OGNI FAMIGLIA HA I SUOI SEGRETI. Con la sua grande capacità di creare personaggi indimenticabili,
DIANE CHAMBERLAIN, Autrice da oltre 4 milioni di copie vendute, firma un romanzo mozzafiato.
LA BAIA A MEZZANOTTE Il cottage di famiglia era un luogo di libertà e serenità per la piccola Julie Bauer, fino a quando una notte d’agosto sua sorella Isabel venne uccisa. Sono passati più di quarant’anni e Julie non è mai riuscita a lasciarsi alle spalle il passato, e il ricordo della morte di Isabel è ancora vivissimo. È come un macigno che le impedisce di guardare avanti, rendendo difficile il rapporto con sua figlia e con sua madre. Fino a quando riceve la visita di qualcuno che fa parte del suo passato e che comincia a fare domande sugli avvenimenti di quella notte, svelando segreti insospettabili. Per Julie è dunque giunto il momento di affrontare il passato e fare i conti con i sentimenti che allora portarono a quel terribile atto di violenza, là, nella baia, a mezzanotte.
“Sentimenti e mistero si intrecciano in un romanzo che ti cattura e non ti lascia più andare.” Booklist
“Niente è ciò che sembra: impossibile smettere di leggerlo.” Amazon Reviews
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Sono sexy, oscuri, affascinanti. E non sono umani. Il GRANDE RITORNO DI Bellissima, spietata e fredda come il ghiaccio, Briar cerca soltanto due cose: sangue e vendetta. Riuscirà ad ottenerle o l’attrazione per Reaper la travolgerà? “Straordinario, lo raccomanderei a chiunque ami il genere.” Goodreads.com
La sfortuna sembra accanirsi su Zoe e, ciliegina sulla torta, in casa sua si è insediato un puka con la fastidiosa tendenza a girare nudo per casa!
Monster Paradise IMPOSSIBILE NON INNAMORARSENE! “Un fantasy fuori dagli schemi, stre-pi-to-so!” Goodreads.com
I precedenti romanzi sono disponibili in edicola e in ebook. Non perdete nemmeno un appuntamento!
In edicola dal 29 maggio
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MEGAN FRAMPTON
Il galateo del duca
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Duke's Guide to Correct Behavior Avon Books © 2014 Megan Frampton Published by arrangement with HarperCollins Publishers Traduzione di Elena Vezzalini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2015 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 206 del 20/05/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Romanzo
I duchi, come i generali e i maggiordomi, non dovrebbero mai essere visti mentre compiono un'azione. Dare ordini è un privilegio che loro, senza abusarne, dovrebbero esercitare in modo che chi duca non è lo accetti. Quindi un duca può fare ciò che desidera senza in realtà alzare in dito. Galateo per duchi e altri gentiluomini
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1 Il fondo di una bottiglia di brandy Due terzi di una bottiglia di brandy Sala da ballo di un duca Londra, 1840 Mentre osservava la sala da ballo dopo una serata di bagordi, Marcus fece una smorfia. Malgrado il nome, quella stanza non veniva usata per ricevimenti, balli o eventi mondani di qualsiasi tipo. Accanto alle sedie posizionate qua e là c'erano delle bottiglie di brandy vuote; capi di abbigliamento femminile erano sparsi ovunque, compreso un corsetto drappeggiato sulla statua di un suo antenato. Sopra il tavolo uno dei gatti che si erano rifiutati di andarsene – o meglio, che lui non aveva avuto il coraggio di mandare via – stava mangiucchiando degli avanzi da un piatto, mentre un altro girava intorno alle sue caviglie. «Dunque stavate dicendo quanto sia difficile essere un duca?» Il tono di voce di Smithfield era secco quanto la gola del padrone di casa. Quello era un problema a cui si poteva porre rimedio facilmente. Marcus scolò il contenuto del bicchiere, poi cercò di rivolgere uno sguardo corrucciato al compagno di bisbocce che gli aveva rivolto la domanda. L'altro, Collins, stava dormendo su uno dei divani, dopo avere bevuto una considerevole quantità di brandy. «Mi rendo conto che sembra ridicolo» rispose, sorridendo a Smithfield che lo fissava. «È ridicolo. Sono un duca, non 7
