GRS844_IL POTERE DELLA SEDUZIONE

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Il potere della seduzione Christine Merrill Michelle Willingham Louise Allen Terri Brisbin Diane Gaston


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: PLEASURABLY UNDONE! © 2010 Harlequin Books S.A. Seducing a Stranger © 2009 Christine Merrill The Viking's Forbidden Love-Slave © 2008 Michelle Willingham Disrobed and Dishonored © 2009 Melanie Hilton A Night for Her Pleasure © 2009 Theresa S. Brisbin The Unlacing of Miss Leigh © 2009 Diane Perkins Traduzione: Lorenza Braga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici ottobre 2012 Questo volume è stato stampato nel settembre 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 844 del 2/10/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


PAG. 7

Sedurre uno sconosciuto

PAG. 67

La schiava del vichingo

PAG. 127

Sedotta da un bandito

PAG. 191

Una notte di piacere PAG. 257

Dietro la maschera


CHRISTINE MERRILL Sedurre uno sconosciuto


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Londra, 1811 La matrona accolse Victoria Paget all'ingresso della casa di piacere, facendola entrare senza una parola. La donna non le chiese il nome né la ragione per cui si fosse recata in quel luogo di perdizione per cercare un uomo in particolare. Non dimostrava alcuna lealtà nei confronti del proprio cliente né sembrava che le importasse di ciò che quell'insolita signora sulla porta desiderava fare del proprio tempo e della propria reputazione. Victoria sospettava che il Conte di Stanton l'avesse pagata bene per assicurarsi tale mancanza di curiosità. Dopotutto, a lei cosa importava se era costretta a fingersi una prostituta per scoprire la verità? Potersi gettare alle spalle la morte del marito sarebbe valso qualsiasi sacrificio. Ma se avesse scoperto che la sua morte era stata causata dal tradimento di un subalterno e nonostante ciò lei non avesse fatto nulla in proposito? Allora avrebbe deluso le aspettative del suo sposo come vedova, esattamente come temeva di avere fatto in qualità di moglie. Fino a quando non fosse stata sicura che il povero Charles riposasse in pace, non avrebbe avuto pace lei stessa. 9


La donna condusse Victoria attraverso il salone principale, lungo un corridoio ricoperto da tendaggi rossi e quadri licenziosi, e le aprì una delle numerose stanze. «Conosco l'uomo che cercate e i suoi gusti.» Rivolse uno sguardo critico a Victoria, come se stesse ispezionando la mercanzia prima di esporla. «Non sarà difficile farlo venire da voi, se avete nervi saldi per incontrarlo.» Attese per vedere se Victoria mostrasse segni di turbamento o di esitazione. Quando non ne vide, continuò: «Tom Godfrey è famoso tra le ragazze per essere pulito e distinto. Non correte alcun pericolo a trascorrere una notte in sua compagnia». La donna le rivolse un sorrisetto soddisfatto. «In effetti, alcune saranno gelose della vostra grande fortuna.» Victoria ne dubitava, ma non disse nulla. La matrona le fece cenno di entrare nella piccola camera da letto davanti a loro. Poi si girò verso una cortina di seta accanto alla porta e la scostò per rivelare uno spioncino bordato in ottone. La donna non diede ulteriori spiegazioni, ma Victoria poteva immaginare cosa si aspettasse da lei. Il tenente Godfrey sarebbe stato condotto lungo il corridoio, verso quella stanza. La matrona avrebbe spostato un quadro o un drappo per concedergli un primo sguardo sulla donna in attesa. Lei doveva sedurlo con i propri gesti, dando modo a entrambi di fingere che lei non sapesse di essere spiata. Annuì alla matrona. La donna assentì a sua volta. «Aspettate qui e mi assicurerò che vi trovi.» Poi se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé. Victoria esaminò la stanza che la circondava, sorpresa di scoprire che non era diversa da una normale camera da letto. I muri erano tappezzati di seta color 10


