Grs877 l'onore e il dovere

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854 - La Rosa Bianca - S. Auci 855 - Per amore di un cavaliere - M. Mallory 856 - Riscatto d'amore - A. Herries 857 - La doppia vita di Rose - A. Lethbridge 858 - Gentiluomo ma non troppo - D. Gaston 859 - La sposa francese - M. Kaye 860 - Il silenzio del guerriero - M. Willingham 861 - Vendetta per amore - M. McPhee 862 - Il ritorno di Lord Montague - C. Mortimer 863 - Misteri a teatro - A. McCabe 864 - I segreti di un lord - S. Ives 865 - Schiavo d'amore - C. Townend 866 - I capricci del duca - H. Dickson 867 - Fuga nella brughiera - A. Lethbridge 868 - Una dama da salvare - M. Fuller 869 - I misteri di Blackberry Manor - E. Ridley 870 - Lo scandaloso segreto di Lisette - H. Dickson 871 - Il bacio del capitano - J. Bray-Weber 872 - Lezioni di seduzione - B. Scott 873 - I segreti della principessa - C. Townend 874 - Lo scrigno proibito - R. DeHart 875 - Il ribelle scozzese - M. Kaye 876 - L'ereditĂ del conte - B. Scott 877 - L'onore e il dovere - B. Gifford 878 - Il passato di Lady Montague - M. Kaye 879 - L'amante del re - S. Blair


BLYTHE GIFFORD

L'onore e il dovere


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Return of the Border Warrior Harlequin Historical © 2012 Wendy Blythe Gifford Traduzione di Maria Grazia Bassissi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici giugno 2013 Questo volume è stato stampato nel maggio 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 877 dello 08/06/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Dedica

Silenti come la luna che sorge, saldi come le stelle, Forti come il vento che spazza il Carter's Bar Sicuri e caparbi, mai pavidi nĂŠ pietosi Questo si dice del clan Brunson Stirpe di un vichingo dagli occhi scuri Stirpe di un vichingo dagli occhi scuri Le ballate risuonavano per quelle colline lungo la frontiera da tanto tempo che molti ormai le confondevano con il canto del vento. E nessuno avrebbe saputo dire da quanto tempo venissero cantate. Nessuno si ricordava piĂš degli uomini, scomparsi da chissĂ quanto, dei quali si narrava. Restava soltanto il sussurro della leggenda, parte di quella terra come la fragranza dell'erica in autunno. E del pari delicato. Ma una volta, molto tempo prima, le storie erano recenti e la gente reale.


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Marca di frontiera tra Scozia e Inghilterra Anno 1528, tarda estate C'era qualcosa che non andava. Lo capiva perfino da quella distanza, anche se non avrebbe saputo spiegare perché. John non vedeva la torre di pietra della sua famiglia dal giorno in cui era stato mandato alla corte del re bambino, dieci anni prima. Adesso il re era cresciuto e l'aveva rimandato a casa con un incarico da portare a termine. E lui aveva intenzione di sbrigarsela in fretta, per poter lasciare di nuovo quel luogo e non rimetterci piede mai più. Un raggio di sole disegnava ombre sottili sull'erba verde dell'estate. Il suo cavallo cercò di cambiare direzione e così fece anche il vento, portandogli il suono doloroso di un lamento funebre. Ecco cos'era quello che aveva riconosciuto! Morte. Qualcuno era morto. Ma chi? Raccolse le redini e spronò il cavallo, pensando alla famiglia che si era lasciato alle spalle. Il padre, il fratello maggiore, la sorella più giovane di 7


lui. La madre era morta l'anno precedente. Almeno quello gliel'avevano fatto sapere. Sua sorella era l'unica persona che sarebbe stato contento di rivedere. Certo, non poteva sapere se si stesse piangendo la scomparsa di un membro della sua famiglia. Nella torre vivevano diverse altre persone. Tuttavia John attraversò al galoppo la valle come se fosse importante giungere a destinazione il prima possibile. Arrivato ai cancelli, la sentinella gli diede l'altolà, come c'era da aspettarsi. John non riconobbe l'uomo di guardia. Di conseguenza la sentinella non poteva avere riconosciuto lui. Si sfilò l'elmo lucido mostrando la propria espressione amichevole, contento di sentire l'aria fresca sul viso. «Sono John Brunson. Sir John, per l'esattezza, nominato cavaliere dal re.» Aveva aspettato molti anni e molte miglia per poter pronunciare quella frase. «Dite a Geordie il Rosso che suo figlio è tornato a casa.» E ditegli che non resterò a lungo. L'uomo si appoggiò alla propria picca. «Non posso dire niente a Geordie Brunson il Rosso. Giace morto nel suo letto.» John rimase in silenzio. Non poteva fingere di essere addolorato. Che fosse John o Sir John, non ci fu verso di convincere la sentinella a farlo entrare. Malgrado la gente si stesse radunando per la veglia, dovette attendere che andassero a chiamare suo fratello Rob per confermare la sua identità. Non poteva biasimarli. Quello era il confine, quelli gli usi. A onor del vero, lui aveva potuto constatare che 8


