparve per qualche istante dietro un trio di matrone, poi uscì all'aperto. James la imitò, tentando di non farsi notare e determinato a ricondurla nel salone al più presto. Sbucò sul terrazzo, largo quanto l'ampia facciata del palazzo e rischiarato appena da qualche lanterna e dalla luna, che brillava argentea nel cielo sereno. «Per di qua» lo chiamò la ragazza da un angolo appartato. Mentre agitava le braccia, i guanti bianchi spiccavano nella penombra, simili alla luce di un faro su una scogliera. L'istinto gli suggeriva di non assecondarla. Gli gridava di starle lontano, e i suoi piedi erano inchiodati al suolo. Olivia percepì la sua esitazione e gli andò incontro. «Non abbiamo molto tempo» spiegò, trascinandolo senza cerimonie per il braccio libero. Per lo meno non gli faceva rovesciare il vino. 14


«Dove andiamo?» Gli pareva una domanda legittima e sperava di tutto cuore che la risposta non fosse Gretna Green. «Proprio qui» lo informò lei, fermandosi davanti a una panchina di pietra. «Perché?» Si sedette e lo trascinò con sé. Era impossibile decifrare la sua espressione, ma il petto si alzava e riabbassava in fretta, come per paura. I piccoli denti bianchi mordicchiavano il labbro inferiore. Dal momento che ormai era riuscita a persuaderlo, Olivia pareva a corto di parole. Questo non le capitava mai. «Siete forse nei pasticci?» «No» si affrettò a negare. «Be', non che io sappia.» James sorrise. «Mi fa piacere. Persino da ragazzina avevate la tendenza a cacciarvi nei guai. Ricordate quando entraste di soppiatto nella scuderia con i puledri e poi...» «Evitatelo» lo interruppe seccata. «Che cosa?» Stava solo tentando di metterla a suo agio, ma lei non si mostrava affatto grata. «Non mi trattate come la sorellina di Owen.» Per tutti i diavoli! James svuotò il calice d'un fiato e lo posò sulla panchina. «Se non volete essere considerata una bambina, smettete di comportarvi come tale» la rimproverò con calma. «Ditemi perché mi avete portato qui.» Olivia s'inumidì le labbra con la punta della lingua. Non servì a nulla, perché aveva la bocca secca come uno straccio della polvere. «Avevo bisogno di parlarvi in privato.» Negli occhi verde muschio di James balenò un lampo di sfida. «Vi ascolto.» Il polso accelerò. La conversazione non procedeva come sperato. Lui avrebbe dovuto cogliere il tremito nella sua voce, prenderle le mani e accarezzarne con il pollice il dorso, attraverso i guanti. E poi guardarla preoccupato, 15


ammirando, nel frattempo, l'ampia scollatura dell'abito da sera. Invece le braccia muscolose erano conserte, le labbra carnose appiattite in una linea sottile e l'espressione esasperata di chi aveva ordinato un tè un'ora prima e lo stava ancora aspettando. In preda al panico, Olivia prese in considerazione l'idea di inventarsi una scusa per il proprio comportamento. Magari affermare che intendeva comprare un regalo per il bebè di Anabelle e Owen e che stava pensando a un cucciolo. Senza dubbio James aveva un'opinione in proposito. «Olivia.» Il tono rivelava l'impazienza, ma anche un accenno di compassione che la incoraggiò a proseguire. Non poteva sondare l'acqua con la punta del piede; ci si doveva tuffare a capofitto, anche se era molto profonda. Deglutì e fissò gli splendidi occhi verdi. «Io vi amo.» James batté le palpebre. Sembrava disorientato come se fosse stato svegliato nel cuore della notte. E per nulla contento. «Cosa intendete?» Olivia prese fiato. «Tutto cominciò nell'estate del 1807, quando veniste a trovare mio fratello a Huntford Manor. Owen preferiva passare le vacanze con gli amici, ma nostro padre insisteva affinché trascorresse almeno una settimana con noi, e vi invitava sempre. Ai tempi avevo undici anni e volevo pescare insieme a voi due, però mio fratello affermava che non potevo perché avrei solo spaventato i pesci. Io mi rifiutavo di andarmene...» «Come ovvio» borbottò James. «Dunque rammentate quel giorno?» «No. Vi prego, continuate.» Riprese in mano il calice e, sconsolato, ne fissò il fondo vuoto. «Owen minacciò di buttarmi nel fiume se non fossi tornata a casa.» «Permettetemi di indovinare.» Si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli in modo assai affascinante. «Io vi 16


