BLYTHE GIFFORD
Segreti a corte
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Secrets at Court Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2014 Wendy Blythe Gifford Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici ottobre 2014 Questo volume è stato stampato nel settembre 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 942 del 15/10/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Castello di Windsor, fine marzo 1361 «Vieni, presto!» Un sussurro incalzante che disturbava i sogni. Anne sentì una stretta alla spalla. Infine aprì gli occhi, sorpresa, e vide la contessa con in mano una candela, china su di lei nel buio. Abbassò di nuovo le palpebre e si girò su un fianco. Stava solo sognando. Lady Giovanna non si alzava mai nel cuore della notte. Questo toccava a lei. Dita sottili le pizzicarono la guancia. «Sei sveglia, Anne?» Di colpo lo fu. Gettò da parte le coperte, ma si affrettò a nascondere il piede. «Che cosa succede?» La pestilenza li aveva scovati? Oppure i francesi? «Che ore sono?» Lady Giovanna fece un gesto vago. «Notte fonda.» Poi le afferrò una mano e la strattonò. «Vieni. Ho bisogno di te.» Anne tentò di alzarsi. Ancora più impacciata del solito, non trovava l'equilibrio. Tastò le lenzuola in cerca della stampella. 5
«Eccola.» La contessa gliela porse e, frenando l'impazienza, le offrì una spalla per aiutarla a raddrizzarsi. Un gesto gentile da parte della sua signora. In genere arrivavano quando erano meno attesi o desiderati. Con la gruccia ben stretta sotto il braccio, Anne si avviò zoppicando per i corridoi bui del castello di Windsor, consapevole che Lady Giovanna teneva l'indice sulle labbra per indicarle di non fare rumore e le faceva segno di sbrigarsi. Come se le fosse facile accontentarla... Tra stampella e scale, Anne non poteva affrettarsi, se non voleva rischiare di rotolare giù, mettendo a repentaglio l'unica gamba valida. Lady Giovanna la condusse verso gli appartamenti reali e di là in una cappella piena di echi, tenebrosa tranne che per una candela tenuta da una persona in piedi dinnanzi all'altare. Un uomo alto e forte. Edoardo di Woodstock, primogenito del sovrano e Principe di Galles, sorrideva. Era ben diverso dal temibile guerriero che lei, anzi la Francia e l'Inghilterra intere conoscevano. Anche Lady Giovanna era raggiante. Senza più degnare Anne di un'occhiata, andò a prendergli la mano. «Subito, qui, davanti a una testimone.» No, non poteva essere. Tuttavia Lady Giovanna sapeva bene cos'andasse fatto e quanto fosse importante la presenza di qualcuno. Edoardo le tolse di mano la candela e la sistemò insieme alla sua sul tavolo a cavalletti che fungeva da altare. Le fiammelle guizzanti proiettavano ombre sui loro volti, accentuando il rilievo del naso e degli zigomi del principe e addolcendo il largo sorriso della signora. Quindi si strinsero le mani, intrecciando le dita. 6
«Io, Edoardo, prendo te, Giovanna, come mia sposa...» Anne deglutì, ammutolita. Eppure Dio voleva di sicuro che parlasse, che impedisse il sacrilegio... «Per amarti e onorarti, come un marito ama la moglie...» Lei ritrovò la voce. «Non dovete! Non potete! Il re... Siete troppo...» Il severo cipiglio del principe la interruppe. Conoscevano la verità ancora meglio di lei. Avevano un nonno di stirpe reale in comune, una parentela troppo stretta perché la Chiesa approvasse il matrimonio. «Tutto andrà come dovuto» dichiarò Lady Giovanna. «Appena avremo pronunciato i voti, invieremo un'istanza al papa. Il Santo Padre annullerà ogni impedimento e così saremo sposati anche per la Chiesa.» «Ma...» Anne accantonò l'obiezione. La contessa era convinta che sarebbe stato facile. Logica e ragione non valevano nulla; Lady Giovanna faceva quello che voleva e il resto del mondo si adattava. Era sempre stato così. Rasserenato, Edoardo guardò di nuovo la sposa. «Ti prometto fedeltà nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, finché morte non ci separi.» Conosceva a memoria la formula. Era ovvio! Lady Giovanna sapeva di preciso come rendere valido un matrimonio. Quando venne il suo turno, parlò con il tono dolce e seducente fin troppo noto ad Anne. «Io, Giovanna, prendo te, Edoardo, come mio sposo...» La solenne promessa era stata scambiata. Ormai era troppo tardi per protestare. Il freddo della cappella le penetrò nelle ossa. Anne 7