tra gli uomini che circondavano il re la fiducia era merce altrettanto rara. Solo che a corte la diffidenza era più velata. Rob, che ora portava la barba ed era più alto e più robusto di come lo ricordava, apparve sul cammino di ronda, le braccia conserte in un atteggiamento ostile, mentre John sudava sotto il peso dell'armatura completa. Era stato il carattere ombroso, unito ai capelli scuri, a valergli il soprannome di Black Rob. John osservò che aveva delle nuove rughe scavate sulla fronte e si chiese quante di esse si fossero accentuate nel momento in cui si era ritrovato nuovo capo del clan. «Affermate di essere mio fratello?» Neanche Rob l'aveva riconosciuto. Del resto, John se ne era andato quando aveva dodici anni, non più bambino, non ancora adulto. «Sì. Avete davanti il figlio di Geordie il Rosso.» «Uno Storwick potrebbe sostenere la stessa cosa.» Il suo cinico disprezzo era esattamente lo stesso che John ricordava bene. E odiava. «Che cosa vi porta qui?» Non aveva chiesto cosa lo portasse a casa, come se non fosse disposto a riconoscere che la torre dei Brunson era anche la dimora di John. Le cose però erano cambiate. Invece di supplicare Rob affinché gli desse il permesso di entrare e di chiedere il suo aiuto, ora John avrebbe detto quello che doveva. «Mi manda Re Giacomo V.» Suo fratello sbuffò. «Non è questo talismano che vi garantirà l'accesso alla torre.» Negli ultimi quindici anni erano stati i consiglieri del giovanissimo re a governare, di conseguenza il nome di Giacomo non suscitava alcun timore reverenziale in quelle terre di frontiera. Tuttavia John conosceva bene il re e sapeva che la si9


tuazione sarebbe cambiata e anche in fretta. «Guardatemi negli occhi, mi riconoscerete.» Un tempo l'avevano soprannominato Johnny Blunkit per via degli occhi grigiazzurri, l'unico della famiglia Brunson con quel colore. «Se siete un Brunson, come si chiamava il padre del padre del padre di vostro padre?» John frugò nella memoria, invano. Allora cercò di richiamare alla mente la ballata dei Brunson. Riaffiorarono soltanto i primi versi. Silenti come la luna che sorge, saldi come le stelle Forti come il vento che spazza il Carter's Bar... Oltre a quello, non ricordava molto altro della sua gente. E non ci teneva affatto. «Può darsi che non rammenti il nome del mio bis-bis-bisnonno, eppure ricordo benissimo, Black Rob, il giorno in cui avete cercato di insegnarmi a usare la spada. La vostra lama è scivolata e ne porto ancora il segno sul costato.» A corte, non poche dame avevano giudicato affascinante quella cicatrice... Il cipiglio rimase inalterato, tuttavia Rob fece un cenno con il capo alle guardie. Il cancello si aprì cigolando. John entrò nel cortile, cercando qualcosa di familiare. Quello laggiù era il punto dove lui e Rob si erano esercitati con spada e pugnale? Quell'altro il posto nel quale lui e sua sorella avevano sotterrato i loro giochi? Niente da fare. La torre dei Brunson gli era altrettanto estranea della successione di castelli nei quali lui e il re avevano pernottato nel corso degli anni. Di sicuro non più accogliente. 10