crema, ma non c'erano quadri o altra sorta di decorazioni. La stanza era vuota eccetto che per un armadio, un piccolo tavolo da toeletta con uno specchio e un grande letto morbido con lenzuola bianche virginali. Forse quella stanza aveva uno scopo specifico: la perdita dell'innocenza. Di certo non era posto per lei, che l'aveva già persa tanto tempo prima. E quindi? Mentre appendeva il mantello, fu percorsa da un brivido che non aveva niente a che fare con la temperatura della camera. Quando si era recata a trovare l'amico di suo marito, il Conte di Stanton, e gli aveva presentato la sua insolita richiesta, lui l'aveva dapprima respinta reputandola una sciocca. Forse suo marito aveva nutrito il sospetto che ci fosse una spia nella propria compagnia. La sua morte però non lo provava. I soldati morivano. Lei lo sapeva bene. Non aveva forse seguito il marito nella Penisola Iberica e aveva visto gli esiti della battaglia? Aveva sostenuto che il suo Charles non era morto in battaglia come poteva succedere, ma a causa di false informazioni. I suoi uomini erano stati colti impreparati quando erano caduti in un'imboscata lungo la strada. Spesso il marito aveva fatto osservazioni sullo strano comportamento del tenente Godfrey e aveva insistito che ci fosse qualcosa che non andava in lui. Doveva trattarsi di piÚ che di una semplice coincidenza il fatto che l'uomo sospettato da suo marito fosse l'unico a essere sfuggito illeso al massacro. Stanton aveva affermato che lei non aveva alcuna prova reale e che, fino a quel momento, l'uomo aveva goduto di un'ottima reputazione. In ogni caso, era una questione che non riguardava piÚ l'esercito. Il 11


tenente era stato ferito gravemente in un altro scontro, si era congedato ed era tornato a Londra. Poi il conte aveva pensato di punzecchiarla, suggerendole l'assurda proposta di andare lei stessa in cerca dell'uomo per interrogarlo. Quando lei aveva acconsentito con vivo interesse, il gentiluomo aveva cambiato tono e aveva cercato di spaventarla. Godfrey non viveva nel genere di posti in cui una signora rispettabile potesse recarsi. Aveva intenzione di frequentare le case di tolleranza per trovarlo? Lei aveva drizzato le spalle e aveva risposto: «Se necessario». E la necessità l'aveva portata lì. Victoria allungò le mani dietro la schiena per slacciare il vestito modesto che indossava. Aveva dismesso il lutto prima di giungere in quel luogo. Nonostante il nero fosse più consono al suo umore, non si confaceva al travestimento. Il rosso era sembrato troppo ovvio. Così aveva scelto un abito verde. Prediligeva quel colore, anche se non aveva indossato niente di così frivolo da prima del matrimonio. Se lo sfilò e lo appese a un gancio sul fondo dell'armadio. Rimase in sottogonna e camiciola a osservare il proprio viso pallido nel piccolo specchio. Non sarebbe stato opportuno sembrare spaventata quando Godfrey fosse arrivato per lei. Stanton aveva sostenuto che sarebbe rimasta scandalizzata da quello che ci si aspettava da una donna in un posto simile. Sollevò il mento, esaminando il proprio riflesso e pizzicandosi le guance per riportarvi un po' di colore. Aveva informato Stanton che non era più una scolaretta e che non era per niente spaventata da cose che aveva fatto molte volte prima di allora. 12


