QUELLO CHE LE LETTRICI VOGLIONO. Questo mese per voi...
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CANDACE CAMP
Inganno e verità
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Treasured Pocket Books, New York © 2014 Candace Camp By arrangement with Maria Carvainis Agency, Inc. and Agenzia Letteraria Internazionale Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2015 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 204 del 6/05/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo Scozia, aprile 1746 Camminava in fretta, a passi felpati sul sentiero di terra battuta, senza quasi notare le umide pareti di roccia attorno a lui. Aveva sistemato l'oro, consegnandolo in mani sicure, mani cui avrebbe affidato la sua stessa vita. Ormai era libero di rintracciare il principe e i suoi Highlander in fuga. Nonostante la tremenda sconfitta, era certo che si sarebbero ripresi, fieri e determinati com'erano, avendo un po' di tempo a disposizione... e grazie al patrimonio che aveva portato per loro. Non dubitava che li avrebbe trovati. La terra era sua e ne conosceva ogni anfratto, ogni grotta, ogni rovo che potesse offrire riparo. Se non fosse riuscito a eludere le Giubbe Rosse e a scovare gli uomini che cercava con tanto zelo, non avrebbe meritato il nome di Laird di Baillannan. Tuttavia intendeva iniziare le ricerche l'indomani. Al momento Malcolm Rose aveva un obiettivo diverso. Aveva in mente una sola persona, un luogo preciso. Una notte, prima di separarsi ancora. Il suo cuore accelerò il battito mentre la fine del tunnel si avvicinava, desideroso, come sempre all'idea di rivederla, di volare fuori dal petto. Anche dopo tanti anni, e benchÊ si fossero incontrati il giorno prima, Malcolm era impaziente come un ragazzino. 5
Aprì la porticina in fondo al cunicolo e si chinò per passare. Ciò che vide quando rialzò la testa era così inatteso da privarlo della capacità di parlare, di ragionare. «Tu?» riuscì solo a chiedere. «Sì, io.» Il sorriso che accompagnava le parole esprimeva un amaro senso di trionfo. «Che cosa diavolo ci fai qui?» I suoi segreti erano dispersi al vento, lo sapeva. Questo, però, gli comunicava uno strano sollievo. Ormai era finita. Avanzò di un passo, così concentrato sul confronto imminente da non udire il fruscio alle sue spalle, finché la lama sottile d'acciaio di Toledo non gli penetrò tra le costole e si conficcò nel cuore.
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1 Scozia, aprile 1807 Pioveva. Non smetteva, pensò con fastidio Jack, sin da quando aveva messo piede in quella terra arretrata. A volte l'acqua cadeva a scrosci obliqui, che lo pungevano come punte di ferro, e altre si riduceva a un piovischio costante e deprimente. E nei brevi intervalli senza pioggia, la foschia velava ogni cosa, poiché l'aria era satura d'umidità. Una goccia gelida s'insinuò dentro il pastrano, bagnandogli il collo e scivolando sulla schiena. Jack sollevò il colletto e osservò il paesaggio brullo. La strada − se così si poteva definire quel sentiero stretto e pieno di solchi− t agliava fitti grovigli di erica e si perdeva in lontananza. Tra lui e la cortina di nebbia grigia non c'erano quasi alberi e si stendeva invece la brughiera verde e bruna, con pochi arbusti stentati. Sulla destra, un fosso scavato di fresco lasciava in mostra la terra nera. Pietre di varie dimensioni punteggiavano il suolo grumoso e irregolare, che accentuava il senso di desolazione. Cosa gli era saltato in testa di andare in Scozia? Si era posto la stessa domanda durante la notte, mentre giaceva sul sottile materasso di paglia della misera locanda di Kinclannoch, anzi, se lo chiedeva ogni sera da una settimana intera e non aveva ancora trovato una risposta soddisfacente. Non aveva veri motivi per visitare la dimora di 7