sarebbe stata l'unica depositaria della verità sulle nozze clandestine di Lady Giovanna. Per la seconda volta. In vista della costa inglese, quattro mesi dopo Quel giorno l'acqua del Canale era meno agitata del solito, se le condizioni dello stomaco di Nicholas non mentivano. La marea era favorevole. Sarebbe approdato entro mezzogiorno e arrivato al castello di Windsor entro la fine della settimana per espletare il suo dovere. E così se ne sarebbe liberato. Era stanco delle responsabilità. Bastava un nonnulla perché i cavalli di riserva si azzoppassero, le vettovaglie andassero perdute, la grandine cadesse dal cielo primaverile e distruggesse provviste, armature e uomini, compromettendo la vittoria decisiva che il re perseguiva da vent'anni. «Signore?» Nicholas smise di scrutare la riva e si girò verso Eustace, il suo scudiero. Il ragazzo si era indurito durante quel viaggio. Non soltanto lui. «Sì?» «Ho preparato i vostri bagagli. Tutto è pronto.» Alla fine della frase si coglieva una nota d'incertezza. «Tranne?» «Il vostro destriero.» Nicholas sospirò. I cavalli stavano bene sulla terraferma, non in mare. Senza una parola, abbandonò l'aria fresca e tonificante del ponte e scese nelle viscere anguste e maleodoranti della nave. 8
Non era strano che il cavallo stesse male. Sarebbe capitato anche a lui, se fosse stato confinato in quella fogna. Il povero animale teneva la testa bassa fin quasi a sfiorare il pavimento. Incapace di vomitare come un essere umano, non poteva fare altro che restare in piedi, infelice, lacrimante e sudato. Quando Nicholas gli accarezzò il collo, il cavallo sollevò il capo quel poco che poteva e socchiuse gli occhi in segno di gratitudine. No, quel giorno non lo avrebbe cavalcato. Le ultime miglia si stendevano davanti a loro, difficoltose quanto tutte le altre. Tuttavia i due Edoardo, il re e suo figlio, non avrebbero avuto pazienza per le scuse. Monarchi, principi e papi erano convinti che bastasse impartire ordini perché le cose accadessero, e ai semplici mortali come Nicholas Lovayne toccava il compito di realizzare i necessari miracoli. Di volta in volta lui li aveva compiuti. Si era sempre assicurato che esistesse un percorso alternativo, una seconda scelta, un modo diverso per raggiungere lo scopo, senza esaurire le possibilità finché l'obiettivo non veniva conseguito. Ne era orgoglioso, non poteva negarlo. E, poiché il secondo cavallo non era sopravvissuto al viaggio, avrebbe trovato un'altra soluzione. Affidando allo scudiero il compito di scaricare i bagagli, sbarcò e venne accolto cordialmente dal guardiano dei Cinque Porti. Anche lui aveva combattuto in Francia con il principe. Non si conoscevano bene, ma non aveva importanza. Gli uomini che avevano partecipato alla stessa guerra condividevano un legame 9
profondo. Il lord guardiano gli avrebbe procurato un cavallo. «È successo qualcosa durante la mia assenza?» s'informò Nicholas. Aveva impiegato quasi sei settimane per recarsi ad Avignone e tornare indietro. Il tempo sufficiente perché emergessero almeno tre o più intrighi di corte. Ci si doveva preparare come per una battaglia, studiando il campo e sapendo dove fossero concentrate le truppe. «La pestilenza infuria.» Erano passati più di dieci anni dall'ultima epidemia. Lui, come tutti gli altri, aveva sperato che il castigo di Dio fosse terminato. «Il re è a Windsor?» Il lord guardiano scosse