ho problemi finanziari, non sono sposato, godo di ottima salute e posso fare praticamente ciò che voglio.» «Però...?» obiettò l'altro approfittando della sua pausa. «Però da un duca ci si aspetta che sposi una fanciulla perbene che gli darà dei figli, dei piccoli futuri duchi, una prospettiva che mi fa venire voglia di avvolgermi quel corsetto intorno alla gola per strangolarmi» dichiarò indicando l'indumento sulla statua. «Già mi trovo costretto a vivere un'esistenza che non ho voluto, non posso pensare di trascorrerla al fianco di una donna che nel migliore dei casi mi sarebbe antipatica, e nel peggiore arriverei a disprezzare.» «Davvero terribile» commentò Smithfield nello stesso tono asciutto. «Essere costretto a sposarvi e a vagare qua e là quando potreste... Cosa facevate sei mesi fa, prima di ereditare il titolo? O meglio, cosa vi sarebbe piaciuto fare?» Scomparire. Partire. Non avere responsabilità né preoccupazioni. Non dover rispondere a nessuno. «Camminavo a lungo, niente di più. E mi rendeva felice.» In un recesso della mente Marcus sapeva che non avrebbe parlato con tale franchezza se non avesse bevuto tanto. Però Smithfield gli aveva rivolto una domanda, e con un po' di fortuna nessuno dei due si sarebbe ricordato che lui aveva messo a nudo la propria anima in modo così patetico per colpa del brandy di Collins. «Quello facevate prima di ereditare? Camminavate?» Il piglio di Smithfield era diventato meno sarcastico, come se avesse capito che le parole dell'amico erano importanti. Anche se c'era il sospetto che non fosse quello che avrebbe voluto dire. In effetti nemmeno lui era sicuro della propria risposta, perché non era in grado di dire cosa lo rendesse felice. Con assoluta certezza poteva affermare che per lui la felicità non era bere, giocare d'azzardo o fornicare. Anche prima di diventare inaspettatamente duca, aveva cercato la felicità nell'alcol, nel gioco e nella fornicazione. Si era recato in altri paesi, e aveva bevuto, giocato e fornicato. Poi era tornato a Londra, dove se non altro aveva il conforto di una casa di proprietà mentre beveva, giocava e fornicava. 8
Se si escludevano il brandy di ottima qualità e il pelo morbido e lucente dei gatti che aveva ereditato – a cui si era affezionato e che a volte riteneva la parte migliore del lascito – acquisire il titolo si era rivelata una delusione. «Camminavo, sì» rispose guardando Smithfield, che nel frattempo si era addormentato. Scosse la testa, sorseggiò un altro po' di brandy e allungò una mano per accarezzare il gatto bianco e nero, che tuttavia sembrava più interessato agli avanzi di cibo nei piatti che a lui. Non mi stupisce, pensò cercando di convincersi che gli stava bene così. «Facevo lunghe passeggiate, da solo, e nessuno si preoccupava di me» continuò rivolto al gatto disinteressato. Si versò dell'altro brandy nel bicchiere, che però non toccò. «Fino a quando mio padre mi invitò a smettere di vagabondare, attività sconveniente persino per un tipo come me.» Bevve un sorso. «Poi mio padre morì, e dopo di lui anche mio fratello, perciò alla morte del duca, un lontano parente, ero l'unico erede. Lo conoscevo appena, ed eccomi qui, in casa sua, col suo titolo, i suoi gatti, a spendere il suo denaro.» Avvertì un nodo alla gola. «Non mi sento a casa mia, anche se non c'è luogo dove mi trovi meglio.» Il gatto, saggiamente, preferì non rispondere. Marcus provò un moto di collera. Non avrebbe saputo dire la