LOUISE ALLEN
Una lady tutta da scoprire
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Unlacing Lady Thea Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2014 Melanie Hilton Traduzione di Mariadele Scala Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici novembre 2014 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 944 dello 04/11/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Londra, 3 giugno 1814 L'orologio con ingranaggi a vista che faceva bella mostra di sé sulla mensola del caminetto suonò le quattro del mattino. Non era il caso di andare a letto. Senza contare che era talmente inebetito dall'alcol da non riuscire a sollevare un dito, anche se non era tanto ubriaco da sprofondare nel sonno. Così rimase affondato in poltrona, gli occhi spalancati, a chiedersi che cosa lo avesse spinto ad architettare quel folle piano. E, cosa ancora peggiore, a impegnarsi nella sua organizzazione al punto che ormai era impossibile tornare indietro senza creare scompiglio fra i suoi dipendenti, dalla servitù ai consiglieri finanziari, agli amministratori della tenuta, e far pensare a tutti che non sapeva quel che voleva. «Di solito lo so.» Rhys Denham si rivolse al gatto rossiccio raggomitolato sul tappeto davanti al camino che lo guardava con l'espressione sdegnosa che soltanto un felino, o la vedova di un duca, potevano assumere. «Cosa voglio, intendo. Lo so sempre, tranne che in questo caso.» 5
La presenza del gatto della cucina negli alloggi padronali, per non dire nello studio del terzo Conte di Palgrave, era a dir poco insolita. Con tutta evidenza la servitù, distratta dall'imminente partenza del padrone per il Continente, doveva aver dimenticato aperta la porta che si trovava ai piedi della scala di servizio. «Allora mi era sembrato un grande piano» borbottò Rhys, versando dell'altro brandy nel bicchiere semivuoto che aveva in mano e tracannandolo tutto di un fiato. «Sono ubriaco. Erano anni che non bevevo tanto.» Esattamente da quel lontano pomeriggio in cui si era svegliato e aveva capito che bere non avrebbe cancellato il ricordo del disastroso giorno del suo matrimonio né lo avrebbe aiutato a ritrovare fiducia nell'amicizia, o a superare la delusione di un amore infranto. Il gatto spostò l'attenzione sul piatto con i resti di cibo lasciato sul tavolo accanto alle caraffe del vino e dell'acqua. «E puoi smettere di leccarti i baffi» soggiunse Rhys, allungando la mano verso il piatto. «Ho bisogno di mangiare più di te, perché fra tre ore devo essere sobrio, almeno un po'.» Gli sembrava improbabile, anche se non riusciva a ragionare correttamente. «Devi ammettere che mi merito una vacanza» proseguì. «La tenuta è in perfetto ordine e le mie finanze non potrebbero andare meglio. Sono stanco della città e, con Napoleone relegato all'isola d'Elba, non c'è nessun pericolo imminente» riferì al gatto tra un boccone e l'altro. «Mi reputi un po' vecchio per un lungo viaggio? Be', non sono d'accordo. A ventotto anni apprezzerò di più tutto quello che vedrò.» Il gatto emise una sorta di miagolio 6
sarcastico e sollevò una zampa posteriore, iniziando una minuziosa pulizia delle parti intime. «Smettila. Un gentiluomo non fa certe cose nello studio» sbuffò, gettando al gatto un pezzetto di carne e distraendolo dall'igiene personale. «Un anno, però... Che cosa pensavo di fare?» Fuggire. Sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento, naturalmente. Se si fosse presentato qualche problema, i suoi collaboratori lo avrebbero informato e lui sarebbe rientrato immediatamente in Inghilterra, era chiaro. Annullare tutto per un capriccio, però, non