736 - Scandalo nell'alta società** - N. Cornick 737 - Novità a palazzo N. Cornick - J. Maitland - E.Rolls 738 - Passione vichinga - J. Fulford 739 - La città dei segreti - L. Lael Miller 740 - Capricci di una gentildonna** - N. Cornick 741 - Il segreto del Falco - D. MacTavish 742 - D'amore e di ventura - E. Bricca 743 - Sguardo da bandito - L. Lael Miller 744 - Il bacio del visconte - M. Moore 745 - Incantesimo francese - J. Francis 746 - La dama inglese - C. Townend 747 - Le avventure di una gentildonna C. Jewel 748 - Gli scherzi del cuore - A. Ashley 749 - Profezia nella notte - A. O'Brien 750 - Il dilemma del conte - E. May 751 - La figlia segreta del re - M. Fuller 752 - La principessa e il cavaliere - J. Rock 753 - Il segno del peccato - M. Styles 754 - La cortigiana e il libertino A. Lethbridge 755 - Regole di cavalleria - J. Justiss 756 - Giochi di spada - M. Willingham 757 - Il mistero del dipinto - S. Mallory 758 - Il corsaro di Sua Maestà - D. MacTavish 759 - Prigioniera d'amore - S. James **
Le Spose di Fortune's Folly
DAWN MACTAVISH Il corsaro di Sua Maestà
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Privateer Dorchester Publishing Co., Inc. © 2008 Dawn Thompson Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici dicembre 2010 Questo volume è stato impresso nel novembre 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 758 del 15/12/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dell' 1/2/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Londra, 1812 «Dentro, milady!» abbaiò l'uomo, e senza troppe cerimonie spinse Lark oltre la soglia di un minuscolo e squallido alloggio, molto simile a una cella. «Dev'esserci un errore» protestò lei, guardandosi attorno. «Davvero non vi aspetterete che io viva qui!» «Nessun errore, signora» replicò l'altro, esaminando il registro che teneva fra le mani sporche. «Lady Lark Eddington, numero sei. Siete voi, e questo è il numero sei» aggiunse prima di chiudere il libro. «È uno dei migliori, sapete. Ci si arriva salendo una scala, e ciò significa che non avrete troppi topi, come quelli che stanno di sotto, ma solo ragni e mosche. Vi conviene mangiare tutto il cibo che vi danno, per non attirarli. I topi, intendo. Avete qualche soldo da darmi?» «Denaro?» scattò Lark. «Ma se me lo avete preso tutto! Se ne avessi avuto, non sarei qui, non credete?» «Non c'è bisogno di arrabbiarsi. I soldi vi farebbero avere qualche piccolo extra, qui a Marshalsea. Quelli che avete già dato vi hanno garantito un paio di giorni di cibo e acqua pulita, oltre a una bella stanza. Quando saranno finiti, però, dovrete arrangiarvi da sola. Ci sono molti venditori qui, ma non fanno credito. Sto solo cer5
cando di aiutarvi, signora. Quelli che non pagano, e sono i tipi più duri, se capite ciò che intendo, vivono nelle celle di sotto, tutti ammassati. Dormono sul pavimento, dove la paglia non viene cambiata troppo spesso, e mangiano il cibo che riescono a scroccare. Voi qui invece avete un bel materasso, dove sono morti soltanto in due, imbottito di paglia pulita, e che resterà così fino a quando voi non la sporcherete.» «Ebbene, non ho più nulla con cui pagare... gli extra, come li chiamate, quindi potete anche andarvene e lasciarmi sola.» «A tempo debito, milady» rispose il carceriere. «Prima devo leggervi le regole. Funziona così, qui a Marshalsea.» «Andate avanti, allora» replicò Lark, sempre più innervosita, portandosi al naso il fazzolettino. In quel posto c'era un fetore rivoltante. Lo aveva sentito nello stesso istante in cui le porte si erano aperte per farla entrare, ma in quel momento le sembrava più intenso, di certo perché