la testa. «Ha chiuso i palazzi, ha sospeso le attività dello Scacchiere e si è rifugiato nella Foresta Nova.» La Foresta Nova. Una cavalcata più lunga del previsto, dunque. Nicholas poteva solo pregare Dio di non trovare la peste lungo la strada. «Come sta il Principe Edoardo?» chiese. «È un principe, non un re» disse l'altro scrollando le spalle. «Ora che la guerra è finita, non ha molto da fare tranne spassarsela con gli amici e con la Vergine di Kent.» Lui gli scoccò un'occhiataccia. Pochi avevano il coraggio di ironizzare sulla fidanzata di Edoardo. «E voi?» gli domandò quindi il lord guardiano con aperta curiosità. «Il viaggio è andato a buon fine?» L'intero regno era informato della sua missione? Ebbene, Nicholas non intendeva parlarne con nessuno prima di vedere il principe. L'innamorato che, anziché stabilire un'alleanza sposando una nobile di Spagna o 10
dei Paesi Bassi, aveva gettato tutto al vento per amore di una donna a lui preclusa dai precetti della Chiesa e del buonsenso. «Posso soltanto dire» esordì con cautela, «che in caso contrario non me la passerei molto bene.» Il Principe Edoardo gli aveva imposto di ottenere la benedizione del papa per una follia troppo grave da perdonare. E Nicholas non sopportava gli stolti, nemmeno quelli di sangue reale. Una fortezza nella Foresta Nova, pochi giorni dopo Dopo tanti anni, a volte Anne tentava ancora di correre come nei sogni. Come le altre donne della sua età, che inseguivano i bambini o giocavano a nascondino. Invece si muoveva a balzi goffi e incerti. Persino quando camminava vacillava come un marinaio ubriaco su una nave traballante. La stampella, una terza gamba che compensava la seconda, la intralciava anziché aiutarla. E spesso inciampava sul piede deforme e non riusciva a trattenere le imprecazioni; aveva solo imparato che, cadendo, le conveniva ruotare su se stessa per attutire il colpo. Era incespicata anche all'arrivo dell'ambasciatore del sovrano, per fortuna troppo lontano perché lui la scorgesse o udisse. Alto e diritto, il cavaliere era sceso con un agile salto dal destriero ed era entrato a grandi passi nella fortezza, facendosi beffe di lei e delle sue difficoltà. Povera, stupida Anne. Ancora desiderava un corpo diverso da quello in cui era nata. Si soffermò davanti alla stanza della sua signora, 11
prese fiato e aprì la porta senza prima bussare per chiedere permesso. Nemmeno quell'atto scortese riuscì a cancellare il sorriso perpetuo dal bel volto di Lady Giovanna. Tuttavia la notizia di Anne lo avrebbe turbato. «È tornato l'emissario.» Il sorriso divenne teso, come tirato da una morsa. Le due donne si scambiarono una tacita occhiata. «Mandalo prima da me.» Lei trattenne una risposta aspra. La contessa s'illudeva forse di poter modificare il messaggio, se non fosse stato di suo gradimento? «Ma il re...» «Certo, il sovrano desidererà riceverlo subito.» Giovanna si alzò in piedi. «Devo trovare Edoardo.» Anne sospirò. Giovanna intendeva chiamare il marito e, se la notizia fosse stata cattiva, l'avrebbe ascoltata insieme a lui negli ultimi istanti in cui avrebbe potuto definirlo così. «E, Anne...» La contessa inarcò le sopracciglia in un avvertimento implicito. «Come sempre, mia signora.» Lady Giovanna si rilassò e ritrovò l'abituale sorriso. Prese fiato. «Tutto andrà come dovuto.» Anne attese che guardasse altrove prima di rivolgere gli occhi al cielo, invocando la pazienza. Come dovuto significava secondo la sua volontà. La seguì fuori dalla porta, ma non fu necessario cercare Edoardo. Il principe stava infatti arrivando, come se avesse intuito che c'era bisogno di lui. Prese tra le braccia l'amata, la baciò in fronte e le mormorò qualche parola all'orecchio, come se fossero stati soli. Anne torse le labbra, lottando contro una fitta di dolore. Non alla gamba, no. Quello era costante, quasi rassicurante nella sua fedeltà. Si trattava di qualcosa 12