era un comportamento responsabile: avrebbe creato disturbo e problemi a tutti, avrebbe deluso molte persone, e Rhys Denham non tollerava chi deludeva gli altri. «No. Devo partire» dichiarò. «Mi farà bene cambiare ambiente e potrei anche decidere di trovare una giovane bella, modesta, beneducata e con un carattere tranquillo, che ami la casa, la famiglia e i bambini. Così a trent'anni sarò sposato.» E annoiato a morte. La visione della serie di leggiadre donnine che avevano impedito che si annoiasse, in quegli anni, gli affiorò alla mente. Quelle allegre creature non si erano aspettate da lui fedeltà e monogamia. Una moglie invece sì, avrebbe preteso entrambe le cose, pensò Rhys con un sospiro. Gli amici che un'ora prima lo avevano lasciato davanti alla porta di casa, dopo aver trascorso con lui al circolo una conviviale serata di addio, erano tutti sposati o in procinto di sposarsi. E sembravano felici all'idea che qualcun altro potesse cadere nella trappola del matrimonio. Con il tempo anche un libertino come te la smetterà di rosicchiare il formaggio, darà un morso de7
ciso e farà scattare la trappola, Denham, aveva sentenziato Fred Herrick. «Perché trovo questo pensiero maledettamente deprimente?» «Non saprei, milord.» Griffin, il maggiordomo, era sulla soglia dello studio, il volto atteggiato a un'espressione che nella sua impassibile compostezza lasciava trasparire aperta disapprovazione. Che cosa aveva da disapprovare, il suo maggiordomo?, si chiese Rhys, raddrizzandosi sulla poltrona. Maledizione, un uomo non aveva il sacrosanto diritto di ubriacarsi in casa sua? «Stavo parlando con il gatto, Griffin» bofonchiò. «Se lo dite voi, milord.» Rhys guardò il tappeto steso davanti al camino. Quella infida e irriconoscente bestiaccia era sparita, svanita nel nulla. «Una persona vuole vedervi, milord» annunciò il maggiordomo in un tono che dimostrava che la causa della sua disapprovazione era il visitatore più che l'insensata conversazione del suo padrone con un gatto invisibile. «Che genere di persona?» «Una giovane persona, milord.» «Un ragazzo? Non sono dell'umore adatto per gli indovinelli, Griffin.» «Come dite voi, milord. Sembra un ragazzo. Oltre a ciò, non mi sento di affermarlo con certezza.» Sembra? Griffin intende forse ciò che penso? «Bene, dov'è... lui?» O lei? «Di sotto?» «Nel salottino di attesa. È entrato dalla porta principale, si è rifiutato di scendere nell'ingresso dei fornitori e ha affermato che Vostra Signoria avrebbe acconsentito a riceverlo.» 8
Rhys guardò la bottiglia del brandy e corrugò la fronte. Quanto aveva bevuto da quando era tornato da White's? Parecchio, d'accordo, ma non tanto da aver immaginato la lieve nota di disperazione nella voce del suo maggiordomo. Griffin era capace di affrontare qualsiasi situazione senza battere ciglio, si trattasse di valletti ladruncoli o di infuriate amanti abbandonate, che scagliavano piatti in ogni direzione. Amanti. La sola parola gli procurò un brivido gelato lungo la spina dorsale. Georgina non aveva accettato il benservito con la calma e la signorilità che aveva dimostrato il giorno prima? La preziosa collana di diamanti e il pagamento della pigione di casa per un anno intero dovevano essere bastati a ripagarla del tempo che gli aveva dedicato. Non poteva certo lamentarsi che fosse stato un amante spilorcio. Rhys si alzò in piedi e si sfilò la cravatta dal collo, gettandola sul sofà accanto alla marsina. Era ridicolo. Poteva avere piacere senza coinvolgimenti sentimentali, ma non era certo Lord Byron, che veniva perseguitato da femmine isteriche travestite da maschi. Aveva sempre intrattenuto relazioni con professioniste o donne sposate che sapevano ciò che facevano, evitando accuratamente di avere a che fare con ragazze nubili, e di certo non con quelle portate al travestimento. «D'accordo, andiamo a vedere questo misterioso ragazzo» bofonchiò, contento di potersi reggere in piedi, considerando come i mobili sembravano ondeggiare attorno a lui mentre Griffin lo precedeva lungo il corridoio. Nelle ore successive prevedeva postumi da sbronza di proporzioni colossali. Griffin aprì la porta del salottino riservato ai vi9