Una fanciulla snella, con una cascata di capelli rossi, apparve nel cortile. «Johnnie?» Bessie. Almeno sua sorella l'aveva riconosciuto. Aveva otto anni quando John era partito per andare a corte. Erano due bambini, alleati contro il resto del mondo. Ora Bessie era una donna. Smontò da cavallo, l'abbracciò e si lasciò abbracciare da lei, indugiando nella sua stretta più a lungo di quanto intendesse solo perché gli dava qualcosa da fare. Tempo per pensare. E un'illusione lunga un istante che il suo posto fosse ancora là. «Oh, Johnnie, l'ho sempre detto che sareste tornato a casa.» La scostò per poterla guardare negli occhi. Marroni, come quelli di tutti i Brunson fatta eccezione per lui, ma quel giorno erano rossi di pianto. John scosse la testa. «Non per molto, Bessie.» Per l'ultima volta. «Adesso sono Sir John e il mio posto è accanto al re.» Rob, sceso dalle mura, venne a stringergli il braccio, senza calore. «Devo parlare con voi» esordì John. «Il re vuole...» «Qualsiasi cosa voglia, non intendo ascoltarla adesso. Dovrà aspettare fino a quando non avremo deposto Geordie il Rosso a riposare accanto ai nostri antenati.» Per consuetudine, ogni attività si interrompeva nei giorni morti che precedevano una sepoltura. Ebbene, gli usi nelle terre di frontiera potevano anche essere quelli, ma il re non doveva aspettare. John tenne a freno la lingua e seguì Bessie al11


l'interno dell'edificio principale. La pesante armatura che portava cigolò in segno di protesta mentre salivano le scale che conducevano alla sala comune. «L'ho trovato nel suo letto» gli raccontò Bessie, forse pensando che al fratello interessasse saperlo, «quando ho visto che non scendeva per la colazione. È morto nel sonno, senza nessuno che potesse ascoltare le sue ultime parole.» Sussurrava, come se temesse che, parlando ad alta voce sarebbe scoppiata a piangere. «Portato via così, senza la possibilità di dire addio.» Ora la sua voce tremava. «Tuttavia sembrava in pace, come se fosse semplicemente addormentato.» «Non è questo il modo di morire per un guerriero» borbottò Rob alle loro spalle. Davanti alla porta della sala, Bessie si fermò. «Devo preparare il corpo.» Abbracciò un'altra volta John prima di riprendere a salire le scale che portavano al piano superiore dove suo padre, morto, aleggiava su di lui come un angelo del male. Bessie, almeno lei, piangeva la morte di Geordie Brunson. Entrarono nel salone affollato, dove un enorme camino occupava metà di una parete. Invece di uomini e donne in lutto, John si trovò davanti per prima cosa una mezza dozzina di soldati seduti intorno a un tavolo. «Questo è mio fratello John» annunciò Rob, senza accennare al suo titolo di cavaliere né che era là per motivi che niente avevano a che fare con la morte del padre. Gli uomini si alzarono uno dopo l'altro per salutarlo. Erano guerrieri temprati dalle battaglie e dalla vita dura, portavano delle tuniche di lana imbottite e logori stivali di cuoio. A turno gli strinse12


ro la mano, lo accolsero tra di loro, gli diedero fiducia per il semplice fatto che era un Brunson. Non si menzionarono altri motivi, non ce n'era bisogno. Infine si alzò l'ultimo: aveva le spalle esili e fino ad allora era stato girato dall'altra parte. John rimase sbalordito nel trovarsi di fronte una donna. Nei suoi occhi castani non c'era il calore che lui aveva visto negli altri. «Questa è Cate» gli spiegò Rob. «E questi sono i suoi uomini.» Pronunciò quelle parole con grande naturalezza, come se stesse parlando dell'erica in fiore. La donna era alta, snella e bionda come il vichingo dagli occhi scuri che, secondo la leggenda, era il capostipite dei Brunson. Naso affilato, mento squadrato, guance scavate e non solo per la fame. Né il suo corpo né il viso mostravano la dolcezza che ci si sarebbe aspettati in una donna. Dunque una donna che rifiutava di essere tale. Come ci si comportava con un tipo del genere? Tese la mano per stringere la sua, come aveva fatto con gli altri, ma lei, invece di ricambiare il gesto, lo degnò soltanto di un cenno del capo. Lui lasciò ricadere goffamente la mano lungo il fianco, soffocando un moto di risentimento. Dopodiché distolse lo sguardo dal suo e diresse il proprio verso il basso, automaticamente, a cercare seni e fianchi. Trovò spigoli, non curve. Nessun uomo avrebbe potuto trovare conforto in quel corpo. E, a giudicare dall'espressione degli altri soldati, nessuno si sognava di chiederglielo. «Siete una Brunson?» chiese a Cate. Forse una cugina della quale si era dimenticato. La donna guerriero alzò il mento e scosse la testa, un movimento rapido che le scompigliò i corti 13