vi si era aggiunta la puzza che emanava il carceriere. Ma come avrebbe fatto a resistere, rinchiusa nella prigione dei debitori? «Oh, vi abituerete a questa puzza!» le assicurò l'uomo, in risposta ai suoi colpetti di tosse. «Abbiamo regole severe, qui dentro, ma qualcuno non presta attenzione, quando svuota il pitale. Ah! Comunque voi non dovrete preoccuparvene, visto che state di sopra. Quando scendete per una passeggiata, comunque, vi consiglio di non stare troppo vicino ai muri. Le guardie vi mostreranno qual è il posto migliore per svuotare il vostro pitale. Non avrete cameriere qui, lo sapete, no?» «Vi prego, andate avanti con le vostre regole» lo incalzò Lark, inorridita da quel discorso e dalla prospettiva di venir sepolta in quel lurido posto. «Potete avere visite, ma non di gentiluomini, a meno 6
che non siano parenti. Potete scendere a fare una passeggiata quando volete, durante il giorno, è chiaro. All'orario di chiusura dovrete rientrare per la notte, e naturalmente non dovrete mai varcare i cancelli e uscire. Mai. Ci sono guardie a controllare che nessuno esca. Questa è una prigione, non una Promenade. Il carbone è nella cantina sotto le celle comuni. È parecchio lontano da qui, e dovrete andarvelo a prendere da sola con quel secchio laggiù.» L'uomo lo indicò, accanto alla piccola stufa nera nell'angolo. «Avete diritto a un secchio ogni sette giorni d'estate e a due in inverno, a meno che, naturalmente, non paghiate per averne di più. Potete avere tutto il legno e la carta che riuscite a scovare senza pagare nulla, anche se io non ci conterei troppo, se fossi in voi. La gente qua dentro ucciderebbe per averne un po', specie d'inverno. Io mi chiamo Tobias, milady, e sorveglio questa sezione. Se avrete qualche problema, informatemi.» «Mi hanno detto che posso lavorare per pagare il mio debito» replicò Lark. «Ma in che modo, se non mi è permesso uscire di qui?» «Be', questo è affar vostro, vi pare?» replicò il carceriere. «Ogni tanto facciamo entrare qualche benefattore, e lasciamo che dia un'occhiata alle signore. Cercate di tenervi in ordine, siate gentile, e forse riuscirete ad attirare l'attenzione di qualcuno. Sapete cucire, scrivere, o far di conto?» «Sì.» «A volte la gente ha bisogno di servizi simili, e allora viene qui con il lavoro perché venga fatto a un buon prezzo.» Un sorrisetto curvò le labbra del carceriere e una luce scaltra illuminò i suoi piccoli occhi, simili a due chicchi di uva passa nel volto rugoso. «Se per caso riusciste a procurarvi dei soldi, potrei portare qualcuno dalle vostre parti.» 7
«Vi ho già detto che...» «Sì, sì, ho capito, vi sto solo spiegando come funzionano le cose a Marshalsea, tutto qui. È meglio a Fleet o a Newgate, se volete saperlo. Se avete qualche talento speciale, potreste guadagnare qualcosa insegnandolo agli ospiti. Là fuori sono appesi i cartelli con cui la gente offre i suoi prodotti e i servizi. Dovete essere intraprendente se volete sopravvivere qui dentro, milady.» «È tutto?» «Troverete nel cassetto del tavolo una scatola con l'esca e l'acciarino per accendere il fuoco. Vi ho lasciato una candela. Non sprecatela, perché ne avrete solo una ogni sette giorni. A meno che...» «Sì, sì, a meno che non paghi un piccolo extra» concluse Lark, esasperata. «Bene, vedo che cominciate a capire» approvò Tobias. «Il cibo che avete comperato con il vostro denaro è nella credenza. Patate, un cavolo, una rapa, un pezzo di pane e del formaggio duro. Niente caffè, ma c'è un po' di tè già usato. I venditori lo fanno asciugare e lo rivendono. Non usatelo tutto insieme, perché quando sarà finito non avrete che brodaglie... senza