sitatori che non riteneva all'altezza di essere ammessi nel salotto cinese. La persona seduta su una sedia contro la parete in fondo alla piccola stanza si alzò immediatamente in piedi. Bassa di statura, infagottata in un completo scuro da apprendista impiegato, aveva accanto due valigie e teneva in mano un malconcio cappello di pelliccia. Rhys batté le palpebre e corrugò la fronte. Non era così ubriaco da non distinguere un maschio da una femmina. «Griffin, se questo è un ragazzo, allora tu e io siamo due eunuchi alla corte del Gran Khan.» La ragazza infagottata in abiti maschili sbuffò rumorosamente, appoggiò le mani sulla sinuosa curva dei fianchi, che tradiva la sua appartenenza al genere femminile, e dichiarò in tono esasperato: «Rhys Denham, ti sei ubriacato proprio il giorno in cui avevo bisogno di poter fare affidamento su di te». Thea? Lady Althea Curtiss, la figlia che il Conte di Wellingstone aveva avuto dalla sua prima, scandalosa moglie; la bimbetta dall'aspetto insignificante che ai tempi della sua infanzia gli era sempre stata fra i piedi, seguendo i suoi passi come un'ombra fedele; la leale amica che non aveva più visto dal giorno in cui il suo mondo era crollato a pezzi. Eccola lì, a quell'ora impossibile, nella sua casa da scapolo, travestita in abiti maschili. Uno scandalo ambulante, pronto a esplodere come una granata lanciata dal nemico. Rhys poteva quasi sentire il crepitio della miccia. Rhys era più alto di quanto ricordasse. E più massiccio. Più... maschio, pensò Thea. Piantato nel 10
vano della porta in maniche di camicia, il viso ombreggiato da un velo di barba, il ciuffo di capelli neri che aveva ereditato dalla madre gallese che gli ricadeva sulla fronte, gli occhi azzurri offuscati dall'alcol e dalla mancanza di sonno, era un pericoloso estraneo, fu il suo secondo pensiero, prima di ricordarsi che erano sei anni che non lo vedeva tanto da vicino. Era normale che fosse cambiato. «Thea?» Lui entrò nella stanza e la afferrò per le spalle, gli occhi ora attenti e penetranti, nonostante il suo alito emanasse un forte odore di brandy. «Che cosa fai qui? E vestita in questo modo?» la incalzò, allungando una mano verso di lei e tirandole fuori la treccia di capelli di un banale castano dal collo della giacca. «Chi vuoi ingannare, piccola idiota? Sei scappata di casa?» sibilò, serrando le labbra in una smorfia irosa. Thea indietreggiò, liberandosi dalla stretta di quelle mani che le stringevano le spalle come due morse, e trasse un profondo respiro, cercando di controllare il tremito delle ginocchia. «Sono vestita così perché all'interno di una diligenza buia sono riuscita a evitare indesiderate attenzioni maschili, ma so che in piena luce non posso passare per un ragazzo. E ho lasciato casa, non sono scappata.» Rhys mosse le labbra. Di certo stava contando in gallese, pensò Thea. Quando era un bambino, lo faceva sempre a voce alta e così aveva imparato come si dicevano i numeri in quella lingua: un, dau, tri... «Griffin, porta altro brandy, del tè e qualcosa da mangiare per Lady Althea, la quale, ovviamente, non si trova qui.» Lei si lasciò guidare verso lo studio. Dopo che furono entrati, Rhys appoggiò le sue 11