difesi. Sferrai un pugno al naso di Owen per convincerlo a consentirvi di restare.» «No, meglio ancora. Mi deste la possibilità di dimostrare il mio valore. Diceste che, se fossi riuscita a fissare all'amo un verme vivo senza fare smorfie, avrei avuto il permesso di pescare insieme a voi. In caso contrario, me ne sarei dovuta andare.» «E come ve la cavaste?» «Ci riuscii. Be', Owen sosteneva che non avevo superato la prova a causa dei conati di vomito...» James ebbe un fremito. «Li avevate sul serio?» «Un po'. Però voi dichiaraste che non erano proibiti dall'accordo, e quindi avevo il diritto di rimanere.» «Capisco.» Si lanciò un'occhiata alle spalle, in direzione della sala. «Dunque volevate esprimermi la vostra gratitudine e lo avete fatto. Ottimo. Adesso torniamo nel salone?» Con un'audacia sorprendente persino per lei, Olivia gli posò una mano sulla gamba. Per la precisione, sulla coscia soda e muscolosa. «Non vi ho ancora detto tutto.» James puntò lo sguardo sulla sua mano e lo trattenne. «Dubito che ci sia tempo per l'intera storia, Olivia. Siamo qui fuori da un quarto d'ora e siete arrivata soltanto al 1807.» Lei inclinò il capo in modo da costringerlo a guardarla negli occhi. «Ho atteso dieci anni per dichiaravi cosa provo. Vi prego, lasciatemi finire.» James le coprì la mano con la propria, generando un delizioso tepore che le percorse il braccio e il corpo e le mozzò il fiato. «Se qualcuno ci sorprendesse qui da soli» l'avvisò a bassa voce, «la vostra reputazione sarebbe rovinata. Per giunta vostro fratello m'infilzerebbe da parte a parte con la spada. Se desiderate aggiungere altro, ci possiamo accordare per...» «Non impiegherò molto.» Il tentativo di James di ritrarsi alimentò la determinazione di Olivia. «Non m'innamorai di voi quel giorno stesso, però cominciai allora. Ogni estate vi 17


conoscevo meglio e voi mi facevate sentire importante, qualcosa di più della molesta sorellina di Owen. Vivevo aspettando il momento in cui vi avrei rivisto.» «Eravate molto giovane» commentò lui. «Era una semplice infatuazione.» Lacrime di rabbia le spuntarono agli occhi. «E allora per quale motivo vi ho atteso tanto a lungo? Come mai sono sconvolta dalla notizia che presto partirete per l'Egitto? Perché vi sogno ogni notte?» James si alzò e si passò le mani sul volto. «Non sapete cosa state dicendo.» Olivia scattò in piedi a sua volta e si piantò di fronte a lui. «Guardatemi, James. Non sono più una bambina.» Puntò le mani sui fianchi per metterlo in evidenza. «Non si tratta di una infatuazione, non più.» «Avete bevuto?» Olivia sospirò, aveva previsto quella domanda. «Ho rubato qualche sorso di brandy dal bicchiere di Owen, ma ormai sono passate ore.» «Siete incorreggibile, lo sapete?» Lei tastò il lungo ricciolo che le ricadeva ad arte sulla spalla destra. «A quanto pare, stasera vi ho colto di sorpresa ben due volte e me ne compiaccio.» Vedendolo serrare la mascella, provò l'impulso di accarezzargli il mento, ombreggiato dalla barba in crescita. «Ho una mezza intenzione di tornare a passo di marcia nella sala» dichiarò James, indicando dietro di sé, «per informare vostro fratello che avete bisogno di uno chaperon che vi stia alle calcagna per il resto della Stagione.» Le larghe spalle tendevano il tessuto della giacca quando agitava le braccia per sottolineare le parole. Olivia si avvicinò a poco a poco, fino a sfiorargli quasi il petto. Quello che aveva visto nudo, in tutto il suo splendore. James odorava di cuoio, di inchiostro e di maschio. «Non lo farete» affermò. 18