La sua franchezza aveva fatto arrossire il poveruomo, che l'aveva supplicata di rinunciare e di dimenticare tutto quello che lui le aveva detto in proposito. Naturalmente, si era rifiutata. Viste le circostanze sospette della sua morte, suo marito si sarebbe aspettato che lei agisse in base alle informazioni che le aveva dato. Sebbene fosse stato un brav'uomo, Charles a volte l'aveva trattata allo stesso modo in cui trattava i suoi soldati. Si aspettava lealtà, obbedienza e coraggio, tanto quanto la sua devozione. Se il Conte di Stanton non intendeva andare a fondo della questione, allora avrebbe dovuto farlo lei. Eppure sarebbe stato meglio avere l'aiuto del gentiluomo, piuttosto che agire di testa propria. Quando Stanton aveva capito che non si sarebbe lasciata dissuadere, aveva scosso la testa e le aveva dato l'indirizzo di quel luogo. Le aveva promesso che, anche se andava contro tutti i suoi principi, avrebbe predisposto ogni cosa. Victoria si immobilizzò di colpo. Sentì un soffio d'aria contro le braccia nude. Sembrava venire da dietro i tendaggi sul muro alle sue spalle. Lui era là e la stava osservando. Si voltò, in modo da dare la schiena al suo presunto osservatore, e si toccò il collo, facendo scorrere un dito sulla pelle verso l'alto, per togliersi le forcine dai capelli. Poi prese la spazzola dalla toeletta e si lisciò i riccioli, come se si stesse preparando per andare a letto. I capelli erano il suo orgoglio e la sua gioia, ora che era ritornata a Londra. Aveva pianto quando Charles glieli aveva fatti tagliare, dicendo che, se doveva seguirlo in Portogallo, non ci sarebbe stato il tempo per sciocchezze femminili. Ma ormai erano 13


ricresciuti folti e lucenti come lo erano stati prima del matrimonio. Victoria si domandò se ciò importasse all'uomo che la stava guardando o se anche lui la riteneva sciocca. Si attorcigliò i riccioli tra le mani, poi li lasciò ricadere sparsi lungo la schiena. Victoria fissò di nuovo lo specchio. Se ci avesse messo troppo a togliersi i vestiti, lui avrebbe pensato che stesse perdendo tempo. Trasse un respiro profondo e si slacciò le sottogonne, lasciandole cadere sul pavimento, le scavalcò per liberarsene e si soffermò a spazzolarne le grinze prima di appenderle accanto all'abito. Non si era preoccupata di mettere il corsetto. Non era affatto necessario, tenuto conto di quello che forse avrebbe fatto quella sera. Ma in quel momento si chiese se avesse dovuto indossarlo, come parte della cerimonia di svestizione, o se lui preferisse vedere i contorni del suo corpo attraverso la sottile camiciola che indossava. La presenza dell'anonimo osservatore e l'opinione che poteva avere di lei le diedero la sensazione di un pezzo di ghiaccio passato adagio sulla sua pelle surriscaldata, che la rese sensibile ovunque. Si sedette sul letto, ignorando il modo in cui l'orlo della camiciola salì a rivelarle le gambe. Si tolse le scarpette, facendole cadere sul pavimento. E poi si slacciò la giarrettiera e arrotolò le calze, tendendo la punta del piede e flettendo le gambe nude. Si spostò sul materasso fino ad appoggiare la schiena contro la testiera del letto e, nel mentre, sentì l'orlo della sottoveste scivolarle fin quasi in vita. Allora, per la prima volta quella sera, una paura reale si impossessò di lei. Si sentì esposta, vulnerabile. Scacciò tale sensazione con un sorriso fasullo. Era conscia di quello che avrebbe dovuto fare, quando la sua preda fosse entrata nella stanza. Al confronto, il 14