valigie sul tappeto davanti al camino e poi scacciò un orribile gatto rossiccio da una delle poltrone che stavano di lato e le ordinò: «Siediti lì. I peli del gatto non rovineranno il tuo vestito». Il gatto soffiò rabbiosamente contro di loro, tirò indietro le orecchie e tese i baffi, ma quando Thea schioccò le dita, incurvò la coda e si allontanò. C'era da sperare che non fosse un presagio su come sarebbe stata la sua accoglienza. «È il tuo gatto?» domandò. Prima di rispondere, Rhys la guardò attraverso le ciglia socchiuse. «È il gatto della cucina, ma sembra che ritenga che tutta la casa sia sua» borbottò, lasciandosi cadere sulla poltrona di fronte e passandosi le mani fra i capelli. «Dimmi che non c'è di mezzo un uomo, ti prego. Devo partire per Dover alle sette e non vorrei essere costretto a rimandare il viaggio per sfidare a duello qualche mascalzone di cui pensi di essere innamorata.» Se fosse stato sobrio, sarebbe stato meglio, pensò Thea. Quanto a battersi in duello, in quello stato Rhys non sarebbe stato in grado di colpire la porta di un granaio con un archibugio. «Non c'è di mezzo nessun uomo» dichiarò. Invece si tratta di un uomo, ma se ti raccontassi i dettagli, non andremmo da nessuna parte. «Non essere ridicolo. Perché dovresti batterti per me, di grazia?» Era incredibile quanto fosse difficile tenere la voce ferma, mentre parlava. Doveva essere più stanca di quel che aveva pensato, cercò di rassicurarsi. «L'ho sempre fatto» rispose Rhys con un subitaneo sorriso, passandosi l'indice lungo la linea del naso in un gesto pensieroso. Si era rovinato il perfetto profilo greco nel corso di una rissa con alcuni 12
ragazzi del villaggio che l'avevano insultata quando aveva sei anni, rammentò Thea. Rhys ne aveva avuti dodici, a quell'epoca, e si era battuto per difenderla e proteggerla. «Se non si tratta di un uomo...» proseguì lui, tornando serio. «Riguarda un uomo, in un certo senso» lo interruppe Thea. Si era preparata un discorsetto, durante le lunghe ore di viaggio in diligenza, una via di mezzo tra verità e menzogna. «Ti ricordi che ho partecipato a tre Stagioni? No, non puoi saperlo, giacché non ci siamo mai incontrati, in città. Tu non hai preso parte a tutte quelle disgustose, grandi manovre matrimoniali che sono i balli e i ricevimenti londinesi che io ho dovuto sopportare.» Rhys contrasse la mascella e Thea si morse il labbro inferiore. Stupida, perché hai menzionato il matrimonio? Tiene ancora a lei e deve soffrire parecchio. «In ogni modo papà ha detto che avrei sprecato solo denaro a partecipare a un'altra Stagione, con tutte quelle ragazze più giovani di me. Così mi ha rimandato a Longley Park e si è messo alla ricerca di un marito del posto.» «Vuoi dire che non avevi ricevuto nessuna proposta di...?» Rhys si interruppe perché Griffin era entrato nello studio con un vassoio. Quando il maggiordomo fu uscito, le fece cenno di versarsi il tè e si riempì il bicchiere di brandy. «Voglio dire, so che con tua madre...» «Oh, diversi giovanotti hanno chiesto la mia mano. La mia dote è di tutto rispetto e poi c'è il mio fondo fiduciario, naturalmente.» Due incentivi che compensavano altre cose, come il modo di parlare schietto, gli eccentrici entusiasmi intellettuali e l'a13