di diverso: della sofferenza per la consapevolezza che nessun uomo l'avrebbe mai guardata in quel modo. Signore, perdona la mia ingratitudine. Era la sua preghiera abituale. Non aveva motivi per lamentarsi. La madre le aveva assicurato un futuro sin da piccola, risparmiandole il triste destino di chiedere l'elemosina sul ciglio della strada. Anne, infatti, era la dama di compagnia di una signora che, se le notizie in arrivo erano liete, un giorno si sarebbe seduta accanto al Re d'Inghilterra. Tuttavia, mentre la contessa e il principe si baciavano, Anne li osservava con palese invidia. Non desiderava Edoardo di Woodstock; per quanto eroico e glorioso, non l'attraeva. Però avrebbe tanto voluto che un uomo sorridesse per la pura gioia di vederla... Ma almeno era intelligente e discreta e, poiché non attirava l'attenzione maschile, nessuno si accorgeva se esprimeva sconforto. Senza rivolgerle nemmeno un'occhiata, il principe e la sua signora si diressero verso le stanze del sovrano. «Mia signora, devo...?» Lady Giovanna non si curò di girarsi, ma si limitò a scuotere la testa e ad agitare una mano per congedarla. E mentre i due si preparavano insieme a conoscere il loro destino, Anne rimase sola nel corridoio. Più tardi, dunque. Avrebbe appreso in seguito se il papa si fosse lasciato convincere e se tutto era come dovuto. C'era tanto da sistemare. E il messaggero che recava la notizia non sorrideva. Nicholas, lo chiamavano. Sir Nicholas Lovayne si era ripetuto più volte il di13
scorso durante l'intero tragitto dal porto alla Foresta Nova, in groppa al cavallo preso in prestito. Un viaggio abbastanza lungo per trovare le formule migliori. Era contento di essersi preparato, poiché appena arrivato alla fortezza era stato accompagnato nella camera privata del re e, oltre al sovrano, aveva dovuto affrontare la regina, il Principe Edoardo e Lady Giovanna, la Contessa di Kent. Non avrebbe avuto altro tempo a disposizione per limare le parole. «Ebbene?» lo incalzò Re Edoardo, scrutandolo con i suoi occhi di falco. Accanto a lui, la regina gli strinse la mano. Nicholas guardò il principe e Lady Giovanna, poiché erano le loro vite a essere in gioco. «Non saranno scomunicati per aver violato le leggi matrimoniali della Chiesa.» Il papa ne avrebbe avuto ogni diritto, ma l'abilità diplomatica di Nicholas e qualche fiorino d'oro ben collocato avevano salvato le loro anime immortali. Non era un risultato da poco e valeva più di quanto non meritassero. Quello era il privilegio dei reali: venire ricompensati per un comportamento che avrebbe dannato qualunque altro mortale. Era comunque soltanto il primo dei miracoli realizzati da Nicholas ad Avignone. E nemmeno quello che interessava di più al principe. «Ci sarà consentito sposarci?» si affrettò infatti a chiedergli, ansioso come un giovincello in attesa del primo amplesso, benché da mesi condividesse il letto con la moglie. «Sì.» In ogni caso avrebbero avuto bisogno del 14
permesso del papa, poiché erano consanguinei. Tuttavia avevano aggravato la situazione celebrando le nozze in segreto. E poi avevano scaricato i loro peccati sulle spalle di Nicholas, con la pretesa che li tirasse fuori dai pasticci. «Sua Santità non terrà conto dei legami di parentela né del matrimonio clandestino. Avrete il permesso di unirvi con una cerimonia religiosa.» Erano autorizzati a vivere insieme e, in seguito, a condividere il trono. Sollievo generale. Le espressioni di tutti si rilassarono, poi sguardi, spalle e lingue si liberarono dai freni. Quando? Tra poco? Lui rispose alle domande, seppur con una certa cautela. «Inoltre» aggiunse, «il pontefice chiede che ognuno di voi edifichi e doni una cappella.» Né il principe né la contessa fecero caso alla richiesta, considerandola una seccatura di poco conto. Edoardo alzò invece una mano e ordinò: «Consegnatemi il documento». «Verrà spedito direttamente all'arcivescovo di Canterbury. Prevedo che lo riceverà verso la festa di San Michele. Fino ad allora dovrete dormire separati.» La coppia lo fissò con ostilità, come se fosse stato lui e non il papa a vietare il letto coniugale. Come se due mesi fossero stati un'eternità. E questo non era ancora il peggio. «C'è un'altra questione» annunciò Nicholas. Nella sala cadde di nuovo un silenzio carico di tensione. Era chiaro che sarebbe seguita una notizia meno gradevole della precedente. «Ebbene?» domandò il sovrano, poiché gli spettava il diritto di parlare per primo. «Di che si tratta?» 15
«Un messaggio privato accompagnerà il documento. Sua Santità mi ha chiesto di spiegarvene il contenuto.» Bastò un'occhiata del monarca per indurre i pochi cortigiani presenti a ritirarsi e a lasciarlo solo con la famiglia reale. «Avanti» lo esortò Re Edoardo. «Prima delle nozze» iniziò Nicholas, «il Santo Padre richiede...» Era il momento del discorso preparato con cura. «Com'è noto» riprese, cambiando la frase, «il matrimonio di Lady Giovanna con Salisbury è stato annullato.» Il principe corrugò la fronte. «Anni fa. Ormai è una vecchia storia.» Nicholas guardò di sottecchi Lady Giovanna e notò con stupore che sorrideva imperturbabile. «Poiché erano state dichiarate legittime le prime nozze, contratte in segreto» rammentò. «I presenti conoscono il mio passato» intervenne la contessa. Il re e la regina si scambiarono un'occhiata. Chiunque in Inghilterra era al corrente dei suoi trascorsi, il che non favoriva la causa del principe. Nicholas serrò la mascella. Non c'era un modo facile per dire ciò che doveva. «Lady Giovanna, per un certo periodo siete stata coniugata con due uomini, uno dei quali è ancora in vita.» La vide arrossire un poco. «Sua Santità esige che, prima dello sposalizio con il principe, venga condotta un'indagine riguardo al matrimonio precedente.» «Perché?» gli domandò il Principe Edoardo, abbagliato dall'amore. «Per accertarsi che tutto sia in ordine» chiarì lui, 16
benché fosse ovvio. Non gli era facile mascherare l'irritazione. Il principe avanzò di un passo con il pugno alzato e per qualche istante Nicholas temette sul serio che intendesse punirlo per i messaggi che recava. «Osate insinuare...?» Il padre gli fermò la mano. «Non è Sir Nicholas a richiedere l'inchiesta.» Risparmiato. Prima di continuare, Nicholas attese che il giovane Edoardo incrociasse le braccia sul petto. «Ve lo comunico in anticipo sulla missiva ufficiale del papa affinché abbiate il tempo di prepararvi.» Il sorriso non svanì nemmeno per un istante dalle labbra della contessa. Era così leggiadra che non ci si domandava nemmeno se dietro il bel volto si celassero segreti. «Dunque, quando arriverà il permesso del pontefice, ci potremo sposare subito.» Si rivolse al principe. «Sir Nicholas ci fa un favore. E la questione si risolverà facilmente.» Così prevedeva il papa, Nicholas ne era sicuro. La sua dispensa sarebbe giunta dopo poco più di due mesi, un lasso di tempo piuttosto breve per condurre un'indagine approfondita. Lady Giovanna gli sorrise. «L'annullamento del mio matrimonio con Salisbury è avvenuto nel modo più corretto.» Ben poche donne si sarebbero arrischiate a sposarsi in segreto, ma lei aveva osato farlo ben due volte. Le prime nozze con Thomas Holland, avvenute ventuno anni prima, erano state in seguito convalidate. Quindi, Lady Giovanna era riuscita a vanificare la successiva unione con Salisbury e a tornare da Holland. Tutte quelle trame sarebbero state sufficienti a con17