gli extra, come ormai sapete. Ora, se vi serve il carbone, è meglio che vi diate da fare, perché non potrete far nulla dopo la campana che annuncia la chiusura. Ecco, questo è tutto.» Il carceriere si diresse lentamente verso la porta. «Ora vi lascio, così potrete sistemarvi.» Rimasta sola, Lark si lasciò cadere sull'unica sedia traballante, si slacciò i nastri del cappellino color vino e lo posò accanto al fagotto contenente ciò che le era stato consentito di portare con sé: un semplice vestito grigio, una pellegrina per quando il tempo si fosse rinfrescato, un mantello bordato di calda pelliccia per l'inverno, uno scialle e il pettine di osso di balena necessario per tenere in ordine i riccioli ribelli. Insieme all'abito da 8
viaggio color vino e alla corta giacca di lana che indossava, e oltre la biancheria che portava sotto, non possedeva altro. Tutti gli altri suoi eleganti abiti, i gioielli, persino i bauli, erano stati confiscati con il resto del contenuto di Eddington Hall, quando la casa e i terreni circostanti erano stati trasferiti alla Corona. E le restava ancora da pagare un debito di centinaia di sterline! Oh, è tutto inutile!, gemette fra sé. Non sarebbe mai riuscita a rimborsare ciò che doveva cucendo, oppure tenendo i registri contabili di qualche taccagno. Aveva ventidue anni, ed era stata privata del suo debutto in società, era rimasta orfana, tutti i suoi averi erano stati confiscati, ed era finita in prigione... Certo, il suo futuro non si prospettava roseo, ma non avrebbe pianto. Lark Eddington non aveva l'abitudine di sciogliersi in lacrime, anche se in effetti avrebbe avuto tutto il diritto di farlo, sola com'era in quell'oscuro cubicolo, troppo sfinita per dormire e per mangiare; eppure doveva fare entrambe le cose, se il mattino dopo voleva svegliarsi con la mente più lucida e l'ombra di un piano in testa. Anche se non era ancora calato il crepuscolo, nella stanzetta era già quasi buio. Lark pensò di accendere la candela, poi vi rinunciò; meglio farla durare il più a lungo possibile. Tuttavia bisognava andare a procurarsi il carbone, così prese il secchio e decise di cominciare con quello. Quando Tobias l'aveva informata che la cantina dove veniva tenuto il carbone era molto lontana, non aveva esagerato. Lark impiegò infatti diverso tempo a scendere le scale malridotte, passare davanti alle celle comuni, arrivare ai depositi del carbone, fiocamente illuminati, e riempire il secchio. Quindi risalì e, sul ballatoio più in alto, una guardia controllò che non avesse preso più carbone del consentito prima di permetterle di continuare la salita. A metà delle scale, Lark posò il pesante 9
secchio e si appoggiò per prendere fiato contro il muro grondante umidità, scostandosi i capelli dalla fronte. Non era abituata a trascinare carbone per tre rampe di traballanti scale, e tutto il corpo le doleva. Si guardò le mani. Erano nere di fuliggine, come del resto il vestito che indossava, e doveva essersi sporcata anche il viso, quando si era ravviata quei dannati riccioli. Non aveva visto sapone da nessuna parte. Di certo doveva essere considerato un extra. Ebbene, che importava? Con una scrollata di spalle, Lark riprese il secchio e ricominciò a salire. Era quasi arrivata in cima quando sentì delle voci concitate provenire dalla porta aperta del suo cubicolo. Il cuore quasi le si fermò nel petto: si era dimenticata di chiuderla? No, era sicura di no. In quel momento tre donne uscirono di corsa dalla sua cella urlando. Contendendosi il suo unico vestito di ricambio, la pellegrina e il mantello di pelliccia, le passarono davanti di corsa, sbattendola contro il