compito di quel momento non era affatto spaventoso. Era ancora da sola. Non che si fosse mai lasciata andare in completo abbandono, neppure in solitudine. Non era decoroso. Ma si trovava nell'ultimo posto al mondo dove si sarebbe dovuta preoccupare del decoro. Dapprima titubante, alzò le braccia e si accarezzò il seno sopra la camiciola di batista che lo copriva, turbata dal sentirlo così sensibile. I capezzoli si irrigidirono in risposta al piacere e al freddo della stanza. Chiuse gli occhi per non vedere le proprie reazioni e si circondò i seni con le mani a coppa, stringendoli e sollevandoli contro di sé, fino a farli quasi fuoriuscire dalla scollatura della sottoveste, gustandone il peso. Abbassò le braccia per afferrare l'orlo della camiciola e sfilarla completamente. Si morse il labbro, come in preda al desiderio, e rinchiuse nella mente gli ultimi rimasugli di paura. Infine allargò le gambe, esponendosi a chiunque stesse guardando dal corridoio. Da qualche luogo nascosto, giunse un brusco respiro e un lento sibilo mentre il fiato veniva rilasciato di nuovo. Il suono le produsse un fremito di consapevolezza. Che l'uomo dall'altro lato della tenda fosse colui che cercava? Forse era qualche altro sconosciuto. Ma, chiunque fosse stato il suo pubblico, si aspettava che lei continuasse. E, a un tratto, il suo corpo fremette di nuovo e anche lei desiderò continuare. Si dischiuse con le dita... e iniziò a giocare. Tom Godfrey guardò la donna seduta sul letto e cercò di mascherare lo sgomento con qualcosa che 15


rientrasse nei limiti dell'aspettativa o dell'impazienza. La matrona gli toccò il braccio per chiedergli in silenzio se era quello il tipo di donna che stava cercando. L'uomo mise una mano su quella della donna e annuì. Non solo i capelli castani erano proprio come li aveva desiderati, e così pure gli occhi verdi brillanti, ma anche la forma del viso era la stessa. E il naso piccolo, le guance dolcemente arrotondate, la lieve fossetta sul mento... Non aveva visto il suo corpo nella miniatura che il capitano portava con sé, eppure l'aveva immaginato: la pelle chiara spolverata d'oro dal sole del Portogallo, le gambe lunghe, il seno alto e la vita snella che si allargava in morbidi fianchi rotondi. La sua immaginazione non aveva reso giustizia a quella donna. La tenutaria sorrise e annuì, indicando la porta alla sua destra e infilandogli una chiave nella mano. Tom in cambio depose una moneta in quella di lei. Poi la donna si ritirò. Rimase a fissare nella finestrella per un po', godendosi la vista clandestina che forniva. La donna era proprio somigliante a quella che bramava. E con il desiderio venne anche un debole senso di colpa, benché non sapesse perché avrebbe dovuto sentirsi colpevole per dei pensieri inespressi. Non aveva mai infastidito Victoria Paget rivelandole ciò che pensava di lei. Non l'aveva neanche mai incontrata. Non le aveva neppure mandato un breve biglietto di condoglianze insieme agli effetti personali del marito, temendo che qualche vago commento fra le righe le potesse far intuire la verità. Non aveva fatto nulla di cui vergognarsi. 16


Ma, mentre le sue azioni erano state prive di colpa, si pentiva dei propri pensieri incontrollabili. Le descrizioni del capitano Paget della forza d'animo della moglie, della sua costante lealtĂ e del coraggio, lo avevano reso invidioso. La devozione della fidanzata, che lo aspettava a Londra, era stata incerta al confronto. E poi, Paget gli aveva concesso un'occhiata di sfuggita al piccolo ritratto che aveva rimirato cosĂŹ di frequente lui stesso. Tom aveva provato il primo rimescolamento della gelosia. Forse perchĂŠ dubitava che Paget meritasse una moglie simile a quella che aveva descritto. A volte, aveva parlato di lei come avrebbe fatto di un soldato particolarmente valoroso, invece che di una donna degna di rispetto e tenerezza. E, anche se il capitano aveva sostenuto di nutrire un profondo affetto per lei, quando la guerra li aveva divisi non aveva mostrato il particolare desiderio di esserle fedele quanto aveva giurato di esserlo lei. Forse, da parte di Tom, si trattava solo di cupidigia. Aveva visto quanta pace desse a Paget guardare il ritratto della moglie prima di una battaglia. E aveva voluto un po' di quella pace per se stesso. Aveva desiderato la rassicurazione di sapere che c'era qualcuno in attesa per lui a cui importasse della sua sopravvivenza. Le poche penose lettere che aveva ricevuto dalla presunta innamorata l'avevano riempito di dubbi sul loro futuro. E i timori si erano rivelati fondati subito dopo il ritorno in Inghilterra. Ma peggio di tutto era la lussuria. Aveva visto il ritratto e ne voleva la donna raffigurata. Quando il capitano era morto, Tom aveva frugato nelle sue tasche per cercarlo, fuori di sĂŠ per l'improvviso e vergognoso desiderio di tenerselo. Di possederlo per contemplarlo ogni notte prima di addormentarsi. 17