capelli biondi. «Sono una Gilnock» rispose. I Gilnock erano imparentati alla lontana con i Brunson, discendenti dello stesso vichingo dagli occhi scuri assetato di sangue. Erano anche l'unica famiglia di quelle terre di confine più spietata della sua, ricordò John. «Ma ora vive sotto il nostro tetto» puntualizzò Rob. Sotto la protezione dei Brunson, come un bambino rimasto orfano. Con un veloce gesto della mano, Cate mandò via i propri uomini e si avvicinò a Rob e a John. «Devo parlarvi, Rob» annunciò. John rimase stupito dalla sua voce, più bassa di quanto si aspettasse, le parole intime e vibranti come se stesse sussurrando dei segreti nel buio. «Vostro padre è morto senza poter tenere fede alla parola data. Che cosa succederà adesso?» «Non era vostro padre» ribatté John, chiedendosi quale promessa fosse stata fatta. Eppure quella donna sembrava una Brunson molto più di lui, quasi avesse indossato degli abiti maschili per poter usurpare il suo posto. «Era il mio capoclan» rispose Cate. Mentre parlava tenne lo sguardo fisso sul nuovo capo. «Aveva giurato di proteggere la mia famiglia.» «Un Brunson vi ha dato la sua parola» dichiarò Rob con una nota di collera nella voce. «E i Brunson la manterranno.» Al confine tra la Scozia e l'Inghilterra, la parola di un uomo valeva anche dopo la sua morte. A corte, una parola data la mattina poteva non avere più valore all'ora di cena. «Quando?» si informò Cate. «Dopo la sepoltura» rispose Rob. «La faccenda dovrà aspettare.» Lanciò un'occhiata ammonitrice al fratello. «Come le altre.» 14


Cate notò lo sguardo e si rivolse a John. «Non siete qui per il funerale di vostro padre?» Lo scrutò attentamente, come se avesse intenzione di analizzare la sua risposta. Quella donna non aveva il calore che di solito le creature del suo sesso gli mostravano. Anzi, era fredda e fiera come suo fratello. Rob voleva che lui aspettasse fin dopo il funerale, tuttavia suo padre era morto mentre il re era vivo. E impaziente. «Porto una convocazione da parte del sovrano.» «Volete dire da parte dei suoi zii oppure di sua madre o del suo patrigno?» Rob non era disposto ad ascoltare né lui né Cate. Era chiaro che li metteva sullo stesso piano. John comprendeva la sua esitazione. Giacomo, di sei anni minore di lui, era già re alla nascita, ma per i successivi sedici anni aveva dovuto sottostare al controllo dei reggenti. «Di nessuno di loro. È Giacomo che governa adesso, non altri.» Rimasero seduti in silenzio, riflettendo sulle implicazioni dell'ultima frase. «Un uomo che ha molto da dimostrare, allora» commentò infine Rob. Si riferiva al re o stava parlando di se stesso? Cate increspò le labbra in un sogghigno. «Quale sarebbe il messaggio così importante che il vostro re bambino vi ha mandato, armato di tutto punto, a riferirci?» L'armatura e le insegne che John era stato tanto orgoglioso di portare avevano fatto colpo sulle dame più belle della corte. «È anche il vostro re.» «Davvero?» Cate si strinse nelle spalle. «Non l'ho mai incontrato né gli ho mai giurato fedeltà. Sono la mia famiglia e il mio braccio destro che mi difendono, non il vostro re.» 15


«Invece sarà così.» John pensò alla nota che aveva percepito nella sua voce, un'insolita miscela di disprezzo e di seduzione. «Sua Maestà ordina a tutti i suoi uomini di unirsi a lui nella guerra contro il traditore che l'ha tenuto prigioniero negli ultimi due anni.» Il traditore era stato uno dei reggenti, formalmente nominati, di Giacomo. Fu Cate, non Rob, a ribattere: «E il piccolo re vi manda a dirci questo? Avreste potuto risparmiare la fatica al vostro cavallo. I Brunson non seguono lo stendardo di un re di Fife. No, loro rispettano la promessa di Geordie il Rosso e mandano all'altro mondo Willie Storwick lo Sfregiato». John si domandò fugacemente che cos'avesse fatto quell'uomo per attirarsi una simile vendetta, ma non aveva importanza. Se era stato suo padre a prendere quell'impegno, ebbene, la promessa sarebbe stata infranta. «Il re vi ordina di combattere i suoi nemici, non di farvi guerra tra di voi. Non ci saranno più razzie né furti di bestiame. Sono venuto a comunicare il volere del re e ad assicurarmi che venga rispettato.» E a guadagnarsi il proprio posto accanto al sovrano, ma quello non era un argomento convincente da usare con i Brunson. «E siete anche venuto per ordinare al sole di non sorgere più?» La lieve incurvatura all'angolo della bocca era l'imitazione mal riuscita di un sorriso. Se fosse stato un uomo a dirlo, John avrebbe reagito con un pugno in faccia. «Il re vuole...» «Qui il re non ha alcuna autorità.» La voce di Rob era bassa e dura, l'espressione la stessa che gli aveva guadagnato il soprannome di Black, l'O16