fondere anche i più eruditi studiosi della Chiesa. «A Sua Santità non interessa soltanto questo» annunciò Nicholas, temendo il seguito. Tutti lo fissarono sbalorditi, come se avesse parlato in greco. «Cosa vuol dire?» Un tremito mai udito prima vibrò nella voce della Contessa di Kent. Era evidente che non avevano afferrato il pieno significato del messaggio. «Non desidera soltanto che si indaghi sull'annullamento. Chiede anche conferma della legittimità delle vostre nozze clandestine con Holland.» Lei sbarrò per un istante gli occhi. Non era abituata a venire messa in discussione, nemmeno per provare quanto era già stato benedetto dal pontefice precedente. «Non capisco. Il papa, i suoi segretari... Hanno impiegato anni, ma alla fine erano soddisfatti. Non dovrebbero sorgere dubbi.» «Una formalità, è evidente» la rassicurò il sovrano, abile nel governo quasi quanto in guerra. «L'arcivescovo convocherà una commissione di vescovi per riprendere in esame il documento. Poi tutto sarà concluso.» «L'arcivescovo è nel suo settimo decennio» sbottò il principe. «Temo che non troverà neppure quelle pergamene polverose.» «In questo caso» intervenne Nicholas, «forse interrogherà le persone coinvolte.» Per la prima volta Giovanna contrasse le labbra e rese visibili le piccole rughe che vi si irradiavano, simili ai raggi del sole. In fondo aveva già superato i trent'anni. «Mio marito è morto. Rimango solo io.» 18
Nessun testimone, com'era ovvio. Per definizione, in un matrimonio clandestino la coppia pronunciava la solenne promessa in solitudine. Tuttavia dovevano esserci altri sistemi per indagare; esistevano sempre. «Magari qualcuno vi ricorda insieme a quei tempi.» Forse Lady Giovanna e Thomas Holland erano stati sorpresi mentre si baciavano in un angolo. Nicholas guardò la Regina Filippa, tentando di indovinare i suoi pensieri. Giovanna, da ragazza, viveva a corte, quasi come una figlia. Per quanto fosse imbarazzante, avevano già vissuto la medesima situazione. Senza dubbio la regina era in grado di rispondere a qualunque domanda. Per fortuna la questione non lo riguardava. Aveva recapitato il messaggio e la settimana successiva sarebbe ripartito per la Francia, senz'altra responsabilità che mantenersi in vita. «Non capisco» ripeté la contessa, guardando l'amato come se avesse potuto salvarla. «A che scopo?» Filippa si protese verso di lei per darle una piccola pacca sulla mano. «Non devono sorgere controversie.» «Riguardo a cosa?» chiese Lady Giovanna, lamentosa come una bambina e altrettanto ingenua. L'amore riduceva tutti così? Meglio rimanervi alla larga, allora. La regina guardò il marito, poi di nuovo la contessa. «Ai bambini.» Non dovevano esserci dubbi che il principe e la moglie fossero sposati di fronte a Dio e che i loro figli fossero legittimi, con il pieno diritto al trono d'Inghilterra. Ammesso che una donna di oltre trent'anni fosse ancora abbastanza fertile per procreare. 19
Giovanna arrossì un poco e assottigliò le labbra. «Già, certo.» Edoardo le prese l'altra mano e se la strinse al petto. Era davvero strano vedere quel prode condottiero sorridere come un ragazzino sciocco all'innamorata. «Sarà Nicholas a seguire le indagini.» No! Era stanco di farsi carico dei problemi altrui. Aveva compiuto il suo ultimo miracolo. Ormai desiderava soltanto combattere, senza altro obbligo che sopravvivere, libero dalla responsabilità di far comparire dal nulla cavalli, vino o dispense papali. «Vostra Grazia aveva acconsentito a non affidarmi altri...» Il sovrano s'irrigidì, azzittendolo. «Finché non saranno sposati, il vostro compito non sarà concluso.» Nicholas trattenne una risposta aspra e annuì. Si domandò intanto se Re Edoardo fosse davvero contento dei risultati ottenuti. Altre donne, altre alleanze avrebbero favorito l'Inghilterra più di quel connubio. «Certo, Vostra Maestà.» Ancora poche settimane, quindi. Tutto perché qualche segretario al seguito del papa cercava un pretesto per guadagnare un fiorino in più. «Partirò domani stesso per Canterbury per vedere l'arcivescovo.» Il principe lo fissò, serio in volto. «Verrò con voi.»
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