muro e facendole cadere di mano il secchio del carbone. Sotto lo sguardo inorridito di Lark, il secchio rotolò dietro le donne lungo le scale, e il carbone si rovesciò, finendo nelle aperture tra le assi e cadendo sul ballatoio più in basso in una polverosa pioggia scura. Aggrappata alla malferma ringhiera di legno, Lark guardò il carbone che aveva trascinato per tre lunghe rampe di gradini spargersi sul ballatoio, dove altri, servendosi di cappelli, pentole e grembiuli, si affrettarono a raccoglierlo. In un batter d'occhio non ne rimase più nemmeno un pezzo. Allora, con un gemito, si accasciò contro il muro. Il suo scoramento, tuttavia, fu di breve durata. Come avevano osato portarle via le sue cose? La rabbia le infuse nuova energia, e Lark girò i tacchi, scendendo di corsa le scale e uscendo nel cortile, dove la zuffa continuava. Un gruppetto di detenuti e vi10
sitatori si era riunito intorno alle tre donne che si accapigliavano per contendersi i suoi averi, ma nei dintorni non si vedeva nessuna guardia. Sempre più furibonda, Lark si lanciò nell'intrico di braccia e pugni, nel disperato tentativo di recuperare le proprie cose. Purtroppo, però, l'educazione che aveva ricevuto non includeva anche la lotta corpo a corpo, e così, pur riuscendo a difendersi per qualche tempo, anche incoraggiata dalle acclamazioni dei presenti, ben presto finì a gambe per aria, atterrando senza troppe cerimonie sul terreno del cortile. Quando la polvere si posò, le tre donne erano scomparse con i suoi averi, e un braccio teso le si parava davanti agli occhi. Lark lo fissò, e il suo sguardo seguì in tutta la sua lunghezza una manica maschile di eccellente fattura fino al colletto di una semplice camicia, chiuso da una immacolata cravatta legata secondo lo stile orientale, tanto di moda quell'anno. L'uomo si tolse il cappello a cilindro, svelando una chioma di ondulati capelli neri dai riflessi color mogano, e Lark quasi sussultò: una benda nera copriva l'occhio destro dello sconosciuto, conferendogli un'aria alquanto misteriosa. Dopo un istante, lei prese la mano che le veniva offerta, e l'uomo la tirò su senza sforzo, quindi s'inchinò sulle dita che aveva catturato, impiegando un tempo sconvenientemente lungo a lasciarle andare. E allora sì che Lark sussultò, poiché quel contatto ebbe sulle parti più intime del suo corpo l'effetto di un fulmine. Alto e ben proporzionato, lo sconosciuto aveva un aspetto troppo ben nutrito e curato per essere un prigioniero. Intorno a lui aleggiava un provocante odore maschile, un insieme di tabacco da pipa, cuoio e vino bevuto di recente. «Vi sentite bene?» La voce dell'uomo era profonda. La valutò con lo sguardo e si decise a lasciarle la mano. 11
«S... sì, credo di sì» mormorò lei, guardando nell'unico occhio visibile dell'uomo, scuro, penetrante e brillante come ossidiana sotto le folte ciglia che gli conferivano un'espressione sensuale. Lark non aveva mai provato una sensazione simile: quell'uomo sembrava in grado di leggere nella sua mente. «Che cosa è successo?» domandò lui. «Quella roba era vostra?» «Sì» assentì Lark. «Non datevi pensiero, milord!» Preceduto dalla voce simile a un latrato, Tobias si fece largo tra la folla e, afferrando Lark per un braccio, cominciò a trascinarla via. «Ci penso io» aggiunse. «Lasciatemi andare!» gridò lei, girandosi verso il gentiluomo che continuava a guardarla mentre il carceriere la spingeva lungo il cortile, conducendola di nuovo al numero sei. «Dov'eravate quando quelle streghe mi derubavano?» domandò. «Non è certo un bel modo di cominciare, da queste parti, milady» borbottò Tobias, spingendola su per le scale. «Hanno