spetto insignificante. Per non parlare di una madre che era stata un'attrice e l'amante di suo padre prima del loro impulsivo matrimonio e della sua tragica morte, avvenuta durante il parto. «Li ho rifiutati tutti» riferì Thea con noncuranza. «Perché?» Rhys la osservava attraverso le ciglia socchiuse da sopra l'orlo del bicchiere che aveva in mano. Sembrava che facesse fatica a metterla a fuoco. «Non amavo nessuno di loro.» E nessuno di loro amava me. «Alla fine, papà ha deciso che dovevo sposare Sir Anthony Meldreth.» Rhys avrebbe capito se gli avesse spiegato perché si sentiva tradita e doveva andarsene? Il vecchio Rhys avrebbe compreso, ma l'uomo che aveva di fronte, nello stato in cui si trovava, era in grado di farlo? Meglio rimanere sul vago. «Non siamo fatti l'uno per l'altra, ma papà dice che se non sposerò Anthony dovrò rimanere per sempre a Longley e fare da dama di compagnia alla mia matrigna, sua moglie, per il resto della vita.» «Che guaio.» Rhys ricordava la tendenza della matrigna di Thea all'ipocondria, agli svenimenti e ai comportamenti egoistici tipici delle donne capricciose e poco equilibrate. «Comprendo il tuo problema» osservò, massaggiandosi la fronte come se volesse scacciare un'emicrania, o soltanto concentrarsi meglio. Davvero?, si domandò lei. Ne dubitava. Non si poteva pretendere che un uomo del suo stampo comprendesse lo stato di ottuso torpore in cui una figlia zitella sarebbe potuto precipitare, fino a ridursi a un'autentica nullità. Sarebbe stato come essere sepolta viva. Né poteva aspettarsi che lui com14
prendesse l'orrore, il disgusto, la disperazione di ritrovarsi sposata a un uomo che non le piaceva, di cui non si fidava e con il quale non aveva niente in comune. «Immagino sarebbe noioso» proseguì lui, confermando che non aveva capito niente, «ma scappare... Adesso non ho tempo di occuparmi del tuo problema. Sono in partenza per un lungo viaggio sul Continente.» «Lo so. Papà me l'ha detto. Lui reputa encomiabile il tuo entusiasmo per la cultura. Ha detto che non si era mai accorto di questa tua passione. Ti prego di ascoltarmi, Rhys. Ho ventidue anni e non sto scappando. Sto cercando di assumere il controllo della mia vita.» «Ventidue anni, dici? Accidenti! Non li dimostri.» Non era un complimento. Thea serrò le labbra e continuò. «Ho bisogno dell'approvazione di due dei miei tre amministratori fiduciari per avere il controllo del mio denaro ed essere indipendente.» Non era una fortuna, ma le avrebbe assicurato la libertà, le avrebbe dato l'opportunità di scegliere. «Se non otterrò il loro consenso, non riceverò niente, a meno che papà non approvi il mio matrimonio.» «Suppongo che uno dei tuoi amministratori sia tuo padre» osservò Rhys, sollevando la bottiglia del brandy. La fissò per un momento, quindi la rimise sul vassoio. «Sì» confermò Thea. «E la nonna sapeva che tipo di uomo è.» Non era il caso di fingere amore e devozione filiale. Suo padre era stato una figura inconsistente e distante, durante gli anni della sua infanzia. Si era accorto di lei solo quando aveva rag15
giunto un'età in cui non era più stato possibile tenerla relegata nella nursery. Una figlia femmina era di per sé una gran seccatura. Una figlia che non aveva ereditato l'abbagliante bellezza e il fascino leggendario della sua mamma, poi, era assolutamente inutile, se non avesse fatto un buon matrimonio. Se il suo stratagemma fosse fallito e suo padre si fosse accorto di quello che stava facendo, e avesse esercitato pressioni sul terzo amministratore dei suoi beni, Mr. Heale, sarebbe stata intrappolata per sempre. Il ricordo della sua infanzia priva di amore le procurò un brivido lungo la schiena. Partecipare alle Stagioni era stata una sorta di fuga, un'evasione dalla solitaria monotonia della sua esistenza, ma adesso che anche tale distrazione le veniva negata, si sentiva imprigionata. «La nonna ha dovuto