causa, così come non sapeva esattamente cosa voleva. Però sapeva cosa non voleva, cioè che quei due continuassero a dormire nella sua sala da ballo. I gatti invece potevano rimanere. «Alzatevi» ordinò in tono brusco mentre ficcava un dito nel petto di Collins che si accigliò, lo spinse via e riprese a russare. Quando Marcus lo stuzzicò ancora, nel ventre flaccido, l'uomo si alzò di scatto e il rumore dei suoi piedi sul pavimento riecheggiò nella sala deserta. «Sono sveglio!» gridò, passandosi le mani tra i capelli. «Cosa succede? Smithfield è morto?» «No, non mi pare» rispose Marcus lanciando un'occhiata all'uomo che dormiva. A quel punto guardò di nuovo Collins. «Dovete andarvene.» 9
Era uno dei vantaggi di essere un duca: non essere costretto a dare spiegazioni quando si voleva qualcosa. Bastava dire Dovete andarvene, oppure Desidero delle fragole in pieno inverno, o ancora Spostate i mobili da una stanza all'altra. Non aveva ancora avuto l'occasione di formulare le ultime due richieste, tuttavia si ripropose di farlo poiché trovava quel privilegio di grande soddisfazione. Lo spostamento dei mobili l'avrebbe comunque tenuto per un momento di disperazione. «Aspettate qualcuno?» chiese Collins, che sembrava non capire che un duca non deve spiegazioni a nessuno. Senza darsi la pena di rispondergli, Marcus andò a svegliare Smithfield con lo stesso sistema. Anche se il suo ventre era piatto e duro, l'effetto fu identico: l'uomo si sedette sul divano battendo le palpebre, con i capelli scompigliati. «Fuori di qui.» Smithfield annuì mentre gettava le lunghe gambe per terra. Dopo avere fissato il pavimento per qualche istante si alzò in piedi barcollando, tuttavia riuscì a non cadere. Si avvicinò a Collins e gli tese un braccio, poi rivolse a Marcus un'occhiata gelida. «Vi auguro di trovare ciò che cercate, Vostra Grazia» disse, senza aspettare una risposta. Meglio così, perché lui non avrebbe saputo come controbattere. Se ne fosse stato in grado, non sarebbe stato lì a perdere tempo. Smithfield prese Collins sottobraccio e insieme si avviarono. Furono fermati da un colpo deciso battuto alla porta. Cosa doveva accadere ancora? «Avanti» disse Marcus dando le spalle all'uscio. I gatti non sapevano bussare, ed erano le uniche creature che avrebbe gradito vedere. Da quando sono diventato così scorbutico?, si chiese. A pensarci bene, ricordava il momento preciso: all'età di circa otto anni, quando aveva udito per caso il padre esprimere il proprio disappunto perché il figlio minore, cioè lui, non assomigliava al fratello, Joseph. Parole che, dopo vent'anni, non avrebbero dovuto ferirlo 10
ancora, soprattutto perché lui era l'unico sopravvissuto dei tre. Invece non era così. Marcus udì la porta che veniva aperta, il maggiordomo che si schiariva la voce. Era già un segnale, perché Thompson non lo faceva se non aveva una buona ragione. Girò il capo e restò di stucco. Era decisamente una ragione interessante. Una bambina con i capelli scuri, un abito sudicio e gli occhi più grandi che avesse mai visto in un essere umano lo stava fissando. «Lei è Rose Dosett» dichiarò Thompson. «Fuori di qui» lo interruppe Marcus. Quando però lo vide posare una mano su un braccio della piccola per condurla chissà dove, trasalì. «Non lei, loro» chiarì, indicando i due uomini in piedi senza distogliere lo sguardo dalla bambina che seguitava a scrutarlo. Smithfield e Collins si avviarono in fretta verso la porta, e riuscirono a far cadere solo una bottiglia durante il tragitto. Mentre lui e la bambina continuavano a fissarsi a vicenda, Marcus udì lo sgocciolio del brandy sul pavimento. Dopo essersi schiarito di nuovo la gola, Thompson annunciò: «Vostra figlia, milord». Il visetto della piccola era abbastanza pulito, almeno se