scuro. «Noi siamo l'autorità qui.» Avrebbe potuto benissimo dire io, perché era lui che decideva quale parte avrebbero tenuto i Brunson. Fino al giorno precedente sarebbe stato suo padre. «Non sarete leali al re inglese, mi auguro.» «Io sono leale alla mia famiglia» asserì Rob. «E voi?» John e la sua famiglia avevano preso strade diverse molti anni prima. E quel ritorno a casa gliel'aveva chiarito definitivamente. «Tutti noi siamo leali al trono. La Scozia deve essere unita o non sarà più una nazione.» «Io non devo proprio niente a quel bamboccio» insistette Cate, dirigendosi alla porta. «Tornate da dove siete venuto e ditegli di lasciarci in pace.» Nessuno la seguì. John guardò Rob, in attesa della sua decisione, ma suo fratello sembrava paralizzato dal dolore. Dei tre figli, era quello più somigliante al padre e aveva passato tutta la vita a prepararsi per diventare il capo della famiglia, tuttavia in quel momento si intuiva dell'incertezza dietro l'atteggiamento caparbio della mascella. Da molto tempo la gente di frontiera si considerava al di sopra del sovrano di ciascuno dei due paesi. No, quello non era il momento adatto per costringere un figlio in lutto a scegliere tra la promessa di suo padre e un ordine del re. Ma se Cate avesse sciolto Rob dalla promessa di Geordie, la scelta sarebbe stata più facile. John avrebbe dovuto battersi solo con la testardaggine di suo fratello, invece che con il fantasma di un morto. Se voleva che i Brunson andassero verso est per incontrare il re, Cate Gilnock doveva ri17


nunciare alle sue pretese e tirarsi da parte. Quindi John l'avrebbe persuasa a fare esattamente quello. E anche in fretta. Il re si aspettava che tornasse da lui con l'esercito dei Brunson prima che cominciassero le gelate. Venne servita la birra, insieme ai racconti che perlopiù riguardavano le imprese di Geordie il Rosso. Buone e cattive, s'intende. Non essendo disposto ad ascoltare risate e lacrime che non condivideva, John lasciò Rob e gli altri nella sala e andò a cercare un posto dove sistemare l'armatura. Evitò con cura il piano dove si trovava il corpo di suo padre e salì fino alla camera da letto che si apriva nel livello superiore. Era venuto da solo, senza neanche uno scudiero, per segretezza e per viaggiare più veloce, quindi faticò per togliersi l'armatura senza aiuto. Di sicuro non l'avrebbe chiesto al fratello. Rifletté invece sul problema di Cate Gilnock. Avrebbe lasciato in pace Rob nei giorni consacrati alla veglia del morto e al funerale e si sarebbe dedicato invece a esercitare il proprio fascino sulla donna. Non appena suo padre fosse stato nella tomba, Cate sarebbe stata pronta a sciogliere Rob dalla promessa, qualunque essa fosse. Il suo aspetto e il suo modo di esprimersi erano diversi da quelli delle donne che John aveva conosciuto, eppure era convinto che nella sua essenza profonda fosse uguale a tutte le altre esponenti del suo sesso. Se l'avesse presa per il verso giusto, si sarebbe convinta a non osteggiarlo. Naturalmente non avrebbe dovuto usare il ragionamento. Né con Cate né, temeva, con suo fra18


tello. Ma esistevano pur sempre altri mezzi. La sua famiglia lo irritava, le donne no. Sapeva come lusingarle e come persuaderle, sapeva come vincere la loro resistenza, il più delle volte simulata, e conquistare un bacio o un sorriso. Lui e il re avevano avuto un gran numero di donne e John aveva perfino insegnato un paio di stratagemmi utili al sovrano, più giovane di lui, benché in quell'ambito il re avesse ben poco da imparare. Mentre scendeva le scale per andarla a cercare, un sorriso gli distese le labbra. Senza dubbio Cate Gilnock non era mai stata corteggiata da un uomo in vita sua, lo si capiva dal suo atteggiamento. Con qualche parolina dolce e un sorriso seducente, in un batter d'occhio avrebbe liberato Rob dalla stupida promessa che suo padre le aveva fatto. E così i Brunson sarebbero andati a combattere per il re. Cate si costrinse a scendere con calma le scale della torre dopo che lo ebbe lasciato, nonostante tutto in lei le gridasse di fuggire. Chissà perché correva verso le cose, mai nell'altra direzione. E la paura favoriva quel comportamento. Ma l'uomo con la voce suadente e l'armatura scintillante la spaventava come nessun altro da molti anni a quella parte. Non aveva paura che le facesse del male fisicamente. Cate non avrebbe mai più permesso a un uomo di fargliene. E, anche se fosse successo, lei sarebbe riuscita a non provare niente. No, quello che le faceva paura era il giudizio che aveva letto nei suoi occhi. John Brunson aveva criticato l'armatura che lei aveva indossato mentalmente per proteggersi, non meno robusta delle piastre d'acciaio nascoste in 19