cui era entrato in possesso o per parlare con la gente che lavorava nei terreni circostanti. Il suo unico desiderio era vendere la tenuta che la fortuna gli aveva fatto cadere in grembo come una prugna matura. Che a solleticarlo fosse stato l'istinto di possesso o l'assurdo orgoglio di essere diventato un proprietario terriero, la verità era che la decisione impulsiva di recarsi lassù per dichiararsi padrone del luogo lo rendeva stupido quanto lo scozzese che aveva puntato al gioco la propria casa e l'aveva persa. Tuttavia sarebbe stato ancora più insensato tornare indietro proprio quando la meta era vicina. Se Jack aveva inteso bene le spiegazioni del locandiere, nonostante la sua parlata quasi incomprensibile, non gli mancava molto ad arrivare. Il cavallo emise un sommesso nitrito e scartò da un lato quando una raffica di vento li sferzò, sbattendo la pioggia in faccia a Jack e scoprendogli quasi il capo. Lui afferrò al volo il cappello, prima elegante e ormai fradicio, per cacciarselo bene in testa e accarezzò il collo dell'animale. «Tranquillo, Pharaoh.» La foschia si diradò un poco e gli permise di scorgere lo stretto loch e, finalmente, la casa. Questa sorgeva su un ripiano roccioso sopra la sponda; una costruzione squadrata in pietra, non ingentilita da curve o decorazioni. Grigia e tetra come lo specchio d'acqua e il cielo che lo sovrastava, pareva generata dal cupo paesaggio. Baillannan. Se Jack aveva sperato di risollevarsi lo spirito visitando la nuova dimora, ormai sapeva di essere destinato a un'amara delusione. Nulla avrebbe potuto apparire meno accogliente. Reprimendo un sospiro, spronò il cavallo e proseguì. Isobel, concentrata sui punti del ricamo, trasalì quando 8
la zia esclamò: «Abbiamo visite! Che piacere! Barbara, sapevi che stava arrivando qualcuno?». «Isobel» la corresse automaticamente, e lei confermò con un cenno vago. «Sì, cara, certo.» «Chi è?» Ripose il lavoro e si alzò, animata da un'improvvisa speranza. «Andrew?» Strizzando gli occhi, la zia Elizabeth spiò giù in cortile. «Non mi pare di conoscerlo.» «Un forestiero?» La raggiunse alla finestra, ma l'uomo era già sparito. Vide soltanto lo stalliere che conduceva per le redini un baio sconosciuto. «Sembrava bagnato fradicio, poveretto» commentò la zia in tono comprensivo. «Forse è un viaggiatore in cerca di riparo dalla pioggia.» «Diretto dove?» domandò Isobel, pragmatica. «Secondo me si è smarrito. Senza dubbio Hamish gli indicherà la strada giusta.» «Sarebbe carino ricevere visite» notò Elizabeth con espressione malinconica. «Se ne sono andati in tanti e quasi non si vede più nessuno.» «Già. A causa delle Clearances la maggior parte della popolazione è stata allontanata, e ora i nostri vicini più prossimi sono le pecore» concordò con asprezza. «I MacKenzie non avrebbero venduto se Ronald fosse stato ancora vivo. Povera Agnes. Non le piacerà vivere a Edimburgo, anche se il figlio ne ha tratto profitto.» Agnes MacKenzie era la migliore amica di Elizabeth, che si sentiva sola dopo la sua partenza. A parere della nipote, ne risentiva, oltre che nell'umore, anche nella mente; negli ultimi mesi, infatti, pareva più smemorata di prima. Isobel si limitò a borbottare qualche parola di assenso. Non voleva incoraggiare la zia a lanciarsi in quel discorso spiacevole. Tornò al sofà e riprese in mano il telaio da ri9
camo. «Temo di aver combinato un pasticcio con gli ultimi punti. Come potrei rimediare?» Distratta dalla richiesta di aiuto, Elizabeth fece per avvicinarsi, ma venne fermata dal suono di una voce concitata proveniente dal pianterreno. Sorprese, le due donne guardarono verso la porta. Pochi istanti dopo si udirono passi rapidi sulle scale, poi una cameriera entrò di corsa nel salotto. «Miss Isobel!» Le tremava la voce per l'agitazione e il volto era arrossato. «Hamish vi chiede di scendere subito. Un uomo appena arrivato sostiene che Baillannan è sua!» «Cosa?» Isobel la fissò sbalordita, convinta di aver capito male, tanto assurde erano quelle parole. «Un uomo, Miss Isobel, alla porta. Un inglese. Afferma di essere il nuovo padrone. Hamish gli ha detto che è pazzo, ma quello ha risposto: "No, è proprio così", e gli ha mostrato un foglio. Allora lui mi ha mandata a chiamarvi.» «Isobel...» La zia la guardò perplessa. «Non capisco. Un inglese qui? Chi è? Cosa intende?» «Non ne ho idea. Sono assurdità, è ovvio.» Si diresse alla porta. «Non temete, zietta, sistemerò tutto.» Giunta agli ultimi gradini, vide Hamish, il maggiordomo al servizio dei Rose da decenni, in piedi a braccia conserte, come per bloccare l'accesso alle scale. Si scorgeva il volto rugoso, di solito severo e impassibile, rosso come una barbabietola; le sopracciglia cespugliose dovevano essere aggrottate e gli occhi scuri dovevano sprizzare ostilità. Di fronte a lui c'era uno sconosciuto, alto e bruno, con espressione frustrata. Sarebbe stato attraente, se non fosse sembrato zuppo fino alle ossa, con la cravatta ridotta a un grumo informe, le punte del colletto flosce e l'elegante giacca di lana deformata dall'acqua. Aveva in mano il cappello fradicio e, di traverso sul braccio, un pastrano grigio 10