rubato tutte le mie cose!» protestò lei, ormai prossima alla disperazione. «Hanno anche rovesciato il carbone che mi ero appena procurata, permettendo così ad altri di appropriarsene prima che avessi il tempo di recuperarlo!» «Dovete avere l'occhio lungo, quaggiù. Non so davvero che cosa sia preso a quelle donne. Di solito, la gente non deruba gli altri ospiti.» «Ah!» «C'è un codice etico, qui a Marshalsea. Dovete averle provocate.» «Provocate?» ripeté Lark, indignata. «Io non c'ero neppure, mi trovavo nella cantina a prendere il carbone, come mi avevate detto voi, ma me lo hanno rubato in12
sieme alle altre mie cose, e ora non ho più niente. Ebbene? Fate qualcosa!» «Vedrò di controllare.» «Quando?» «A tempo debito, milady.» «E il mio carbone?» «Avete diritto a un secchio ogni sette giorni, ve l'ho già spiegato.» «Ma me l'hanno sottratto!» «Così dite.» «Ne vedete forse qualche pezzo, qui intorno?» ribatté Lark, esasperata. «La guardia di sotto mi ha controllato il secchio, lui ve lo dirà. Il secchio è ancora laggiù, anche se ormai devono essersi preso anche quello. Ma non restatevene lì, andate a vedere voi stesso!» «A tempo debito, ho detto. Intanto è meglio che restiate qui. Avete causato anche troppi guai, per un giorno solo... il vostro primo giorno!» «A tempo debito, a tempo debito!» sbottò lei. «Non sapete dire altro?» «Vedrò di controllare» ripeté Tobias. «Ora calmatevi, o vi chiuderò a chiave qui dentro! Ho faccende più importanti di cui occuparmi.» Lark si disse che quello doveva essere un altro dei suoi incubi, doveva esserlo. Presto si sarebbe svegliata nel suo grande letto in mogano, a Eddington Hall. Suo padre, il Conte di Roxburgh, sarebbe stato ancora in vita, non sepolto in terra sconsacrata fuori dal cimitero, in quell'orribile recinto di sbarre di ferro appuntite con i cancelli ad arco, così freddo e minaccioso. Inferriate come quella avevano terrorizzato Lark sin da quando era bambina. Chissà, forse quel terrore non era stato che un presagio delle sue attuali, disperate condizioni. Lei credeva a certe cose. Forse quei sinistri cancelli accoglievano davvero le anime redente e tenevano fuori 13
quelle perdute. Del resto, il vicario ne era convinto. Esisteva davvero un esercito di invisibili esseri celesti che stavano di guardia davanti a quel recinto? E se c'era, come si poteva corromperli? Che cos'altro doveva patire per riscattare la povera anima dannata di suo padre? Lark non era stata del tutto sincera con Tobias. In effetti aveva ancora una esigua - molto esigua - quantità di denaro nascosta in una taschina ricamata cucita al corsetto. Avrebbe dovuto usarla con molta saggezza, e perciò sarebbe stato meglio se l'uomo non ne avesse nemmeno sospettato l'esistenza. A Marshalsea vivevano creature disperate, e prigionieri e carcerieri non erano poi così diversi gli uni dagli altri. Lark stava ancora pregando di potersi svegliare da quel sogno orribile, quando una campana suonò: assordante, gracchiante, definitiva. Dopo alcuni istanti, un vero fiume di visitatori cominciò a riversarsi in tutta fretta fuori dai cancelli, e infine le grosse porte di ferro della prigione si chiusero. Quando il clangore del metallo echeggiò nello stretto cortile più in basso, Lark trasalì. Adesso era davvero in trappola, chiusa nella prigione per debitori di Marshalsea, in Borough High Street, senza alcuna speranza di redenzione. Lanciando uno sguardo al precario materasso posato sulla nuda intelaiatura di legno che doveva servirle da letto, pensò che nella migliore delle ipotesi doveva brulicare di pulci. Ai piedi era posata una consunta coperta e, approfittando dell'ultima luce del giorno, Lark si rannicchiò sotto di essa. Chissà, forse al mattino tutto sarebbe scomparso; forse al risveglio avrebbe scoperto che quel terribile errore era stato rettificato, e che qualcuno era venuto a salvarla. Ma chi? Non c'era nessuno che potesse aiutarla! Eppure doveva crederlo, si ammonì, doveva avere fiducia. E anche se non era tipo da ag14