mezzo all'imbottitura del suo farsetto. Se poi lui avesse saputo la verità, sarebbe stato peggio ancora. Fuggì verso le stalle, dove il suo segugio sarebbe stato confinato fino al giorno del funerale. Di solito Belde stava al suo fianco, l'aiutava a controllare le sue paure, ma un cane in una casa dove c'era un morto poteva finire ucciso, se si avvicinava troppo al corpo. Piuttosto si sarebbe fatta ammazzare lei. Scodinzolando, Belde la annusò da capo a piedi, il suo consueto saluto. Ma stavolta ci impiegò più tempo perché aveva sentito degli odori sconosciuti. «Senti l'odore di un Brunson che non conosci» gli sussurrò Cate, grattandogli la testa. Un Brunson che minacciava la fragile barriera che la proteggeva. «Azzannalo, quando lo vedi.» Intento ad analizzare il nuovo odore, il cane non alzò neanche la testa. Lei gli passò le braccia intorno al collo e affondò il viso nel pelo rossiccio. Non avrebbe pianto, eppure quella creatura era l'unica alla quale Cate permettesse di vedere il suo dolore. Gli uomini l'accettavano senza discutere. Cate la Temeraria, così la chiamavano. Non era precisamente una loro compagna d'armi, ma in ogni caso nessuno la vedeva come una donna. Quella parte di lei era morta e non avrebbe permesso a nessuno di richiamarla in vita. Soprattutto, non a un Brunson con gli occhi chiari. Alzò la testa e si impose di assumere un'espressione decisa. Il dolore sarebbe rimasto tutto nel folto pelo del suo cane. 20


John la trovò nella luce morbida e grigia del pomeriggio, occupata in qualcosa che non aveva mai visto fare a una donna: mulinava una spada contro la propria ombra in un angolo del cortile. La osservò dalla porta, sbalordito. Era snella e forte. Ossa e tendini si piegavano al suo volere. Non era certo la prima volta che teneva in mano una spada, lo si capiva bene, eppure l'arma, alta più della metà della sua statura, era di quelle che un uomo sollevava soltanto con due mani. Che razza di donna poteva tentare di fare la stessa cosa? Senza far rumore, estrasse il pugnale dal fodero e percorse furtivo il perimetro del cortile. Non era un'arma all'altezza della spada di lei, ma, trovandosi davanti un uomo armato, di sicuro Cate sarebbe arrossita e, con un'esclamazione di sgomento, si sarebbe fatta da parte. Lei lo sentì prima che John arrivasse alla portata della sua spada e ruotò su se stessa per affrontarlo. Lui sollevò il pugnale e glielo brandì contro. «Vi arrendete?» le chiese sorridendo. Cate colpì la sua lama, allontanandola. «Mai.» Dopodiché, con le labbra serrate e gli occhi socchiusi, gli puntò la spada contro il petto, come se avesse intenzione di toccarlo. O di fare qualcosa di più letale. John serrò forte il pugnale e indietreggiò, rimpiangendo di non avere indosso l'armatura. In posizione di guardia, euforico e irritato al tempo stesso, cominciò a girare in cerchio e Cate fece altrettanto. Lui aveva imparato a combattere proprio in quel cortile, sapendo che in ballo c'era la vita o la morte, ma poi aveva affinato il proprio stile stando vi21