paragonato all'abito. Il fisico era esile senza essere scheletrico, ma ciò che colpiva erano gli occhi enormi, lo sguardo serio. Marcus avvertì una fitta, che non sarebbe stato in grado di definire, simile a un'emozione in parte dimenticata ma piacevolmente struggente. Come quando sognava di dover fare qualcosa in fretta, e non rammentava cosa fosse. In realtà non gli veniva richiesto nulla. Poteva fare ciò che voleva, grazie al titolo acquisito. Non aveva ancora compiuto alcuna azione e già si sentiva inadeguato. D'altronde non era una novità, era così fin dalla giovinezza, perciò perché se ne ricordava in quel momento? Cercò di liberarsi di quel senso di disagio, e si accorse 11
che la bambina lo fissava come se sospettasse ciò di cui era stato capace. E lo sfidava a farlo di nuovo, in sua presenza. Forse era il senso di colpa che lo attanagliava. A volte anche i gatti lo guardavano a quel modo. Tuttavia... «Avete detto Dosett?» domandò, senza distogliere lo sguardo dalla piccola. «Dosett, Vostra Grazia» confermò Thompson. «Sua madre... be', sua madre...» Si interruppe, come se si fosse reso conto che erano in presenza della bambina che non parlava, non si muoveva. Era inquietante. Fiona Dosett. Marcus non l'aveva mai dimenticata; era rimasta incinta quando si frequentavano, e lui le aveva assegnato una rendita annuale. Non aveva nemmeno voluto sapere il sesso di suo figlio. Di colpo, guardando la bambina davanti a sé, realizzò di avere commesso un errore. «Devo portarla nella stanza da letto azzurra?» domandò il maggiordomo, come se parlasse di un pacco inaspettato da sistemare da qualche parte. Una verità che fece trasalire Marcus. La bambina, Rose, strizzò gli occhi a quelle parole, e lui sentì una fitta al petto. Conosceva l'espressione che le vide disegnata in volto, era lo stesso senso di smarrimento che aveva visto riflesso nello specchio quando era più giovane, anche se il suo viso era più pulito. Uno sguardo che diceva: Non ho bisogno di amore né di attenzione perché nessuno può darmeli. O forse la sua era solo un'impressione. «No, aspettate» rispose, cercando di addolcire il tono di voce, anche se non vi era abituato. «Miss Rose e io prenderemo il tè nel secondo salone.» A quel punto le porse una mano, dove lei infilò le piccole dita. Ebbe la sensazione di avere ricevuto un dono che si sarebbe rivelato straordinario, se lui avesse capito di cosa si trattava e come usarlo.
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Pagin a
Romanzo
L'Agenzia di collocamento Quality ha il piacere di annunciare l'apertura del proprio ufficio al 135 di Plum Lane, dove attende la gradita clientela. Di proprietà e diretta da tre socie, l'agenzia è specializzata nella ricerca di cameriere, maggiordomi, governanti e istitutrici, e si impegna a trovare domestici per ogni esigenza. Quality è il nome della nostra agenzia, e la qualità del servizio è il nostro impegno per i clienti.
Inganno e verità CANDACE CAMP Scozia, 1807 - Jack Kensington è riuscito a vincere al gioco la fiorente tenuta di Baillannan, ma non sembra altrettanto bravo a sconfiggere la determinazione di Miss Isobel, disposta a tutto pur di rimanere nella dimora che appartiene da tempo immemorabile alla sua famiglia... persino a proporgli un'unione di convenienza.
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Il galateo del duca MEGAN FRAMPTON Inghilterra, 1840 - Quando Marcus, Duca di Rutherford, capisce di non sapersi comportare come il suo rango prevede, decide di prendere lezioni di galateo. Invece di aiutarlo, però, quelle lezioni si rivelano una tortura, perché conciliare l'etichetta con i pensieri a dir poco licenziosi che la giovane insegnante gli ispira è impossibile!
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