Un sorriso ferale gli illuminò il viso. «Sì, invece.» Olivia sentiva il cuore martellare nel petto. Sapeva cosa fare. Prima di perdere il coraggio, gli gettò le braccia al collo e si sollevò in punta di piedi. E lo baciò.

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L'amante del libertino VICKY DREILING Inghilterra, 1819 - Andrew Carrington, Conte di Bellingham, sta cercando una nuova amante, impresa non facile visto che lui è piuttosto esigente in proposito, e quella sera al ricevimento di Lady Atherton sembra che siano presenti solo sciocche debuttanti in cerca di un buon partito o gentildonne felicemente sposate, che non fanno al caso suo. Annoiato, sta per andarsene quando rimane abbagliato dalla provocante sensualità di una dama bionda che risveglia all'istante il suo istinto di conquistatore. È Laura Davenport, una giovane vedova virtuosa e dai modi irreprensibili che non esita a voltargli le spalle, indignata e imbarazzata da tanta spudorata arroganza. Una reazione che per Andrew è un ulteriore stimolo: quando mai, infatti, ha perso l'occasione di convincere una donna a rinnegare i propri principi morali?

Il tempo della passione ANNE BARTON Inghilterra, 1817 - In quanto sorella del ricco Duca di Huntford e fanciulla di notevole bellezza, Olivia Sherbourne è abituata a ottenere tutto ciò che desidera. Tutto, tranne l'uomo dei suoi sogni, che dieci anni prima l'ha stregata con un sorriso e ancora adesso sa colpirla dritto al cuore con una semplice occhiata. James, però, coltiva sogni ben diversi da quelli matrimoniali, ed è in partenza per un viaggio alla ricerca di manufatti antichi, che lo terrà lontano per mesi. A Olivia, dunque, non resta che smetterla di perdersi in fantasticherie e sfruttare i pochi giorni a disposizione per far innamorare di sé il gentiluomo. Ma l'amore rende ciechi, e così quello che doveva essere il tempo della passione si rivela il tempo degli equivoci, e quella che doveva essere una proposta di matrimonio si tramuta in un frettoloso saluto...


Inganno e verità CANDACE CAMP Scozia, 1807 - Jack Kensington è riuscito a vincere al gioco la fiorente tenuta di Baillannan, ma non sembra altrettanto bravo a sconfiggere la determinazione di Lady Isobel, disposta a tutto pur di rimanere nella dimora che appartiene da tempo immemorabile alla sua famiglia... persino a proporgli un'unione di convenienza.

L'onore di una dama JULIA LONDON Inghilterra, 1812 - In un momento di difficoltà in famiglia, tocca a Miss Honor Cabot cercare una soluzione, e se per riuscirci dovrà stringere un patto con il diavolo lo farà. Solo non credeva che il demonio avesse le sembianze seducenti e il fascino letale di George Easton, il più noto libertino di tutta Londra.

Il galateo del duca MEGAN FRAMPTON Inghilterra, 1840 - Quando Marcus, Duca di Rutherford, capisce di non sapersi comportare come il suo rango prevede, decide di prendere lezioni di galateo. Invece di aiutarlo, però, quelle lezioni si rivelano una tortura, perché conciliare l'etichetta con i pensieri a dir poco licenziosi che la giovane insegnante gli ispira è impossibile!

La via della seduzione ALISON DELAINE Francia - Inghilterra, 1768 - 1769 - Curare un famoso libertino senza fargli capire di essere una donna si rivela per Millicent Germain un'impresa più difficile del previsto. Perché quando le mani esperte del Duca di Winston la sfiorano, in modo tutt'altro che casuale, risvegliano con prepotenza la sua femminilità...

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