cino al re, che a tredici anni aveva cominciato a impugnare una spada da uomo adulto. Sempre in coppia con Re Giacomo e con la guida dello stesso maestro d'armi, John aveva imparato dei gesti rapidi ed eleganti che avevano permesso al sovrano di perfezionarsi nella scherma senza che nessuno dei due si facesse del male. Perfino con quell'arma che lo metteva in posizione di svantaggio, in teoria avrebbe dovuto essere in grado di giocare con quella donna fino a farle abbassare la spada. Peccato che Cate Gilnock fosse digiuna di teoria. Brandiva la spada con la foga di un ragazzino in groppa a un pony zoppo, alle prese con un avversario armato di lancia. I suoi fendenti avevano un'urgenza, una passione perfino, che in qualche modo gli riscaldarono il sangue. E i lombi. Fece un balzo di lato, appena in tempo per evitare la lama. Non era il momento di distrarsi. Invece del duello scherzoso che si era aspettato, aveva di fronte un guerriero. Vibrò un colpo alto, ma lei sollevò la spada e si girò di lato per fermarlo. Una mossa abile, tuttavia lo sforzo per alzare la spada con due mani era stato immane e, quando abbassò l'arma, le tremavano le braccia. Approfittando della sua debolezza, John attaccò e le lame si incrociarono di nuovo. Stavolta era preparato e oppose il proprio peso alla lama di Cate. La donna riuscì a tenere in mano la spada, ma lui la respinse e si avvicinò tanto da sentire il petto di lei che si sollevava e si abbassava quasi contro il proprio. Abbastanza da far vagare la sua mente, incuran22


te delle lame, pensando che, sotto la tunica e il farsetto imbottito, lei aveva un seno femminile. Ora vedeva il suo viso, tutto spigoli, aspro e cesellato come la sua spada. Gli occhi castani erano orlati da ciglia lunghe e folte e celavano una sorta di odio. «Vi arrendete?» Ansimando, Cate scosse la testa. Le sue labbra si dischiusero, invitandolo a catturarle. Dopotutto, era una donna. Un bacio sarebbe stato più potente di una spada. Spinse verso il basso il braccio che teneva la spada, l'attirò a sé e si impadronì della sua bocca. Lei cedette per il tempo di un respiro, non di più. Ma abbastanza a lungo perché lui si smarrisse, dimenticasse che aveva in mano una spada e pensasse soltanto che era una donna, con i seni morbidi contro il suo petto, profumata di erica... In un lampo, Cate Gilnock diventò rigida come l'acciaio della sua lama e si scostò, ma siccome non staccò le labbra dalle sue, lui pensò che fosse una schermaglia scherzosa. Solo quando sentì la punta di un pugnale contro la gola, comprese che si era sbagliato. «Lasciatemi» ordinò lei, le labbra così vicine che si mossero contro quelle di John, «altrimenti farò scorrere il vostro sangue e poi ve la dovrete vedere da solo, ve lo giuro.» John staccò le braccia dalla sua schiena e lei lo spinse via, si pulì la bocca e sputò per terra. Toccando il graffio che gli aveva fatto sul collo, lui si sentì grato di non essere finito pugnalato. Gli occhi della donna, che nell'immaginazione di John si erano addolciti per il piacere, si ridussero a due fessure, foschi di rabbia. 23


«Siete alle prese con un Brunson» le disse, sforzandosi di sorridere. «Non uno Storwick.» Lei sollevò spada e pugnale insieme, l'arma più grande che oscillava nella sua mano. «Sono alle prese con un uomo che pensa che quello che voglio io non sia importante, se ostacola i suoi privilegi e il suo piacere.» Aveva creduto di sentire l'eco della camera da letto nella sua voce? No, decisamente si era sbagliato. Con le sopracciglia inarcate, lui allargò le braccia e fece un piccolo inchino. «Vi chiedo mille volte perdono.» Parole insincere quanto i sentimenti che le avevano dettate. Lei aggrottò le sopracciglia. «Siete un forestiero qui, non potevate saperlo. Siccome siete un Brunson, non vi staccherò la testa, ma questo è il mio primo e ultimo avvertimento. Non riprovateci. Mai più.» Abbassò la spada, molto lentamente. Siete un forestiero. E lei era la Gilnock che lo batteva con la spada e lo spodestava dal tavolo padronale. Sentì montare la collera. «E se lo rifacessi?» La spada si alzò, stavolta puntata non verso la gola, bensì tra le gambe. «Non dovrete più chiedervi se riuscirete a portare a letto una donna.» John deglutì a fatica, il corpo in fiamme. E solo perché lei l'aveva sfidato. Tutto lì. Nessun uomo poteva desiderare una donna del genere. «A questo riguardo non avete niente da temere, Catie Gilnock» proruppe, il viso arrossato per la collera. «La prossima volta che andrò a letto con una donna, di sicuro non sarete voi.» Cate lo seguì con lo sguardo mentre si allonta24