grapparsi a false speranze, quella sera, per una volta, Lark rifiutò il crudo volto della realtà e si addormentò. Basil King Kingston, Conte di Grayshire, infilò il bastone da passeggio sotto il braccio e si diede una tiratina ai guanti, camminando avanti e indietro all'esterno dell'ufficio del guardiano della prigione. Ma dov'era Tobias? La campana era suonata, e lui avrebbe dovuto essere già fuori. Dannazione! Marshalsea era l'ultimo posto dove avrebbe voluto trovarsi, ma non aveva potuto evitarlo. Aveva dato la sua parola, e avrebbe portato a termine quel maledetto compito. Doveva farlo, se voleva evitare spiacevoli conseguenze. Sempre più impaziente, calpestando a larghe falcate la polvere del cortile, ripensò alla donna giovane e attraente, dall'eloquio colto e con le mani delicate come petali di rosa - troppo morbide per una prigioniera - che era stata gettata letteralmente ai suoi piedi. Sì, era davvero attraente. Per quel che ne sapeva, avrebbe potuto persino essere graziosa sotto tutta la polvere di carbone che le nascondeva il viso e le copriva i riccioli del colore dell'oro. L'espressione sgomenta, quasi disperata, che le aveva visto nello sguardo si insediò nella sua memoria per chissà quale misteriosa ragione, insieme al colore di quegli occhi: una strana, luminosa tonalità di azzurro che si avvicinava al violetto. Che cosa mai ci faceva una creatura simile a Marshalsea? Quella domanda stuzzicò il suo interesse, e molte altre si affacciarono alla sua mente quando finalmente Tobias lo raggiunse. «Mi dispiace per il trambusto, Lord Grayshire» borbottò il carceriere, tirandosi i risvolti stropicciati della finanziera nera e dando dei colpi al tessuto per togliere la polvere. «Chi era quella giovane donna?» volle sapere King. «Una signora, a quanto pare. Lady Lark Eddington, 15
dello Yorkshire. Suo padre si è tolto la vita, e l'ha lasciata nei guai.» «Ah, la figlia di Roxburgh, naturalmente» replicò King. «Volete dunque dire che nessuno in società l'ha difesa?» «A quanto pare no, milord. Sapete quanto la società adori gli scandali. Suo padre doveva denaro a metà Inghilterra quando è diventato ladro, e poi si è impiccato non appena è stato scoperto. Ecco, quella è stata la sua eredità. Che sia viva o morta a nessuno importa più. I soldi sono soldi, e la gente vuole soddisfazione. È arrivata questo pomeriggio, e ha già creato problemi.» «A quanto ammonta il suo debito?» indagò King. «Oltre cinquecento sterline.» L'espressione dell'uomo era dubbiosa. «Perché? Non starete pensando di scegliere lei? Non serve a niente, ve lo assicuro.» «Forse potrebbe essere utile per quello che ho in mente» ribatté King, asciutto, e all'improvviso rivisse la sensazione di quella mano morbida nella sua. «E che cosa avreste in mente?» «Nulla che vi riguardi.» «Non posso consegnarvela» dichiarò Tobias. «Dovrete parlarne con il magistrato.» «Molto bene. Mi serviranno tutte le informazioni necessarie.» «Sì, milord. Io, però, insisto nel dire...» «Statemi bene a sentire» lo interruppe King, «sono il miglior giudice delle mie necessità. Ora, se non vi dispiace, datemi le informazioni che vi ho chiesto. Gli aspetti legali richiederanno del tempo, e io non ne ho molto a disposizione.»
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