con mantellina; i due indumenti andavano formando una pozzanghera sul pavimento di pietra. Gli stivali erano incrostati di fango e, sotto la giacca sbottonata, la camicia bagnata aderiva al petto. Era di sottile batista, resa quasi trasparente dall'acqua, e rivelava ogni linea e curva del torace. L'uomo scostò dal viso un ciuffo spettinato e lo lasciò sgocciolare. I capelli erano bruni e, tirati all'indietro come in quel momento, mettevano in rilievo il volto dalla mascella squadrata e dagli zigomi alti. Una goccia solitaria scivolò sulla tempia, giù sulla guancia e attorno alla mascella, poi scomparve tra le pieghe della cravatta. Isobel si rese conto di fissarlo e subito si riprese, arrossendo un poco. «Hamish? C'è qualche problema?» Lo sconosciuto la guardò con sollievo ed esclamò: «Madam! Grazie al cielo parlate inglese». Lei inarcò le sopracciglia e rispose con una punta di divertimento: «È ovvio, signore. La maggior parte di noi lo parla, come immagino noterete». «Non ne avevo l'impressione» la contraddisse, scoccando un'occhiataccia al maggiordomo. «Che ci posso fare se non capite niente?» ringhiò Hamish con marcato accento scozzese. Lui ignorò la risposta e si rivolse di nuovo a Isobel. «Se permettete l'ardire, mi presento. Sono Jack Kensington, madam, al vostro servizio.» Le rivolse un elegante inchino, in contrasto con l'aspetto malconcio. Era un gentiluomo; lo rivelavano la parlata colta e i modi impeccabili come quelli del fratello e del cugino di Isobel, forse ancora di più. Anche l'abbigliamento sarebbe stato elegante, se non fosse stato intriso d'acqua. Incuriosita quanto perplessa, scese gli ultimi gradini e gli porse la mano. «Sono Isobel Rose, signore. Piacere di conoscervi.» Mr. Kensington parve sorpreso ma si riprese in fretta e, 11
prendendole con delicatezza le dita, vi si inchinò sopra. «Mrs. Rose. Un nome adatto per una giovane signora così graziosa.» «Miss Rose» lo corresse, sottraendo la mano. Il complimento era piuttosto sfrontato e senza dubbio privo di alcun significato, ma suscitò in lei un innegabile fremito di piacere. «Non vi fidate, Miss Isobel» le raccomandò il maggiordomo, avvicinandosi di un passo come per proteggerla. «L'inglese tenta di fregarvi. Oppure è pazzo. Dice di essere il padrone di Baillannan.» «Sono sicura che non intende imbrogliarci» replicò lei. «Forse si sbaglia.» Si rivolse a Kensington. «Mi spiace, Mr. Kensington, ma dev'esserci un errore. Baillannan appartiene alla famiglia Rose.» «In passato» chiarì lui in tono secco, rinunciando ai convenevoli. «Adesso è mia. L'ho ottenuta da Sir Andrew Rose.» «No!» esclamò sbalordita Isobel. «Andrew non può aver venduto Baillannan.» «Infatti, madam. L'ha impegnata in una partita a whist. E ha perso.» «No» negò ancora lei, ma sentì il sangue defluire dal capo e, per un istante, temette di svenire. «Non vi credo.» «Allora credete a questo.» Le mise in mano un foglio. «È la dichiarazione di Sir Andrew.» Isobel osservò la grafia familiare, con il tipico svolazzo della A maiuscola, e questa volta dovette aggrapparsi al pilastrino della balaustra per reggersi in piedi. «Miss Isobel?» Preoccupato, il maggiordomo venne avanti e le prese un braccio per sostenerla. «Che succede? Il giovane laird non...» «Sì, invece.» Isobel tenne lo sguardo fisso sulle righe, che danzavano davanti ai suoi occhi. «Temo proprio di sì. 12