nava, sforzandosi di tenere alta la spada. Solo quando lui fu di nuovo all'interno della torre, abbassò la lama portandosi una mano alle labbra. Aveva osato baciarla. E solo per un istante lei aveva provato quello che immaginava le altre donne sentissero. E che lei aveva creduto di non conoscere mai. Dopo la razzia, dopo la morte di suo padre, dopo... il resto, il suo corpo si era misericordiosamente addormentato. I mesi trascorrevano in un susseguirsi di ombre nebulose. Certi giorni l'unica sensazione che provava era l'umidore del naso di Belde che sfiorava le lacrime che lei non si era resa conto di versare. Poi le ombre indistinte svanivano e arrivava la paura. Poco per volta, giorno dopo giorno, la combatteva. Pezzo dopo pezzo, si era costruita attorno un muro per tenerla fuori. Ora nessuno si chiedeva perché lei non fosse come le altre donne. Invece Johnnie Brunson sì. Il suo sorriso scanzonato le ricordava crudelmente i dubbi che lei era riuscita a scacciare e i rimpianti che aveva soffocato. Quando la guardava, gli uni e gli altri tornavano a tormentarla. Si chiedeva chi fosse stata. Chi non sarebbe mai potuta essere. Tutte cose che aveva voluto dimenticare, domande che non aveva voluto porre, che non voleva che qualcuno le ponesse. Domande alle quali non avrebbe mai risposto. Riportò la spada nell'armeria e lucidò la lama. Non aveva voglia di tornare alla veglia, dove lo avrebbe rivisto. Di sicuro non avrebbe dovuto lottare a lungo contro Johnnie Brunson. Il nuovo arrivato avrebbe capito in fretta che un forestiero non poteva inse25


gnare alla gente di frontiera contro chi e in che modo doveva combattere. A quella terra, a quella gente i capricci di un re non facevano nĂŠ caldo nĂŠ freddo. Invece lei aveva lottato e avrebbe continuato a farlo finchĂŠ il corpo di Willie Storwick lo Sfregiato non fosse stato del tutto freddo sottoterra. E non per quello che aveva fatto a suo padre, come tutti pensavano. Ma per quello che aveva fatto a lei.

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L'eredità del conte BRONWYN SCOTT

INGHILTERRA, 1834 - Alla morte del padre, Ashe scopre di avere ereditato la residenza di famiglia... assieme a una misteriosa e affascinante americana, Genevra Ralston.

L'onore e il dovere BLYTHE GIFFORD

SCOZIA, 1528 - John Brunson torna a casa dopo anni con l'intenzione di andarsene quanto prima! Ma non ha fatto i conti con la donna più temeraria che abbia mai conosciuto.

Il passato di Lady Montague MARGUERITE KAYE

INGHILTERRA - VIRGINIA, 1816 - Cosa lega Lady Kate Montague e Virgil, ex schiavo diventato milionario? Possibile che sia qualcosa di più profondo del semplice desiderio?

L'amante del re SANDY BLAIR SCOZIA, 1285 - Incaricato dal re di riportare a corte la sua amante, Sir Britt scopre troppo tardi di aver preso la donna sbagliata. Eppure sceglie di aiutarla ugualmente, anche se...


Prove di matrimonio BRONWYN SCOTT

LONDRA, 1835 - Avendo bisogno di un'istitutrice per i due nipotini, il Conte Riordan Barrett assume la bellissima Maura. E un'idea scandalosa gli si affaccia alla mente...

Appuntamento con il capitano MARY NICHOLS

INGHILTERRA - PORTOGALLO, 1765 - Quando Charlotte viene rapita, Alexander Carstairs affronta mille pericoli per liberarla. Non ultimo il fascino che Lottie esercita su di lui!

Scandali e altri rimedi ALYSSA EVERETT

INGHILTERRA, 1814 - Roxana e Lord Ayersley si sono sposati per evitare lo scandalo. Ma alla passione delle notti seguono giornate trascorse nella noia, e lei non lo accetta...

Il segno del diavolo SOPHIA JAMES SCOZIA, 1346 - Di Lady Isobel si dice che sia una strega e che il diavolo stesso le abbia lasciato sul volto il suo marchio. Ma saprĂ conquistare il feroce Lupo di Borgogna?

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La saga dei de Burgh

Figli del Conte di Campion, i nobili fratelli de Burgh sono ognuno alla ricerca della propria strada e della donna giusta da amare... A grande richiesta, la prima antologia da collezionare dedicata a una delle saghe storiche più amate di sempre, quella dei nobili fratelli DE BURGH. Queste prime tre storie sono quelle di Dunstan, Geoffrey e Simon, il prossimo volume è previsto a ottobre. “Amore, passione, potere: romanzo dopo romanzo, la saga dei de Burgh ti cattura e non ti lascia più andare.”- Rendezvous

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