E per immaginare... L'aver concepito simili pensieri sulla vedova, quando il corpo del marito era a malapena freddo sul terreno davanti a lui, l'aveva ripugnato. Così aveva avvolto la miniatura insieme agli altri pochi effetti personali del capitano e aveva ficcato tutto nel suo zaino, per tenerli al sicuro dai soldati che saccheggiavano il campo di battaglia, e li aveva rispediti all'accampamento con il corriere successivo. Quando vi era giunto su una barella, quasi un mese più tardi, dopo che un'altra scaramuccia gli aveva distrutto la gamba e la carriera, avrebbe voluto incontrarla per spiegarle le circostanze della morte del marito. Ma lei era già tornata a Londra. Delusione e sollievo si erano mischiati al dolore della ferita. Non sempre le donne nell'accampamento indulgevano nel cordoglio. Anche se era raro tra le mogli degli ufficiali, c'erano alcune donne che tenevano più in conto l'essere sposate che l'identità del marito in sé. Una morte sfortunata in battaglia significava che ci sarebbe stato un matrimonio frettoloso per qualcuno al ritorno della compagnia. Se si fosse presentata l'opportunità di chiederle di sposarlo, come avrebbe potuto evitare le domande? Non era neppure libero di farle una proposta. E, ancor peggio, se per caso lei avesse sposato qualcun altro? Ma no. Lei sarebbe stata affranta, ne era sicuro. Lo avrebbe ritenuto oltremodo rude per avere suggerito che si risposasse così in fretta. Ora però che era trascorso un ragionevole lasso di tempo e lui era libero, forse l'avrebbe cercata. Nell'attesa di quell'opportunità, il desiderio che provava per lei era solo accresciuto. Era venuto in quel luogo malfamato per procurarsi un po' di sol18


lievo. E si era ritrovato a sbirciare nel salotto di una donna che poteva facilmente essere la sosia della giovane nel ritratto. Ma non nella sua natura. Persino nella sua immaginazione più sfrenata non aveva mai sognato di vederla così. Si stava toccando. Si era messa le mani a coppa sui seni, poi era indietreggiata sul letto e si era sfiorata davanti a lui, sprofondando le dita nei riccioli in mezzo alle cosce e iniziando poi a muoverle ritmicamente contro il proprio corpo. Tom deglutì e cercò di rallentare il proprio respiro. Doveva sapere che lui la stava guardando. Un sorriso malizioso le era apparso sulle labbra, come se avesse potuto immaginare l'effetto che il gioco stava avendo su di lui. E poi il sorriso si era tramutato in un respiro ansante mentre rabbrividiva ed emetteva un lieve gemito, abbandonandosi al piacere. L'effetto fu squisito. Tom aveva un'erezione quasi dolorosa per colpa sua. Giocherellò con la chiave che teneva in mano per un momento, guardando la donna che inarcava il collo e veniva scossa da un altro fremito di appagamento procuratole dal suo stesso tocco. Poi si avviò verso la porta, l'aprì in fretta, entrò e la chiuse nuovamente alle proprie spalle.

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