È la scrittura di Andrew. Ha perso al gioco Baillannan» concluse con amarezza. «Ho anche l'atto ufficiale» aggiunse con calma l'inglese. «Non ne dubito.» Aveva lo stomaco contratto. Provava l'impulso di strappare quel foglio in mille pezzi, sbatterlo in faccia al nuovo arrivato e poi ordinare ai domestici di buttarlo fuori, sotto la pioggia. Tuttavia era una Rose, e doveva farsi coraggio. Represse il pianto, non poteva mostrarsi in lacrime a quell'uomo. Prese l'atto di cessione che le stava porgendo e finse di leggerlo, mentre in realtà non riusciva a distinguere le parole, sopraffatta da un sentimento simile al panico. Non aveva idea di come reagire, quindi fece ricorso al comportamento che ci si poteva aspettare dalla signora di Baillannan: uno stoicismo che celava il tumulto interiore. «Benvenuto a Baillannan, Mr. Kensington» dichiarò rigida, restituendogli il documento, però non riuscì a guardarlo in volto. «Hamish, accompagna Mr. Kensington in una camera. Gli farà piacere asciugarsi, immagino. E senza dubbio gradirà una tazza di tè.» «Miss Izzy!» Il maggiordomo divenne paonazzo e sgranò gli occhi. «Non potete cedergli la casa! Vostro padre... Vostro nonno...» «Hamish» lo richiamò con fermezza, «non posso disfare quanto ha fatto Andrew. A quanto pare, adesso Baillannan appartiene a Mr. Kensington.» Hamish assunse un'espressione ribelle, infine chinò il capo. «Aye, Miss Isobel.» Afferrò il pastrano e il cappello dell'inglese, agguantò la borsa da viaggio ai suoi piedi, poi andò a parlare con i domestici, sospingendoli verso la cucina. Isobel si girò verso Mr. Kensington e, in preda a un profondo imbarazzo, tacque per qualche istante. Infine disse in fretta: «Mi dispiace se la vostra stanza non è pronta». 13
«Non vi dovete giustificare. Anzi, sono io a chiedervi perdono per il duro colpo che vi ho inferto. Ero convinto che Sir Andrew vi avesse scritto, ma forse la lettera non vi è ancora arrivata.» «Senza dubbio. Se adesso mi scusate...» Rivolgendogli la stentata imitazione di un sorriso, gli voltò le spalle. «No, aspettate» la chiamò lui, seguendola fino ai piedi delle scale. «Vi prego.» Isobel si fermò e, con riluttanza, si girò a guardarlo. L'uomo era più in basso di un gradino e aveva la testa allo stesso livello della sua, a pochi pollici di distanza. Gli occhi, come lei si accorse in quel momento, non erano neri o castani, ma blu scuro, ombreggiati dalle folte ciglia nere. Il colore insolito, combinato con gli zigomi alti, gli conferiva un aspetto esotico. «Siete... Non sono del tutto certo di aver capito bene, ma siete parente di Sir Andrew?» «Sono sua sorella.» «Sua sorella!» ripeté a occhi sbarrati. «Mi dispiace... Sir Andrew non ha mai accennato a... Non sapevo...» «Non vedo perché avreste dovuto.» Questa volta non tentò neppure di sorridere. Ruotò invece su se stessa e salì di corsa. «Isobel?» La zia Elizabeth era fuori dalla porta del salotto, un po' smarrita. Isobel si fermò di colpo, reprimendo a stento un gemito. La memoria della zia era sempre più confusa e qualunque imprevisto sembrava peggiorare la situazione. Per giunta lei non era certa di poterle riferire con calma la notizia, e rischiava invece di scoppiare in un pianto dirotto. «Isobel, chi era quell'uomo? Parlava di Andrew?» S'illuminò in volto. «Andrew è qui?» «No, è a Londra. Almeno credo, poiché non si è degnato di scrivermi.» 14
«È proprio negligente.» Sorridendo con indulgenza, la zia aggiunse: «Ma è ovvio che i giovani uomini abbiano di meglio da fare che mandare lettere a casa». «Per una volta, avrebbe potuto pensare anche agli altri, oltre che a se stesso.» «Che c'è? Sei adirata con lui?» «Sì, lo sono.» Addolcì il tono. «Un poco.» Non si poteva sfogare con la vecchia zia. «Perché Hamish era così agitato? Chi è quell'uomo?» «Un conoscente di Andrew. E... resterà da noi per qualche tempo.» «Oh! È carino... una visita. Mi è sembrato un giovanotto attraente.» Gli occhi della donna brillavano, come se stesse riflettendo. Per qualche istante parve tornare come un tempo. «Sarebbe bello per te avere qui un coetaneo.» «No!» esclamò Isobel, sentendosi soffocare. «Vi prego, non tentate di combinare qualcosa tra noi. Sarebbe impossibile.» «Sciocchezze. Adesso entra, siediti e parlami di lui.» «Non posso.» Si ritrasse, ignorando l'ombra di offesa nello sguardo della zia. «Tornerò dopo e vi riferirò tutto quello che so. Adesso, però, devo andare. Devo... prendere una cosa da Meg.» La zia corrugò la fronte. «Meg?» «Meg Munro, zia; la conoscete. La sorella di Coll. Janet, la loro madre, era la balia di Andy.» «Certo che mi ricordo di Meg.» L'espressione assente degli occhi grigi indusse Isobel a dubitare di quell'affermazione. Non lo sopporto, pensò. «Vado» ribadì, e scappò via senza guardarsi indietro. Appena entrata in camera da letto, chiuse la porta e si accasciò contro il battente. Non capiva come fosse riuscita a resistere fino a quel momento senza crollare. Le ginocchia erano di gelatina e le mani tremavano. Passi e voci 15