nominare papà come secondo amministratore, ma nel documento ha apposto la clausola che avrei avuto bisogno del permesso di due soli amministratori per le decisioni di maggior importanza, proprio per limitare la sua ingerenza» riferì Thea, versandosi dell'altro tè. Adesso che aveva trovato Rhys e aveva parlato con lui, si sentiva più tranquilla e poteva godersi il piccolo rinfresco. «Uno degli altri amministratori del fondo è il giovane Mr. Heale, il figlio dell'avvocato di mia nonna. Ho già parlato con lui ed è d'accordo a lasciarmi prendere il controllo del denaro. Ho con me la sua lettera di consenso. Finché papà non si renderà conto di ciò che voglio fare e non cercherà di fargli mutare parere...» Toccò il foglio ripiegato che portava nella tasca interna della giacca, all'altezza del cuore. Il fruscio della pergamena la rassi16
curò. Suo padre non poteva costringere Mr. Heale a negare l'esistenza di quella lettera. «L'altro amministratore è la madrina Agnes.» «La madrina...» ripeté Rhys. «Pensi che approverà ciò che hai in animo di fare?» Il brandy non pareva avergli ottenebrato del tutto la mente, dopotutto, o forse la sbronza stava passando. «Che cosa potresti fare con tutto quel denaro, alla tua età...» Rhys le stava dando ascolto, anche se sembrava pensare che avesse ancora sedici anni, o che fosse incapace di prendere delle decisioni. Thea sorbì un sorso di tè e prese un altro biscotto dal vassoio. Era passato parecchio tempo da quando aveva fatto colazione a Longley Park e, durante la sosta che la diligenza aveva fatto alla locanda nel pomeriggio per il cambio dei cavalli, aveva mangiato solo una ciambella. «Ti rendi conto di quanto siamo stati fortunati ad avere avuto Agnes come nostra madrina?» domandò Rhys, sorridendo al ricordo di Lady Hughson. «Me lo ripeto ogni giorno» confermò Thea. «Da bambina non l'avevo mai pensato, ma adesso capisco quanto siamo stati fortunati che lei abbia riversato sui suoi figliocci tutto l'amore di cui era capace, invece di chiudersi nella sua infelicità.» La casa della sua madrina era stata l'unico luogo in cui si era sentita amata e protetta, dove aveva assaporato il calore di una famiglia. «I quindici agnellini del gregge di Agnes?» «Esattamente. Doveva aver amato moltissimo suo marito, ma lui morì giovane, prima che potessero avere dei figli.» Lui annuì. «Ormai è storia passata, ma se sei scappata, scusami, se ti sei assentata da casa per 17
andare da lei, sappi che non si trova a Londra. Hai scoperto dov'è? È per questo che sei venuta da me?» chiese, fissandola con gli occhi azzurri assonnati. «Sapevo che non era in città, ma non ho osato scriverle per timore che la sua risposta giungesse nelle mani di papà. In ogni modo, si trova a Venezia. E sì, è per questo che sono venuta da te. Non appena ho scoperto dov'era e ho saputo che cosa stavi programmando...» Quella era la parte più delicata del suo piano. Poteva esserle di aiuto che Rhys fosse intontito dall'alcol? Solo che non era ubriaco al punto da non capire le sue intenzioni, o forse la conosceva troppo bene. «Oh, no» cominciò. «No, no, no. Non verrai con me sul Continente. È impossibile, inaccettabile, sconveniente.» «Sei diventato tanto puritano e conformista da rifiutarti di aiutare una vecchia amica?» ribatté lei. Il Rhys che conosceva avrebbe abboccato all'amo. «Non sono conformista» protestò lui, appoggiando il bicchiere sul tavolo con tale foga da rovesciare il brandy sul piano di mogano. «E non sono un puritano. Che parola disgustosa!» Scosse il capo, quasi volesse riordinare i pensieri, quindi aggiunse: «Non puoi andartene a zonzo per l'Europa in compagnia di un uomo con il quale non sei sposata. Pensa allo scandalo». «Ci sarà uno scandalo soltanto se qualcuno dovesse riconoscermi» ammise Thea. «Comunque non vedo come potrebbe accadere. Avrò il volto velato e chi ci vedrà insieme penserà che sono la tua amante.» Rhys roteò gli occhi e ne aveva motivo. Non la considerava il tipo dell'amante, con o 18