maschili giungevano dal corridoio mentre Hamish e l'inglese passavano, un amaro memento che la casa era persa. Non solo la dimora in cui era cresciuta, ma anche il loch, le rocce, le grotte, ogni parte di quella terra, con la sua aspra e selvaggia bellezza. La sua stessa vita si stava sgretolando, distrutta dalla follia del fratello minore. Persino l'amata zia le veniva sottratta un po' alla volta, man mano che la sua mente svaniva. Si lasciò sfuggire un singhiozzo. Poi afferrò il mantello e uscÏ in fretta dalla stanza, correndo giÚ per le scale e lanciandosi in cortile come inseguita dai demoni.
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Inganno e verità CANDACE CAMP Scozia, 1807 - Jack Kensington è riuscito a vincere al gioco la fiorente tenuta di Baillannan, ma non sembra altrettanto bravo a sconfiggere la determinazione di Miss Isobel, disposta a tutto pur di rimanere nella dimora che appartiene da tempo immemorabile alla sua famiglia... persino a proporgli un'unione di convenienza.
L'onore di una dama JULIA LONDON Inghilterra, 1812 - In un momento di difficoltà in famiglia, tocca a Miss Honor Cabot cercare una soluzione, e se per riuscirci dovrà stringere un patto con il diavolo lo farà. Solo non credeva che il demonio avesse le sembianze seducenti e il fascino letale di George Easton, il più noto libertino di tutta Londra.
Il galateo del duca MEGAN FRAMPTON Inghilterra, 1840 - Quando Marcus, Duca di Rutherford, capisce di non sapersi comportare come il suo rango prevede, decide di prendere lezioni di galateo. Invece di aiutarlo, però, quelle lezioni si rivelano una tortura, perché conciliare l'etichetta con i pensieri a dir poco licenziosi che la giovane insegnante gli ispira è impossibile!
La via della seduzione ALISON DELAINE Francia - Inghilterra, 1768 - 1769 - Curare un famoso libertino senza fargli capire di essere una donna si rivela per Millicent Germain un'impresa più difficile del previsto. Perché quando le mani esperte del Duca di Winston la sfiorano, in modo tutt'altro che casuale, risvegliano con prepotenza la sua femminilità...
Ritorno a Glasgow KAREN RANNEY Scozia, 1862 - Quando rivede Glynis MacIain, Lennox Cameron stenta a credere che la vedova riservata che si trova davanti sia la stessa giovane piena di vitalità che anni prima gli ha scombussolato la vita e i sensi con un bacio. Chi ha spento la fiamma che ardeva dentro di lei? E quale segreto si nasconde nel suo misterioso passato?
La ladra di diamanti SABRINA JEFFRIES Inghilterra - Scozia, 1828 - Victor Cale deve smascherare una misteriosa dama che è intenzionata a circuire un ricco barone e assomiglia alla sua Isabella, la moglie da tempo scomparsa. L'incontro è sconvolgente, anche perché l'amore non si è mai spento: basterà un'esile fiammella a far divampare di nuovo un incendio di passione?
Le tentazioni di una debuttante SOPHIE JORDAN Inghilterra, XIX secolo - Rosalie Hughes non ha intenzione di accettare il matrimonio con uno dei cacciatori di dote che la corteggiano e vuole sposarsi per amore, così prende in mano le redini della propria vita e si introduce, mascherata, in un club della capitale, per avere un assaggio della passione che spera di trovare nel futuro marito. E...
Uno scandalo perfetto JULIA LONDON Inghilterra, 1812 - Grace Cabot mette a punto un piano per attirare uno dei suoi corteggiatori in una situazione compromettente e costringerlo a sposarla per evitare lo scandalo. La trappola scatta come previsto, ma quando l'appassionato interludio con il gentiluomo viene interrotto Grace scopre di aver fatto male i propri calcoli...
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