senza veli sul viso, rifletté lei. «Sul serio, non mi importa se sarò rovinata. La mia situazione non potrebbe essere peggiore di quella che è adesso. Rhys, non ti chiedo di portarmi con te per fare un viaggio di piacere, ma soltanto di essere accompagnata. Non posso andare da sola, però, se non mi aiuterai, assumerò una guida e una cameriera e mi imbarcherò.» «Con quale denaro?» volle sapere lui. «O ti aspetti che ti presti i fondi per rovinarti la reputazione?» «No. Tuttavia, se sarò costretta a rimanere, la mia vita si trasformerà in un inferno.» Thea sospirò. Poiché Rhys non sembrava convinto, si affrettò a soggiungere: «Dispongo di una somma pari a diciotto mensilità della mia rendita». Il rotolo di banconote e le monete che aveva nascosto nella biancheria intima l'avevano confortata e rassicurata per tutta la durata del viaggio in diligenza. «Immagino che tuo padre ti abbia consegnato il malloppo senza fare domande» osservò Rhys, incurvando impercettibilmente le labbra in una parvenza di sorriso. Thea sperò che il vecchio Rhys, il ragazzo avventato e burlone di un tempo, fosse ancora in agguato dentro quell'uomo dall'aspetto autoritario e severo. «Oh, no. Non ho speso un centesimo per tre mesi e il resto l'ho preso dal salvadanaio che sta nello studio di papà. Tuttavia ho lasciato una formale ricevuta.» «E chi ti ha insegnato a scassinare le serrature, se posso chiederlo?» «Tu.» 19
«Maledizione! Non posso negarlo.» Rhys sorrise. «Ed eri anche molto abile. Ti ricordi il giorno in cui apristi il cassetto della scrivania della madrina e recuperasti la mia fionda? E avevo un alibi perfetto, giacché ero riuscito a far sparire i vetri delle tre finestre della serra che avevo rotto sotto il naso del capo giardiniere.» «Quel giorno dicesti che saresti stato sempre in debito con me» gli rammentò Thea, soffocando un sorriso di trionfo. «Credo che a quell'epoca avessi tredici anni» le fece notare lui. «È passato troppo tempo perché ricordi cosa avevo detto.» «Un gentiluomo non dimentica mai un debito, soprattutto con una signora» sentenziò lei. «Hai tre scelte, Rhys. Puoi portarmi con te, abbandonarmi al mio destino qui a Londra, o rimandarmi da papà.» Sorrise per attutire la brutalità della sfida e concluse: «Considerala un'ultima avventura. O ti manca il coraggio?». «Non pensare di provocarmi. Ho ventotto anni, Thea. Sono troppo vecchio per simili sciocchezze.» Rhys non era troppo vecchio per niente, pensò lei mentre si imponeva di assumere un'espressione ingenua. Sembrava perfetto per affrontare un'ultima avventura, un ultimo sogno. «Per favore...» Quel trucco aveva sempre funzionato. Lei non sapeva perché, di tutto il gruppo di figliocci e figliocce che avevano trascorso l'estate con Lady Hughson, era sempre stata l'unica a indurre Rhys a fare quello che gli chiedeva. Lei, la piccola, insignificante Althea, non gli altri bambini, e nemmeno Serena, la bellezza dagli occhi azzurri di cui lui si era perdutamente innamorato. 20
«D'accordo, ti porterò con me» capitolò infine lui, sorbendo un lungo sorso di brandy. «Devo essere impazzito... Comunque dovrai comportarti bene, monella, altrimenti ti rimanderò a casa sulla prima nave in partenza per l'Inghilterra.»
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